domenica 20 giugno 2010

In partenza

L'altro sabato avevo appena fatto il biglietto per l India, deprimendo le mie risorse finanziarie, e già ricercavo in internet un occasione che mi consenta di farvi ritorno a Natale, animandomi più che la felicità di rivedere a giorni Kailash, Purti ed Ajay,Vimala e Chandu, l'angoscia della morte interiore di quando dovrò separarmi di nuovo da loro, e mi si ergerà davanti il muro dei giorni che costituiscono i dieci mesi di lontananza che si frapporranno al poterli avere di nuovo di fronte ai miei occhi.
E ieri nuovamente , mentre accumulavo la sofferenza della consapevolezza che le mie ristrettezze economiche rendono già arduo essere di nuovo con Kailash e la mia famigliolina indiana la prossima e le estati venture, la telefonata imminente al mio amico che me ne anticipava un incontro che mi si fa sempre più difficoltoso e me lo rendeva in pochi istanti vivo e presente, l'affrontavo come un'incombenza tra le altre incombenze da sbrigare penosamente.
Singolarità del cuore, o riconfermata natura dell'amore che è attaccamento, che soffre dell'assenza quando è indisponibilità, inaccessibile, più di quanto goda e sia felice della amata presenza che è assicurata?
Al telefono l'allegria del mio amico convocava Chandù, il nostro ultimo bambino, che ridendo articolava i primi suoni di cui è capace, mentre la mia bocca silenziosamente urlava al vuoto, per non farsi udire da Kailash, la sua disperazione che a dirmi le sue prime parole non potesse esservi in linea Sumit.
Ma ciò che più conta, a rianimare speranze,- ribadisco a me stesso-, è la fedeltà del cuore in cui si raccoglie il mio essere, che dia ancora linfe a uno sforzo solidale che in queste ore e in questi giorni, giacchè in India mi predispongo a dover vivere come un rifugiato in casa del mio amico, e suppongo che potrò impiegare le mie risorse solo per essergli di aiuto- sempre più, mentre Dio mi si fa vago ed astruso, solo per fede e per amore mi si fa sostenibile.

lunedì 7 giugno 2010

cronaca postuma. In India in un tragico inverno

 “Che gioia sarebbe essere qui ad Helsinki in attesa del volo per Delhi, se questo fosse ancora il mondo di Sumit. Penso, e sento invece con disperazione, che al mio arrivo a Khajuraho non ci sarà più egli ad attendermi, per giocare, e fare festa insieme, come anticipavamo in sogno io e Kailash, ed io non voglio più vivere in un mondo di cui non fa più parte il mio amato bambino “

Sull'aereo tra Helsinki e Delhi, l'indomani, la vigilia di Natale, nella cattedrale indiana del Sacro Cuore, mi sono ripetuto più volte il canto di Zaccaria, riacquistata da lui la Parola," E tu , bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo, ...Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall'alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace".... Ma il nostro bambino ci aveva preceduto davanti al Signore, con lui era precipitato nelle tenebre, e nella morte lo splendore dei giorni ch'era lo spettacolo della sua gioia vivente, e di fronte al fuoco che nel rito della Vigilia di Natale, sul sagrato della cattedrale, ardeva gli sterpi nel braciere ardente, rivelando la Croce con la loro consunzione, la mia preghiera era che il fuoco che di Sumit aveva divorato le carni, fosse il fuoco medesimo nella cui rigenerazione potessimo noi ritrovarlo.
L'indomani, in Chattarpur, quando vi ho raggiunto Kailash, Ajay e Purti, i nostri bambini più grandi, e poi la mamma e la nonna con Chandu, nell'ospedale cristiano in cui il nostro ultimo nato era in osservazione, e non ho ritrovato più tra loro Sumit, nel risollevare il corpo di Chandu e nel sentire, in quell'abbraccio, il calore trepidante ch'era stato quello delle stesse sue carni che non avrei mai più portato al mio petto, il dolore si è sciolto in un pianto della stessa dolcezza straziante del lume del' inverno indiano che ci intiepidiva.
Con il mio ritorno, avveniva lo stesso rientro di tutta la famiglia per la prima volta, dopo la disgrazia, nella casa di Khajuraho dove essa era avvenuta e dove tutto ce lo ricordava, il nostro bambino, ne evocava il sopraggiungere ad ogni istante da una altra stanza, dal battente della porta aperta che pareva sempre annunciarlo. Con il cuore che batteva trepidante,insieme a Kailash e Ajay mi sono precipitato verso il sonno nella stanza dei nostri giochi incantevoli, dove credevo che il dolore avrebbe toccato il suo acme, dove la presenza tutelare di Sumit sembrava invece sedarlo e fugare, per configurarvi un'oasi protetta di quiete serena.
