giovedì 24 settembre 2015

a marinella

Mantova, 25 settembre 2015
Cara Marinella, sono Odorico.
Come stai? E i tuoi familiari? Procedono bene il tuo lavoro e le  tue attività?
 E che puoi dirmi del tuo viaggio a piedi  fino a Santiago di Compostela?
Dal 9 luglio sono in Italia, dove, tra le altre cose,  dopo avere terminato provvisoriamente di scrivere di templi e di viaggi,  con esiti a tutt'oggi nulli cerco di instaurare dei contatti che giovino alla mia  attività in India. Oggi ho ritirato dal corriere il passaporto con il mio nuovo visto di lavoro, ma resterò in Italia ancora un mese, e forse più, per potere fare visita ancora altre volte a mia madre, che vive a Modena, vedermi  ancora alcune mostre e finire di tentarle tutte.
I miei familiari indiani stanno e vivono bene,  i bambini a scuola sono davvero bravi, e trascorrono felicemente la loro infanzia e prima adolescenza, mentre  il mio amico  Kailash ha più mesta consapevolezza della natura possessiva del suo timore di perdermi, che drammi così tristi ha inscenato alla fine dell'ultima mia permanenza in India.
Studi, scrittura e ricerca così intanto continuano.
A risentirci e rivederci
ciao
Odorico

A Cinzia Pieruccini

Mantova 24 settembre 2015

Gentile Cinzia
Pieruccini, sono Odorico Bergamaschi, e già le scrissi a
primavera da Khajuraho , riferendole di me e dei miei intenti in
India, ed inoltrandole due miei testi allegati. Nel frattempo, al
rientro in Italia, qui a Mantova, ho terminato il report del mio
viaggio a marzo nel distretto di Shivpuri, che per me ha comportato la
descrizione dettagliata di non meno di una ventina di templi, quelli Pratihara di
Sesai, Terahi, Mahua, Indor, Keldar, quelli Kachchhapagatha di
Surwaya, Terahi e Kadwaha, questi ultimi per lo più
riconducibili, insieme con i loro mathas, alla setta shivaita- tantrica?- dei
Mattamayura, come il tempio meraviglioso che avevo già visitato nel villaggio di Chandrei,
al confine estremo del distretto di Sidhi.

Tali testi necessitano
di ulteriori revisioni formali, ma credo che solo lo scritto sul tempio shivaita di
Terahi, e forse anche quello sul tempio mirabile di Indor, richiedano un approfondimento anche di
raffronti e di analisi, in quanto il loro sikhara si presta ad
essere ulteriormente considerato nei termini in cui Adam Hardy ne ha desunto la
morfogenesi.

Si è così stabilita
come una sorta di osmosi amorosa tra me e tali  templi e tempietti, dei
quali spero di essere stato in
grado di commutare in sinteticità descrittiva l'unità compositiva, grazie al
ricorso imprescindibile alla loro tipologia triratha o pancharatha,- cui mi ha
relativamente sorpreso che nel suo volume "The temple architecture of India", Adam Hardy non
faccia mai riferimento. Per me è stato di viva soddisfazione
svolgerne anticipatamente l'analisi con la terminologia e la
metodologia che ho finora conseguito, e solo a posteriori
raffrontarla con la schedatura più sommaria di Krishna Deva, o con
la descrizione  più esaustiva di R.T. Trivedi, constatando quanto fossi felicemente in
grado di correre da solo, eccettuata qualche incertezza nell'identificazione iconografia di alcuni gruppi statuari.

Al grado cui sono
giunto della mia interiorizzazione spirituale ed estetica dei templi hindu,
ritengo che una loro descrizione sia appagante se nelle replicazioni frattali dei loro elementi, di
cui l'edicolarità è solo un aspetto, ne coglie l'unità
architettonica di cui dicevo, che evita che la loro profusione emanativa si manifesti
come dispersiva.

Al mio rientro in India, tra  un mese, intendo ultimare la descrizione dei templi Jain Adinatha e Gantha, in
Khajuraho, e mettere a fuoco, in uno
scritto breve, le ragioni del passaggio dalle forme architettoniche
del tempio Lakshmana a quelle davvero perfette del tempio Kandariya,
così come credo di averne colto la determinazione, nella
necessità non solo formale di far corrispondere il numero dei latas del
sikhara  e quello dei rathas effettivi del jangha, in presenza di un
bhadra che aveva raggiunto l'estensione di una finestra-balcone. 

Farò inoltre un
sopralluogo ulteriore nei vari siti di templi Chandellas esterni a Khajuraho, edificazioni religiose che  gli storici dell’arte,
nei vari testi critici che ho finora indagato, mi sembra si siano limitati a citare senza
decifrare quanto i templi di Khajuraho si rifacciano ad esse o ne divergano.
Intendo, così rivisitandoli, aggiornarne l ’analisi che già ne ho svolto in forme ancora
acerbe, in un generale avanzamento di grado del livello
interpretativo di tutti i testi che finora ho prodotto sui templi
del Madhya Pradesh, per quanto possono consentirmelo un affinamento degli
strumenti critici ed un’acquisizione più piena delle tipologie  di Adam Hardy.

Ajaygarh e Kalinjar
poi, con cui cimentarmi di nuovo, senza disporre di altro supporto
effettivo, quanto ai templi che vi sussistono, che tre scarne righe di testo di Krishna Deva, e i templi
Kalachuri, con i quali terminerebbe l'opera .

Gentile Cinzia, posso descriverle, in
una lettera ulteriore, l' attuale  situazione calamitosa, in cui mi ritrovo ad
operare, dei beni culturali nel Madhya Pradesh? 

Cordialmente

Odorico Bergamaschi


Arduo ritorno -abstract

Un arduo ritorno
( il testo originario, per la natura dei suoi argomenti, ha subito omissioni e tagli)
Sul finire del pomeriggio Mohammad aveva appena finito di parlarmi esplosivo di vita, che la voce di Kailash è subentrata al telefono affranta di angoscia., Le sue parole si succedevano con debole voce, in frammenti di discorsi, per dirmi che teme che si ripetano al mio ritorno i drammi degli ultimi giorni della mia permanenza trascorsa. Mi manifestava confusamente il suo bisogno di disporre di più denaro, per sentirsi sicuro, del “ big amount” per intraprendere nuove attività, di cui gli avevo detto che forse avrei dovuto anticipare la trasmissione sul suo conto corrente prima della mia partenza per l India, per le difficoltà insorte nel poter compiere la stessa operazione dall India con la banca multicanale, un ammontare che mi assicurava che sarebbe rimasto da lui intoccato, che ne avrebbe fatto uso solo con me, mentre al tempo stesso intervallava l discorso con il timore di ripetere le condotte sconvolgenti della sua gelosia, che ne subentrassero di nuovo gli attacchi…………………………………….
La sua mestizia era gravida della consapevolezza di quanto ciò che aveva compiuto e di cui si ricordava era senza attenuanti , l'affliggeva il timore dell’apprensione, che insinuava in me stesso, che la sua mente diventi folle di nuovo, come allora precludendogli il sonno e l’appetito di cibo, tra vociferazioni divenute incubi e allucinazioni notturne.
Ho cercato di dirgli come stanno le cose, che non ho mai smesso di amarlo come chi mi è più caro al mondo, che tutto è in me ugualmente intenso e profondo, per quanto siamo mutati nel corso degli anni, ma che egli non può darmi l’allegria che mi recano Chandu, e gli altri bambini, quella presenza e frequentazione, che così di sollievo è alla mia vecchiaia, alle sue angosce, nell'avvertire che mutuo amore reciproco è la nostra ilarità, una rinata allegria che Kailash mi aveva rigettato in faccia con scherno come il mio rendermi ridicolo,
“ Kailash, tutto mi costa sempre più fatica, mi è sempre più difficile lo stesso camminare, non puoi negarmi di non sentire più il peso degli anni quando sono felice in sua compagnia, o con il nostro Chandu”,…………………….. .
Ho fatto l esempio della differenza tra l’ascolto di un notiziario e di un programma di svago, per fargli intendere che non è perché trovo la gioia con altri, che lui per me sia di meno di loro.
Per cercare quanto potevo di quietarne i timori, l’ho assicurato che avrei avuto più riguardo per tali suoi sentimenti, di cui allora, pesantemente frustrandoli, mi era stato difficile intenderne la gravità ed il dolore, talmente anaffettivo egli si mostrava con me, riservandomi la stessa trascuratezza che mi addebitava nei suoi riguardi, quando si lamentava che non lo ricercassi al telefono e non mi curassi più di lui come accadeva prima, così come non riuscivo allora a fargli prendere atto della natura dei suoi furori, se quanto più ne era in preda egli negava finanche con sdegno di provarli proprio per gelosia, ed ogni precauzione era risultatati vana, che ci fosse anche Ajay quando mi allontanavo con l’ oggetto di tale sua gelosia, che con Kailash avessi viaggiato quanto più a lungo possibile nel Rajasthan, e mi fossi intrattenuto in Delhi prima di lasciare l ‘India, mentre ora a distanza nello spazio e nel tempo, ne aveva consapevolezza e gliene pesava l’angoscia
“ Kailash, eri così freddo con me, come potevo pensare che ne soffrissi così tanto…”, sapendo io la verità delle cose, sobillando la sua mente l’ insinuazione più inconsistente
Era in effetti la sua natura possessiva la prima radice, il suo sentirsi abbandonato e perduto come io manifesti interesse o piacere per altri, e subentra allora il suo svilirmi brutale a cosa che non può concepire che sua, a mente succube di chiunque l'alletti, mentre così ingenera proprio il solo stato di cose per cui possa perdermi insieme con il mio aiuto.
Come ben sapeva anche allora, sovrabbondando con l’oggetto della sua gelosia di attenzioni e di riguardi , quanto più la sua gelosia lo odiava e temeva..
Ed ora, che arduo ritorno, che solo l onesta schiusa del suo cuore così nobile e grande può consentirmi di nuovo.

