sabato 5 novembre 2022

Una pagina d'odio

Dice la Szymborska, dell’odio: «Diciamoci la verità: | sa creare bellezza” Non mi interessa quanto sia vero, so soltanto che l odio è diventato la mia passione, il mio empito vitale, da che nella nostra casa , di me, di Kailash, di Ajay, di Chandu, di Porti e di Vimala è entrato Ashesh , il giovane nipote ventiquattrenne di Kailash. Non si è nemmeno degnato di preannunciarsi e di informarmi della sua venuta, come se in questa casa io fossi un ospite soltanto, e non già chi provvede a tutto e tutto dispone Cut off, come vuole il razzismo indiano verso lo straniero, che sa essere di un’amabilità unica quando si tratta di trarne tutto il denaro o l'usufrutto possibile. Già l’avevo battezzato come murk, di una stupidità unica, imperdonabile, quando si era fatto estorcere mille euro da un’avventuriera turco tedesca con il raggiro che se li avesse destinati a improbabili spedizionieri di Chennai avrebbe potuto ritirare un pacco che di euro ne conteneva 3.000. Ed ora eccomelo di fronte, in tutta la superbia ostinata che solo la stupidità più ottusa consente di manifestare imperturbata, con quei suoi grandi occhi stolidi perennemente sgranati su un mondo di cui fatica a comprendere l' inferiorità abissale. E’ bello, sotto certi aspetti, a non lasciarsi spaventare dalla incisività dei suoi tratti, ma di un selvaticume spaventoso, soprattutto quando spalanca una sua bocca polifemica, di una dentatura enorme resa orrida da quanto gutka consuma, che gli chiazza le gengive di un liquerume violaceo. Sarebbe nobile la sua professione, di pittore e facitore di statue per le festività hindu, si tratti di Durga per Dusshera, di Holika per Holi, di Ganesha o baby Krisna o Shiva e Parvati e Laxmi, solo che è tutt uno con un induismo razzistico, hindutva, che spregia ogni altra identità indiana. Ha in ciò esordito, solo quando sono stato l’ultimo a cui si è rivolto, mostrando tutta la sua fierezza per il proprio grande capo. Gli ho replicato che non ho bisogno di figure del genere, cui il popolo trasferisca ogni propria capacità di pensare in proprio. Mi sono fatti inizialmente scrupoli nei suoi riguardi immaginando che la sua famiglia fosse ancora in uno stato di povertà spaventosa, e che si fosse addentrato tra noi per la propria miseria. Ed invece è diventato ricco, anche “ too much rich” come non si stanca di ripetere ad Ajay per colmarlo di invidia, da che la sua famiglia è stata risarcita dalle autorità indiane dei terreni su cui hanno costruito una delle tante highway che hanno distrutto paesi e paesaggio indiani. E so già bene che è uno di quei ricchi, come i parenti di Mohammad, come lo sarebbe Mohammad stesso se lo diventasse, che qualora io morissi e Kailash e la sua famiglia finissero indigenti, nemmeno gli sfiorerebbe la mente di ricambiarne l’aiuto che ha prestato loro , a suo tempo, impiegandone il padre nel nostro negozio di barbiere, alla guida del nostro tuk tuk. La sera del suo atroce ritorno dai nonni in Byathal ho dovuto convocarlo nella mia stanza per venire a sapere che Ajay era appena stato male sotto i suoi occhi, senza che si proponesse in niente e per niente per sovvenire alle difficoltà in cui mi poneva l’impossibilità di fare affidamento su Ajay per le necessità famigliari. Benchè Ajay fosse oltremodo sofferente allo stomaco, usurpandone il letto e costringendolo a dormire al