martedì 28 giugno 2011

ma non c'era lui

La pioggia ha concesso una tregua poc'anzi, quando in Khajuraho si era già fatta sera. Kailash era presso il talab ed i tempietti che vi sorgono accanto, e a lui dintorno c'era un vocio di bambini intenti a giocare. Ad essi si mescolava Chandu, vivace e intraprendente quanto non lo era stato il nostro stesso Sumit.
“ E' pazzo, ti sarà difficile giocare con lui. Vuole che tu gli porti o si porta via tutto ciò che gli interessa, Nel tempio tocca di tutto, vuole toccare tutte le statue, e con tutte e due le mani”
"E' quieta la tua mente, Kailash?"
“ E' quieta, è quieta. Ma telefonami più tardi, o ti telefonerò io a mezzanotte, se sarò ancora sveglio”.
Era come se fosse una stessa lama che ci trapassava, vedere e sentire giocare i bambini felici e non ritrovarvi Sumit.
Una sua seconda morte, (in cui si vanificava) quanto di lui fosse altro che Chandu.
Nell'infinita delicatezza della sua( di Sumit) gioia incessante.
Ajay stava a giocare a cricket più distante, anche Poorti era parte dei giochi.
Domani Kailash farà ritorno al villaggio, per un sopraluogo sui campi.
Per il negozio, intanto, c'è ben poco che si possa fare del tanto che resta da ultimare.
Dopo che la siccità ha reso estenuante edificare le pareti che non si cementavano, e che per la scarsità d'acqua Kailash si è dovuto prodigare, giorno dopo giorno, dalla pompa all'edificio in costruzione per irrorarlo con i secchi, da una settimana le piogge monsoniche che sono sopraggiunte in anticipo di un mese, quando più non occorrevano per la cementificazione, impediscono invece che possa essicarsi la sabbia di fiume che nella sua impurità il mio amico deve filtrare per impastarla nell'intonaco, e i lavori per opposte contrarietà ambientali restano ulteriormente sospesi. Per quanto, non si sa.
Le previsioni del tempo che gli leggevo l'altra notte dall'Hindustan Time, on line, annunciavano pioggia fin oltre il mio arrivo.
Davvero è contro ogni speranza la luce dei nostri sforzi, il dare di testa contro l' avversità beffarda di una realtà in cui la testa dobbiamo addentrarla sempre di più, prontamente risanandola ad ogni urto, con tenace pazienza, perchè non la spezzi il dolore che ci lancina appena ce ne distacchiamo.
Tutto va ripreso, niente di ogni sforzo che è stato intrapreso deve andare perduto, quando per la mente altrimenti non è più niente tutto quanto rimane.