Delle copie delle mie guide lasciatevi quest'estate, vi sfogliavo le immagini estasianti e le promesse di felicità delle località in cui eravamo stati io e Kailash, e da Leh sino al Tamil Nadu, nei palazzi di Orcha e Datia o nei templi di Pattadakal, lungo i ghat di Varanasi, si schiudevano le immagini di un sogno di felicità che per entrambi non sarà più possibile, di un paradiso perduto di cui non avevamo saputo godere l'infinita bellezza, prima che la sventura calasse sulla sua radiosità..
L' indomani, la visita della dabha, della locanda che avrebbe dovuto costituire il secondo gradino dell'ascesa di Kailash e della sua intera famiglia verso il benessere, si rivelava l'estrema desolazione di ogni mia velleità di poter progettare a loro una vita migliore, lo sconforto di essere entrato come una maledizione nella loro vita. Vi avevo forzato in un inutile sforzo Kailash, per perseguire il quale forse aveva trascurato la cura del nostro bambino,- al piccolo Sumit, come a suo padre, infliggendo quell' infimo ritrovo di vite perdute durante gli ultimi suoi giorni di vita.
Quanto vi era da modificare e da rifare a nostre spese, dal tetto al giardino ai tralicci parietali di bambu, vi mancavano anche bagno e lavabo, mentre nulla riscoprivo di attraente nella posizione della locanda, di cui non più che qualche luminaria era la segnalazione dell'ubicazione, a ridosso di un capannone agricolo- e il proprietario, che vi diguazzava nell'alcool,dietro il più infido assenso ad ogni nostra richiesta celava i suoi intenti, i propositi di scaricare su di noi i costi del rifacimento dell'intero edificio, per poi intimarci di andarsaene e rilevare tutto...Ma io seguitavo a volerci credere e a volere indurre Kailash, ancora straziato del ricordo dell'ultimo sabato pomeriggio che vi aveva trascorso con il nostro sventurato bambino, seguitavo a scattare immagini lusinghevoli di quell ambiente desolato di gente desolata, a ricercare che cosa apportarvi e innovarvi, consentendo che Kailash vi depositasse, come se fosse un pegno, le statue del presepe che gli avevo recato.
Sembrava che della serietà delle mie intenzioni avessi persuaso lo stesso proprietario, che vi era in contatto con altri candidati locali del Congress Party di cui è un esponente, - concorrevano alla carica di sindaco per cui egli non poteva competere nel suo villaggio, poiché per sorteggio elettorale era stata destinata a un dalit, mentr'egli era brahmino,- e lo convincevo dei miei propositi fattivi al punto che rinunciava ad una riunione del suo partito per accompagnarmi insieme a Kailash nella tenuta oltre il fiume Betwa dell ex Maraja di Panna, ove il mio amico avrebbe prescelto i fusti di bambù da tagliare per recintare la locanda.
Ma al rientro crollava tutto di schianto, quando io e Kailash e Purti ed Adjay ci sedevamo per pranzare, e due turisti si rifiutavano di seguire il loro autista nella sosta presso la dabha, talmente ripugnava loro mettervi a piede.
Io manifestavo al proprietario, certo, la perseveranza a parole nei miei intenti, ma per bocca di Kailash gli palesavo che in definitiva poco o nulla ci andava bene, tutto era da modificare perchè la locanda potesse aspirare ad un qualche successo, compreso il servizio insussistente e lo stesso cibo che ci era stato imbandito.. Ed egli, quale pronta replica, per quelle insipide pietanze ci presentava il più salato e rincarato dei conti..
Anche dopo che Kailash aveva sollevato le sue rimostranze, e ci erano state porte le scuse più formali e vilmente deferenti, entrambi seguitavamo a comportarci come se ancora resistesse la trattativa, anzi, finivamo la giornata presso una riserva di bambù del villaggio del mio amico, a predisporvi per il ristorante il taglio dei fusti, ad un prezzo assai più conveniente di quello pattuito dal proprietario con l' esponente del maraja di Panna.
Tra i fuochi del villaggio in cui ci si riscaldava nel freddo invernale, mi ritrovavo ancora una volta nella casa natale di Kailash, eravamo quindi a sera inoltrata in Khajuraho, ove nulla, tra quelle care stanze, mi rimetteva dal sentirmici il più immane portatore del male, l' infestatore della vita di Kailash e della sua povera famiglia, nella sua presunzione delirante di farla felice, io ch'ero invece colui stesso che vi aveva funestato, con le loro sorti, l'esistenza e gli ultimi giorni del nostro bambino. No, non sarebbe morto, forse, se non avessi distolto Kailash dalla cura della sua salute, perché si dannasse l'anima per lo squallido miraggio di quella locanda. incalzato dalla mia cieca insistenza, che mi si rivelava quanto fosse stata presuntuosamente sorda ad ogni sua legittima perplessità, ad ogni suo più ragionevole dubbio, per la mia intima persuasione, a migliaia di chilometri di distanza fisica e a un'infinità di leghe di lontananza mentale dalla sua dignità, che il mio amico insistesse a parassitare il mio aiuto, anziché darsi veramente da fare...