Quando per Mohammad s'avveri il giorno.

Quando per Mohammad s'avveri il giorno.
Mohammad al telefono è ora uno scatto alla risposta di vitalità gioiosa, dopo essere stato, per settimane, la lamentazione sconsolata dell’accanimento della malasorte su chi già è così sventurato, per una continua debilitazione fisica, ripetuti svenimenti, a seguito del cibo scarso di cui poteva nutrirsi in casa, cadute e ferite da taglio e morsi animali, infezioni e contagi dei più virulenti, e che ingiuste punizioni scolastiche ed addebiti e furti, il più sofferto dei quali quello della sua bicicletta, dal ragazzo lasciata incustodita per il tempo in cui la febbre lo teneva assopito in casa, al punto da dirmi di volerla fare finita, nei suoi trepidi anni, con una sua vita di povero senza speranze.
Ma è più forte di tutto la sua capacità di passare oltre e di rigenerarsi, oltre la vista stessa in Kanpur, nella sua infanzia, di cinque omicidi e il suo successivo indurimento, il che non gli ha evitato di cadere in lacrime, quel pomeriggio di una domenica del giugno scorso, quando Kailash e la sua famiglia ci si sono indemoniati contro senza risparmiarlo.
Ora è da settimane che quando ci parliamo, ci scambiamo teneri detti di innamorati, quali le parole ardenti che intercorsero tra Pietro Giordani e il suo Leopardi.
“ Mi manchi tanto, mi ha detto agli inizi del mese, ieri notte ho pianto pensando a te. Mio padre mi ha visto e mi ha chiesto perché piangessi, ed io glie l ho detto ch'era perchè mi manchi . Che possiamo farci se ci amiamo l un l’altro..."
“ Ah, niente, -gli ho detto in risposta- Dobbiamo accettarlo!”. Ed egli si è messo a ridere in assenso.
Ora tutto sembra per lui procedere a pieno regime, non c’è vela avversa che non si dispieghi, non fosse per il velo che è calato opacizzandone la gioia, come gli ho chiesto della fanciulla della quale è, o si crede, innamorato.
Lei, bellissima, di una casta più alta, gli dice che vuole morire se deve perderlo, che solo se può rivederlo si riconcilia con il cibo, mentre lui gioca con gli affetti della giovinetta prima di contraccambiarli, vedendosi a distanza e potendosi parlare solo per telefono. Ma a smorzare la sua gioia è il suo timore che il padre non acconsenta alle loro nozze, tra cinque anni quando i suoi studi saranno finiti.
“ Ma voi siete muslim. Perché tuo padre deve accettare gli obblighi di casta e non li lascia agli hindu."
“ In india tutti obbediscono alle caste  . Mio padre mi ha già detto che a suo tempo deciderà lui chi è la ragazza che devo sposare. E se non la accetterò, non mi riconoscerà più come figlio. e mi obbligherà ad andarmene senza lasciarmi niente. Faranno lo stesso anche  la mamma e la nonna”
“ Anche tua mamma e tua nonna che ti amano tanto?”
“ No, la mamma sono sicuro che accetterà la mia scelta, lei sta sempre dalla mia parte. E la nonna farà poi come lei”
Si frapponevano intanto almeno cinque anni, e in cinque anni, lo confortavo, può essere cambiata la volontà di un padre.
Con cautela estrema, avrei esercitato i miei buoni uffici, avrei tentato di fare tutto il possibile perché ciò avvenisse.
Suo padre che non aveva da lasciargli che una catapecchia in svendita, eppure si immaginava dunque di diseredarlo e di ripudiarlo, se non si lasciava ammogliare come pretendeva lui.
Ma Mohammad aveva più ancora di che preoccuparsi, perchè non aveva tenuto nel debito conto che non aveva modo di sposarsi se non avesse trovato un lavoro, dato che io che sono il solo che intenda aiutarlo, non posso farmi carico anche della sua futura famiglia, quanto di quella di Ajay, rendendo possibile il loro matrimonio con l'assunzione delle spese. delle cerimonie nuziali. Se poi era pur anche combinato…ed era lo sgozzamento di ogni amore…. Su di me sentivo intanto gravare, lo stesso,l destino di entrambi i ragazzi, anch’io, come Mohammad, dilazionando l’angoscia nei tempi lunghi davanti, giorno dopo giorno, così consegnandomi a quando le regole del gioco avranno già avuto partita vinta,