domenica 19 giugno 2011

amico fragile

“Il corpo è stato bruciato ieri a mezzogiorno” , presso la dimora nel villaggio di Srinagar , vicino a Mahoba, dove lo zio di Ashesh viveva poveramente.
E’ deceduto improvvisamente la notte dell’ eclisse, a poco più di quarant’anni di età, in prossimità di Rajnagar, mentre era in viaggio.
Dei conati di vomito, e di li a poco la sua vita è finita.
Kailash ha presenziato alle scene di cordoglio l’altro giorno in Rajnagar, ieri nella casa del morto alle esequie e alla cremazione, senza che nessuno lo distogliesse da tale ufficio, per salvaguardarlo dal trauma che ha inevitabilmente originato in lui.
Si era astenuto dal vedere il cadavere, per non esserne turbato nei sogni, gli era di sollievo pensare che l’uomo fosse morto pur giovane senza lasciare figli, ma lo strazio del cordoglio, del pianto della moglie e delle donne, l’aveva fatto ritornare a quei giorni, nella sua casa.
“ C’erano molti che piangevano, piangevano, o che restavano in silenzio, come nella mia casa, quando è successo ciò che sai che è successo, o alla morte di mio nonno “.
Mi aveva telefonato non appena si era ritrovato a casa, al rientro, perché lo aiutassi a pensare ad altro, parlandogli del nostro dukan, del mio ritorno in India, di dove avremmo potuto recarci in viaggio.
“ Mentre do l’intonaco, e mi preoccupo dei lavori, la mia mente ha da fare e pensa ad altro…”
Abbiamo così discorso di Sanchi, di Bimbekta e Pachmari, dove potremmo andare con Poorti ed Ajay, gli ho prospettato Hyderabad, Bijapur, Bidar, quali località in cui recarci nel Sud dell’India, per poi rientrare via Hampi e Goa, o Kolkata e Darjieling, oppure il Rajashtan e il Gujarat, o di risalire il Gange nell’Uttaranchal.
Nell’attesa che mi ricontattasse, da giovedì sera, da che mi aveva chiamato solo dopo che era rientrato da Rajnagar, perché non restassi sconvolto al sentire le grida di pianto di chi vegliava la salma, la mia apprensione per la sua sorte mentale si era tramutata nella desolazione dell’attesa che mi telefonasse, nell’esasperazione di non poterlo contattare, che il risparmio del costo di una telefonata o della sua recezione, da un altro stato dell’India che il madhya Pradesh, contasse per lui più del risparmio della sofferenza in cui aveva trasformato la durata dei giorni, al punto che meditavo di recedere da tutto, da tutto, finchè come l ho risentito eogni malumore si è dissolto all’ istante nella compassione del suo stato mentale, della sua fragilità vulnerabile che tornava a cercare il mio soccorso.
Ajay ora è nel villaggio dove lo raggiungerà domani, di domenica, per seguitare l intonacatura delle pareti del dukan, in attesa che a giorni sopraggiunga Ashesh, per i rangooli, i disegni parietali di cui ornamenterà il negozio, una volta che gli sia stata praticata una seconda rasatura dei capelli, dopo quella per la morte della nonna..
Meglio distoglierlo dall’afflizione in cui è ricaduto nel suo ambiente famigliare, da un villaggio in cui i suoi coetanei si ritrovano presso le pompe d’acqua per consumare marijuana con pipe di creta.
Quanto alle nostre attività in corso d’interruzione costante, che Kailash provveda almeno a finire i lavori di intonacatura e di tinteggiatura delle pareti, che provveda alla vendita del grano, per disporre già delle migliaia di rupie che potrebbe spendere per le forniture del negozio, e depositi il ricavato in banca, insieme al mio acconto che è già accreditato, potrebbe così disporre di un bancomat per pagare gli acquisti delle merci senza impiegare e rischiare di perdere contante.
Comunque sia, comunque si decida, devo accettare il mio amico in ciò che è capace e in grado di fare, in ciò che ritiene o teme di fare, quali che siano le inavvedutezze, gli stati di soggezione o le paure che dettano le sue scelte, devo aprirmi con i sensi del cuore a tutto ciò che ha da darmi, per contraccambiarmi, scongiurando che si tramuti in una tortura per entrambi, quando sarò in India, il mio rifiuto del suo modo di essere e di fare perché non si attiene a ciò che reputo il suo bene, e così alimenta il mio senso di colpa, in odio a me stesso, la mia autocondanna che l’aiuto fallimentare del mio attaccamento sia la sua distruzione umana.

mercoledì 15 giugno 2011

chandra grahan


Stasera, avventurandomi a digitare il suo numero , certo che fosse disattivato, ho sorpreso Kailash ancora sveglio nel cuore della notte. Era a causa del chandra grahan, dell’eclisse di luna che seguiva per televisione, ove apparivano le scene delle puja e delle immersioni che in concomitanza con la scomparsa della luna si compivano nel Gange ad Haridvar, Varanasi, Calcutta.
Per timore delle tenebre il mio amico non si voleva inoltrare nemmeno sul terrazzo di casa, per accertare dalla sua spianata se si poteva ancora o già avvistare di nuovo la luna. Tutto intorno in Khajuraho regnava il silenzio, nessuno che fosse accorso ad immergersi nei talab del villaggio, nel qual caso egli si sarebbe unito alle immersioni rituali. E nel cortile di casa?
“ Io non vi vedo nulla in cielo. E nella tua città, in Italia?
"Se attendi qualche minuto scenderò nel cortile, per le strade dintorno. Sarebbe meglio che potessi raggiungere i laghi dove il cielo è più aperto”
Ma oltre il cortile, tra i tetti delle case, sulle strade e gli slarghi delle piazze , nessuna luna appariva nei cieli. Era solo un’illusione, ho appreso dai notiziari, al mio rientro, che l’altezza di tetti e palazzi ne imprigionasse o segregasse la vista, dove il chiarore sembrava diffonderne il plenilunio.
“ No more moon,” anche in India, da Khajuraho mi accertava Kailash, che nel frattempo aveva trovato il coraggio di salire e ridiscendere dal terrazzo.
Ma quando la luna fosse riapparsa anche nei miei cieli, mi si è raccomandato che facessi una doccia.
Mi ha inoltre pregato che recitassi il mantra eccelso di Shiva “ Om namah Shivaya” “ Om Namah Shivaya” “Om namah Shivaya” “ Sia fatta la tua volontà, mi arrendo a te , Shiva, mi arrendo a te Shiva”
E domattina Vimala, Chandu, Ajay, Poorti, nessuno di casa potrà toccare cibo senza aver prima fatto la doccia.

