lunedì 14 dicembre 2015

Il tempio Adinath in Khajuraho. prima stesura completa provvisoria

Nella quiete ombrosa del complesso jain, una fortuna assai minore seguita ad arridere al tempio intestato al primo dei ventiquattro tirthankhara, Adinath, o Rishabanath,  “coloro che ci preparano il guado” oltre il tempo e gli accadimenti dell’oceano di dolore infinito delle reincarnazioni,  rispetto al contiguo più imponente Parshavanath, un disdoro di cui una ragione non ultima,  con la minore appariscenza monumentale,  è l indisponibilità indisponente delle guide ufficiali a volgervi l’attenzione dei turisti che vi catapultano nei rimasugli di tempo oramai serali che a loro riservano,  dopo averli  accattati con i torpedoni di lusso che ve li conducono ancora accaldati dal volo aereo da Delhi. via Varanasi, una volta che solo  nel tardo pomeriggio alfine esso sia  pervenuto a destinazione. Eppure, al chiarore diurno,  basterebbe soffermarvisi con uno sguardo attento,  per  sentirsi permeati da una sua armonia di forme ch’è straordinaria/d’eccezione,  pur nelle sole componenti superstiti del santuario, del vestibolo e della loro sovrastruzione, preceduti da un mandapa postumo d’incongruenze Bundela.
E’ il tempio Adinath di una siffatta bellezza, che non  solo la sua peculiarità jainista induce a svincolarla dai raffronti di lungo corso con il tempio Vishnuita Vamana, risalenti allo stesso gran maggiore Cunningham, in ragione di sembianze architettoniche solo esteriormente similari, quali il settuplice succedersi- sapta-ratha-delle proiezioni verticali  lungo i crinali dei muri e del sikhara,   od  il profilarsi della sua ogiva oblunga senza appigli di sikharikas, o anga-sikharas-,  ma il differenziarsene e l eccellere per la fattura pregevolissima più di pregio delle carenature dell ordito di chatya gavakshas, che ne risalgono la china, e  per l’eleganza superiore dei rilievi sottili e dilungati delle sue proiezioni di squisito tempio sapta-ratha, . che quasi a smentirne la dedica al tirtankhara Adinatha,  conferiscono al tempio una venustà muliebre, confortata dal ricorso onnipresente di immagini statuarie di Yakshi Jainiste e di dilettevoli apsararas, contemperato dalla ingerenza hindu di sole immagini di deità maschili nelle sole effigi propiziatrici dei dikpalas e astavasus, delle otto direzioni cardinali. e di un duplice Kubera annidato con i suoi nidhi tesoriferi  nella soglia d’accesso al santuario.
Sicchè è ad un tempio remoto e incantevole quale quello di Jagat ad Ambika,  nella regione di Udaipur, più che ad ogni altro, di Khajuraho, che ci rimanda l’eleganza dell’armonia superstite del tempio Adinath,  di cui ora ordinatamente avvieremo / procederà seguiteremo il ragguaglio, se  a ritroso di ascendenze che nello stesso Krishna Deva ha il suo mentore, che pure  non diede seguito a se stesso, dopo che ebbe a  lumeggiare come “ the earlier ones ( rajasthani temples) resemble those of Khajuraho more closely than the monuments of any other region.” e “ the early sandara temples of Rajasthan were the precursors of the Lakshmana temple of Kajuraho“.
Che il tempio Adinath sia sapta-ratha,  e che lo sia nei termini della più luminosa e semplice , decantata perfezione architettonica, induce a posporlo nel tempo ai templi di Khajuraho che pur nella loro grandiosità comprimevano la loro concezione formale in un canone ancora pancha-ratha, quali il Laksmana e il Visvanatha , non che all’ibrido jainistico -vishnuita del Parshvanatha, inarticolato in profondità arcane di rilievi e proiezioni  quali gli altri templi statuari di Khajuraho,  al tempio Kandarya  che dell’adeguatamento saptaratha di concezione e di canone è il primo e massimo conseguimento,  e al tempio stesso Vamana  che in tale assunto non trascende la sua grevità allargata /latitudinalmente trasversalmente di richiami remoti e di precorrimenti audaci,  e a presumerlo ad esso posteriore, facendolo risalire al- --- e.c.
Le parti superstiti erano un tempo precedute da portico e mandapa, forse un guhamandapa che traeva luce solo da un traforo di jali come l interno con deambulatorio del Parshvanata, secondo una consuetudine jainista consolidatasi negli attuali  Rajasthan-Gujarat, dove i templi Jainisti  si differenziarono da quelli hindu perché ricusavano anche solo l’alternanza di un guhamandapa  con un mandapa che fosse aperto all’irradiazione solare di finestre balcone.
In loro luogo, sotto un grezzo ammanto calcinato, le arcate e specchiature, sotto una merlatura di coronamento, del mandapa indoislamico appostovi in tempi moderni  a otturazione del guasto.
Il garbagriha ed il vestibolo dell’antarala e sono invece pressoché perfettamente integri,  fino al termine delle loro sovrastruzioni, il pinnacolo del sikhara nelle sue guise latina e l’antefissa del sukanasa ch’è la più splendida di Khajuraho, e tra le più splendide dell’intera India, nella fluenza dal grande kirtimukka centrale della ricaduta nelle fauci dei makara delle ghirlande di campane,.
Raccordano garbagriha e vestibolo l’eminenza delle nicchie della proiezione centrale del bhadra e dell’antarala, queste ultime sormontate da tre edicole  ulteriori lungo i fianchi dell’antefissa vestibolare, e all’altezza della fascia del  terzo ordine di statue, costituto da un corso di guizzanti gandharvas celestiali, il  coronamento di bhadra ed antarala   offerto da  deliziosi balconcini di obliqui kakshasana cui si affacciano devoti dialoganti, un accostamento divenuto di  rito  nell’architettura religiosa in Khajuraho, ricorrendovi nei templi Javari e Vamana , Duladeo eChaturbuja, e Jagadambi, mentre fregia solo il bhadra del tempio Chitragupta, e non ve ne è ancora traccia  nei grandi antecedenti dei più monumentali templi Lakhsmana, Vishvanatha, Kandarya, laddove nel lontano Rajasthan  si può ritrova la duplice miniaturizzazione  nel tempio di Jagat, a sud di Udaipur, o ne appare una sola ricorrenza nel solo antarala nel tempio in Badholi,  serializzata e moltiplicata lungo ogni diagonale nel tetto samvarana del rangmandapa che lo fronteggia,mentre a  distanze meno remote un affollato balconcino lo si rinviene nel solo bhadra del Garhi math in Kadvaha. L’eminenza  così raccordata e suggellata delle nicchie di bhadra e di antarala, a connotazione, nel tempio Adinath, della rilevanza delle  immagini dell Yalshi che offrono alla visualizzazione adorante e meditante dei  devoti jainisti intenti alla pradakshina,  negli altri templi miniori di Khajuraho si fa altresì replica miniaturizzata  delle medesime forme balconate in diversa  grandezza di cui è ridondante la riproposizione miniaturizzata del kakshasana obliquo di finestre balcone  che figurino in scala umana nei diversi transetti e mandapa di altri templi in Khajuraho    che a misura d’uomo appaiono nelle kakshasana dei balconi finestre dei mandapa, come non è più dato sapere se fosse anche nel tempio Adinath.
Risalendolo ora in verticale, sulla piattaforma di una jagati sostitutiva di quella originaria, il cui slancio ascendente è finito perduto, l’adhishthana del basamento, conservatosi più completo di quella del tempio Parshavanata,  presenta la tripartizione invalsa nei templi  Chandella in uno zoccolo, o bitha, un  plinto o pitha,  e un podio, o vedibhanda, al quale nei templi Pratihara precedenti per lo più era riducibile l intero basamento, una tripartizione le cui forgiature  /modanature conclusive sono rimarcate dalla ricorrenza finale o soggiacente, quale madhya banda,  di un corso di rosette,  alternate a rombi nella fascia terminale.
Costituiscono lo zoccolo una bhitta primaria liscia ed il risalto conseguente di una seconda modanatura  di rombi diamantini alternati a pilastrini , rimarcato  in contrasto dalla successione di una scabra jadya-kumbha,  cui si susseguono la madhya bhanda di rosette, già rilevata,  e la conclusione della bhitta in una modanatura arrotondata in merlature  di petali di loto sovrapposti ad una perlinatura. Il plinto ha inizio in una seconda jadya- kumbha, che si fregia di thakarikas superiori  cui fanno da contrappunto le gagarakas soggiacenti della karnika sovrastante,  prima che l’ulteriore madhya banda di rosette preceda  la grasa-pattika di kirtimukkas in cui il plinto si conclude.
Se ne stacca la successione grave di khura , kumbha e kalasa della vedibandha, sovraornamentata nella kumbha da edicole templari  che incastonano rombi di diamanti,  a latere di quella del bhadra che alberga una propria divinità, al riparo di una gronda sotto il frontoncino di un udgama di gavakshas carenati,.
Un kapota decorato tanto di thakarikas quanto di gagarakas precede il ricorso finale di una fascia ulteriore di rombi e rosette, non di meno fregiantesi di gagarakas, che funge da supporto ai piedistalli delle statue ed alle ornamentazioni inferiori delle edicole dei bhadras, con cui cominciano le sopraelevazioni delle sette proiezioni del jangha.
Vi  ricorrono tre ordini di immagini,  due Yakshi nelle due nicchie sottostanti del bhadra centrale, affiancate ciascuna da due ninfe per lato nelle due pratirathas mediane, cui subentrano un dikpala e il suo astavasus superiore  nei Karnas angolari., le immagini in rilievo inframmezzate da vyalas, o sardulas, sovrapposti , nei recessi dei salilantaras, mentre la terza fascia alterna singoli vidyadharas, nelle aggettanze, a loro coppie nelle rientranze, festanti di strumenti musicali, armi o ghirlande, con il solo intermezzo già enfatizzato dei balconcini finestrati popolati di figurine nel terzo ordine dei bhadra , di cui al loro succedersi  una replica  da termine nell’antarala, a seguito analogo di due nicchie di Yakshi.
Tra gli ordini di statue la scansione di una grasa pattika sormontata da una pattika  di rosette, che intervalla il primo ed il secondo corso di statue, una kalasa a guisa di cornice prima del terzo, ch’è sovrastato dall intermezzo ulteriore di un capitello bharani  formato dalla successione di una gagaraka, di un amala scannellata e di  costolature palmiformi, che funge da diaframma rispetto al varandika.
Il varandika consiste a sua volta di due kapotas successive ornamentale da gagarakas e takarikas,  prima che una replica del rilievo di gagarakas e di foglie di palme dia avvio alla successione dei 16 bhumi o piani del sikhara.
Nei karnas angolari, i cui chaitya incastonano nicchie di rombi-diamante., alle costolature di chaitya gavakshas soggiacciono amalakas,  cui si susseguono kapotas con takarikas,  Al termine del mirabile slancio ascendente e convergente, a ben vedere appaiono arridere  un kirtimukka a conclusione di quello dei ratha centrale e mediani, un sikharika piramidale alla sommità di quello dei karnas, composto di due pidhas, chandrika ed amalaka.
Oltre il restringimento del collo, o greva, conclude invece la tensione verso l unità primordiale , ch’è origine e fine di ogni realtà vivente,  il succedersi di amalakas e chandrikas prima del kalasa finale.
Già si sono dette meraviglie,  non  esorbitanti,  dello splendore del sukanasa che invece sovrasta l’antarala, preceduto da sette nicchie di deità statuarie che si visualizzeranno in conclusione della deambulazione esterna ( link)
Tra nicchie diamantine ai lati  e rientranti in unjframe mediano /in una cornice /teca mediana, quelle ai lati sovradeterminate in tempietti edicolari da un  loro sikhara piramidale composto dei ripiani di 4 pidhas, di chandrika e amalaka, una prima serie di circonvoluzioni carenate di chaityas si risolve in inflessioni superiori che si acuiscono intorno ad un ovulo centrale, prima di una chaitya gavaksha grandiosa, trilobata, in cui da un kirtimukka fluiscono ghirlande di campane nelle fauci di due makaras, rispetto ad una centrale tra due steli penduli di fiori di loto. Due vyalas e una fiera leonina superiore,  avventata sul dorso di un elefante a bocca ferocemente spalancata ,   ne sormontano le arcature, che sono affiancate da amalakas  tra chandrikas al pari di quelle sottostanti.
Procedendo ora  come vorrebbe la devozione  nella pradakshina in senso orario,  il suo fianco meridionale nell’antarala ci  espone nella nicchia inferiore l immagine di una prima Yaksi, cui manca il correlato di quella scomparsa dalla nicchia superiore, mentre oltre il balconcino di astanti devoti già conclamato,  altre tre immagini corrispondenti facevano seguito lungo l’antefissa, di cui due sono superstiti.
L’immagine che grandeggia nella nicchia inferiore è indubitabilmente quella di Padmavati, Yakshi o Sashandevi del ventitreesimo e penultimo dei Tirthankaras,  Parshvanath, come vuole che sia il cappuccio di cobra che la sormonta, non che la tartaruga che le fa da veicolo, che rimanda al consorte Dharanendra.