Eppure quante volte avevo potuto accertare al telefono che vi era convenuto, “ with the tuctuc to take report”, a ore diurne e notturne, nei giorni feriali e festivi, col sole, sotto la pioggia, a verificare, con i suoi occhi, di primo mattino, nel pomeriggio avanzato, o alle ore più tarde della sera e prima di mezzanotte, se vi si recassero o vi sostassero avventori o clienti di transito, se a notte fonda vi stazionassero camion, lungo l'arteria stradale di grande traffico tra Chattarpur e Panna, o di domenica vi affluisse gente dal vicino villaggio per la cena del giorno di festa prima di ritornare al lavoro dei campi o dei negozi, quante volte ve l'avevo ritrovato per telefono, che vi indugiava appostato da ore, sentendo nelle cuffie il rombo dei camion che transitavano senza arrestarsi.
L' indomani, l'acquisizione delle prescrizioni per Sumit del più rinomato pediatra del circondario, talmente Kailash era stato sollecito a prendersene cura, serviva a quietare in questo rovello il mio strazio, che ogni circostanza quotidiana sollecitava alle lacrime: le bizze dei cagnolini del proprietario di casa, ch'erano stati un giorno i compagni di gioco del nostro bambino, l'accorrere a frotte dei piccoli del vicinato senza che mai egli vi apparisse mischiato, l'angolo di ogni porta di casa da cui l'attendevo sopraggiungere senza che fosse più possibile, i vicoli deserti della sua presenza, fino all'albero del pipal fra i tempietti hindu e la tank in secca, sotto la cui ombra non avrei più potuto sentirlo trepidare, o volgersi curioso, tra le mie braccia, a un uccello che tra le foglie si levasse in volo
Quando sopraggiungeva il giovane insegnante di Ajay, e ci ritrovavamo a discorrere in disparte sul terrazzo assolato, coglievo l'occasione per chiedergli quali fossero state le circostanze della morte di Sumit, quello che non avevo l'animo di chiedere a Kailash.
" E stato bruciato dopo la sua morte?"
Si, mi confermava tra le mie lacrime, al vedervi dissolvere nel fuoco la meraviglia incantevole del suo corpo adorato. E a suo avviso, per quanto ne sapeva, come se ne spiegava la morte improvvisa?
Erano state tante le congetture dei medici che gli erano state riferite, le voci che si erano sparse. - lui era altrove quando è avvenuta la morte, mi parlava di improbabile " ensufilia", mentre la sua opinione, secondo il dire di molti, era che il bambino fosse stato avvelenato.
" Quel che è certo è che qualcuno ha visto una persona dieci minuti prima dargli da mangiare qualcosa. E dieci minuti dopo è morto soffocato. Questo è tutto"
Ero più incredulo che sgomento.
" Ma chi poteva volere la morte del bambino?
" Il padre è molto odiato"
" Kailash? Come può essere odiato? E ' un uomo povero, non ha nulla, è senza potere."
" Si tratta di odi di casta..."
Ma il sopraggiungere di Kailash, che dal tono di voce alta tenuto dal giovane maestro, nonostante le mie esortazioni a che parlasse sottovoce, aveva compreso di che cosa stavamo parlando, stroncava ogni seguito al nostro discorso.
Se volevo proprio sapere come fosse morto il nostro bambino, mi avrebbe condotto da ogni medico da cui lo aveva inutilmente portato, quand'era già cadavere tra le sue braccia, in Khajuraho, Rajnagar, Chattarpur, ma quel giovane maestro, ch'era altrove quando era avvenuto il decesso, che non aveva assistito a quanto era successo, non aveva titolo di parlarmene, secondo le sole dicerie che aveva raccolto.
Non so quanto Kailash stesse deviando verso il maestro di Ajay la sua irritazione contrariata innanzitutto nei miei riguardi, ma quel giovane insegnante, nel seguitare a fronteggiarlo a voce alta, insensibile o inavveduto di come stesse esasperando il dolore del mio amico, su di sé stava così focalizzando il furore di entrambi..
" Se volete, potete parlare al mio amico italiano di Purti e di Ajay, ma vi impedisco di parlargli ancora dei miei altri bambini!"
Kailash scendeva dal terrazzo e ne risaliva in lacrime, con il te e il latte che ci imbandiva, lo serviva anche a un vicino della sua stessa casta di barbiere, ch'era sopraggiunto, indurendo la sua agitazione nelle contrazioni del dolore che lo squarciava
" Ho perso ogni cosa perdendo il mio bambino. Era il mio re, il mio leone..."
Io lo abbracciavo con tutto l'amore di cui ero capace, ed egli mi confidava tutto quanto era in lui intervenuto.