raffronti

"Quando la mattina Chandu si sveglia come…,anche lui alle sei, e anche lui ci da una piccola sberla sul viso, non posso non pensare a Sumit".Per Kailash ne sono altrimenti una dolorosa commemorazione le parole di Vimala, quando insiste sull’età che avrebbe ora Sumit e su come ora potrebbe, e non potrà mai più essere.
Kailash si è quindi protratto nei più dolorosi e ingiusti confronti.
Anche Chandu non ha paura dei sadu, o degli animali, è anche più intelligente," mi porta ogni cosa che gli chiedo a parole, ma non mangia di tutto come Sumit”
Ma tutto lo strazio che provavo per Kailash, per la memoria che mi feriva di Sumit, non ha evitato che alle parole seguenti egli mi alterasse, provocandomi ben altra disposizione d’animo nei suoi riguardi, oltre lo lo sconforto di sentirlo così succube al padre, nella sua ostilità risentita, quando è giunto al punto da riferirmi, senza alcun sconcerto, che il padre ieri gli aveva proposto di fare del nostro dukan una stalla a suo tornaconto, senza curarsi di che potessi pensarne io che ne ho sostenuto ogni spesa, di quali sforzi vi abbia sostenuto il figlio nell'edificarla il meglio che fosse possibile, mi ha incollerito che ogni mia sollecitazione a considerare come cosa non sua, ma in condivisione, tutto il denaro che seguito a trasmettergli, affinché lo spenda e lo conceda con oculatezza, e non venga a mancare quando potrebbe occorrere per attività più proficue di quelle che adesso si perseguono, l’abbia vanificata semplicemente dicendomi che ero un suo fratello.
Sempre di più lasciandomi ogni cosa da sgrovigliar al mio arrivo in India.