Erano entrambi due serpenti annidati nel ciocco di una  giungla ch’era nei pressi di Benares, ed alla cui altezza Parsva, figlio ancora ragazzo della regina e del re di Benares Vama ed Asvasena, sul dorso di un elefante ed in sieme ai suoi compagni, ebbe la ventura di incontrare il nonno materno, re Mahipala, in cui si era reincarnato il sui antagonista cosmico, di reincarnazione in reincarnazione, che fino ad allora su di lui nel ciclo delle esistenze terrene era prevalso uccidendolo, sin da che erano stati fratelli nelle spoglie del virtuoso Marubhuti e del perfido Kamata.
Il vecchio re,  ritiratosi nella foresta alla morte della moglie che l’aveva sconvolto,  vi era dedito a sacrifici penitenziali, uno più estremo dell’altro, che nulla avevano di ideale, perché più che il distacco e la rinuncia , conseguivano il più spietato rafforzamento dell io, tant’è che gli era bastato avere riconosciuto in Parsva il nipote senza che questi ne avesse avuto ancora il tempo, perché in preda all ira si mettesse a fare a pezzi il grosso ciocco “ Non farlo, gli gridò il nipote, vi sta una coppia di serpenti!” Ma il vecchio non gli diede ascolto è calò sul ciocco il suo fendente, tranciando il corpo che apparve alla vista dei due rettili.
Il ragazzo si afflisse alla vista dei corpi dei due serpenti che si contorcevano negli spasimi della morte, e intonò un inno ai due esseri agonizzanti, che consentì loro di spirare al meglio, non senza avere prima ripreso il nonno, con i più dolci e gentili degli ammonimenti “ Le penitenze che ti infliggi ogni giorno, come quella dei cinque fuochi cui eri intento, ti contaminano anziché purificarti, perché per adempierle uccidi ogni giorni altre vite. Non farlo più, uccidere altri esseri è grave colpa, ed ogni colpa reca le più tremende sofferenze,  E’ come pula separata dal grano, quanto tu fai agendo senza la vera conoscenza”.
Questo atto di compassione verso i due naga tornò a vantaggio di Parva quando intrapresa la grande rinuncia, dovette affrontare in Samvara, o detto altrimenti Meghamalin, una divinità minore in cui era rinato il nonno Mahipala, la manifestazione finale dello spirito a lui antagonista.
La grandiosità radiante assunta da Parsva mediante l’illuminazione della sua ascesi meditativa, era tale che arrestò il corso stesso del carro celeste di Samara, che a questo intese con chi aveva a che fare, e che  gli s’imponeva la resa dei conti. Un sommovimento tellurico investì Parva, che rimase tuttavia imperturbato e assorto nella calma assoluta della sua meditazione .  Al seguitare degli attacchi di Samara, che assunse le sembianze letali del dio della morte,  nel regno sotterraneo che ne era stato sconvolto, non rimasero insensibili Dharadendra e la consorte Padmavati, che memori  di come Parsva avesse propiziato un loro decesso ed un loro transito di sereno splendore,  decisero di venire in suo soccorso: così si posero ai suoi fianchi ergendosi così orribilmente spaventosi  nell’enormità del loro dilatato cappuccio, che  volsero in fuga atterrito la divinità di Samara.
Per avere così consentito, quale sua divinità protettrice, che Parsva pervenisse anche alla Contemplazione Bianca, diradando anche i  desideri ultimi che con il loro attaccamento lo tenevano ancora avvinto alle sofferenze del samara,  Padmavati è qui onorata e riverita, come vuole la tradizione dei Digambara, i vestiti d’aria, cui affilia il tempio, non già per  riceverne a nostra volta protezione e prosperità.
Nella loro trascendenza acquisita, oltre il tempo e lo spazio e le umane vicende, i tirthankara e Yaksa e Yakshi restano estranei alle nostre preghiere, per le quali restano disponibili e si possono invece affaticare gli dei hindu, di rango inferiore per i jain, che nelle vestigia di Indra ed Agni e degli astavasus superiori, troviamo infatti immediatamente contigui nella prima Karna-ratha. Padmavati stessa, in tal senso, confonde i suoi lineamenti qcon quelli di Laxmi, consorte di Vishnu, e Dharadendra, quale signore della Terra, al cuore implorante si fa il serpente cosmico Sesa che la sorregge sulla sua testa, come su di esso è  reclino il sonno di Vishnu alla  consunzione nella Pralaya di ognuno dei mondi che infinitamente si succedono l uno all’altro.
Né può risultarci casuale quanto le vicende di Parsva riecheggino quelle celeberrime di Buddha, o l’attacco di Samvara quello arrecato dal demone Mara a Gautama Sakyamuni,  che se troverà da esso soccorso nella terra,  è ugualmente nelle sette spire di un re-serpente, Mucalinda, che potrà confidare a difesa dello scatenarsi fuori stagione di tuoni e fulmini di un fortunale.
Ma prima di volgerci alle divinità tutelari del tempio nelle sue otto direzioni, come  fedeli jain, più in  alto restano da riesumare le immagini statuarie delle due Yakshi superstiti sovrintendenti, quella superna con un veicolo equino,  recando un vassoio dell’acqua nella sola mano, sinistra, superstite, un attendente maschile alla sua sinistra, quella nella nicchia inferiore armata di vajra e freccia in due delle sue otto braccia , anch’essa con un cavallo quale cavalcatura, in cui per Krishna Deva  era forse riconoscibile Manovega, la yakshi del sesto dei Tirtankara, Pradmapabhu. Può fornire utili ragguagli l immagine della stessa Manovega che si conserva nell’Asi Archaeological Museum di Khajuraho,  che di braccia ne ha quattro, invece che otto, come nel tempio Adinath, ugualmente è  accompagnata dal veicolo di un cavallo, ma vi compare in posa samapada anziché in laliasana ed anche per il minor numero di braccia non può più ostentare che il solo attributo di uno stelo di loto.
Nella karna.ratha, dopo l’apparizione nel recesso delle prime due ninfe-apsaras,  è dunque la volta dei dikpalas volti a est ed a sud est, le divinità vediche Inndra ed Agni con i rispetti astavasus* sovrastanti.
Per quanto è dato intravederne Indra come ogni successivo dikpala appare atteggiato in tribhanga, *mutilato di tutte le braccia ad eccezione di una, ma come per ogni altra divinità guardiana, eccezion fatta per Kubera,   ne è rimasto integro  il veicolo,  nel caso del dio delle piogge celesti l’elefante Airavata.
L’astavasus superiore, come ogni altro di seguito ha un volto bovino, ripete la postura tribhanga del dikpala soggiacente,  ed ha Nandi come proprio seriale veicolo animale.
Agni, dio vedico  del fuoco, barbuto e panciuto, ha salvato il mescolo sacrificale ma si è persa la testa dell’ariete che ne è il veicolo.
Ha inizio quindi nella rientranza seguente la successione ininterrotta di vyalas nei recessi e di apsaras nelle proiezziioni intermedie tra quelle centrali e quelle d’angolo.
Le loro raffigurazioni  solo in alcuni casi sono frontali, per lo più, come di frequente nel kandarya, le deità celestiali si offrono di schiena con la parte superiore del corpo di profilo, originando ardite torsioni  dei loro corpi snelli e slanciati sulle lunghe gambe.  Ne è un celebrato esempio la danzatrice che precede  le yakshi del bhadra centrale meridionale, con la gamba destra e in braccio sinistra piegati in alto. …………
Le fa da complemento l’apsaras che invece nella danza  volge la mano destra intorno al capo mentre tiene quella sinistra sulla coscia.…..
Per lo più esse sono atteggiate secondo consuetudini consolidate,  l’una mentre si aggiusta l’acconciatura mirandosi  in uno specchio, l’altra senza riflettersi in esso un orecchino, o le si vedono intente alle più varie attività di svago o di sollievo, nel gioco della palla, nella lettura di una lettera amorosa, a levarsi se non un cruccio un pruno di spino,  le più ardite a denudarsi magari per evitare l’incedere di uno scorpione, simbolo palese di  sensualità insidiosa. Oppure esse possono recare  un bambino al seno, reggere una lettera e uno stilo per scriverla, un fiore di loto, o altrimenti , secondo raffigurazioni originali, un beauty case, o foglie di betel arrotolate. La parte ovest retrostante ci offrirà invece  immagini originali di apsaras suonatrici,  intente al suono di una vina, o di cimbali, mentre è di repertorio quella ben  estatica di una flautista.
Le prime apsaras ad arriderci , oltre Indra ed Agni,  appaiono abbellire gli occhi -di kajal o con un collirio-, o,  come si è premesso, alla cura della capigliatura osservandosi in uno specchio, le due ulteriori  l’una sovrastante è la mirabile danzatrice slanciata con l’arto destro e la mano sinistra, mentre quella inferiore è l’apsara che si leva il pruno dal piede.
Un tramando jain la identifica in Nilanjana, la danzatrice che nel diciassettesimo capitolo del Mahapuran, di Bhagwath Jinasena Acharya, con la sua scomparsa dalla scena  repentina ed insostituibuile nell incanto della perfezione della sua danza , condusse alla rinuncia e all iniziazione ( Diksha)  della salvezza ( o Moksha) il Tirthankara Adinath.
Nelle nicchie del Bhadra campeggiano due immagini di , entrambe in lalitasana,.  di cui  la preservazione di  vari attributi e del veicolo animale ha condotto  a un’identificazione presunta solo di quella  inferiore,  che secondo Krishna Deva potrebbe effigiare Chamunda quale divinità protettrice del  ventunesimo Tirthankara  Neminath. Il coccodrillo è la sua cavalcatura, mentre i suoi attributi sono il gesto benedicente o varada, la sakti, e una spada nelle mani destre restanti, uno scudo  nella sola mano sinistra scampata alla mutilazione.
Il mudra abhaya, un gada, un vajra nelle sue mani destre  non lesionate, un loto, un’ascia parasu e un trisula in quelle sinistre rimaste illese, il  veicolo leonino integro, non sono invece bastati a consentire finora un’identificazione della Yakshi superiore.
Nell’adhishthana  fa la sua comparizione in una nicchia un Bhairava comunque in lalitasana, e ben panciuto, che usando un bue come cavalcatura, intende recare spavento nei capelli arricciati, e gli occhi strabuzzati,  con un  katvanga il cui  teschio è sovrastato da un uccello ed un serpente, cui fa seguito un frutto quale attributo ulteriore.  
Delle apsaras frontali seguenti la prima in basso è quella che ha riposto una lettera  e  che tiene tra i seni una  mano ad auscultare le palpitazioni del cuore,  affiancata dalla ulteriore danzatrice  che ha una mano intorno al capo mentre l’altra è appoggiata alla coscia. Le due apsaras superiori sono invece le due ninfe che recano la prima un fiore di loto, la seconda tre foglie di betel arrotolate.
Alla svolta della Karna-ratha in direzione sud ovest ed ovest, la più sfavorevole, ci attendono immancabili Yama dio della morte e Nurriti con i propri astasvasus, Contraddistingue Yama un sembiante terribile, panciuto e barbuto e baffuto e con occhi  sporgenti, ma  insieme con il gesto della varada  mudra  il dio non ha preservato che l’attributo di una campana, insieme con il bufalo come cavalcatura. E’ andata meglio nel tempo a Nurriti, che insieme con il cane come suo veicolo non insusuale, *, ha salvaguardato spada, musala*, ed uno stelo di loto spiraliforme, mentre il suo astavasus al pari di quello precedente non reca più che il vaso dell’acqua lustrale.
E’ avvenuto così la svolta alla parete occidentale,  con lo stesso layout statuario della precedente e di quella settentrionale,  in cui la caratterizzano le apsaras musicanti. Le precede, appena dopo Nurriti, sul lato interno, la ninfa con bambino, un gruppo di cui  del fantolino possiamo ammirare il tenero modellato del solo corpo, in un destino che condivide con la madre-
E’ volta  invece verso il  contiguo bhadra l’apsara che tiene nella mano sinistra  premuta contro il ventre uno dei suoi due cimbali, mentre l’altro è nella mano destra sollevata sul capo.
All’atezza del bhadra ci di indubitalmente identificabile c’e solo Ambika nella nicchia dell’adhishtana,. Su di un leone, in lalitasana, con un libro ed uno stelo di loto spiraligforme, la rendono inconfondibile il bambino che reca in braccio e un cespo di mango.
Né il leone che cavalca in  lalitasana, né il libro e lo stelo di loto spiraliforme che reca consentono di identificare la Yakshi  della nicchia inferiore, né tanto meno la pettinatura dhamilla, troppo in voga tra le divinità femminili celestiali dell epoca. Maggior fortuna interpretativa ha arriso invece alla yakshi superiore, che Krishna Deva, in conformità con la tradizione Digambara ritenne potesse identificarsi nella Yakshi Kali del settimo Tirthankara Suparsvanata, per il  suo veicolo animale,. un toro,  e gli attributi che reca in quattro residue  delle otto mani originarie, sakti, vajra, specchio in quelle di destra, pasa e chissà se un pungolo in quelle di sinistra.