mercoledì 23 settembre 2015

Arduo ritorno

Sul finire del pomeriggio Mohammad  aveva  appena finito di parlarmi  esplosivo di vita, che la voce di Kailash è subentrata al telefono affranta di angoscia., Le sue parole si succedevano con debole voce,  in frammenti di discorsi, per dirmi che teme che si ripetano al mio ritorno i drammi degli ultimi giorni  della mia permanenza trascorsa. Mi manifestava  confusamente il suo bisogno di disporre di più denaro, per sentirsi sicuro,  del “ big amount”  per intraprendere nuove attività,  di cui gli avevo detto che forse avrei dovuto anticipare la trasmissione sul suo conto corrente prima della mia partenza per l India, per le difficoltà insorte nel poter compiere la stessa operazione dall India con la banca multicanale, un ammontare che mi assicurava che sarebbe rimasto da lui intoccato, che ne avrebbe fatto uso solo con me, e al tempo stesso  intervallava il discorso con il timore di ripetere le condotte sconvolgenti della sua gelosia, che ne subentrassero di nuovo gli attacchi,  ad ogni mio  rimanere  di nuovo con Mohammad lontano da lui,  interferendo ancora tra le nostre telefonate per intercettarne i discorsi, molestando il ragazzo con chiamate inquisitorie, e l’altro di cui io solo e Mohammad potevamo avere conservato memoria.
La sua mestizia era gravida della consapevolezza di quanto ciò che aveva compiuto e di cui si ricordava era inescusabile,. era afflitta dal timore, che insinuava  in me stesso, che la sua mente diventi folle (impazzisca) di nuovo, come allora precludendogli il sonno e l’appetito di cibo, tra vociferazioni divenute incubi e allucinazioni notturne.
Ho cercato di dirgli come stanno le cose,  che non ho mai smesso di amarlo come il mio amico più caro, che tutto è rimasto in me ugualmente intenso e profondo, per quanto siamo mutati nel corso degli anni,  ma che egli non può darmi l’allegria che mi recano Chandu, e gli altri bambini, la presenza  e la frequentazione di Mohammad,   il sollievo che reca alla mia vecchiaia, dalle sue angosce,  l'avvertire che la nostra ilarità è amore reciproco, una rinata allegria che Kailash mi aveva imputato con scherno come il mio rendermi ridicolo, ( variante il conforto e il sollievo dalle sue angosce che ne traeva  la mia vecchiaia,  che mi aveva imputato con scherno come il mio rendermi ridicolo).
“ Kailash, tutto mi costa sempre più fatica, mi è sempre più difficile lo stesso camminare, non puoi impedirmi di non sentire più il peso degli anni quando  sono felice  con Mohammad o Chandu”, ricusandogli di dirgli, che benché io e Mohammad ci amiamo l un l’altro,  mai , se non in qualche tormentata carezza, avevo mancato di rispetto agli anni del ragazzo  ed al suo essere caro, e quanto il destino del ragazzo non possa più essere che il mio stesso destino.
Ho fatto piuttosto l esempio della differenza tra l’ascolto di un notiziario e di un programma di svago, per fargli intendere che non è perché trovo la gioia più con Mohammad, od intrattenendomi con Chandu, che lui per me sia di meno di loro.
Per  cercare quanto potevo di quietarne i timori,  l’ho assicurato che avrei avuto più riguardo per tali suoi sentimenti,  di cui allora, pesantemente frustrandoli,  mi era stato difficile intenderne la gravità ed il dolore,  talmente anaffettivo egli si mostrava con me,  riservandomi  la stessa trascuratezza che mi addebitava nei suoi riguardi, quando si lamentava che non lo ricercassi al telefono e non mi curassi più di lui come prima, da che Mohammad era diventato intromissivo  nella mia  stessa stanza , così come non riuscivo allora a fargli prendere atto della natura dei suoi furori, se quanto più ne era in preda egli  negava  finanche con sdegno di provarli proprio per gelosia,  ed ogni precauzione era risultatati vana, che ci  anche Ajay quando mi allontanavo con Mohamad,  che con Kailash  avessi viaggiato quanto più a lungo possibile nel Rajasthan, e mi fossi intrattenuto in Delhi prima di lasciare l ‘India,  mentre ora a distanza nello spazio e nel tempo, ne aveva consapevolezza e gliene pesava l’angoscia.
“ Kailash, eri così freddo con me, come potevo pensare che ne soffrissi così tanto…”, sapendo io la verità delle cose, sobillando la sua mente l’ insinuazione più inconsistente
Era in effetti la sua natura possessiva la prima radice, il suo sentirsi temersi abbandonato e perduto come ogni volta che io manifesti interesse o piacere per altri, e allora il suo svilirmi brutale a cosa che non può concepire che sua, mentre così ingenera proprio il solo stato di cose per cui possa perdermi insieme con il mio aiuto.
Come ben sapeva anche allora, sovrabbondando con mOhammad di attenzioni e riguardi , quanto più la sua gelosia  lo odiava e temeva come il suo giovane antagonista muslim.
Ed ora che arduo un ritorno, che solo l onesta schiusa del suo cuore così nobile e grande può consentirmi di nuovo.



martedì 22 settembre 2015

One identification for Mister Dipak



One identification for Mister Dipak
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On Sun, 20 Sep 2015 09:28:47 +0530 Dipak Bagchi wrote

Hi :
How are you all doing. I am doing fine.
I like your help in identifying one temple located in the UNESCO World Heritage Site in Khajuraho, namely the Western Group of Temples. I have attached a photo with this email. What is the name of this temple?

Thank you.
Dipak Bagchi
2
Subject: identification temple
Dear Kailash, my best friend,
can you ask to the archaelogical authorities of khajuraho the name of the Bundela temple near the Vaisvanatha mandir, that you can see in the attached picture? Can they tell you if it has been built by the maharaja Pratap Singh?
Thanks.
Odorico
3
my dear
the name of the temple is pratapeshwar, it has been buillt by maharaja pratap singh chattarpur state .
year of 1840
same time of maqbara
4
Mantua 21 september 2015
Dear Mr Dipak ,
We are well also, being pleased to receive good news about You.
I m living in Italy, now, Kailash and his Family in Khajuraho. For this reason, only
thanks to my great Friend Kailash it has been possible to satisfy your demand about the name of the temple situated in the western Group, but more recent than all the other temples of the complex.
In my books, in Italy, there is written nothing about it.
The name of the graceful temple,-according on what our excellent Kailash wrote me - is Pratapeshwar, and it has been built by the maharaja of Chhatrasal Pratap Singh at the same time of the building of his maqbara , just opposite, in 1840. The temple is in Bundela indo-islamic style, consist of two mandapas, - surmounted by islamic dome, with two chattris, and by pyramidal phamsana with central niche-, and subsequently of the garbagriha-sanctum and the sikhara, with chattris at the corners and central curvilinear bengaldar.
Bengaldars over a niche and between two laterals ones are present on all the walls, excepted the entrance, - instead of projections with gods and demigods or apsaras, as in the old hindu temples - and islamic brackets and merlons interpose between walls and roofs.
The same sikhara and phamsana are only sequences of tiers, not sets of smaller miniature replicas of themselves, as in the purana hindu mandir, and the crowning elements with reversed lotus and multiplex finial are more Islamic than Hindu .
With our best wishes
Odorico & Kailash
5
Dear Odorico:
Thank you very much for the detailed description of the Pratapeswar Temple, which could only come from you and Kailash.
I saw this temple from a distance and missed to check it out.
Thanks for your help again.
How is your mother and relatives? When are you going back to India? I have no plan to go there in the near future.
Dipak Bagchi
Dipak
Sent from my iPhone
6
Dear Dipak, my mother is well,  like my relatives. Your concern is very kind.  I m going back to India before Deepawali. God bless us, Kailash and our family.

Odorico Bergamaschi

Contro l'islamofobia


Contro l'islamofobia

Per quanto mi induce a credere la mia vita attuale in Italia ed India, penso che l islamofobia sia il cancro mentale dell' umanità contemporanea, che nelle nostre contrade si manifesta nella assimilazione all'Isis ed al suo orrore di oltre un miliardo e mezzo di musulmani, alle prese ogni giorno, come noi tutti, innanzitutto con la sofferenza del vivere e del tirare avanti. Un accecamento che è l'ottundimento di una politica che presume di vedere più acutamente delle ragioni del cuore, mentre dietro l'orda che avanza, il monolite nero integralista, non sa intravedere quanto gli islamici siano tra loro sanguinosamente divisi e , e su questo esercitare la presa. Di fronte alle ragioni che ci induriscono contro l islam, come induriscono contro di noi , o gli uni contro gli altri, i settari delle fazioni dell islam tra di loro in conflitto,credo che il compito massimo di chi esercita una guida spirituale,  lasciando pure a Cesare l'onere delle armi, sia oggi quello di convertire i propri, di fedeli, alle ragioni di misericordia della propria religione, e così , quanto ai nostri cattolici apostolico romani, di ricondurre i propri diocesani al senso ed al fare operoso coerente delle parabole dell'amore di Gesù , prima di ogni altra quella del buon samaritano, anziché perseguire, e celebrare liturgicamente, l'apostasia dei fedeli di altre religioni, incuranti di che pericolo può comportare per tali nuovi proseliti l'esito battesimale di tali trionfi, che agli occhi di molti dei loro ex correligionari non rappresentano che delle scorribande di lupi nei loro greggi. In tal senso quanto sarebbero auspicabili, più che nuovi fonti battesimali, incontri di fede tra vescovi- o prelati- e imam e guru sikh o rabbini, intorno alle ragioni della misericordia delle rispettive religioni, che aprano più ancora i cuori e le menti.