lunedì 13 giugno 2011

la giovane bufala

Ieri, di domenica, la giovane bufala di Kailash non aveva fatto rientro nella stalla con il resto della famiglia, se ne erano perse le tracce nella giungla, presso il fiume, nelle vicinanze dello specchio d’acqua lacustre, il talab, dove invano la si è cercata, si era smarrita perché nella siccità generale campi e coltivi sono diventati un’uniforme distesa brulla. Il mio amico con il padre si stava recando nel villaggio ch’è presso l’aeroporto di Khajuraho, dove un branco di bufali era stato avvistato.
Avrebbe usato la motorbike mi ha enfatizzato, richiamandosi esplicitamente al monito di cui così non teneva conto, del sadu che in un tempio gli aveva detto domenica scorsa di guardarsi dal dio Shani, il Saturno indiano, che in odio alle iniziali del suo nome per almeno otto mesi avrebbe fatto fallire ogni suo intento economico, stesse attento soprattutto a non fare uso di motociclette, si era raccomandato-, che le guidasse personalmente o che lo facesse salire in sella qualche guidatore suo amico che gli desse un passaggio.
Sulle prime Kailash era intenzionato a non salire più che su degli autobus, dove il dio Shani non poteva, per colpirlo, mettere a repentaglio la vita degli altri passeggeri, poi aveva consultato anche il pandit del villaggio, ed aveva risolto di lasciar perdere anche le predizioni infauste di costui, vincendo il mio stesso sconforto, quando al telefono ono sono precipitato in lacrime, nell’avvertire che i sant’uomini a cui lo avevo indirizzato perché ne sanassero la mente, gliela stavano paralizzando in una letargia d’intenti disperante.“Non sono che uomini, pandit e sadhu, non sono Dio, mi aveva detto l’altro ieri, stanno bene attenti a non predire ciò in cui possono sbagliarsi, non ti dicono se il bimbo che nascerà sarà maschio o femmina, vogliono soltanto il tuo denaro.”
“La mia bufala l’anno prossima - ha soggiunto stamane-, potrà avere dei piccoli, e da allora varrà venti. venticinquemila rupie, che perderò se non la ritrovo”
Lui e i suoi avevano già smarriti altri bufali, ma ogni volta erano stati ritrovati. Ciò lo rincuorava, anche se di questi tempi, in cui non c’è il lavoro nei campi, imperversano i "cior", i ladri anche di bestiame.
Il mio solo timore, quando l’ho lasciato per recarmi a mia volta a uno scrutinio scolastico, era che nella battuta in corso potesse venire a diverbio con il padre, contro il quale l’ultima volta che ci eravamo sentiti aveva inveito sino a volere da lui la separazione nella vita e negli averi, talmente gli serbava rancore, e odio letale, perché per il fratello Manoi, che non gli recava alcun aiuto, era disposto a prelevare ventimila rupie in banca, per aiutarlo a farsi una casa, laddove non si era mai prodigato in alcuna elargizione ed aiuto per il mio amico, che sentiva di esserne il figlio meritevole.
Ed aveva inveito contro il fratello, contro il proprietario della casa di questi, contro il padre della moglie, contrapponendomi ad essi come se fossi il suo dio, dicendomi che non aspettava che la mia venuta in India, Ma nel frattempo avrebbero visto coloro, chi fosse il vero Kailash…
Non ero dio, gli ho gridato, ringraziasse i miei familiari, che accettavano che recassi a lui ed alla sua famiglia l’aiuto che non avevo a loro concesso in tale misura, forse suo padre veniva incontro al fratello perché in me vedeva che Kailash aveva trovato chi ne faceva le veci…
A Kailash, tacendogli quanto avessi sofferto nell’averne perso i contatti dopo tali vaneggiamenti, che mi facevano temere qualche suo sproposito, comunque ho chiesto la ragione di tali invettive parossistiche. La sua acredine per il padre era forse dovuta solo al favore indebito fatto al fratello, o non risaliva a qualche altro motivo, al fatto che come gli altri contro i quali aveva inveito, avessero profittato di lui per risalire al mio denaro. Si, era vero che aveva prestato denaro, senza richiedere "extramoney", ma gli era stato restituito, non aveva dilapidato il mio aiuto.
Ed il mio amico adorato mi confidava di non essere più quello di un tempo, di arrivare a dire finanche che voleva uccidere suo padre, da che era avvenuta la morte di Sumit.
Gli tacevo del mio corrispettivo disastro interiore, per cui nella mia vita non esiste più l’arte, che non sopporto più alcuna forma di musica e canto, raccomandandogli, prima che ci congedassimo, che se si fosse profilata qualche situazione in cui potesse entrare in alterco con il padre, l’affrontasse per telefono.
E il dukan, il negozio, vi aveva continuato i lavori ultimi di intonacatura, ieri e l‘altro ieri?
“Impossible“, talmente era stato preso da angoscia per la scomparsa della piccola bufala, per la perdita di rupie che poteva rappresentare la sua sottrazione.
Al mio rientro, via via che le ore passavano e che Kailash non si rifaceva vivo, l’assillo è diventata ansia, angoscia rabbiosa, costernazione di ciò che poteva significare il fatto che non mi richiamasse, se corrispondeva al mancato ritrovamento della bufala, all’accadimento di un incidente in motocicletta nella sua vana ricerca.
Sarebbe stato dunque vero che era sotto attacco del dio Shani, che ogni suo sforzo ed intento era maledetto all’origine dal suo bad kharma, che non restava più niente da fare, per cui potessi scuoterlo, che solo la sua rapida fine era il suo destino auspicabile. Che bisogno ci sarebbe stato ancora di conferme, dopo la perdita della bufala e l’incidente occorsogli..
Ma quando in uno stato di agitazione febbrile, rientrato a casa dal secondo scrutinio, ho riudito finalmente la sua voce, ciò che aveva da dirmi era la più confortante della notizie. Mentre lui e suo padre erano intenti invano a ricercarla, sua madre aveva telefonato a loro dal villaggio che la bufala era rientrata da sola nella stalla insieme alla sua famiglia.
Che dolce, dolce lenimento delle mie angosce, mi era poi sentire Kailash parlarmi con tale soavita infantile del mondo animale, alle mie domande che lo intrattenevano in linea , che lo trattenevano dal sonno quando in India era già prossima la mezzanotte.
Esprimeva la stessa tenerezza spietata che aveva messo in conto, la settimana scorsa, che Lalosha, il bufalino maschio a cui tutti vogliono così tanto bene, perché da tutti si lascia avvicinare, che come un suo bambino è talmente intelligente, nell’ottenere dalla madre tutto il latte che le può succhiare, tra due anni possa essere venduto a un muslim che lo faccia a pezzi per cucinarlo.
Aveva saputo di come gli hotel del Madhya Pradesh imbandiscano carne di bufalo invece di quella di montone, per servire magari “Lalosha byriani”. Ma aveva convenuto che era meglio venderlo a chi ne facesse un animale da traino, magari nelle risaie del Chhatisgarh dove dei bufali si fa largo uso.
E per fare festa alla bufala ritrovata non conveniva di darle un nome, poteva andare bene “ Ananda”?
Non serviva più a niente, mi replicava, si sarebbe dovuto attribuirglielo fin dalla nascita, allora anche un cucciolo di tigre, se lo sottrai alla madre e alla giungla “ he fellow you”, ti segue ed impara ogni cosa che gli insegni, ma in seguito no , con nessun animale non è più possibile ottenere niente.
E lui, il caro amico, era disposto domani a riprendere l’intonacatura del nostro dukan?
“ I take rest”mi ha risposto, ed ora voleva godersi il sonno che gli sarebbe stato impossibile, se non avesse ritrovato la giovane bufala e le venticinque mila rupie che significava la sua vendita.
Poteva pur sempre incaricare il padre di far eseguire il lavoro ad un masdur o a un karigar.
Buona idea, ha apprezzato, a quanto pare farà così procedere i lavori, mi ha assicurato, dicendosi very happy, prima di lasciarmi per il sollievo mentale del sonno.
E al Monkey god, che gliela aveva fatta riavere,domani non mancherà di offrire una prasad.