Nelle successive proiezioni intermedie sono attestate le due ulteriori apsaras musicanti, l’una  assorta nell’emissione dei suoni di una vina accanto alla presumibile Yakshini Kali, l’altra  nella modulazione delle note di un  flauto accanto al successivo dikpala, Varuna,
E’ esso monco di tutte le braccia, con il veicolo intatto del coccodrillo secondo prammatica, mentre un destino migliore è stato riservato al suo astavasus, che oltre al mudra varada può ancora ostentare parasu-ascia, uni stelo di loto spiraliforme, e il vaso dell’acqua rituale.
E si è cosi giunti alla parete nord, che sull’altra facies della Karna.ratha non può che riservarci in  direzione nord-ovest il dikpala Vayus, con il suo gesto benedicente e il veicolo del cervo, nient’altro più in dotazione.
Tra le apsaras  figurano quella che non può che denudarsi del tutto per  liberarsi del pungolo-passione di uno scorpione , la seconda in basso, prima del bhadra,  cui  corrisponde oltre la sua nicchia quella che reca un beautycase.
Nella nicchia dell?adhishtana fa alfine la sua tardiva comparsa la Yakshi dello stesso Adinath , Chakreshvari,  alias Vaishnavi in contesto vishnuita,  in sella allo stesso veicolo, Garuda, uomo-aquilino, in abhaya mudra e con i più classici attributi vishnuiti, gada, chakra, sankha,   compensando  il suo ritardo  con il raddoppio alla grande della sua  presenza defferita,  nella prima nicchia del bhadra, in cui è ribadita seduta in lalitasana su garuda, ma senza che alcun attributo possa altrimenti più identificarla. Nella nicchia superiore sarebbe invece allocata la Yakshi anantamati del quattordicesimo  tirthankara Ananthanatha, sempre secondo Krishna Deva,  in virtù esclusivamente del suo veicolo identificativo,  un’ oca, poiché il solo attributo che le è rimasto integro è uno scudo, supportato da un resto di freccia.
Oltre le ultime apsaras gli ultimi due dikpalas, davvero ultimi ma non ultimi, visto che presidiano le direzioni più favorevoli del tempio, Kubera  quello settentrionale, Isana quello di nord-est.
L’uno, a dispetto della ricchezza che può dispensare, è senza veicolo e con spezzate finanche le braccia,  l’altro, in tribhanga e varada mudra, attestando la propria natura shivaita almeno nell’attributo superstite del trisul.  Eì  andata meglio al suo astavasus, che insieme con il veicolo animale gli attributi li ha conservati tutti e quattro varada, duplice stelo di loto spiraliforme,  vaso rituale dell’acqua.