Per quanto mi induce a credere la mia vita attuale in Italia ed India, penso che l islamofobia sia il cancro mentale dell' umanità contemporanea,che nelle nostre contrade si manifesta nella assimilazione all'Isis ed al suo orrore di oltre un miliardo e mezzo di musulmani, alle prese ogni giorno, come noi tutti, innanzitutto con la sofferenza del vivere e del tirare avanti. Di fronte alle ragioni che induriscono i nostri cuori contro l islam, come induriscono contro di noi , o gli uni contro gli altri, i cuori dei settari delle fazioni dell islam tra di loro in conflitto, sanguinosamente armate, lasciando pure a Cesare l'onere delle armi, credo che il compito massimo delle guide spirituali sia oggi di convertire i propri, di fedeli, alle ragioni di misericordia della propria religione, e così , quanto ai nostri cattolici apostolico romani, di ricondurre i propri diocesani al senso ed al fare operoso coerente delle parabole dell'amore di Gesù , prima di ogni altra quella del buon samaritano, invece che perseguire, e celebrare liturgicamente, l'apostasia dei fedeli di altre religioni, incuranti di che pericolo può comportare per tali nuovi proseliti l'esito battesimale di tali trionfi, che agli occhi di molti dei loro ex correligionari non rappresentano che delle scorribande di lupi nei loro greggi. In tal senso quanto sarebbero auspicabili, più che nuovi fonti battesimali, incontri di fede tra vescovi- o prelati- e imam e guru sikh o rabbini, intorno alle ragioni della misericordia delle rispettive religioni, che aprano più ancora i cuori e le menti.

Lettera a F. Siravo

Mantova, 22 settembre 2015
Gentile Siravo,
sono il ricercatore e scrittore, residente ora temporaneamente per lo più in India , con il 
quale lei ha interloquito sabato l’altro, in Mantova, dopo la conferenza su Architetture 
fragili per il festivaletteratura. 
Dove vivo ora prevalentemente in India, a Khajuraho, vengo rapportando la mia passione per la 
civiltà indiana all’aiuto che reco ai miei congiunti d’adozione, il mio amico Kailash Sen, la 
moglie e i tre figli superstiti, facendomi tutt’uno con le loro sorti e condizioni di vita. 
Abbiamo così aperto un centro culturale e di viaggi che consente di visitare tutti i monumenti 
e i siti delle località archeologiche circostanti del Madhya ed Uttar Pradesh,raccordandoli in 
itinerari magnifici che abbiamo sperimentato direttamente e di cui in reports, documenti di 
viaggio e testi di analisi formale che descrivono i vari monumenti dettagliatamente, 
personalmente ho via via tradotto le conoscenze acquisite in forme sempre più approfondite. 
Sarò di ritorno a Khajuraho fra un mese, e mi ci assocerò ad un giovane del luogo, per 
cercare di attivare l'INTACH, una organizzazione non governativa che persegue il salvataggio 
del patrimonio ereditario culturale e naturalistico dell’India, in un micro-progetto di 
rigenerazione del contesto ambientale in cui sono situati in Khajuraho i templi hindu Javari- 
un gioiellino- e Vamana. Intorno ai loro giardini la bella distesa verdeggiante in cui gli 
animali sono liberi di pascolare, è utilizzata come discarica fetida di rivoli di scolo dalla 
popolazione del villaggio contiguo della Old Khajuraho, benché l’accomuni ai templi la più 
rigida e tradizionale fede brahmanica,
Di ritorno in Delhi presso l’Intach, vedrò di accertare quanto i progetti di intervento nei 
contesti urbani monumentali di tale organizzazione siano affini a quelli dell’Aga Khan Trust 
for Culture per cui lei opera ancora, di cui le chiedo se può trasmettermi in rete materiale e 
testi, in inglese ed in italiano.
Il patrimonio monumentale islamico di cui le parlo in breve perché riguarda la sua attività 
fondamentale di architetto ed urbanista, è diffuso in India sino almeno ad Hyderabad, per 
tipologie regionali e varianti dinastiche, ed io ho conoscenza soprattutto di quello 
disseminato in Delhi. Esso vi è presente in enclaves islamiche di genti apparentemente più 
sedentarie di quelle delle altre aree della megacity, od in contesti sociali misti per 
religione di appartenenza, oppure in quartieri di popolazione precipuamente hindu. Questi 
ultimi, più rimodernati, corrispondono per lo più ad antichi villaggi inglobati dal 
sovrapporsi dell’ estendersi della nuova Delhi sugli insediamenti delle precedenti città 
storiche( Jahanpanah, Siri, Sher Shah Sur city o Purana Qila, etc..)
Per me di particolare fascino sono i luoghi di culto misti, indo-islamici, quali Sultan Garhi, 
e Firoz Shah Kotla. 
Come le ho anticipato durante il nostro incontro, tranne che nelle enclaves islamiche,- di Old 
Delhi, Nizamuddin, Chiragh Delhi, e forse in quella di Merhauli, cui non ho fatto ritorno-, si 
è radicalizzata l’estraneità reciproca tra le moschee od i gumbad, da un lato, che sono stati 
monumentalizzati e che non costituiscono più luoghi di culto, e dall'altro il quartiere 
circostante che gravita loro intorno in un pressing sempre più incombente, vuoi perché 
l’ammodernamento in corrispondenza del ripopolamento del quartiere non si è integrato con il 
restauro dei monumenti, vuoi perché al risanamento del quartiere hanno corrisposto la 
fatiscenza ed il degrado di moschee e tombe che ne sono state attorniate o finanche 
compenetrate. Sono in sé la monumentalizzazione dell’edificio religioso e la sua alienazione 
da ogni funzione e culto, che nonostante la sua collocazione in ampi parchi, od in siti 
archeologici pur anche magnifici, di sosta e di transito della popolazione locale, si prestano 
ad una frequentazione che quando non è l’amoreggiamento di coppie, o la sosta di gruppi 
familiari od amicali, il più delle volte ne è un vilipendio, anche ad opera di chi appare un 
musulmano dalle sue fogge vestiarie: vi ci si apparta per il gioco delle carte con scommesse 
in denaro, per scolarsi alcolici delle cui bottiglie restano i cocci sparsi intorno, 
urinandovi quel che si è bevuto, o per altre evacuazioni fisiologiche o lo spidocchiarsi. E le 
coppie si addentrano nei mihrab come incorniciatura ideale delle loro fotografie.
Dai casamenti intorno alle moschee, rifiuti di ogni sorta nei fossati ad esse circostanti.
Ma nemmeno l’esercizio del culto preserva dal degrado tutto ciò che di antico è circostante i 
santuari nei vari dargah. In Nizamuddin, ad esempio, i pellegrini bivaccano sugli avelli dei 
moghul situati presso le tombe dei sufi venerati.
Questo è quanto qui le ho riferito perché può interessarla, che mi è parso di rilevare durante 
le mie varie rivisitazioni in Delhi di moschee e tombe ed edifici palatini, per individuarvi i 
percorsi di itinerari misti di arte islamica antica e architettura moderna, facendo ricorso 
alle linee metropolitane oltre che agli autorickshaw ( sono i miei metro-tours, di cui le 
allego un esempio. Qualora me lo chieda, le darò accesso ad altri innumerevoli miei files ed 
ai miei siti)
E’ ora mia intenzione ultimare nei prossimi due anni la mia opera in Khajuraho e nel Madhya 
Pradesh settentrionale, per poi riprenderla più approfonditamente, in altri epicentri, lungo 
altri itinerari di altre aree monumentali dell’ India, sempre che mi soccorrano forze e 
risorse, così come mi anima l’assillo di poter assicurare un futuro alla mia famiglia 
d’adozione.
Può farmi sapere, in risposta, qualcosa di lei e della sua attuale attività?
Grazie comunque sia, della cortesia che già mi ha riservato. 
Cordialmente
Odorico Bergamaschi

giovedì 17 settembre 2015

Una versione antecedente della seconda lettera sul fonte battesimale in Sant'Andrea