suolo. E quando ieri è sopraggiunto il nuovo, bellissimo frigorifero che ho provveduto ad acquistare, “ Come vedi Chandu, non solo sono un ospite in questa famiglia” ho detto indirizzandomi al bambino e rivolgendomi ad Ashesh, alle sue spalle, con uno sguardo in cui calamitavo tutto l’ odio possibile. Di ritorno dal prelievo bancario mi sono illuso che avesse capito, quando l ho incrociato su d i un tuk tuk, immaginando che si recasse alla stazione degli autobus o dei treni per lasciarci quanto prima. Vivissimi rimorsi per la mia inospitalità, placatisi d’incanto quando ieri sera l ho visto di ritorno con Vimala, che era andato a prelevare dal villaggio nativo, in cui Vimala si era per le cattive condizioni di salute di sua madre. E gli ho esibito un viso cordiale quando è entrato nella mia stanza, dove mi intrattenevo con ben altro calore con un Ajay risanato e con un suo occhialuto amico mussulmano, di lui più giovane, educato e gentilissimo nella sua natura scherzevole. Discettando di Amazon e dei miei continui acquisti on line sono stato ispirato a digitare muslim item for house, passando in rassegna tutti i possibili acquisti di icone islamiche di versetti del Corano o dei 99 nomi di Allah di cui gli potessi fare dono. Finchè ho detto che la rassegna poteva bastare, al che Ashesh ha soggiunti “ Abbiamo visto anche troppo”, allontanandosi dalla mia stanza. Stamattina dalla casa dello zio Manoj è stato di ritorno nella quiete domestica in cui ci trovavamo solo io e Vimala, ovviamente come se niente fosse e di niente dovesse risponderci. Corretta un ulteriore sequenza del mio libro su Chandni chowk, sono stato ben lieto di uscirmene in kurta e dothi appena è sopraggiunto, pranzando fuori in assenza di Ajay, mio cuciniere, che si era recato a Chhatarpur per sostenere un esame di biologia incredibilmente superato a pieni voti , benché insieme con me avesse studiato si e no il dieci per cento ecosistemico del programma. Ed ho ritrovato Ajay che occupava il mio letto, avendo egli ritrovato Asesh che dormiva nel proprio. Dormir , dormir dormir, sempre dormire, sembra il suo motto esistenziale, di una sua vita di ricco sfaccendato.e motociclato Credo, da che vivo in India, che uno degli indizi più probanti della natura servile e inetta di una persona sia il non trovare altro modo di vivere il proprio tempo libero che passandolo a poltrire dormendo. Ah, altrimenti l inutil tempo che si perde a giuoco d’ozio lungo d’uomini ignoranti..Tanto più quanto ho ben presente che tra non molti anni non avrò altro da fare. Se poi è un giovane ad essere un essere dormiente ed insenziente, tanto più se è un parassita letargico, il mio odio si fa disprezzo e disdegno implacabile, voglia di scudisciate e randellate ad oltranza. Poltrire vittimisticamente sul proprio futuro.,, Kailash ne ha riso al telefono, dandomi ragione, nel vivo ricordo di quando era con lui che me la prendevo iniziando ad occhieggiarlo in stanza ferocemente nel suo perpetuo sonno a mie spese, facendosi egli un leone digrignante nella tana del suo letto, se solo qualcuno osava anche solo minimamente il fare atto di ridestarlo , Kailash che ora vive da noi lontano in Rotak, dove del Maharaja Hotel e dei suoi parties ha fatto il tempio di un suo sacrificio perenne. Mentr’io aspetto solo che venga domani, per ritirarmi in hotel a Panna finchè l intruso non lasci il campo libero .