Si è cosi giunti al versante settentrionale dell’antarala, che conserva ambo le Yakshi delle sue due nicchie. Quella inferiore, di otto braccia in lalitasana e abhayamudra,  è in virtù del pavone che ne è il veicolo che secondo Krishna Deva  può forse corrispondere a Mahamanasi, la yalshi del sedicesimo tirthankara, Santinath, mentre non è dato supporre chi possa mai essere la yakshi superiore, in padmasana su un fiore di loto, mutilata di tutte e quattro le braccia e senza più tracce del suo veicolo animale.
E’  invece la sussistenza delle cavalcature delle divinità che in tutte e tre le nicchie che oltre il balconcino in  miniatura con astanti,  ricorrono sul fianco dell’antefissa riservano tutte le loro Yakshi, ha consentito a Krishna Deva di lumeggiare che quella inferiore possa essere Gauri, quale yakshi dell undicesimo tirtankara, Sryansanatha,  essendo il suo animale il cervo,  che sia Purushadatta, Yakshi del quinto Tirthankara, Sumatinatha, quella mediana in lalitasana, dalle ottuplici braccia, cavalcando ella un elefante, in assenza di qualsiasi altro  dato riconoscitivo , essendo tutte le sue braccia spezzate, mentre resta da  ritenere che sia solo il numero dimidiato di braccia, quattro invece di otto, o il duplice loto che reca al contempo quali unici attributi superstiti,  che hanno consentito a krishna deva di disambiguare forse in Manasi, la Yakshi del quindicesimo Tirthankara, Dharmanatha,  la divinità in tribhanga e varada mudra  della nicchia superiore, in quanto come Gauri si serve di un  cervo quale  suo veicolo effigiato.