Credo che nel suo intervento apparso sulla Gazzetta di Mantova del 2 settembre , Gabriele Gabrieli abbia ben illuminato il senso reale della questione della vasca battesimale da collocare in Sant’Andrea, per il tramite della sua rievocazione dell’essenziale di ciò che ebbe a dire l’Abbè Pierre all’inaugurazione della basilica di Saint-Joseph a Montreal , quando sostenne che onorare Dio è piuttosto riparare catapecchie che rendere monumentali le chiese, oltre i quattro muri e i tetti che bastano, e che più che lo stesso rito eucaristico valgono le opere di misericordia. E’ una prassi spirituale propria delle fedi del nostro tempo, - di cui premetto che non condivido il pauperismo architettonico, se non per quanto attiene ogni chiesa futura, - che con le parole del teologo Ramon Panikkar può definirsi la secolarizzazione del sacro, in quanto estende l’esercizio della fede e della stessa vita sacramentale oltre le mura dei luoghi di culto e l’ambito delle liturgie che in esse si esercitano, per farsi, i fedeli, cooperatori del divino grazie alla glorificazione della realtà di ogni giorno con opere di bene In tal senso mi chiedevo su queste colonne già ai tempi del sisma delle nostre Basse, se la nostra Curia sarebbe riuscita a spezzare il pane e versare il vino sugli altari come sui tavoli domestici e di lavoro, a pregare attraverso la preghiera come attraverso il dispendio di forza lavoro e d’amore solidale, evitando di curarsi delle anime che stavano nelle chiese più di quelle rimaste impaurite nelle tende o che erano già al lavoro nei campi, più delle macerie dei propri luoghi di culto che di quelle di capannoni e fienili e case.

In tal senso è altresì ben chiaro ora che cosa sia venuto significando la vasca battesimale in Sant’Andrea e perché abbia sollevato tale scompiglio nella fede esplicita od implicita di tanti nostri concittadini, e ce lo aiuta a comprendere meglio l’altro pregevolissimo articolo, in materia, apparso lo stesso giorno sulla Gazzetta grazie a Carlo Prandi, Vi si rammenta come sull’argomento non si sia più levata alcuna voce della Commissione diocesana per i beni diocesani ecclesiastici, dopo il documento emesso il 6 agosto scorso, e di tale silenzio cui la Curia si è attenuta, in luogo di un dibattito reale, si asserisce che è l’attestazione che il vescovado ha riservato il potere reale di decidere al solo personale addetto al sacro in separata sede curiale rispetto ai fedeli, una separazione in separata sede, che è lo statuto della Chiesa che meglio le consente di imporre urbe et orbi ( la valenza della sacralità del)le proprie ragioni dogmatiche e liturgiche, operando in un verso ed un senso che sono esattamente l’opposto dell’incarnarsi nel mondo per umanizzarlo quali semplici uomini tra gli uomini, resi però tali dalla sequela di Cristo, della secolarizzazione del sacro che ho evocato . Se la Curia si è invece ancor più irrigidita, cosi, nella ecclesializzazione clericale del sacro, che spesso si rivela la facilitazione più intrigante della sacralizzazione dell empio , non ci si facciano beate illusioni su quanto può riservare la sua immissione in internet che ora sbandiera: l’ incontro con il mondo sarà infatti solo un incontro con il pubblico per spiegare l immodificabilità dogmatica delle decisioni e degli orientamenti già assunti, in nome di superiori questioni pastorali che non è ancora dato di sapere.
Ma nell’attesa di conoscere quali siano tali superiori questioni, può darci qualche ragguaglio il documento delle comunicazioni diocesane  6 agosto, apparso sulla Gazzetta, da cui si desume che come già ben prefiguravo nel mio precedente intervento, i catecumeni per il quale si intende approntare la vasca battesimale in Sant’Andrea sono i convertiti di altre religioni, ( " Serve per inserire nella Comunità cristiana individui provenienti da altre religioni, soprattutto il sabato santo"), che in Sant’Andrea si vorrebbe che ricevessero il battesimo, perché li si svolge- e perché mai non altrove?- la Veglia Pasquale, e lì il corteo battesimale lo si potrebbe far passare sotto gli affreschi dell incontro sublime di Gesù con la Samaritana, che appunto il battesimo confessionale prefigurerebbe, a esaltazione del suo senso spirituale.( " La persona poi riceve lo Spirito Santo con il battesimo e si incammina verso l'altare, che simboleggia l eucarestia, passando sotto agli affreschi raffiguranti il battesimo di Gesù e l incontro con la Samaritana, posizionati sui due pilastri di sostegno della cupola tra i quali dovrebbe essere collocata la vasca".)
In realtà la celebrazione in tal senso del battesimo di conversione farebbe della stessa sua somministrazione sacramentale la premessa al  passaggio, sotto la scena dell episodi,o della messa in atto dello stravolgimento del suo senso spirituale...
Credere infatti che l’acqua viva che Gesù ha da dare alla Samaritana come a ciascuno di noi, e che in chi la beve si rivelerà “sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna», sia quella battesimale di una fede confessionale autentica che ci purga da un'altra ripudiata come falsa, significa esattamente secondo il passo cruciale dell episodio evangelico che si è ancora di coloro per i quali non è ancora giunto il momento in cui né sul monte Garizim dei Samaritani né nella Gerusalemme ebraica sarà adorato il Padre, in un luogo di culto di una fede ad esclusione di ogni altra, che non si è ancora i veri adoratori che egli cerca, coloro che adoreranno il Padre per quello che è, non altrimenti che in spirito e verità, senza che sia più indispensabile per questo un particolare luogo del sacro , od un determinato rito liturgico o sacramentale.”! Perché Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in Spirito e Verità”, semplicemente e assolutamente.


Ma ancor più, ciò che seguita a lasciarmi esterrefatto in tale perseveranza di intenti battesimali in Sant’Andrea di catecumeni convertitisi, e’ l’avventatezza, che finora in nessuno degli interventi si è palesata, della pervicacia di voler celebrare con la massima risonanza mediatica il trionfalismo di un evento che conclamando l’avvenuta conversione al cristianesimo di un islamico, un hindu, o un sikh, solo per fare alcuni esempi concreti, presso le Comunità religiose d’origine del catecumeno è la proclamazione aperta di un’avvenuta Apostasia di cui l’ apostata si glorifica per giunta,

una colpa gravissima per l islam, che può costare  una condanna a morte, o una sorta di scomunica.inappellabile, che vita natural durante negherà al battezzato di potere avere di nuovo qualsiasi contatto con familiari e conoscenti della sua comunità originaria , né c’è da illudersi che presso Comunità quali quella dei sikh egli possa poi fare certamente rientro in seno alla sua stessa famiglia. Detto altrimenti, c’e da temere per il battezzato, anche in contesti religiosi non islamici, che nessuno voglia o possa più avere niente a che fare con lui del suo mondo d’origine. A questi “ inconvenienti”, chiedo, ci hanno forse mai pensato almeno una volta i proponenti della istituzione del rito battesimale dei catecumeni in Santì’Andrea?