sabato 4 giugno 2011

Dukan ------- Il colpo di grazia ( racconto incompiuto)

 
Prima di decidere se aprire il negozio nel suo villaggio acquistando le merci , Kailash sabato l’altro - il 4 di giugno- ha chiesto che ne pensino alla moglie, Porti ed Ajay. Tutti hanno detto di si. E quali erano state le loro ragioni, gli ho chiesto?
" Vimala sa capire le cose, anche se a volte è matta, se tu stai sempre con la tua famiglia ,mi ha detto, non farai niente, non avrai mai niente.”
Ogni famiglia che è in miseria, nel circondario, cerca fortuna lontano, nell’ edilizia dei cantieri di Delhi.
Ne era convinto al 99%, e non lo aveva dissuaso che lo avessi messo di fronte a quanto sacrificio, nel viavai ogni giorno tra la casa ed villaggio, savrebbe dovuto sottoporsi nella prospettiva di guadagni pressoché insussistenti, avendo come clienti dei dalit che potevano pagare solo con le loro sementi, né che gli avessi ribadito che da me non avrebbe ricevuto alcun mio ulteriore finanziamento, che per completare l’acquisto delle mercanzie avrebbe dovuto vendere tutto il grano, se non anche il tilli con la cui vendita conta di poter rinnovare l’affitto del campo che ha coltivato questo inverno, essendo io persuaso che solo se vi impegna tali proventi, vi si impegnerà con tenacia perseverante, e il dukan non subirà la sorte del negozio di barbiere, di cui si è disinteressato di fatto in capo a una stagione, rimettendolo al suoi socio , come un bambino accantona ogni successivo giocattolo che ha ricevuto in dono, non appena scema l’entusiasmo del gioco.
Il mio astio e la mia sfiducia in ogni ulteriore sua iniziativa, originata dall l’incuria in cui tiene un’attività la cui intrapresa dovrebbe essergli sacra, essendo stata affrontata per fronteggiare la nascita di Sumit, la settimana precedente si erano esacerbati alle sue parole di soddisfazione che se i lavori procedevano a rilento, almeno ora si era fatto un’idea, a mie spese sottintese, di quanto potesse costare un dukan, come sempre a mie spese, sempre sottintese, almeno si era fatto un’idea dei proventi del lavoro dei campi, o di quanto poco fosse il ricavato del latte e dei latticini delle sue bufale, sempre preventivandomi costi inferiori al reale e guadagni di gran lunga superiori a quelli effettivi, che solo il fatto che mie fossero le spese e suoi i ricavati delle vendite, poteva ritenere che presentassero il margine di un utile.E il giorno seguente non avevo voluto rovinargli la festa nella dabha in cui si era recato a cibarsi di panir in salsa,per avere ultimato il tetto del negozio, finalmente, la sua illusione che ogni lavoro duro fosse finito, quando alla mia preoccupazione per come si potesse fare fronte a costi superiori a quelli previsti, “your money is my money” mi aveva sordidamente sussurrato al telefono, come è uso dire qualsiasi giovane serpente indiano nell’adescare lo straniero L’indomani quando avrei voluto riprenderlo, ed ero in ansia di contattarlo, tanto più che condividevo l’allarme suo e dei suoi genitori, per la sorte che poteva riservare a Chandu che Vimala l’avesse condotto al suo seguito per delle feste di nozze in un villaggio nella giungla, non si era fatto sentire e aveva staccato il telefono.
"Sorry Kallu,-avevo intrapreso a scrivergli-, but yesterday I suffered too much waiting that you were calling me about the rentry of your family from the marriage, No more… No more…
I cannot more keep my contact with you..
Every month I ll send you 150 rupees
You have to ceeck your e-mail, at the end of every month for the number account.
God bless you and your family
Il sabato si era rifatto vivo, e la catena del mio soggiogamento è stata riassunta .
Ho ritrovato in facebook quersta lettera di Fabio Capuano
Caro Odorico,
è da tanto che non ci sentiamo, avrei voluto contattarti per poterti scrivere di me e del mio trasferimento a Salerno, ma temporeggiavo preso dal trasloco e da altri impegni familiari.