" Ma ora Sumit è la mia forza, in me, che mi parla."
"Lo so, Kallu, che non lo abbiamo perduto. E ora è più grande di te e di me".
Il mio amico ha alluso allora a cinque divinità con cui è in contatto, che lo aiutano e gli appaiono in sogno.
Poi, mi ha rievocato le circostanze, di cui mi ricordavo benissimo, in cui il suo Sè era divenuto l'istanza sovrapersonale in cui ora egli si ricomponeva, ritrovando la quiete e la calma esteriori, finanche la luce del sorriso, e mi ha riesumato pertanto le circostanze della notte tremenda in cui aveva fatto ritorno con Ajay per la prima volta in quella casa, e da cui era uscito ritrovandosi "a poverful man", come al telefono mi aveva comunicato il mattino seguente in uno stato di trance.
Cronache Indiane Seconda parte
Quella sera io e Kailash saremmo partiti verso Chhattarpur con la nostra Purti ed Adjay, per raggiungere via Tikamghar, Lalitpur, le località storico-archeologiche di Chanderi, Deoghar, Udayapur, nel Madhya e Uttar Pradesh.
Ora la meraviglia di mattini e tramonti, tra nebbie e brume evaporanti, fascina d'incanto le memorie di quei siti, ma in essi abbiamo seguitato continuamente a sanguinare strazio, ed io sono stato capace di farvi finanche a brandelli le resistenze al dolore che Kailash aveva arginato in sé, precipitandolo in un fine d'anno terrificante.
Non ricordo se sia stato nell'hotel con vista sul forte di Tikanghar, o se sia avvenuto la nostra prima notte in Chanderi, che Kailash per l'unica volta ha voluto parlarmi delle circostanze della morte di Sumit.
Nessun dottore ha saputo spiegargli come sia successa la sua morte improvvisa di fronte a Vimala, rimanendo strozzato nel suo respiro, dopo aver bevuto un sorso d'acqua.
No, nessuno, sospettabile, lo aveva avvicinato negli ultimi frangenti della sua vita.
Dava credito piuttosto al timore che il respiro gli fosse mancato perchè da un'altra vita lo aveva serrato alla gola la mano di una vicina di casa morta ancora giovane, alcuni mesi fà, una defunta islamica ancora disperata e bramosa di vendicarsi sui vivi per essere morta precocemente.
In ogni casa del vicinato si era verificata una disgrazia.
Ciò che lo aveva più sorpreso, nel cadavere del suo bambino, era quanto fosse diventato blu, cianotico nella sua carnagione.
Ma tutto voleva e poteva credere il dolore del suo amore, che ora il Suo bambino era in lui, più grande di lui, o che la sua reincarnazione fosse già avvenuta, che il suo spirito ora fosse quello dello stesso Chandu.
" Sorride come lui..."
E' stato di ritorno dal fulgore del tempio shivaita di Udayapur, che approssimandoci a Bina, nell'avventurarci sul taxi nella giungla che infestano banditi, la sera del plenilunio di Capodanno ho trascinato Kailash nel mio baratro mentale.
Non sentivo, nel mio agitarmi egocentrico? quanto dilaceravo la sua dolcezza, la sua tenerezza conciliante di amico, nell'evocargli l'apertura gioiosa di Sumit nei miei riguardi, pronto a seguirmi in ogni dove e a giocare in ogni modo che inventavo con lui, ,ogni volta che mi lamentavo di quanto si infastidisse Purti, anche soltanto a dovermi stare vicino? Non avvertivo quale schianto interiore dovesse arginare, quando nella giungla mi rassicurava che i suoi spiriti tutelari, la stessa presenza interiore di Sumit, gli garantivano che nessun brigante o nessuna forza dell'ordine avrebbero arrestato o violato la nostra vettura?
Erano le stesse entità che gli avevano assicurato che in India nulla avrei perduto o mi sarebbe stato sottratto, fino al cinque di gennaio, al cui manifestarsi sentiva il corpo raffreddarsi.
Ma nel mio stato angosciato, all'idea che nessuna foto ci avesse fissato insieme, delle tante da me scattate in Chanderi, Deoghar, Udayapur, così come nelle foto era visualizzata nella mia memoria indelebilmente la memoria del nostro bambino, del perchè fosse potuto accadere, mentre i soli fantasmi che ritornavano erano i miei incubi scolastici, che vanificavano che fossi in India li con lui, e i nostri cari bambini “ I m not more here, I m already in Italy, now”, mormoravo stravolto al rientro nel ristorante di Lalitpur, ingoiando senza cortesia reale quanto aveva ordinato per la nostra cena di fine d'Anno, intanto che il mio ego ferito da Purti, come dai miei studenti evocati, seguitava ad averlo di fronte vulnerabile e dolce e a ferirlo a morte.