martedì 27 settembre 2022

game over

M’hai vinto, con la ferocia del tuo bisogno,/ solo nella mia rovina confidando nel mondo, / se rimosso con essa ogni tuo umano connetterti/, da Mumbay solo per questo/ ti sei mosso in treno, sei da me giunto/ ti sei insediato sotto il mio tetto, / intenzionato a restarci fino a spuntarla,/ intentati ed intentabili di tutti quanti/ gli altri nel mondo , gli amici e parenti ,/ i battenti della più sorda ricchezza inappellabile. Ah, i Bilal e Balbil, Hindu o Muslim che siano…./ La tua condotta di ragno per me senza scampo,/ un sortilegio di veritiere menzogne per scardinarmi./ The game plan in your hands./ Tutto io sapevo e in tutto ho creduto e ceduto/ Ma non già per il tuo corpo nelle mie coltri. pronto a concedersi / “Mission accomplished “ho scritto sulla tua refurtiva./ Solo che sei così uscito dalla mia vita./ Suo ultimo fiore/ Game over/ .

venerdì 22 luglio 2022

famedio

Di certo dall’ interscambio espositivo tra Comune e Reggia del Palazzo Ducale, esemplificato in una foto emblematica di S. L’Occaso e V. Ghizzi, molto può sortire di buono, anche se più che altro è un rispolvero di precedenti progetti, nel solco di incongruenze museali non da poco quanto a Palazzo San Sebastiano, che a suo tempo indussero a tentare di porvi rimedio trasformandolo da Museo della città in un Museo del collezionismo delle civiltà antiche della città (Mcca), ( esportando dove i cimeli che vi erano tutt’altra cosa ?). Ma ahimè, altre dolenti note nel contempo si sono fatte sentire, e mi riferisco alla movimentazione nel Famedio dei reperti del Museo civico del Palazzo di San Sebastiano che ne facevano parte o che erano d’epoca albertiana. Premetto che è da quando ho lasciato l’ insegnamento ed intervengo sulla stampa locale che ho sostenuto l’apertura museale del Famedio, ma non certo nei modi in cui ho visto che si è risolta. Purtroppo, disdegnando provincialisticamente l’intelligentsia e l’editoria in loco, sempre che non siano famuli di corte, i nostri politici che ci amministrano tendono a compensare il loro scarso respiro culturale appellandosi ai nomi di grido, le archistar o le vedettes mediatiche, a uffici e consulenti rinomati, confacendosi così a tutta la debole leggerezza dei loro paradigmi in auge, e spesso a tutto l’ opportunismo e la furberia profittatrice che li anima, in un rapporto asimmetrico che vede questi ultimi fare la parte dei leoni rispetto a politicians tutt’altro che avveduti . Purtroppo ciò che ditte e progettisti altamente specializzati si sono limitati a compiere in tale circostanza è un mero trasloco di reperti e di schede illustrative, per lo più ricalcate, il tutto trasfigurato grazie a effetti scenici speciali e di illuminotecnica abbagliatrice. Hanno smembrato due intere sezioni del Museo civico di San Sebastiano e con esse il discorso che esprimevano, sintetizzato da A. Calzona in La città del Principe e da G. Malacarne in Emblematica gentilizia ( Mantova, il Museo della città) , senz’ altra motivata ragione di fondo che non fosse il vagheggiamento turisticheggiante che potevano richiamare plasticamente il Mantegna, quanto alla della selezione dei reperti d’epoca che non costituivano l’apparato decorativo del San Sebastiano, così rimasticando ciò che le schedature stesse del Museo civico avanzavano ma tendevano ad escludere in termini più approfonditi e meditati. Sulla simbologia araldica delle imprese nulla di interpretativo Ma cosa ancora più grave, davvero imperdonabile, a mio avviso, è che eccettuate poche righe di un pannello d’esordio, il discorso non è risalito dal’ apparato decorativo che è stato così prelevato di peso dal palazzo di San Sebastiano all’ architettura del tempio di cui facevano parte, non che alle altre opere esimie dell’Alberti, e al suo pensiero speculativi, nulla di nulla, nemmeno un accenno anche al solo dato simbolico che i putti ghirlandofori potrebbero alludere ad una destinazione funeraria del tempio , come di fatto si è adempiuto elevandolo a Famedio. Nemmeno ci si è preoccupati di recuperare non solo a parole, e con vaghezze grafiche, lo schizzo di Antonio Lobacco , -c’è pure per l’evenienza la medaglia Giovanni Lanfredini, dello Sperandio, ch’effigerebbe l’aspetto originario del tempio , reperibile senza sforzi di sorta anche in wikipedia,- e tantomeno ci si è dati da fare attraverso reperti fotografici per mostrare come appariva il tempio prima del discutibile restauro di Andrea Schiavi, e quali alterazioni costui abbia apportato . Si capisce benissimo, in tal senso, perché siano stati trattati con tanta sufficienza e dabbenaggine i modellini lignei della mostra albertiana del 1994, tutto il sapere e l’attività di ricerca pregressa. Bella profondità di concezione e di pensiero, di tali ditte altamente specializzate … Forse si è pensato che non valeva la pena di darsi da fare più di tanto per il tempio di San Sebastiano, un opera il cui interno di sublime semplicità grandiosa forse richiede che sia illuminato, che so, dalla visione delle architetture di Louis Khan per essere compreso. Chissà… Odorico Bergamaschi