Bazzicando su facebook, mi sono imbattuto nelle parole di profondo sconforto dei tuoi messaggi. Penso che tu sia troppo severo e con te stesso e soprattutto ingiusto nei giudizi che ti rivolgi.
Sappi che io ho stima di te, della tua sensibilità e della tua cultura. Ma soprattutto penso che tua sia una persona di luce, perché hai il coraggio di amare, sacrificando tutto te stesso per aiutare chi ha bisogno, nonostante il tuo sia un amore senza gloria, che forse ai più appare come follia. Ma la dedizione gratuita non è follia, è luce di speranza.

Non perderla proprio tu quella speranza che sai donare.

queste pagine che ho scritto l'anno scorso possono riassumere il nichilismo della mia fede, della mia speranza e del mio amore senza gloria che secondo Fabio mi illumina.




“Come sei lontano, ma neanche mio padre mi ha dato quanto te... Sono stati gli dei, il Dio cristiano, a volere questo, che noi siamo con te una sola famiglia,...Qui tutti, anche Chandu, ti chiamano "Baba", mi chiedono quando Baba arriverà, ....
così mi ha detto Kailash, quando ho cercato di addentrarlo nelle ragioni della infelicità di fondo della mia vita, perchè non debbano farci confliggere in futuro, cercando di renderlo consapevole che è radicata nel sentimento che nemmeno così tanto amore che ci ha consentito di sopravvivere alla nostra sventura, in virtù della grazia che conservo della capacità d'amare, nemmeno il distacco da ogni attrattiva terrena causata dalla morte di Sumit, con la perdita (conseguente) di ogni gusto nell'ascolto di poesia e canto, tanto meno la vocazione a purificarmi di tutto nel deserto della monacazione buddista, nessuna sequela di beatitudini cristiane, mi hanno estirpato l'odio e il disprezzo di me medesimo, per non avere tradotto in alcuna fama la mia vocazione artistica, essendomi rivelato talmente inetto che non sono stato capace di pubblicare un solo scritto o un minimo verso, facendo scempio di tutto il mio talento, e della mia vita, nella vanità annichilente dell' insegnamento in cui di me si fa scempio,- nel cui adempimento sento, al di la di tutto, a dispetto di ogni favola consolatoria, di avere perso con la mia vita "la mente mia e l ingegno", nel farmi favola e dileggio di innumerevoli scolaresche persecutorie, straziatovi visceralmente, nella mia fragilità vulnerabile, perchè io vi ero per me medesimo, più che per ogni altro, la tragedia indifendibile dello spreco ridicolo del mio talento.
" Se non l'hai ancora avuto, lo avrai poi, il "good karma, di avere successo " mi ha detto Kailash con voce piana, credendo che fosse quel che veramente sentivo, e credevo, la difesa che gli adducevo delle mia vita come di una buona vita, come se fosse tale perchè sarebbe una buona vita quella che il mio aiuto gli consente di vivere, ora che può lavorare e riposare, " to take rest", e concepire un futuro tranquillo in virtù del lavoro dei campi per sè e i suoi cari, dando ai bambini" buon cibo e buoni vestiti".
Come, se per questo, non fosse la cosa più sovrannaturale che la sua vita, e quella dei suoi cari, diventi tutta la mia, la (mia)sola vita residua, tra le tante davanti, in cui possa adempiere di essere un uomo.