Seguitavano le messe in scena della mia alterazione mentale, finchè non ritornavo in stanza e di fronte a lui rivoltavo su Purti la coperta ,in cui poc'anzi, si era sottratta anche al mio augurio di " Happy New Year": Era contro di lui stesso ch'era diretto il mio atto, contro di lui che nulla faceva, come padre, perchè per gelosia, o che altro, Purti non fosse come una scimmia intrattabile nei miei riguardi. Era un atto di disperazione sottaciuta nei figli rimastici, alla vista di come lo stesso Ajay vagolasse tra templi e palazzi, e boschi e grotte sacre presso i corsi d'acqua, senza che apparentemente nulla lo incantasse o interessasse, si tramutasse in stimolo per la sua mente disabile, mentre Sumit, solo che sentisse il canto di un uccello fra le fronde di un pipal...

Solo le grida di Kailash e la mia volontà di scusarmi mi rinsavivano e mi riconducevano indietro, ad assistere in stanza a quanto si stesse sbranando, e tutto avrebbe fatto a brandelli, per il dolore che riesplodeva urlante di avere perso Sumit.
Povere le sue parole, che nulla dicevano del suo dolore" I ve lost more than money, life is more than money", povere le sue sembianze, che lo rendevano ridicolo nell'espressione di un dolore infinito.
Facesse della mia indegnità ciò che meglio credeva, imploravo ai suoi piedi, rimettevo la mia amicizia al suo volere, nel trattenerlo fra le mie braccia per contenerne la distruttività.
Placarsi, come a poco a poco avveniva, mentre i bambini lasciavano in lacrime la stanza, era nel mio amico l' uscire dalle spoglie del povero K.Sen, e farsi a me freddo e superiore e distante.
" In certi momenti posso mancare di qualsiasi rispetto e diventare capace di tutto".
Ma non ero io che avevo colpa, ora mi diceva, la responsabilità era sua, se la sua mente era esplosa, ciò che succedeva stava accadendo perchè egli non si era purificato, non aveva fatto alcuna doccia, o bagno, nel giorno di sabato sacro ad Hanumah.
Mi domandava di scendere alla reception a chiedere incenso, mentre con mio terrore sgomento, si rinchiudeva nel bagno per fare la doccia.
Quando risalivo, ottenuto l'incenso dal compassionevole anziano che vi era addetto, aveva indosso il solo asciugamano come un lungi, e stava già predisponendosi per la puja, per la quale richiedeva a un inserviente accorso un'ambrata bevanda, che il giorno seguente accertavo essere della birra che ristagnava in un boccale, di cui a suo dire il dio era voglioso.
" Se tu vuoi, gli dicevo l' indomani, nel lasciare la stanza dell Aryan hotel di Lalitpur, puoi fare di me quello che meglio credi, ma quello che accaduto è successo perchè soffriamo entrambi per le stesse ragioni, e allo stesso modo"
Eppure sono stati giorni di splendore nel dolore, quelli in viaggio con Kailash, Purti ed Ajay, alla vista nella notte, in Chanderi, dei carri della processione islamica, i tazia avanzanti nelle vie come sfavillanti dimore celesti, o nello scorrere del pomeriggio radioso sulle anse del fiume Betwa, tra i declivi boscosi in cui si stagliavano le pareti a picco di grotte e rilievi rupestri di Deoghar.

Dalle nebbie del primo mattino ne sono emerse, nella stessa Deoghar, le incantevoli sculture gupta .del Tempio visnuita delle dieci incarnazioni del dio, ove gli individui celesti ali ostentavano la più splendida sovrannaturalità dei loro corpi spirituali, nella più naturalistica ( e vivida )assunzione di pose e gesti,
in Udayapur il fulgore sivaita del tempio Nilikantesvara , 
le innumerevoli vestigia, in Chanderi, di porte fortificazioni e moschee e palazzi, sugli specchi delle acque o in solitaria imponenza, quale il Koshak Mahal, nello stile afgano delle edificazioni di Mandu.
Nello strazio della vita che continuava interminabile nel suo spettacolo, di quale crudeltà insostenibile da che ne è scomparsa .la gioia di esserci del nostro Sumit, la più viva luminosità solare splendeva poi dolente sull' integrità ritrovata della nostra amicizia, lungo la via del rientro a Khajuraho, tramite Tikamghar, Lalitpur.
Ma Purti, ancora Purti, ricusando alle stazioni degli autobus che la tenessi per mano, per consentire a Kailash di allontanarsi per urinare, quella sera stessa avrebbe provocato di nuovo la mia pusillanimità e l'esacerbazione di me e Kailash, Purti, sempre Purti, anche l'ultima sera, rifiutando la mano che le porgevo,verso casa, al rientro dal ristorante in cui avevo offerto la cena finale, avrebbe provocato il precipitare della situazione verso il più pauroso crinale, dopo che Kailash non mi aveva nemmeno ringraziato per tutto il denaro che gli avevo appena lasciato, a seguito di quello che era andato distrutto o che era andato speso senza costrutto. Glielo lasciavo perché si riavviasse con i proventi del latte prodotto da una bufala per la sua bufalina,- di cui si prenderà cura suo padre, nella stalla che possiede nel suo villaggio,- e lui accoglieva l aiuto come se gli fosse naturalmente dovuto, come se fosse naturale che insieme con il mio denaro, per lui e la sua famiglia stessi perdendo la mente e la vita...