Sempre sul fonte battesimale in Sant'Andrea


E' ben lungi dal vero la nostra Diocesi, se  pensa che la questione emersa quanto al  fonte battesimale in San Andrea, resti quella dei suo costi e della sua disarmonia intrusiva, non spiegandosi pertanto tale e tanta levata di scudi.  Ci si chiede ora infatti, nelle voci di protesta,  se per la nostra Curia Vescovile  il popolo di Dio  sia l'intera umanità, di noi tutti quanti,  per cui  Sant'Andrea, quale suo luogo di culto, teologicamente, prima ancora che per volontà dell'Unesco, è  patrimonio appieno dell'umanità intera, o se per il nostro Vescovado, a quanto pare,  si  abbia dignità di figli del Padre,  che egli intende portare salvezza, solamente se si è  cattolico apostolico romani , e come tali allineati  alle disposizioni del  proprio Vescovo, prima ancora che obbedienti a ciò che detta  lo Spirito nella propria coscienza. Se è così  va di per sé che  la casa del Padre, quando  consiste nelle sue Chiese, sia dei cristiani quali soli suoi  figli, mentre ogni altra persona che le frequenti o visiti  ne è al più un ospite, e che i luoghi di culto, come nel caso di Sant'Andrea, siano geloso patrimonio della sola Curia, di cui   assolutisticamente può disporre come meglio crede, secondo quanto  pensa  lo stesso sovrintendente Stolfi  Ed ecco dunque, che nel nostro caso,  per celebrare, ( trionfalisticamente?),  la conversione battesimale di chi non è altrimenti che un infedele , secondo gli intenti  svelati dalle comunicazioni diocesane alla Gazzetta del 6 agosto scorso, ( " Serve per inserire nella Comunità cristiana individui provenienti da altre religioni, soprattutto il sabato santo"), si elude con un silenzio imperterrito la volontà degli stessi cattolici propri fedeli, i quali  non sono mai stati chiamati di fatto in causa per discuterne, e diventa bene che decida l'imperio vescovile,  passando  al di sopra di tutto,  sopra il rispetto dello spirito con cui è stata ideato da Leon Battista Alberti il Sant’Andrea, che resta Basilica”d’autore” a tutti gli effetti, nonostante le modificazioni plurisecolari che l’hanno assurta a concattedrale, sopra il  riguardo per la nostra sensibilità di moderni e post moderni, che ad esempio troviamo insostenibili i criteri, d’altri tempi, che  fecero affrescare disgraziatamente Sant’Andrea nel Settecento, e cosa più grave di tutte, si resta incuranti, e nemmeno ci si pone il problema, di quale sia la valenza che avrebbe presso altre fedi e credenze, non meno radicate di quella cattolica, la conclamazione solenne con un battesimo in Sant'Andrea durante una veglia pasquale, di una risonanza mediatica pari alla grandiosità delle volte, della conversione al cattolicesimo di un proprio ex correligionario, che è clamorosa apostasia per l’islam, passibile della stessa condanna a morte, per i sikh una rottura che ingenera l' esclusione di chi l’ha praticata da ogni relazione nel proprio mondo comunitario d’origine, tanto per rifarmi alle due comunità religiose non cristiane,  di altri figli di Dio, più presenti nel territorio. E quanto allo spirito precipuamente cristiano dell’opera , due note terminali. 1) Il Vangelo non invita forse, architettonicamente, a versare vino nuovo in otri nuovi? 2) E sono così sicuri coloro che vorrebbero la cerimonia battesimale in Sant’Andrea per farla decorrere sotto gli affreschi dell’acqua di vita eterna che reca Gesù alla Samaritana, di non prendere una  svista solenne quanto al sublime messaggio dell'episodio evangelico? Credere infatti che l’acqua viva che Gesù ha da dare alla Samaritana come a ciascuno di noi, la quale in chi la beve si rivelerà “sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna», sia quella battesimale di una fede confessionale autentica che ci purga da un'altra ripudiata come falsa, significa esattamente, secondo le parole inequivocabili di Gesù, che si è tuttora di coloro per i quali non è ancora giunto il momento in cui  il Padre sarà adorato né sul monte Garizim dei Samaritani né nella Gerusalemme ebraica, che si è ancora di quanti sanno pregarlo solo in una sede specifica di uno specifico culto, ad esclusione e a disdegno di ogni altro, ossia che non si è ancora i veri adoratori che egli cerca, coloro cioè che adoreranno il Padre per quello che è,  in spirito e verità, senza che sia più indispensabile per questo un particolare sito del sacro, od un determinato rito liturgico o sacramentale.” Perché Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in Spirito e Verità”, semplicemente e assolutamente.

Odorico Bergamaschi, ex insegnante ora in quiescenza

















Quanto al dibattito sul fonte battesimale in Sant’Andrea, assurto ora agli onori della cronaca nazionale, e' ben lungi dal vero la Diocesi di Mantova, se come si desume da un suo comunicato per opera di don Giampaolo Ferri, portavoce del Vescovo Roberto Busti, pensa che siano in questione il solo fonte e i soli suoi costi, non spiegandosi pertanto tale e tanta levata di scudi. Più radicalmente è in questione,  infatti,  per tutti coloro che sono delle menti pensanti interessate al problema, chi sia per la nostra Curia Vescovile  il popolo di Dio, cui prestare ascolto ed  accoglienza, come con esso la Curia intenda rapportarsi ed esercitare la sua autorità , e che cosa intenda per casa di Dio e come intenda disporne, quando essa consiste in una sua chiesa . Ora c'è chi crede, come lo stesso Pontefice, Papa Francesco, che  sia popolo di  Dio l' intera umanità , e  sua vera casa  l' universo intero, per cui Sant’Andrea quale suo luogo di culto, come per me i templi hindu e le moschee o tombe islamiche che tento amorosamente di salvare in India dall' incuria dell’oblio e dal vilipendio turistico, sono teologicamente, prima ancora che per volontà dell'Unesco, patrimonio appieno dell'umanità intera, che ha per questo piena voce in capitolo. Per la Curia di Mantova sembra invece che si abbia dignità di figli del Padre,  e che egli intenda portarci a salvezza, solamente se si è cristiani , e come tali obbedienti senza battere ciglio alle disposizioni del  proprio Vescovo, prima ancora che a ciò che detta  lo Spirito nella propria coscienza.  I siti ecclesiastici di sua pertinenza possono dunque dirsi la casa del Padre solo per i suoi figli cristiani, mentre ogni altra persona che li frequenti o visiti ne è al più un ospite, ed è per questa visione che i luoghi di culto, come nel caso di Sant Andrea, , li viene custodendo come un geloso patrimonio della sola Curia, di cui disporre come meglio crede. Illudendosi di non essere un alfiere del gioco, così pensa che stiano le cose anche il Sovrintendente Stolfi,  quando attribuisce al Vescovo assolutisticamente, all'interno della sua Chiesa,  " pieno titolo, e primaria responsabilità, di stabilire per la chiesa concattedrale in merito alle esigenze di culto", sulla cui natura liturgica  tutti coloro che sono intervenuti nel dibattito,  io incluso,  a diverso titolo  in realtà  hanno contestato solo che imponga, quanto al battesimo di ipotetici catecumeni adulti, che debba svolgersi  necessariamente in Sant'Andrea, con quel che ne consegue. Ed ecco dunque, che nel caso in questione,  per celebrare, ( trionfalisticamente?),  la conversione battesimale di chi non è altrimenti che un infedele , secondo le intenzioni reali dell'opera che svelano le comunicazioni diocesane alla Gazzetta del 6 agosto scorso, ( " Serve per inserire nella Comunità cristiana individui provenienti da altre religioni, soprattutto il sabato santo"), si elude con un silenzio imperterrito la volontà degli stessi cattolici propri fedeli, i quali   non sono mai stati chiamati di fatto  in causa per discuterne, e diventa bene che si  decida d'imperio vescovile ,  passando  al di sopra di tutto,  sopra il rispetto dello spirito con cui è stata ideata da Leon Battista Alberti la chiesa di Sant’Andrea, che resta Basilica”d’autore” a tutti gli effetti, nonostante le modificazioni plurisecolari, di un anonimato collettivo e e d'altre " firme", che l’hanno assurta a con cattedrale, sopra il  riguardo per la nostra sensibilità di moderni e post moderni, che troviamo insostenibili i criteri, d’altri tempi, che  ad esempio  fecero affrescare disgraziatamente Sant’Andrea nel Settecento, e cosa più grave di tutte, si resta incuranti, e nemmeno ci si pone il problema, di quale sia la valenza che avrebbe presso altre fedi e credenze, non meno radicate di quella cattolica, la conclamazione solenne con un battesimo in Sant'Andrea durante una veglia pasquale, di una risonanza mediatica pari alla grandiosità delle volte, della conversione al cattolicesimo di un proprio ex correligionario, che è clamorosa apostasia per l’islam, passibile della stessa condanna a morte, per i sikh una rottura che ingenera l' esclusione di chi l’ha praticata da ogni relazione nel proprio mondo comunitario d’origine, tanto per rifarmi alle  due comunità religiose non cristiane più presenti nel territorio.
E quanto allo spirito precipuamente cristiano dell’opera , due note terminali.
Il Vangelo non invita, architettonicamente, a versare vino nuovo in otri nuovi?
E sono così sicuri coloro che vorrebbero la cerimonia battesimale in Sant’Andrea per farla decorrere sotto gli affreschi dell’acqua di vita eterna che reca Gesù alla Samaritana, di non prendere una  svista solenne quanto al sublime messaggio evangelico dell'episodio?