rifiuti e plateaci

Ai signori Parenti e Crotti che si lamentavano dei 500 euro inflitti al figlio per avere depositato dei rifiuti presso il city bin di via Cavour, l’ineffabile Assessore Sceriffo Jacopo Rebecchi ha replicato su queste colonne che trattasi di deplorevole abbandono, e che la legge non guarda in faccia a nessuno e che va applicata con lo stesso rigore sanzionatorio nei confronti di chicchessia, del ragazzo che così magari deve rinunciare alle vacanze come del penalista per il quale è l’emolumento minimo di una sua qualsiasi prestazione. (E così sia anche per i 3.300 euro di cui è passibile chi orina in luogo pubblico per qualsiasi impellenza cui la natura lo chiami. pur se per cagnolini e cagnoline consiliari e di signori e signore demo leghiste che irrorano corso Pradella vale tutt’altro paio di maniche). Si sa, il decoro e la decenza di una centro di richiamo turistico qual è Mantova stanno al di sopra di ogni altra cosa. Peccato che gli usufruitori finali dei benefici di siffatto turismo, al servizio e nell’interesse dei quali viene fatto valere siffatto asperrimo rigore, i ristoratori del “centro ristretto”, innanzitutto, pagando beninteso la debita sovrimposta, siano quelli che ogni giorno deturpano il viavai dei più sciamannati signori turisti con gli ammucchiamenti dei lasciti laidi delle loro attività di” artigiani per professione, artisti per passione”- scatolami di carte e cartacce e imbottigliamenti e imballaggi cumuliformi, in virtù del costosissimo e deplorevole sistema di raccolta differenziata in auge dei city bin, che in luogo di isole ecologiche interrate quali quelle vigenti o che entreranno in vigore nelle città d’arte della Toscana, ci è stato imposto proprio dallo stesso regime autocratico di cui lo sceriffo Rebecchi è un’ espressione di punta. Lo stesso che in una puntata successiva dei suoi interventi mediatici vorrebbe rendere più attrattiva la sagra dell’orrore, così propiziataci, con forme di restyling che sono dell’ identica risma, assecondandola di plateatico in plateatico nei suoi piatti misti e rifiuti misti in bella vista, anch’essa mista, su tante quadrettate tovagliette alla Heidi, di stretta ordinanza, in luogo delle bancarelle e del passeggio e discorrere in piazzetta di un tempo, il tutto secondo il diktat di” gusto estetico” delle linee guida di un Archiplan che nessuno ha eletto e che non rappresenta nessuno , cui dovranno attenersi luci e panchine e fioriere di tutta la città, comprese fontane malate ed alberi capitozzati e stenterelli quali quelli delle piazze Leon Battista Alberti ed Ottantesimo fanteria. Come dire, non solo summum jus summa iniuria, il sommo diritto è somma ingiustizia, ma altresì summum invitamentum summa squalitudo, il sommo allettamento ( turistico) è somma lordura. Odorico Bergamaschi

domenica 26 giugno 2022

kailash redivivo ( in forma di racconto non biografico)