mercoledì 29 giugno 2011
il colpo di grazia

“Mi hanno detto che nessuno di loro è rimasto in classe, dei miei ragazzi”, diceva commossa alle colleghe che erano venute a darle il conforto delle condoglianze, di un abbraccio amichevole, quando era riapparsa in sala insegnanti, passati pochi giorni dalle esequie del fratello. In realtà nessuna di loro aveva voluto disilluderla, dicendole che erano stati veduti in piccoli gruppi addentrarsi nei bar tra la scuola e le camere ardenti del vicino ospedale, approfittando della concomitanza del funerale con le ore di lezione, per stare fuori di scuola durante tutta la mattinata.
E non erano passati che alcuni giorni, che già avevano ripreso a farsene beffe, dileggiandone lo stesso lutto.
Due di loro le avevano inviato un post sul sito di facebook, con taggati lei ed il fratello in una bara.
E una volta che le era sfuggito di dire amaramente a un‘altra insegnante, all’uscita dalla sala insegnanti, con tono duro ed aspro, “ le prostitute fanno ben poca fatica a precedere certe mie studentesse nel regno dei cieli, talmente sono volgari nell’infierire sui miei sentimenti , “ quando si sarebbe attesa che avessero rispetto almeno come donne per la sua sofferenza, di donna che solo nel fratello aveva trovato un uomo che fosse l’amore nella sua vita, e d invece ancor più di prima rumoreggiavano in classe, non le era stato perdonato, ed aveva dovuto risponderne con una sanzione durissima.
Era così, da anni, che procedeva per lei l’insegnamento, in quello ed in altri Istituti.
Procedeva un tempo, con il fare note, ammonizioni, poi aveva capito che per i colleghi e l’autorità era lei il vero problema, il solo problema, che per questa stessa ragione non avevano peso e rilievo, d‘intervento, le situazioni adolescenziali e le insorgenze critiche, nelle dinamiche della vita di classe, di cui la sua vulnerabilità umana si faceva rilevatrice, aveva inteso dolentemente che le sue note non avevano credibilità alcuna, che come le aveva detto una sua dirigente, in realtà erano note che infliggeva a se stessa, ed aveva smesso di sanzionare alcunchè, aveva compreso, e cercato di accettare, che le restava soltanto il subire e l’affliggersi, di essere, cristianamente, il sacrificio perenne di una vittima immolata, l’avviarsi ogni mattina verso le sue classi come un agnello al macello, il subire pur anche, che studenti che nemmeno erano suoi, scambiando la sua avvenenza sensuale per dissolutezza accessibile, le dicessero parolacce non appena nei corridoi erano alle sue spalle, o dal vano di qualche finestra di qualche classe al piano superiore, da cui si ritiravano come girava in su lo sguardo, senza che nessuno degli altri insegnanti, che pure la stimavano e le volevano bene, che sapevano e sentivano tutto, intervenissero minimamente. in sua difesa
Eppure gli studenti che più abusavano di tutti i riguardi che aveva nei loro confronti, approfittando del suo farsi scrupolo di tutto, più di quanto intendessero avvalersi della sua cultura, del suo mettere in discussione che potesse essere vero anche ciò che vedeva e sentiva, incapace di accettare che potessero spingersi a tanto, erano gli stessi che con lei soltanto si confidavano, che lei soltanto avevano in amicizia, salutavano all uscita dalla scuola quando lei non si era nemmeno avveduta del loro passaggio, come era accaduto con quelle due studentesse che le avevano lanciato un richiamo di passaggio , mentre si stava allontanando a causa loro dal centro psicologico sociale dove a causa loro l’avevano in cura.
“ Dove va, profe” le avevano chieste nel dileguarsi con allegria
“ Vengo da dove mi avete fatto finire, avrebbe voluto dire loro, se le fosse stato possibile.
Finchè non era pervenuta in quella scuola, dove si era illusa che la formazione umanistica che vi si impartiva le evitassero attriti e tensioni e con le sue allieve, e dunque di potersi esprimere e donare nel suo essere umano, nel farsi intendere da loro nella sua parola, nel farsi accogliere, in essa, per quanto riusciva a porsi in loro ascolto. Ma il loro volersi fare ascoltare senza stare neanche ad udirla, quando lei faticava anche a sentirne le parole, per il loro rumoreggiare, il volere imporre le regole preliminari del rispetto e del‘altrui ascolto, come condizioni del loro rapporto, aveva di nuovo precipitato le cose negli stessi esiti tristi, lei ad avercela con loro, supponendo che con lei si consentissero ciò che con gli altri non osavano compiere, le altre istanze della scuola a sopportare e ad alleviare il danno che costituiva per il prestigio dell'Istituto, che lei non sapesse farsi valere e imporre il rispetto dovuto a un adulto, sicchè era venuta a ritrovarsi tra il loro incudine e il martello della dirigenza, nella fucina accaldata dalle rimostranze delle famiglie, nello stato di cose per cui , non più credibile , sfiduciata umanamente, e professionalmente, era tenuta a doverli affrontare senza nemmeno più la dissuasione dei brutti voti, che se inflitti da lei, avrebbe reso insostenibile la sua permanenza ulteriore, indotto a una sua rimozione, prefigurando come un approdo irraggiungibile il suo pensionamento in capo a qualche anno. senza che avesse più nemmeno diritto di replica e di difesa presso la dirigente, perché anche ogni suo accenno di giustificazione era per lei a priori vittimismo.

Indifendibile, comunque la attacchino.

“ Devo dimenticarmi di essere vero uomo e non vero Dio, quando in classe tornano a crocifiggermi per pura malizia...” è la giaculatoria che si ripete al rientro tra loro, dopo la lunga supplenza cui è stata. costretta o “ spinta”, come si è mormorato

“ Se solo sapessero, loro che si prendono gioco, come ho in avversione anche il solo fatto che esistano,, come mi disgusta tutto del loro essere.giovani...Mio Dio, pietà di me, dello scempio che faccio...”

Esse seguitano a parlare, volgendo lo sguardo sorprese che le disturbi nel loro chiacchierio per fare lezione.