Nel letto di quella che rimarrà per sempre la mia sola stanza, per nostra fortuna è rimasto solo un vaneggiamento che si è acquietato nel sonno, l intento che in me è insorto di abbandonare quella casa per recarmi in hotel con le valigie già fatte, abbandonando per sempre al suo destino, in quella dimora, la miseria di Kailash e della sua famiglia fallimentare, e farmi dal giorno seguente solo turista tra i turisti, che solo veda e senta senza più amare e soffrire...
Nel suo dolore immenso, ero consapevole che avrei così inflitto la ferita più letale, a chi mi aveva riconfermato un membro della sua famiglia distrutta, benché solo poco sere prima lo avessi devastato senza umano riguardo, sordo alla sua voce che mi rammentava teneramente che sarebbero state poco più che carta, quand'anche fossero state stampate, le nostre immagini digitali che rimpiangevo di non avere impresso, mentre noi due eravamo oramai " one only body", che un solo corpo anche a infinita distanza...
Respiro ancor oggi di avere evitato il crimine in cui con la mia dignità di uomo vero mi sarei giocato la mia intera esistenza, equivocando come la mia perdizione, quanto è la salvezza del mio destino , la vocazione che reca il mio nome..
" E' un dono di Dio la famiglia indiana che assisti", giorni or sono mi ha ricordato qui in Italia un confessore, ridandomi la vista con gli occhi del suo cuore profetico.
E' donandomi ad essa fino alla consunzione dei miei giorni, che i miei giorni potranno trovare con la loro salvezza, il loro stesso compimento finale, che io potrò declinare il nome per me prescelto da Dio, senza che mi sembri l' abominio di un nome di oltraggio, come quando risuona inaudito nel ludibrio e nel chiasso delle mie classi d'insegnamento, nella scrittura vana della mia parola umana..
Anche a Kailash il nome che porta, il suo nome che ci lega e che per lui hanno scelto i suoi dei, è un termine che gli si è fatto insostenibile, da che vi avverte che ha assunto il significato che egli non avrà più niente, quando con la morte del nostro bambino sente che ha perso ogni cosa, perchè più niente può significare qualcosa.
" Non ho niente, se non i miei auguri da farti"
Quando mi parla in tal senso, gli taccio che la nostra vera miseria è che disponevamo di un tesoro immenso ed è andato perduto, il bene irrecuperabile della nostra integrità familiare, di cui ignoravamo o sprecavamo (tutto) il pregio mentre lo possedevamo.
Cio che soltanto vale ora la pena di dirgli, è che perchè non ha niente (che) è vicino agli dei, che è tutt'uno con me nel suo grande valore (di uomo) .
 
Cronache Indiane
Seconda parte
Quella sera io e Kailash saremmo partiti per Chhattarpur con Purti ed Adjay, per raggiungere via Tikamghar, Lalitpur, le località storico-archeologiche di Chanderi, Deoghar, Udayapur, nel Madhya e Uttar Pradesh.
Ora la meraviglia di mattini e tramonti, tra nebbie e brume evaporanti, fascina d'incanto le memorie di quei siti, ma in essi abbiamo seguitato continuamente a sanguinare strazio, ed io sono stato capace di farvi finanche a brandelli le resistenze al dolore che Kailash aveva arginato in sé, precipitandolo in un fine d'anno terrificante.
Non ricordo se sia stato nell'hotel con vista sul forte di Tikanghar, o se sia avvenuto la nostra prima notte in Chanderi, che Kailash per l'unica volta ha voluto parlarmi delle circostanze della morte di Sumit.
Nessun dottore ha saputo spiegargli come sia successa la sua morte improvvisa di fronte a Vimala, rimanendo strozzato nel suo respiro, dopo aver bevuto un sorso d'acqua.
No, nessuno, sospettabile, lo aveva avvicinato negli ultimi frangenti della sua vita.
Dava credito piuttosto al timore che il respiro gli fosse mancato perchè da un'altra vita lo aveva serrato alla gola la mano di una vicina di casa morta ancora giovane, alcuni mesi fà, una defunta islamica ancora disperata e bramosa di vendicarsi sui vivi per essere morta precocemente.
In ogni casa del vicinato si era verificata una disgrazia.
Ciò che lo aveva più sorpreso, nel cadavere del suo bambino, era quanto fosse diventato blu, cianotico nella sua carnagione.