Del corredo statuario esterno al tempio restano da  visualizzare al termine della pradakshina solo le sette immagini delle nicchie che sostengono l’antefissa frontale.
Eccettuata Ambika , quarta in ordine provenendo da nord, sono rimaste anonime tutte quante anche per  Krishna  Deva, la prima perché il  sembiante del suo animale è indefinibile se sia un pavone o un’oca, e i suoi attributi o la postura non la differenziano ad esempio dalla presunta Manasi, se non per un vaso dell’acqua che in più non le è andato perduto, la seconda perché  è senza cavalcatura e  marca uno scarto dalla precedente solo per il mudra, l abhaya, e l ultimo degli attributi, un kati in luogo del vaso di acqua lustrale, la terza in quanto , anch’essa senza veicolo,  non differisce dalla precedente che in quanto in luogo del mudra dell’abhaya reca un nilotpala, la seta e la quinta, saltando ora Ambika, perché sono simili tra loro e con la terza negli attributi che recano, invertendo solo l ordine di successione, il nilotpala per ultimo in luogo del kati che ne è il primo, rispetto alla terza icona, la settima perché  solo  il veicolo animale elefantino potrebbe immedesimarla con Purushadatta, Yakshi del Tirthankara Sumatinatha,  alla stregua della seconda Yakshi  del versante settentrionale dell’antefissa, ma per il resto è  pressoché totalmente mutilata.
Ambika, in tribhanga,  è invece ampiamente contraddistinta, recando un cespo di mango, due fiori di loto nelle due mani successive, un pralamba*, e un bambino che ne tiene un dito della mano sinistra inferiore, mentre nella propria mano sinistra tiene un ulteriore frutto di mango.

La conclusione della pradakshina ci dà così accesso all’interno del tempio,  in cui possiamo risalire direttamente alla porta d’accesso al garbagriha.

Sette ne sono le bande laterali o sakas, la prima una patra-lata di volute rampicanti, con un  fregio di fiori  mandara, la seconda e la quarta istoriate di ganas misuri o danzanti, la terza una stambha-saka a guisa di pilastro, in cui in luogo dei tradizionali mithuna si susseguono Yakshi,- fra le quali della seconda sul lato sinistra  si porge all’attenzione il veicolo, un pappagallino rimasto intatto,  la quinta decorata con  srivatsa alternati a rosette, la sesta  di volute nerbute in fuoriuscita  dala bocca di un vyala sottostante,  la settima di nuovo di rosette.
Sullo stambha sakha trova il suo appoggio l’architrave, in cui, all interno di 5 nicchie sormontate da udgamas,  si ripresentano al fedele,  con altre due divinità intermedie,  Chakreshvari al centro, ad Adinath, suo Tirthankara, se non ad ella, essendo il tempio dedicato, Ambika alla sua destra, Padmavati sulla sua sinistra.
Poco resta da dire a tutt’oggi delle raffigurazioni ai lati degli stipiti di Ganga e Yamuna con i loro veicoli animali, il coccodrillo e la tartaruga, rispettivamente,  delle loro attendenti e degli dvaparalas, talmente sono stati distrutti.
Lo sfregio non ebbe a imperversare invece sulla soglia, l’udumbara,  in cui l’aggettanza centrale** di volute di loto è fiancheggiata da attendenti femminili cui si susseguono divinità acquatiche,con una giara su kariumakara. Sotto gli stamba-sakas due nicchie albergano due divinità femminili in padmasana, sotto il seggio di una delle quali  è ravvisabile una tartaruga. Altre due nicchie ulteriori, sotto la settima saka d’ambo gli stipiti, albergano due immagini di Kubera, in abhaya mudra con parasu-ascia,  stelo di loro spiraliforme, non che tre giare contenenti dei tesoretti o nidhi sotto il suo seggio..

Di  alto pregio sono i pilastri ai lati della porta del santuario, -il cui basamento , su di un’upapitha ornamentata di motivi di  rosette e petali di loto,  replica le modanature della vedibhanda, - khura , kumbha ornamentata di udgamas, kalasa, kapota. Essi sono arcaici nelle loro profilature badraka con sovrascolpiti alla base dvarapalas,  poi nelle volute ondulate fluenti dalla bocca di kirtimukkas, prima di un inserto di rombi diamantini, e di gatha-pallavas o vasi dell’abbondanza. Una banda di rosette ed una sezione attica o uchchalaka  con il solo profilo di vasi ulteriori dell’abbondanza concludono i rilievi dei pilastri,  su cui poggiano capitelli bharani in cui i pendentidi gagarakas precedono le scanellature di amalaka e padma lotiforme.
Ancora mensole di bhuta-atlanti , con naga adoranti interposti, prima della grande trabeazione finale, in cui , sotto un pattika di rombi e rosette e un grasa-pattika di kirtimukka, decorre il  fregio degli auspici avuti in sogno dalla madre dell’ultimo dei Tirthankara , Mahavira, prima del suo concepimento, sedici, come vuole la tradizione Digambara, in cui si iscrivono i templi di khajuraho: 1) l’elefante di Indra  Airavata, 2) un toro,3)  un leone rampante, 4) Sri devi o Laxmi, 5) una ghirlanda che racchiude un kirtimukka, 6)  una luna piena con una lepre visibile nel mezzo, 7) un sole nascente che rappresenta Surya al  centro, 8) un paio di pesci, 9) un paio di giare d’oro, 10 un lago di fiori di loto,  11)  un mare agitato,  12) un leone troneggiante ( o trono leonino?), 13)  un vimana, 14) una coppia di Naga in un padiglione( il Nagendra-bhavan) , 15) cumuli di gioielli, e 16)  Agni assiso con le fiamme fuoriuscenti dalle sue spalle. ( *** correggere la lacuna in Krishna  Deva) ( ****Approfondire la lettura simbolica)
Nel santuario, di rilievo il  fiore di loto con quattro schiuse di petali che ornamenta il soffitto, in una cornice riquadra ai cui angoli stanno kirtimukkas.
Moderna è  l immagine di Adinath che si offre alla devozione terminale dei fedeli.