Erano passati già cinque giorni da che l’amico Kailash lo aveva chiamato allo smartphone di sua iniziativa per dirgli mi che stava lasciando la Rangmanch farmhouse per un ‘ulteriore hotel o ristorante in cui gli avevano trovato un lavoro, e già due giorni da che non aveva e più notizie o tracce di lui. Né l’amico indiano lo aveva più contattato né era stato possibile rintracciarlo in alcun modo, né da parte sua né dei loro cari, né con una videochiamata né con alcun messaggio sms. Era così rimasta inevasa la sua richiesta che gli inoltrasse mi per iscritto i il nome della località ove quegli si stava trasferendo, di cui sapeva solo che era in Haryana, a tre ore di distanza in autobus da Gurgaon, e che le prime tre lettere del nome della città o villaggio erano R come Rajasthan, O come Orissa, H come la doppia iniziale di Hotel Harmony ,dato il suo o disastrato spelling in inglese, e l’urgenza del suo amico quando glielo aveva scandxito di ritrovare nell’ immediato un altro pò di sonno prima di ripartire in autobus. Supponendo che si trattasse di un’altra farmhouse, nella ricerca avevo inserito le parola Farmhouse e Rho, e ne erano sortite due destinazioni possibili dell’amico nel distretto di Gurgaon, Rohai e Rohrai, due villaggi o cittadine rurali tradizionali. Ma aveva atteso dall’amico conferma, un primo giorno, un secondo, quando ha iniziato ad allarmarsi che la aspettasse invano. Com’ era possibile che gli comunicasse i suoi primi approcci e le sue impressioni quanto alla sua nuova esperienza ed alsuo nuovo luogo di lavoro? Dall apprensione all’ angoscia il decorso è stato fulmineo, il tempo di rifletterci ancora e di vedere il suo amico già coinvolto in una tratta paraschiavista, in un incidente d’autobus , di darlo morto e perduto per sempre. Così le parole che inseriva nel riquadro del browser diventavano Rohai Rohrai e accident, e di fatto gli si dava no izia di un autobus che in uno dei due villaggi vi era stato coinvolto, ma si trattava di un pullmino scolastico e di 7 bambini rimasti solo lievemente feriti, ”injured”. Così’ sortiiva l idea di avvisare Kailash, se fosse stato ancora vivo e già schiavizzato a tal punto dal nuovo management , di giorno e di notte, da non curarsi che di dormire al di fuori del lavoro, che se non gli dava o non riceveva sue notizie avrebbe allertato la polizia, un messaggio allarmistico che trasmetteva al figlio Ajay e via e-mail al suo ex staff della Rangmanchfarmhouse. La notte e il sonno poi lo quietavano e lo rassegnavano a tutto, nelle parole con cui si spiegava con Ajay, entro la chiara luce dell’accettazione di qualsiasi loro destino. Prendeva così corpo l’assillo ulteriore che Kailash avesse piuttosto voluto far perdere di sua volontà le sue tracce, a lui come ai suoi famigliari , per crearsi una nuova vita affrancata dalla dipendenza dal suo aiuto e da ogni responsabilità verso altri , in cui fosse grado di provvedere da solo a se stesso . Possibile, la cosa, visto che durante la sua permanenza nel Rangmancfarmhouse non aveva manifestato alcuna nostalgia dei loro cari, intenerendosi in un sorriso solo quando parlavano di Chandu, ijl loro figlio bambino, né chi aveva lasciato in Khajuraho sembrava rimpiangerne cocentemente la mancata presenza. Chandu stesso , quando gliel’ aveva chiesto gli aveva detto che il papà non gli mancava per ora più di tanto, che stava meglio ancor più da solo. Il lavoro nella farmhouse si era rivelato fin dai giorni i ben più duro per Kailash di quello negli Hotel di Khajuraho, erano i giorni di Holi e di fine stagione, prima che la calura estiva diventasse troppo stremante, il sovrafflusso lo obbligava a lavorare ai tavoli per dodici ore al giorno senza tregua, sicché ogni sera lo aveva ritrovato sfinito, con le ossa cervicali dolenti non meno che i piedi, poteva ben cdire ora di sapere che cosa significa lavorare come un