Credere infatti che l’acqua viva che Gesù ha da dare alla Samaritana come a ciascuno di noi, che in chi la beve si rivelerà “sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna», sia quella battesimale di una fede confessionale autentica che ci purga da un'altra ripudiata come falsa, significa esattamente, secondo i detti inequivocabili di Gesù, che si è tuttora di coloro per i quali non è ancora giunto il momento in cui né sul monte Garizim dei Samaritani né nella Gerusalemme ebraica sarà adorato il Padre, che si è ancora di quanti sanno pregarlo solo in una sede specifica di uno specifico culto, ad esclusione e a disdegno di ogni altro, ossia che non si è ancora i veri adoratori che egli cerca, coloro cioè che adoreranno il Padre per quello che è,  in spirito e verità, senza che sia più indispensabile per questo un particolare sito del sacro, od un determinato rito liturgico o sacramentale.” Perché Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in Spirito e Verità”, semplicemente e assolutamente.

lunedì 7 settembre 2015

" Each man kills the thing he loves"
Di un quarto bigliettino di Gino a commento di una mia poesia
La mia paura di espormi in ciò che reputavo il meglio di quanto scrivevo, perché un giudizio critico negativo non mi stroncasse nei limiti palesatisi per me insormontabili in quanto li denunciavano ancor più spietatamente i miei raggiungimenti più alti, nei loro esiti di conseguenza mancati, mi indusse a consegnare a Gino dei componimento quale quello che segue, che inesorabilmente avrei poi declassato ad Esercitazione. Gino vi ravviso acutamente una novità nella sospensione che vi accade del tempo, di un tempo che era in realtà il tempo della desolazione di una vita dei sensi e intellettiva caduta nell’inedia perché senza speranza, quando un’apparizione , una riesumazione di trascorse esperienze la rieccita, ne risveglia la brama. In effetti la perimetrazione dell’ammattonato è una cattura dell’istante, come intese benissimo Gino, in quanto ne finisce subito irretito nell’ordinarietà mortificante della quotidianità, Ciò che quindi si itera in modulazione di frequenza , di cui chiede Gino il chiarimento, con il ristabilimento del principio di realtà e la desistenza, che ne consegue, che induce la mente a quieta rassegnazione ( “ il ritorno del feedback”), è il destino che si prefigura all’assecondamento del richiamo, l’uccisione possessiva dell’anima amata ( l“ each man kills the thing he loves" di Wilde- Fassbinder), che ha il suo corrispettivo nella gelosia assassina di due personaggi d’opera come Otello ed il don José della Carmen.
Di ciò che suscitò l’immaginazione di questo testo poetico, mi soccorre solo il ricordo della psicologia archetipica di Hillman e di Images di Altmann. Sullo sfondo Montale, of course, e i suoi correlati oggettivi della desistenza a vivere.
Il cielo che gravita converso in acqua
Il cielo che gravita converso in acqua.
Nelle tenebre, insostenibile,
il calice in frantumi
sopra la tavola. Entro un intarsio nelle Menti
la figura ad irricomporsi dell'Unicorno,
il gioco della chiave oramai smarrito
nella successione vana dei tentativi.
Soffermatasi la pioggia,
quando è un'irruzione nel verde
tra l'umido che gocciola.
Entro la gola
un grido rabido che sale...
Alla favilla
riscaturendo dall'ombra a perimetrare lo sguardo
il grigio scalfito degli ammattonati.
Finch'é il ritorno del feed-back.
Sulla modulazione di frequenza inalterata
Otello chiede a Desdemona un altro bacio ancora.
E se rimoduli
è don José che riassassina Carmen adorata.
Il commento di Gino Baratta
“ Scopro una novità nella sospensione del tempo. O meglio, nell incombenza di un attimo. Di un attimo che mi pare tu voglia dilatare, espandere, anche se la perimetrazione ne assicura allo sguardo la cattura.Dentro l’attimo, dentro una sua immobilità irrompe e trascorre un volo? E la sua iterazione in modulazione di frequenza? E di nuovo: se si rimodula?"


Da un altro bigliettino o pizzino risulta che ebbi a consegnare a Gino una seconda stesura del testo poetico, il cui ampliamento solo in parte si è conservato nella versione definitiva , o comprendeva immagini che ricorrono nel suo testo che ho or su allegato, ma che non aveva fatto ancora la loro comparsa nella .redazione del testo cui si rifaceva la nota di gIno antecedente. Egli vi riscontrò una ulteriore componente parnassiana, oltre a quella liberty , già attestata , per il ricorso a un immaginario mitico intessuto di menti, unicorni, decani di cui si persero poi le tracce.La sospensione del tempo , già rilevata da Gino nella più breve versione precedente del componimento, nella sua redazione più vasta del componimento finiva per corrispondere a un movimento "verso il pacato,verso il silenzio" concluso dal punto
A tale versione più estesa avevo allegato un mio componimento breve, una mia " briciola", come gli avevo detto e gli era rimasto impresso, che forse corrisponde, non ne sono sicuro, a uno dei testi che allego,. In esso Gino credette di ravvisare il procedere della mia intuizione poetica: " da un baleno, già in se concluso, far emergere una situazione più espplicita, più arricchita, dunque
Più non infierire
Più non infierire
nel cuore d'altri.
Che i tuoi giorni
almeno siano cenere
d'insfiorati petali di rose.

Nell'ora che si eterna in te la stasi
Nell'ora che si eterna in te la stasi
v'é chi riferve di un'attesa,
v'è chi gode di un suo angelo
nell'ora che in te ricade la rinuncia.
E mentre tanta inedia torna ad infrangerti ( spezzarti) (stremarti),
vi è chi in suo godimento o in una preghiera a un dio
teme una morte che tu solo brami.
E' ogni bellezza solo il principio di ogni tormento
E' ogni bellezza solo il principio di ogni tormento,
il deserto il termine di ogni brama.
Un petalo ( di rosa) il residuo bene.
E tu non gualcirla, incauta,
la sua delicatezza che ti sospira.

Nella nebbia è un sogno di che trepidi
Nella nebbia è un sogno di che trepidi.
Se già credulo lo miri,
tu solo lo disfiora
di morte quel tremulo incanto.
Eppure ti ho richiamato, mio delicato essere,
Eppure ti ho richiamato, mio delicato essere,
nel vuoto illimite del mio solo amore.
Che un angelo segni ora il termine
che mi è invalicabile.
Crepitando nella mia estinzione
fiamma che di te divampi solitaria,
se luce non splende ch'entrambi riarda.

Già nell'attimo, astanti,
Già nell'attimo, astanti,
che tremanti ci si porge,
già sgomenti ci ritrae
nei più delicati sguardi
il tremendo che palpita.
Così a te solo assisto
in me dissolto a desiderarti inerte.
1983
il bigliettino di Gino
Nell'ampliamento della redazione trovo la conferma del movimento già notato nei primi versi tuoi: dall'alto verso il pacato, verso il silenzio che coincide col punto. Grazie all'ampliamento non solo si accentua la componente liberty, ma il tutto, mi pare, assume cifre vagamente parnassiane. Certe figure, precedentemente implicite, sono affiorate: le Menti, l'Unicorno, soprattutto i Decani.
Preferirei. " tra l'umido che sgocciola" a "tra l umido che sgronda". sgronda è assai connotato, mi sembra
&&&
Quella che tu chiami briciola, io la leggo come germe, pieno di presupposti, di premonizioni, ma mi pare, se ho capito bene, che sia il tuo modo di lavorare: da un baleno già in se conchiuso, far emergere una situazione più esplicita, più arricchita, dunque.