venerdì 11 dicembre 2015

Mohammad e la sua vita di grazia e miseria

Mohammad e la sua vita di grazia e miseria
Mohammad e la sua vita di grazia e miseria
Quando questa sera mi è ricomparso accanto nel Corner Lassi, Mohammad è tornato a splendermi di un volto radioso nei suoi occhi gioiosi, e la sua voce poteva di nuovo modularsi scherzosa, seduto allo stesso tavolo dove ieri nulla che gli dicessi, che gli manifestassi, riusciva ad allentare la fissità nel dolore del suo volto e del suo sguardo, al ritrovarsi a stomaco vuoto, al terzo giorno di inattività del padre come venditore di tè, dopo che in un' intera giornata di lavoro non aveva racimolato che 35 rupie, neanche il guadagno di mezzo euro.
A sua madre in giornata erano rimasti i soldi solo per comperare la farina con cui aveva impastato sei, sette chappati, di cui dei vicini avevano fornito il companatico di alcuni pomodori che aveva insaporito con del sale e della menta. E Mohammad si era schernito di non volerne mangiare, per lasciare il cibo alla sorella e agli altri suoi familiari.
Suo padre aveva farneticato la notte avanti, disperato di averli trascinati in una simile situazione lasciando Kanpur per Khajuraho, dove la casipola che aveva acquistato, ora che era precipitato in miseria non era più in grado di venderla ad un prezzo che gli consentisse di trasferirsi altrove. Ed intanto Mohammad sentiva al contempo di voler restare con me, per dividere insieme il proprio dolore ed avere di che saziarsi, e di dovere tornare accanto a suo padre.
Il ragazzo le settimane avanti mi si era detto fiero di lui, per come prima con l’esercizio di un tuk tuk, aprendo poi un banco di vendita di lassi, un altro di tinteggiatura di abiti, ora quello della vendita di tè , si era arrabattato in tutti i modi per fronteggiare le calamità in cui era incorso in Khajuraho, - per giunta i ladri due volte gli avevano svuotato degli averi in denaro e gioielli l’abitazione, e Mohammad durante la mia ultima permanenza in Italia non aveva avuto modo di lasciare la bicicletta sull’ uscio di casa, stremato dal sonno per un suo stato influenzale, che anche questa gli era stata rubata.
Ancora l’ altro giorno Mohammmad mi aveva esaltato più che ogni altra volta il valore di suo padre, quando durante i giorni dei massacri indoislamici dopo la distruzione della Babur Masjid di Ayodya - la cui edificazione avrebbe profanato il luogo natale del dio Rama ed avrebbe richiesto a sua volta, e a suo tempo, che fosse abbattuto il tempio hindu della natività del dio,- per difendere la sua vita e quella della nonna materna di Mohammad, l uomo che abitualmente è di una mitezza e gentilezza unica, aveva ucciso due rivoltosi hindu che stavano per assassinare entrambi..
“ E’ stato presso**** Già alla stazione di Kanpur cui era arrivato dal villaggio insieme alla nonna,il papà aveva trovato confusione e violenza, gente che sparava ed uccideva, altra che cadeva morta o che già lo era (o che già era era cadavere) lungo le piattaforme dei binari. Aveva allora raccolto una pistola che era finita abbandonata per terra e se l’era messa in tasca. Nessun rickshaw -wallah voleva portarli dove intendevano andare, i conducenti avevano paura anche solo a muoversi Quando quei due uomini li hanno fermati, il papà e la nonna, e hanno chiesto loro in nome, come hanno così saputo che erano islamici hanno puntato la pistola alla tempia di entrambi…. Mio padre a poco a poco, perché non se ne accorgessero, ha allora levato di tasca la pistola che aveva raccolto in stazione… Ma è stato per difendere la propria vita e quella della nonna che l’ha fatto… Da tutto l Uttar Pradesh in quei giorni era accorsa polizia, non si poteva uscire di casa o accendere di notte la luce nelle case”.
“ Mohammad, sono tornato oggi a dirgli nel ritrovarlo rinfrancato, la tua vita è un romanzo di cui sei il protagonista senza poter decidere la trama, con alti e bassi, up, down, up, down, senza fine, che richiede tante lacrime che dovrai seguitare a versare nei suoi bei capitoli”
Già lunedi, come ho visto che per il secondo giorno consecutivo il padre non aveva ripristinato lo spaccio di bevande calde, ho inteso che quando ci fossimo rincontrati non avrei ritrovato Mohammad giocoso e scherzevole come il giorno prima, durante il nostro viaggio pomeridiano in bicicletta sino a Chickenpurah, per accertare lo stato delle strade che vi recano, sulla via di Byathal, il villaggio natale di Kailash., e non solo perché in mattinata aveva accusato uno stato febbrile.
Gli ho allora ripetuto che doveva preoccuparsi solo di studiare e di fare esperienza della vita e del mondo, stando in salute, che questo era ora il suo compito, con il mio aiuto e secondo quanto voleva papà. Ma già al mio rientro in casa, come mi si è concretata mentalmente la situazione del padre e familiare, ho sentito tutta l’ inconsistenza che avevano per Mohammad le mie parole, al cospetto di un genitore il cui lavoro non offre prospettive di guadagno che irrisorie, né altre gli si prospettano restando in Khajuraho, da cui non ha modo di andarsene con la famiglia al seguito, contrastato da ogni sorta di gelosia esclusiva, ( ai lati del suo piccolo banco due avviate locande offrono il suo stesso tè, senza riservargli almeno quella esclusiva, i bramini della casa retrostante lamentano che le sue due panche e quel banco d’appoggio di un fornello siano un covo di perdizione). E come al telefono Mohamad mi ha avvertito che sarebbe venuto in ufficio per la lezione insieme ad Abbas in motocicletta, il ricco suo amico di casta sayyed che di lui si serve soltanto, come di me fa ugualmente, ho trattenuto a stento il mio rigetto di tutto, per essere di nuovo in ufficio con entrambi ed Ajay, e rinnovare le mie celie linguistiche.
Se si poteva seguitare a leggere Il piccolo Principe? Oooeuh, certamente, interagivo interiettivamente, così come avrei detto detto “Aàao”, nella parlata bundela locale , “A’aaa “in Kanpur, adduceva Mohammad… “Strane , certe somiglianze sonore, io qui sono un babbà con tre b, come in Italia sarei un nonno con tre n, - stavamo studiando i nomi delle parentele-, la tatti, qui con tre t, in Italiano è la cacca con tre “c”! Fantastico l' indoeuropeo….”
Così Mohammad mi sembrava si stesse comunque risollevando, dopo che la settimana scorsa la ricaduta antecedente della sua vitalità straripante era avvenuta per l incidente che lungo la strada dissestata verso il villaggio islamico di Manjiurnagar l’aveva coinvolto al rientro a sera tarda da una mia lezione precedente.
L’auto l’aveva investito di fianco, seguitando la sua corsa, ma il peggio era capitato al suo cellulare.
“ It s defected, now”., mi aveva anticipato ricorrendo a quello di un suo amico, mentre rientravo dai templi jain per incontrarlo al Madras cafe.
In realtà Mohammad mi estraeva da una tasca prima la sim card, poi la batteria, per mostrarmi ciò che unicamente ne era rimasto intatto, poi dall’altra un involtino, in cui erano i resti sfasciati del suo cellulare.
Gli era caduto di tasca e l’auto vi era passata sopra…
“ L’avevo acquistato 6-7 anni fa di seconda mano, vedi come lo tenevo bene, la sua memoria conteneva 2763 messaggi, 852 erano vocali, più di 80 le fotografie, in gran parte della mia girl friend …”
Che importava più, che restituendogli ella il sonno e l’appetito, pochi giorni prima , benché solo quindicenne, avesse avuto la forza di rifiutare il pretendente che con la famiglia era venuto da Banda insieme con il padre della ragazza che ne era rientrato, da un viaggio complessivo di affari, per iniziare a combinarne il matrimonio ?
"Allah gave me a very bad life".
“ Mohammad,. gli sorridevo- in Italia si direbbe che per te “ piove sul bagnato”, “ it rains where is ghila “
Solo due settimane prima mi ero dato da fare perché potesse ripararlo, poiché dallo schermo era sparito ogni dato.
Un Mohammad sconsolato ed incantevole più che mai, mi mostrava allora i suoi sandali infradito
“ Vedi, sono ancora quelli che mi comprasti a luglio, quando gli altri si ruppero al ritorno in bicicletta da Byathal. Per poterli portare ancora uso la colla e il fil di ferro"
.Che mi sarebbe costato comperargliene di nuovi, se non che così avrei seguitato a privilegiarlo nelle mie cure rispetto ai figli di Kailash, con una predilezione manifesta che fa lampeggiare nella mente di Kailash una gelosia possessiva che ha i tratti della follia .....................................
“ Mohammad, ma tu sei bello come lo è la tua vita. Hai presente il circo, quelli che vi si esibiscono in giochi difficili e pericolosi? Tu sei un angelo che ogni giorno deve sopravvivere così. Da anni è questa la tua vita , la vita della tua famiglia, ma vi ritrovate ancora qui, e niente è andato perduto. Tu fossi un giorno ricco, guarderesti allora a questi tuoi giorni come ad una gran vita fantastica”.
( da rivedere e correggere)