Ma tutto voleva e poteva credere il dolore del suo amore, che ora il Suo bambino era in lui, più grande di lui, o che la sua reincarnazione fosse già avvenuta, che il suo spirito ora fosse quello dello stesso Chandu.
" Sorride come lui..."
E' stato di ritorno dal fulgore del tempio shivaita di Udayapur, che approssimandoci a Bina, nell'avventurarci sul taxi nella giungla che infestano banditi, la sera del plenilunio di Capodanno ho trascinato Kailash nel mio baratro mentale.
Non sentivo, nel mio agitarmi egocentrico?quanto dilaceravo la sua dolcezza, la sua tenerezza conciliante di amico, nell'evocargli l'apertura gioiosa di Sumit nei miei riguardi, pronto a seguirmi in ogni dove e a giocare in ogni modo che inventavo con lui ,ogni volta che mi lamentavo di quanto si infastidisse Purti, anche soltanto a dovermi stare vicino? Non avvertivo quale schianto interiore dovesse arginare, quando nella giungla mi rassicurava che i suoi spiriti tutelari, la stessa presenza interiore di Sumit, gli garantivano che nessun brigante o nessuna forza dell'ordine avrebbero arrestato o violato la nostra vettura?
Erano le stesse entità che gli avevano assicurato che in India nulla avrei perduto o mi sarebbe stato sottratto, fino al 5 gennaio, al cui manifestarsi sentiva il corpo raffreddarsi.
Ma nel mio stato angosciato, all'idea che nessuna foto ci avesse fissato insieme, delle tante da me scattate in Chanderi, Deoghar, Udayapur, così come nelle foto era fissata nella mia memoria indelebilmente la memoria del nostro bambino, del perchè fosse potuto accadere, mentre i soli fantasmi che ritornavano erano i miei incubi scolastici, che vanificavano che fossi in India li con lui, e i nostri cari bambini “ I m not more here, I m already in Italy, now”, mormoravo stravolto al rientro nel ristorante di Lalitpur, ingoiando per pura cortesia quanto aveva ordinato per la nostra cena di fine d'Anno, intanto che il mio ego ferito da Purti, come dai miei studenti evocati, seguitava ad averlo di fronte vulnerabile e dolce e a ferirlo a morte.
Seguitavano le messe in scena della mia alterazione mentale, finchè non ritornavo in stanza e di fronte a lui rivoltavo su Purti la coperta ,in cui poc'anzi, si era sottratta anche al mio augurio di " Happy New Year".
Solo le sue grida e la mia volontà di scusarmi mi rinsavivano e mi riconducevano indietro, ad assistere in stanza a quanto si stesse sbranando, e tutto avrebbe fatto a brandelli, per il dolore che riesplodeva urlante di avere perso Sumit.
Povere le sue parole, che nulla dicevano del suo dolore" I ve lost more than money, life is more than money", povere le sue sembianze, che lo rendevano ridicolo nell'espressione di un dolore infinito.
Facesse della mia indegnità ciò che meglio credeva, imploravo ai suoi piedi, rimettevo la mia amicizia al suo volere, nel trattenerlo fra le mie braccia per contenerne la distruttività.
Placarsi, come a poco a poco avveniva, mentre i bambini lasciavano in lacrime la stanza, era nel mio amico l' uscire dalle spoglie del povero Kailash Sen, e farsi a me freddo e superiore e distante.
" In certi momenti posso mancare di qualsiasi rispetto e diventare capace di tutto".
Ma non ero io che avevo colpa, ora mi diceva, la responsabilità era sua, se la sua mente era esplosa, ciò che succedeva stava accadendo perchè egli non si era purificato, non aveva fatto alcuna doccia, o bagno, nel giorno di sabato sacro ad Hanumah.
Mi domandava di scendere alla reception a chiedere incenso, mentre con mio terrore sgomento, si rinchiudeva nel bagno per fare la doccia.
Quando risalivo, ottenuto l'incenso dal compassionevole anziano che vi era addetto, aveva indosso il solo asciugamano come un lungi, e stava già predisponendosi per la puja, per la quale richiedeva a un inserviente accorso un'ambrata bevanda, che il giorno seguente accertavo essere della birra che ristagnava in un boccale, di cui a suo dire il dio era voglioso.
" Se tu vuoi, gli dicevo l' indomani, nel lasciare la stanza dell Aryan hotel di Lalitpur, puoi fare di me quello che meglio credi, ma quello che accaduto è successo perchè soffriamo entrambi per le stesse ragioni, e allo stesso modo"
Eppure sono stati giorni di splendore nel dolore, quelli in viaggio con Kailash, Purti ed Ajay, alla vista nella notte, in Chanderi, dei carri della processione islamica, in forme hindu,avanzanti nelle vie come sfavillanti dimore celesti, o nello scorrere del pomeriggio radioso sulle anse del fiume Betwa, tra i declivi boscosi in cui si stagliavano le pareti a picco di grotte e rilievi rupestri di Deoghar.