Oh ,ma se solo alzasse la voce con sdegno, se solo desse voce alla collera che le sale di dentro, le si accanirebbero contro, come sia uscita la denuncererebbero alla dirigente perchè ce l'ha con loro,...

Dunque ripete l'invito-ordine con calma, col fare remissivo di chi è soccombente in quel che richieda.

“ Forse un'insegnante ebrea viveva così, torna a ripetersi, la sua sottomissione alle brave ragazze ariane delle scuole del Reich”.

Certo, se le vede così, almeno non si esaspera sino a soffrirne tanto. Ritrova la dolcezza che serve. Riesce a rispettarle come richiede l'insegnamento.

“Pensa, che hanno in canna il colpo di grazia che può finirti”.

nota spinoziana

Il Dio di Spinoza, che da concetto della mente si fa l'Essere del Pensiero di cui la mente è partecipe come una Sua idea,-in quanto è l'idea del corpo che noi siamo,(1)- è, panenteisticamente,sia l'Essere Assoluto in cui sono tutte le cose,seppure ancora pensato nei termini della Sostanza del pensiero metafisico di origine ellenica, che il Dio teo-en-paneistico della mistica intellettuale, essendo Tutto in tutte le cose, indivisibilmente, come loro causa immanente, l'Essere in cui tutto è uno.
Come l'essere divino di Paolo.
Spinoza pur non essendo cristiano, pur non credendo nella incarnazione di Dio in Gesù e in una  resurrezione di Gesù che non sia quella spirituale, ritiene che  Gesù nella sua natura umana sia stato pienamente partecipe di Cristo, del Verbo del modo infinito immediato dell'attributo del  Pensiero divino, il vero eterno figlio di Dio, che abbia comunicato con l'intelletto infinito di Dio, a differenza di Mosè e dei Profeti.
Ma ccme la mistica lucidamente razionale del Logos che è Spirito, il pensiero di Spinoza afferma un amor dei che è meramente intellettuale,  l'unità uomo-Dio per Spinoza può sussistere  nelle sole forme dell'intuizione intellettuale della conoscenza di terzo grado, egli non riteneva che l'uomo si eterni nella creatività della sua immaginazione, la quale,  al decesso del  corpo, secondo l'Ethica muore integralmente con la memoria personale. E nonostante l'Ethica sia volta alla gioia, di cui Spinoza vuole renderci partecipi, di essere in Dio nel suo amore di se stesso che si esprime nella sua idea adeguata che costituisce la nostra mente,  resta un suggello terrificante della  beatitudine  intellettuale in cui la Mente si eterna,  quanto a conclusione dell Ethica Spinoza ha da dire del'infelicità del cadavere bambino, nello Scolio della quart'ultima Proposizione dell'Ethica
"Poichè i corpi umani sono atti a moltissime cose, non c'è dubbio che essi possono essere di natura tale da esser riferiti a menti che hanno una grande conoscenza di sè e di Dio e la cui parte maggiore e principale è eterna, e perciò tali da temere difficilmente la morte. Ma affinché ciò si intenda più chiaramente, si deve qui notare che noi viviamo in continuo mutamento e che, a seconda che mutiamo in meglio o in peggio. siamo detti felici o infelici. Chi, infatti, da bambino o da fanciullo, passa allo stato di cadavere, è detto infelice, e al contrario si considera felice aver potuto percorrere tutto lo spazio della vita con mente sana in corpo sano. E invero chi possiede un corpo atto a pochissime cose, e sommamente dipendente dalle cause esterne, come il bambino o il fanciullo, posside unamente la quale, considerata in sè sola, non è quasi per nulla consapevole né di sè né di Dio né delle cose; e, al contrario, chi possiede un corpo atto a moltissime cose possiede unamente la quale, considerata in sé sola, è assai consapevole di sé e di Dio e delle cose."

1)L’uomo diventa partecipe di come Dio si rivela a se stesso, e si ama, attraverso l’attività mentale e l’amore di sé e di Dio della sua stessa mente umana, che in ognuno di noi è l’amore stesso di Dio per se medesimo, non in quanto è infinito, ma per come, determinando l’essenza della nostra individualità eterna, è tutto se stesso in ognuno di noi , come lo è in ciascuna manifestazione della sua identica natura e del suo identico amore, immanenti in tutte le cose, in ogni altra forma microcosmica diversa da ogni altra dell’Essere divino, per cui in lui siamo uno, indivisibilmente, e tutto è in relazione con tutto.Si confronti in Ibn Arabi, come Dio si manifesti ad ogni fedele non già nella sua unità indifferenziata, ma in quel Volto divino, o "Forma di Dio", che è l'Idea o Angelo della sua Persona, la sua Natura Perfetta ( Henry Corbin L'immaginazione creatrice, pgg. 238-247, ad esempio).