Quando questa sera mi è ricomparso accanto nel Corner Lassi, Mohammad è tornato a splendermi di un volto radioso nei suoi occhi gioiosi, e la sua voce poteva di nuovo modularsi scherzosa, seduto allo stesso tavolo dove ieri nulla che gli dicessi, che gli manifestassi, riusciva ad allentare la fissità nel dolore del suo volto e del suo sguardo, al ritrovarsi a stomaco vuoto, al terzo giorno di inattività del padre come venditore di tè, dopo che in un' intera giornata di lavoro non aveva racimolato che 35 rupie, neanche il guadagno di mezzo euro.
A sua madre in giornata erano rimasti i soldi solo per comperare la farina con cui aveva impastato sei, sette chappati, di cui dei vicini avevano fornito il companatico di alcuni pomodori che aveva insaporito con del sale e della menta. E Mohammad si era schernito di non volerne mangiare, per lasciare il cibo alla sorella e agli altri suoi familiari.
Suo padre aveva farneticato la notte avanti, disperato di averli trascinati in una simile situazione lasciando Kanpur per Khajuraho, dove la casipola che aveva acquistato, ora che era precipitato in miseria non era più in grado di venderla ad un prezzo che gli consentisse di trasferirsi altrove. Ed intanto Mohammad sentiva al contempo di voler restare con me, per dividere insieme il proprio dolore ed avere di che saziarsi, e di dovere tornare  accanto a suo padre.
Il ragazzo le settimane avanti mi si era detto fiero del padre, per come prima con l’esercizio di un tuk tuk, aprendo poi un banco di vendita di lassi, un altro di tinteggiatura di abiti, ora quello della vendita di tè , si era arrabattato in tutti i modi per fronteggiare le calamità in cui era incorso in Khajuraho, - per giunta i ladri due volte gli avevano svuotato degli averi in denaro e gioielli l’abitazione, e Mohammad durante la mia ultima permanenza in Italia non aveva avuto modo di lasciare la bicicletta sull’ uscio di casa, stremato dal sonno per un suo stato influenzale, che anche questa gli era stata rubata.
Ancora l’ altro giorno Mohammmad mi aveva esaltato più che ogni altra volta il valore di suo padre, quando durante i giorni dei massacri indoislamici dopo la distruzione della Babur Masjid di Ayodya - la cui edificazione avrebbe profanato il luogo natale del dio Rama ed avrebbe richiesto a sua volta, e a suo tempo, che fosse abbattuto il tempio hindu della natività del dio,- per difendere la sua vita e quella della nonna materna di Mohammad, l uomo che abitualmente è di una mitezza e gentilezza unica, aveva ucciso due rivoltosi hindu che stavano per assassinare entrambi..
“ E’ stato presso**** Già alla stazione di Kanpur cui era arrivato dal villaggio insieme alla nonna,il papà aveva trovato confusione e violenza, gente che sparava ed uccideva, altra che cadeva morta o che era cadavere lungo le piattaforme dei binari. Aveva allora raccolto una pistola che era finita abbandonata per terra e se l’era messa in tasca. Nessun rickshaw -wallah voleva portarli dove intendevano andare, i conducenti avevano paura anche solo a muoversi Quando quei due uomini li hanno fermati, il papà e la nonna, e hanno chiesto loro in nome, come hanno così saputo che erano islamici hanno puntato la pistola alla tempia di entrambi…. Mio padre a poco a poco, perché non se ne accorgessero, ha allora levato di tasca la pistola che aveva raccolto in stazione… Ma è stato per difendere la propria vita e quella della nonna che l’ha fatto… Da tutto l Uttar Pradesh in quei giorni era accorsa polizia, non si poteva uscire di casa o accendere di notte la luce nelle case”.
“ Mohammad, sono tornato oggi a dirgli nel ritrovarlo rinfrancato, la tua vita è un romanzo di cui sei il protagonista senza poter decidere la trama, con alti e bassi, up, down, up, down, senza fine, che richiede tante lacrime che dovrai seguitare a versare nei suoi bei capitoli”
Già lunedi, come ho visto che per il secondo giorno consecutivo il padre non aveva ripristinato lo spaccio di bevande calde, ho inteso che quando ci fossimo rincontrati non avrei ritrovato Mohammad giocoso e scherzevole come il giorno prima, durante il nostro viaggio pomeridiano in bicicletta sino a Chickenpurah, per accertare lo stato delle strade che vi recano, sulla via di Byathal, il villaggio natale di Kailash., e non solo perché in mattinata aveva accusato uno stato febbrile.
Gli ho allora ripetuto che doveva curarsi solo di studiare e di fare esperienza della vita e del mondo, che questo era ora il suo compito, con il mio aiuto e secondo quanto voleva papà. Ma già al mio rientro in casa, come mi si è concretata mentalmente la situazione del padre e familiare, ho sentito tutta l’ inconsistenza che avevano per Mohammad le mie parole, al cospetto di un genitore il cui lavoro non offre prospettive di guadagno che irrisorie, né altre gli si prospettano restando in Khajuraho, da cui non ha modo di andarsene con la famiglia al seguito, contrastato da ogni sorta di gelosia esclusiva, ( ai lati del suo banco due avviate locande offrono il suo stesso tè, senza riservargli almeno quella esclusiva, i bramini della casa retrostante lamentano che le sue due panche e quel banco d’appoggio di un fornello siano un covo di perdizione). E come al telefono Mohamad mi ha avvertito che sarebbe venuto in ufficio per la lezione insieme ad Abbas in motocicletta, il ricco suo amico di casta sayyed che di lui si serve soltanto, come di me fa ugualmente, ho trattenuto a stento il mio rigetto di tutto, per essere di nuovo in ufficio con entrambi ed Ajay, e rinnovare le mie celie linguistiche.
Se si poteva seguitare a leggere Il piccolo Principe? Oooeuh, certamente, interagivo interiettivamente, così come avrei detto detto “Aàao”, nella parlata bundela locale , “A’aaa “in Kanpur, adduceva Mohammad… “Strane , certe somiglianze sonore, io qui sono un babbà con tre b, come in Italia sarei un nonno con tre n,- stavamo studiando i nomi delle parentele-, la tatti, qui con tre t, in Italiano è la cacca con tre “c”! Fantastico l' indoeuropeo….”
Così Mohammad mi sembrava si stesse comunque risollevando, dopo che la settimana scorsa la ricaduta antecedente della sua vitalità straripante era avvenuta per l incidente che lungo la strada dissestata verso il villaggio islamico di Manjiurnagar l’aveva coinvolto al rientro a sera tarda da una mia lezione precedente.
L’auto l’aveva investito di fianco, seguitando la sua corsa, ma il peggio era capitato al suo cellulare.
“ It s defected, now”., mi aveva anticipato ricorrendo a quello di un suo amico, mentre rientravo dai templi jain per incontrarlo al Madras cafe.
In realtà Mohammad mi estraeva da una tasca prima la sim card, poi la batteria, per mostrarmi ciò che unicamente ne era rimasto intatto, poi dall’altra un involtino, in cui erano i resti sfasciati del suo cellulare.
Gli era caduto di tasca e l’auto vi era passata sopra…
“ L’avevo acquistato 6-7 anni fa di seconda mano, vedi come lo tenevo bene, la sua memoria conteneva 2763 messaggi, 852 erano vocali, più di 80 le fotografie, in gran parte della mia girl friend …”
Che importava più, che restituendogli ella il sonno e l’appetito, pochi giorni prima , benché solo quindicenne, avesse avuto la forza di rifiutare il pretendente che con la famiglia era venuto da Banda insieme con il padre della ragazza che ne era rientrato, da un viaggio complessivo di affari, per iniziare a combinarne il matrimonio ?
"Allah gave me a very bad life".
“ Mohammad,. gli sorridevo- in Italia si direbbe che per te “ piove sul bagnato”, “ it rains where is ghila “
Solo due settimane prima mi ero dato da fare perché potesse ripararlo, poiché dallo schermo era sparito ogni dato.
Un Mohammad sconsolato ed incantevole più che mai, mi mostrava allora i suoi sandali infradito
“ Vedi, sono ancora quelli che mi comprasti a luglio, quando gli altri si ruppero al ritorno in bicicletta da Byathal. Per poterli portare ancora uso la colla e il fil di ferro"
...................................
“ Mohammad, ma tu sei bello come lo è la tua vita. Hai presente il circo, quelli che vi si esibiscono in giochi difficili e pericolosi? Tu sei un angelo che ogni giorno deve sopravvivere così. Da anni è questa la tua vita , la vita della tua famiglia, ma vi ritrovate ancora qui, e niente è andato perduto. Tu fossi un giorno ricco, guarderesti allora a questi tuoi giorni come ad una gran vita fantastica”.
( da rivedere e correggere)