Dalle nebbie del primo mattino ne sono emerse, nella stessa Deoghar, le incantevoli sculture gupta .del Tempio visnuita delle dieci incarnazioni del dio, ove gli individui celesti ali ostentavano la più splendida sovrannaturalità dei loro corpi spirituali, nella più naturalistica ( e vivida )assunzione di pose e gesti,
in Udayapur il fulgore sivaita del tempio Nilikantesvara ,
le innumerevoli vestigia, in Chanderi, di porte fortificazioni e moschee e palazzi, sugli specchi delle acque o in solitaria imponenza, quale il Koshak Mahal, nello stile afgano delle edificazioni di Mandu.
Nello strazio della vita che continuava interminabile nel suo spettacolo, senza alcuna nostra gioia di farne ancora parte, da che ne è scomparsa .la gioia di esserci del nostro Sumit, la più viva luminosità solare splendeva poi dolente sull' integrità ritrovata della nostra amicizia, lungo la via del rientro a Khajuraho, tramite Tikamghar, Lalitpur.
Ma Purti, ancora Purti, ricusando alle stazioni degli autobus che la tenessi per mano, per consentire a Kailash di allontanarsi per urinare, quella sera stessa avrebbe provocato di nuovo la mia pusillanimità e l'esacerbazione di me e Kailash, Purti, sempre Purti, anche l'ultima sera, rifiutando la mano che le porgevo,verso casa, al rientro dal ristorante in cui avevo offerto la cena finale, avrebbe provocato il precipitare della situazione verso il più pauroso crinale, dopo che Kailash non mi aveva nemmeno ringraziato per tutto il denaro che gli avevo appena lasciato, a seguito di quello che era andato distrutto o che era andato speso senza costrutto. Glielo lasciavo perché si riavviasse con i proventi del latte prodotto da una bufala per la sua bufalina,- di cui si prenderà cura suo padre, nella stalla che possiede nel suo villaggio,-e lui accoglieva l aiuto come se gli fosse naturalmente dovuto, come se fosse naturale che insieme con il mio denaro, per lui e la sua famiglia stessi perdendo la mente e la vita...
Nel letto di quella che rimarrà per sempre la mia sola stanza, per nostra fortuna è rimasto solo un vaneggiamento che si è acquietato nel sonno, l intento che in me è insorto di abbandonare quella casa per recarmi in hotel con le valigie già fatte, abbandonando per sempre al suo destino, in quella dimora, la miseria di Kailash e della sua famiglia fallimentare, e farmi dal giorno seguente solo turista tra i turisti, che solo veda e senta senza più amare e soffrire...
Nel suo dolore immenso, ero consapevole che avrei così inflitto la ferita più letale, a chi mi aveva riconfermato un membro della sua famiglia distrutta, benché solo poco sere prima lo avessi devastato senza umano riguardo, sordo alla sua voce che mi rammentava teneramente che sarebbero state poco più che carta, quand'anche fossero state stampate, le nostre immagini digitali che rimpiangevo di non avere impresso, mentre noi due eravamo oramai " one only body", che un solo corpo anche a infinita distanza...
Respiro ancor oggi di avere evitato il crimine in cui con la mia dignità di uomo vero mi sarei giocato la mia intera esistenza, equivocando come la mia perdizione, quanto è la salvezza del mio destino , la vocazione che reca il mio nome..
" E' un dono di Dio la famiglia indiana che assisti", giorni or sono mi ha ricordato un confessore, ridandomi la vista con gli occhi del suo cuore profetico.
E' donandomi ad essa fino alla consunzione dei miei giorni, che i miei giorni potranno trovare con la loro salvezza, il loro stesso compimento finale, che io potrò declinare il nome per me prescelto da Dio, senza che mi sembri l' abominio di un nome di oltraggio, come quando risuona inaudito nel ludibrio e nel chiasso delle mie classi d'insegnamento, nella scrittura vana della mia parola umana..
Anche a Kailash il nome che porta, il suo nome che ci lega e che per lui hanno scelto i suoi dei, è un termine che gli si è fatto insostenibile, da che vi avverte che ha assunto il significato che egli non avrà più niente, quando con la morte del nostro bambino sente che ha perso ogni cosa, perchè più niente può significare qualcosa.
" Non ho niente, se non i miei auguri da farti"
Quando mi parla in tal senso, gli taccio che la nostra vera miseria è che disponevamo di un tesoro immenso ed è andato perduto, il bene irrecuperabile della nostra integrità familiare, di cui ignoravamo o sprecavamo (tutto) il pregio mentre lo possedevamo.Ciò che soltanto vale ora la pena di dirgli, è che perché non ha niente egli è vicino agli dei, ed è tutt'uno con me nel suo grande valore..