 Il tempio a Shiva Gargaja Mahadeva di Indor
Il tempio al dio Shiva di Indor sorge  di fatto asserragliato tra  case e ripostigli  e garages del villaggio , la cui costruzione già è andata a discapito dello spazio ad esso antistante e retrostante,  circostante il tempio sui fianchi, imponendo al portale del tempio di essere  in conformita con essi con una serranda blù, e già interpenetrandolo dove è caduto o sta finendo in rovina




Ma la sua bellezza è tale che anche un simile appressamento invasivo può solo, ancor più, esaltare  i  resti della sua grandiosa anomalia architettonica.
In essi ti si proiettano istantaneamente alla vista le acuzie dei pilastri che  sommovimentano e trattengono in un 'orbita il continuum espansivo dell'avanzata e dell'ostentazione radiale  delle aggettanze dei rathas,  paramentate uniformemente di edicole e di udgama di gavakshas,  in un'alternanza ondulatoria di avanzamenti a guisa di  spogli cunei e di elevazioni  frontali  di lesene luminosamente tramate dei reticoli di ombra e di luce degli archi chaytias dei gavakshas, che un tempo aveva una corrispondenza esaltantenell'alternanza superiore, di cui era animato il sikhara, di latas di sbieco o venu-koshas a ripiani di bumi amalakas, e di latas facciali ordite di soli gavakshas.


Tale mirabile  divergenza dalle tipologie architettoniche imperanti tra i templi Nagara dell India del Nord, constava  di solo vestibolo e  santuario e della sopraelevazione del sikhara caduto in rovina. Fungeva da basamento un adhishtana dalle possenti modanature usuali ,di nuda  solennità,  - kura, kumba, kalasa-concluso da un kapota con takarikas.
Tra i pilastri che puntavano a cuneo delle proiezioni angolari erano nove quelli dei bhahras avanzanti piani nel profilo stellare del tempio,  essi offrivano alla vista un?edicola dagli stipiti lineari sormontata, prima che dal proprio udgama,  da serie di  tulas a forma di teste leonine, un simha mala,




 e da un kapota con takarikas. che fungeva da gronda-chhadya. Raccordava pilastri angolari e badhras antistanti una ghirlanda di ghanta malas.






Le edicole ospitavano quali lord protettori  i vari dikpalas nelle otto direzioni cardinali , tra i quali Vayus aveva il mantello sollevato dalla propria natura ventosa,



 mentre negli altri bhadras erano rinvenibili immagini di Kartikkeya che alimentava il pavone ch'è il suo veicolo,






di Ganesha e di Parvati in panchagnitaas,

 com'era lecito attendersi in un tempio shivaita. Le immagini delle divinità della costellazione shivaita intervallavano come terzo sopraggiunto la successione a coppie dei dikpalas, così Ganesha compariva  di seguito a Indra ed Agni,



Kartikkeya a Yama e Nirriti, Parvati a Varuna e Vayus, prima di Kubera ed Isana.
Il varandika che quindi precedeva le rovine del sikhara era una meraviglia a prima vista, per la magnifica serie di tulas floreali, fregiati di mascheroncini e mirabili mostri che vi intercorreva inframmezzata tra due kapotas di raffinata eleganza,  quello inferiore con pendenti di lumas, quello superiore con dentellature sottostanti, nonché per  l'antarapatta successiva, che tra pilastrini dalle spropositate mensole albergava una vivacissima serie di ganas danzanti.



























In surplus raffinati lumas superni  illeggiadrivano l'ultimarsi del passaggio al primo dei gavakshas del sikhara da cui pendevano.
L'antarala il cui prospetto aveva diminuito di tre i bhadras radiali , che avrebbero dovuto essere altrimenti idealmente dodici, presentava gli stessi fasti, ma di dimensioni allargate, nella edicola ugualmente fatta tempietto dal suo frontone, che come quelle minori dei bhadras, miniaturizzava varandika e sikharika in virtù del succedersi di teste leonine,delle quali quella centrale poteva essere piuttosto un uomo mascherato con una testa di leone- kapota, udgama.



 Ma a fare la differenza più significativa erano i pilastrini laterali in foggia di portichetto, con capitelli mensolati e fregiati di duplice gatha-pallavas, i vasi dell'abbondanza, raccordati da un badhraka impreziosito di rilievi floreali e di una campana pendente da un cordone.
 Di rilievo, tra le immagini scultoree insediate sulle pareti dell'antarala, una splendida Parvati che vi figurava nella nicchia della kapili settentrionale.



Il portale del garbagriha che al suo interno  si rivelava radiale solo nelle sue proiezioni,  era una autentica magnificenza, sia nei gruppi scultorei delle dee fluviali,  sorvolate da vidyadharas amorosi di seguito a un rishi e da hamsa mithuna,












che nella tornitura  soprattutto del secondo dei 5 saka sdel portale, un naga-saka di serpenti intrecciati come nodi, di una duplice corda, che facevano capo al loro irriducibile nemico, Garuda, il quale  ne ghermiva per la coda quelli terminali al centro della trabeazione. Il naga-sakha faceva seguito ad un patra-sakha più interno di volute, e precedeva un saka di mithuna entro nicchie, esterno al quale si elevava uno stambha saka per parte, di cui i pilastrini dei ratikha delle kapili vestibolari erano state una prefigurazione fedele. Ultimava l'apparato degli stipiti una bel bhaya-saka di virgulti fogliari rampicanti con turgore di linfe. Per le  somiglianze del portale  con quello del Teli-ka-mandir, Krishna Deva avrebbe voluto l'intero tempio opera delle stesse maestranze che operarono in Gwalior, edificata a suo parere verso il 775 d. C..






Retta da due  atlanti sovrastava il portico un'architrave nelle fogge  di una serie di tulas, rappresentanti kirtimukkas nelle rientranze e teste leonine nelle prominenze. A sua volta l'architrave era sormontata da una successione di edicole con figurine interne, contornate da un ampliamento estensivo  della bhaya saka, che era stata così allargata e prolungata a comprendere un recesso di ulteriore edicole, per essere a sua volta superata dalla ghirlanda terminale di un ghanta mala.
Le sapta matrikas figuravano al loro interno, precedute da Ganesha e seguite da Shiva Viravbhadra.
Due dvarapalas, l'uno dei quali Bahirava, affiancavano ai due lati il portale









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Il tempio, stavo per dire la chiesa, sorge  di fatto asserragliato tra  case e ripostigli  e garages del villaggio di Indore la cui costruzione già è andata a discapito del lo spazio ad esso antistante e retrostante,
 circostante sui fianchi, imponendo al portale del tempio di essere  in conformita con essi nella serratura  del portale con una serranda blù. e già interpenetrandolo dove è caduto o sta finendo in rovina
Ma la sua bellezza è tale che anche un simile appressamento invasivo può solo ancor più esaltarne  i  resti . della sua grandiosa anomalia architettonica.
In essi ti si proiettano istantaneamente alla vista le acuzie dei pilastri che  sommovimentano e trattengono in un 'orbita il continuum espansivo dell'avanzata e dell'ostentazione radiale  delle aggettanze dei rathas,  paramentate uniformemente di edicole e di udgama di gavakshas,  in un'alternanza ondulatoria di avanzamenti a guisa di  spogli cunei e di elevazioni  frontali  di lesene luminosamente tramate di reticoli di ombra e di luce, che aveva un tempo una corrispondenza nell'alternanza superiore di cui era animato il sikhara di latas di sbieco a ripiani di bumi amalakas e di latas facciali ordite di soli gavakshas.
 Tale mirabile  divergenza dalle tipologie architettoniche imperanti tra i templi Nagara dell India del Nord, constava  di solo vestibolo e  santuario e della sopraelevazione del sikhara caduto in rovina. Fungeva da basamento un adhishtana dalle possenti modanature usuali di nuda  solennità,  concluso da un kapota con takarikas.
Tra i pilastri che puntavano a cuneo erano nove quelli dei badhras avanzanti pianamente nel profilo stellare del tempio,  che offrivano alla vista un edicola dagli stipiti lineri sormontata prima che dagli udgama da serie di  tulas a forma di teste leonine, un shima mala, e da un kapota con takarika  che fungeva da gronda-chhadya. Raccordava pilastri angolari e badhras antistanti una ghirlanda di ghanta malas-
Il varandika che precedeva le rovine del sikhara era una meraviglia a prima vista, per la magnifica serie di tulas floreali, di mascheroni e mirabili mostri che vi intercorreva inframmezzata tra due kapotas di raffinata eleganza,  quello inferiore con pendenti di lumas, quello superiore con dentellature sottostanti, nonche per  l'antarapatta successiva che