giovedì 10 dicembre 2015

la mia felicità indiana

La mia felicità indiana
La mia felicità indiana ora è lasciare, uscendo di casa, Chandu consenziente, in incantevoli sguardi, a che spegnendo il computer concluda la sua ulteriore visione di pulcini nebulizzati di Chichen invaders o di acrobazie impossibili di Alex Gordon, il nostro omino bambino attenendosi così all impegno assuntosi, con papà Kallu, che se oggi non è andato a scuola per riposare ancora un poco e fare gli ultimi compiti, domani non farà i capricci per esservi in tuk tuk di primo mattino, e allontanarmi di casa con un filo di speranza ulteriore, dopo che sono stato contattato da Delhi perché mi ci rechi per vedere che cosa è possibile fare insieme nel mondo turistico, come lo è che Mohammad al telefono mi abbia detto frattanto che sta ora bene, e che non profitterà più del passaggio in moto che gli offre Abbas, e con cui deve anticipare il rientro, per ridurre la lezione d’italiano al pretesto distratto di un nostro incontro, e poi nel sole che di dicembre splende anche sulle miserie nefaste di Khajuraho, è ritrovare che con il taglio di un ulteriore tronco potato i lavori di asfaltatura delle sue strade procedono verso una fine che nessuna corruzione o gelosia di interessi ulteriore potrà più impedire, come già domenica , dopo la ripianatura dei cumuli e strati di ghiaia che venerdì l’altro avevano reso il percorso un sentiero disastrato, ho scoperto con sollievo che ora è agevolmente percorribile la strada sino a Kundarpurah, - la futura Chickenpurah, per chi ha occhi soprattutto per i suoi allevamenti di polli che ne sovrastano di numero le case, il che faciliterà i nostri contatti con il villaggio natio di Byathal, sovrintendere alle nostre bufale e ai terreni di Kailash che sono ora nelle mani del padre, ed è quindi la mia felicità indiana anche solo trovare per strada un venditore di guava e poterne comperare mezzo chilo al prezzo di sole trenta rupie, per irrobustire di frutta la salute mia e dei nostri bambini, e poi, nel corner Lassi, per non più di cinquanta rupie nutrirmi di uno squisito paratha ripieno di miele e banana, mentre al telefono sgorga tra me e Kailash un’ intesa profonda, su che fare o non fare, spendere e risparmiare, non che su quali vegetali- palak, cucumbers, green dahl, loki- siano propizi per le sue emorroidi, riso compreso, purchè sia quello non brillato che si ritrova nei villaggi, apprendendo che è per accertarne lo stato che l’amico deve essere di rientro a casa, e non può prolungare il suo stazionamento con il tuk tuk di fronte a uno degli hotel cinque stelle, in attesa che finalmente ne esca uno dei turisti che vi alberga, che non sia sotto la sorveglianza speciale di escort e guide ufficiali. Al fondo di tutto, la gioia profonda delle parole in cui con pietate e magnificenza, il riflesso della Benevolenza del tutto è ritrovato.
( testo in via di revisione e correzione)

Nell'imminenza di Diwali

Nell'imminenza di Diwali
Ed eccomi di nuovo nella mia stanza di Khajuraho ove mi ritrovo ancora desto nel fondo della notte, mentre oltre il cortiletto interno il sonno raccoglie in un’unica stanza Kailash e la moglie e i nostri ragazzi. Ajay come sempre accanto alla madre, su dei giacigli stesi sopra il pavimento, Kailash insieme a Poorti e a Chandu ai suoi lati, su uno dei due letti che altrimenti sono raccostati
Chandu è crollato di schianto nel sonno, dopo un’intera giornata di "games" con il tablet che gli ho regalato, di follia giocosa con il suo babbà ritrovato, Con Porti sono bastate poche delicate parole, un bacio sui capelli, come con Ajay un’occhiata sconsolata quando disteso nel letto l’ho visto intento a seguire alla televisione trucide scene di wrestling , . Mohammad , come ama fare, l ho ritrovato nella mia stanza senza che si fosse annunciato, appena vi ho fatto ritorno al mio rientro dal shiva net, in cui ero stato alle prese con tutte le complicanze di una richiesta di un permesso indiano di soggiorno. Sono tornato a baciarlo ad ogni mancato distacco sulle guance del suo bellissimo volto, nel fargli differire il ritorno dal farmacista che ne fascerà di nuovo il bubbone alla caviglia di un’infezione trascorsa, per dirgli di che cosa ho in mente di fare di meraviglioso con lui ed Ajay, la marcia mattutina alla scoperta degli alberi della giungla dell India centrale che compaiano lungo i percorsi che recano ai vicini villaggi. “ Sarà molto bello soprattutto per Ajay, che ama l’agricoltura, ma lo sarà anche per me. Al mondo bisogna conoscere ogni cosa”.
Kailash mi ha invece raggiunto di sorpresa nel call center, mentre al telefono tentavo invano di tranquillizzare l’angoscia apprensiva di mia madre, che mi aveva cercato sul cellulare di Kailash due ore prima, che mi avrebbe raggiunto nuovamente due ore fa, nel cuore della notte, dimentica che le avessi telefonato a lungo solo poco ore prima, di ogni mia vana rassicurazione.
L’amico poi avrebbe assistito ai miei tentativi inutili di effettuare l upload di tutti i documenti richiesti per il permesso di soggiorno., di cui altro era ogni volta il formato o la dimensione richiesta. rispetto a quelli delle fotografie o delle riproduzioni inoltrate.
Prima di lasciarci poc’anzi, mentre già Chandu era sprofondato nel sonno, e Vimala e Ajay e Poorti iniziavano a rannicchiarsi entro le loro coltri, ci siamo detti che cosa occorra comperare domani per Diwali.
“ Patakas! “ mortaretti e petardi aveva chiesto a gran voce Chandu, quando avevo iniziato a parlarne prima che si distendesse e si addormentasse all istante..
Andremo io ed Ajay con lui sul mela ground per comperare le innocue girandole su cui ha convenuto Kailash, con il quale per l indomani avevo già acquistato una statuina in metallo di Laxmi che mancava al sacrario domestico, e che è indispensabile per la puja di domani sera. Per ritrovarci tutti insieme nel celebrarla, Poorti dovrà rinviare a dopo Diwali il suo soggiorno nella località nativa di Byathal, che aveva appena richiesto al padre lacrimevolmente..
Come Laxmi possa felicitare del brillio di una fortuna economica la nostra soglia, al cui limitare ritinteggiato due lumini sono accesi per propiziarne il viatico, come in ogni altra casa dintorno, è davvero la tremula speranza di un sogno del cuore, ora che l’ammontare su cui possiamo contare si erode irreversibilmente,e che ci è dato solo di seguitare il nostro buon operare e ricercare, restando in attesa, mentre ci congediamo intanto da ogni giorno trascorso come da un buon giorno solo che ci sia costato il meno possibile. Nella gioia grande che stamane è subentrata alla ansia e all’assillo , al pensiero che è così perché mi sto donando e non sto trattenendo, confortando Kailash e i suoi cari della mia fedeltà-