masjdur, e vivere come un masjdur in un alloggio di fortuna,, una tafaria, con il tetto in lamiera che surriscaldava di dentro e dappertutto , i mosquitos infestanti, possibili portatori di qualche forma di malaria. Nessun giorno di ferie perché era il primo mese di lavoro , nessun anticipo, nella giungla in cui viveva confinato a svariati chilometri anche da Gurgaon, per strada di notte il rischio di rapine. Ma nell’amico egli aveva sentito una determinazione a perseverare nonostante tutto più forte di ogni contrarietà, sapeva bene, anche alla luce delle esperienze del figlio in Daramsalah e in Goa, e poi in Delhi, che un solo mese di lavoro , stagionale o meno, era solo in perdita, che il salario non avrebbe compensato quanto egli aveva speso il viaggio di andata e il mantenimento di Kailash in attesa dello stipendio, che ad Ajay era stato per due volte posticipato di settimane. Di Ajay gli aveva ricordato quello che a lui aveva detto di quando era stato in Daramsalah, lavorando dal primo mattino fino a tarda notte, che dopo due settimane di lavoro anche tale tirocinio sfinente si fa routine. Ma tanto più quando all’amico erano arrivate le prime avvisaglie che la farmhouse avrebbe temporaneamente chiuso dopo nemmeno un mese che l’aveva assunto, non aveva voluto saperne di fare ritorno in Khajuraho, a differenza di altri suoi compagni di lavoro che sarebbero rientrati nel Bihar o nel Bengala. Nella farmhouse era comunque pagato almeno il doppio, riceveva cibo tre volte al giorno, non pativa che il padrone si facesse vivo alle 5 del mattino per accertare che fosse ancora svegìio nel turno di notte, o mettesse sottochiave anche la farina zero zero atta chiamandolo in causa ad ogni minimo ammanco, il lavoro , certo, era meno faticoso e continuo in Khajuraho, poteva lasciare l hotel per un tè o recarsi a casa o al mercato per un’urgenza, ma vi era comunque tenuto a prestare servizio senza limiti di tempo, anche 18 ore al giorno nel turno di notte, non esistevano straordinari retribuiti, a tutto egli era tenuto, il padrone convocandolo anzitempo quando gli abbisognava, senza farsi scrupolo di chiamarlo insistentemente da casa al telefono rovinandogli il sonno, mentre ogni ora in meno che facesse gli era decurtata da un salario miserabile quale quello attuale del figlio. Piuttosto si sarebbe dato da fare per cercarsi un lavoro in una delle tante dhabas di Gurgaon, od in un hotel o una locanda di Delhi, se i proprietari dell’hotel Namaskar gli avessero trovato un impiego in un albergo o in un ristorante di qualche loro conoscente in Paharganj. Ma l’ulteriore tentativo dell’amico di risollevarsi si stava già rivelando una sua ricaduta in un ulteriore stato servile, con oneri ed afflizione sempre più gravosi per entrambi. Che di papà, come del nostro Livingstone avventuratosi nelle giungle post covid del lavoro in India si fosse perduta notizia, non poteva non farne cenno a Chandu quando gli ritelefonavo, ed era allora il magico bambino che ineffabile, imperturbato, d’incanto ritrovava le tracce del papà scomparso. Disponeva del numero di telefono dio un amico di papà, inoltratosi con lui in cerca di un futuro migliore. E quando lo richiamava il piccolo gli i sapeva dire il nome del nuovo hote cui era finito papà, l hotel Maharaja nientemeno, anch’esso nello stato dell’Haryana. Aveva allora digitato il nome dell’Hotel e le iniziali Roh della città in cui Kailash gli aveva detto che era diretto, ed ecco apparire, in testa alla lista, la combinazione che localizzava papà Kallu in un “ Hotel Maharaja, Rothak” . Il sito dell hotel gli i forniva il numero che provvedevo a digitare all’ istante, ed all’altro capo del telefono una voce femminile gli confermava che di fatto un Kailash Sen di Khajuraho vi era al lavoro, e a chi la lady gli passava al telefono “ I speak with Mr Kallu Kailash Sen, I suppose, sospirava , al che uno “ yees “ per nulla sorpreso, che non tradiva emozioni , gli apriva il cielo e schiariva ogni temporanea nube. Al risentirlo, volle subito sincerarlo che così rintracciandolo non volevo dargli prova della potenza della propria presa sulla sua vita, ma che il portento di ritrovarlo era stato possibile per quanto lo amava ed era la persona che gli era più cara al mondo, sentisse dalla sua viva voce quanto fosse consapevole che lasciando Kajuraho e la sua casa l’amico voleva dare prova a se stesso di quanto fosse capace nell’assicurare finalmente per se e i loro cari i risparmi di mesi e mesi di duro lavoro continuo, e che si rendeva ben conto di come per questo fosse in grado di sostenere l’arduo lavoro di un masjdur per abbrutente che fosse. Per il momento tutto, a quanto gli diceva Kailash e a quanto si prospettava i giorni seguenti sembrava arridere a una sorte migliore del suo amico, l’alloggio era in hotel, non più in un capanno di lamiere roventi pranzo e cena erano assicurati, la retribuzione, di 11.00 rupie, gli sarebbe stata aumentata già il prossimo mese, in ragione dell’anzianità e del rispetto e della stima che si era presto assicurato, provocando le prime gelosie che apparivano solo passeggere,, il lavoro iniziava alle dodici e gli assicurava le mattine libere, al punto che avrebbe vagheggiato in seguito di trasferirsi in Rothak con l intera famiglia, a dispetto di quello che nella pagina in tripdavisor del Maharaja hotel una nota di un cliente aveva dato di che pensare fin da prima che Kailash gli si annunciasse al telefono I visited this hotel in the month of August , as I'm a business man that has visited many 5 and 4 star hotels. The hotel take care of the staff but it can work 12, 13, 14 hours. Please, your hotel is very good but You should think about the staff also Era una prima avvisaglia di ciò che si sarebbe rivelato l hotel alla prova dei fatti, un riciclo continuo di lavoranti che più prima che poi lo abbandonavano tutti perché tradisce ogni aspettativa ed impegno, a seguito di uno o più parties dilungando le ore di lavoro dalle otto del mattini, anzichè le dodici, fino a oltre le due di notte, senza nessuna retribuzione del lavoro straordinario richiesto, anzi, il manager sgridando e lasciando senza breakfast Kailash come si era presentato al lavoro con dieci minuti di ritardo sul far del mattino. Ma andava ancora tutto bene, anche così , Chandu pur se a stento era passato alla settima classe e d era stato felice di mostrargli l’uniforme e i libri scolastici del nuovo anno che aveva acquistato con l’ammontare che gli aveva inviato, ed in capo ad alcuni giorni poteva fargli vedere anche la bi ic letta dai colori fiammanti ed il cambio shimano che grazie a lui aveva potuto acquistare on line pagandola quando l’aveva ricevuta a casa . La mamma stava rifacendosi a sue spese tutti i denti davanti. Ajay non aveva comunque perduto il filo dell istruzione superiore, pur lavorando dieci dodici ore in hotel per racimolare un pò di denaro che eccedesse le spese famigliari, ed era bastato inviargli tremila rupie perché potesse ritirarsi dal lavoro a studiare in vista degli esami, Poorti sapeva che anche per lei era in vista una nuova bicicletta dopo l’esito certo dei suoi di esami. Lui trovava la forza di seguitare comunque a ricercare e a scrivere, pur sapendo che anche solo chiedere di visionare le sole copertine o i soli titoli dèi suoi lavori era una richiesta insensata, che finora nessuno aveva mai minimamente soddisfatto. Eppure quanta amarezza , di cui purificarsi ogni giorno, per l oscurità grama della sua vita intellettuale ed artistica, nulla di nulla che potesse alleviare non già una sua vanagloria oramai insussistente, ma l incertezza dolorosa di non poter garantire un futuro al suo amico e ai ri loro congiunti, di chissà quando mai potesse da loro ritorno. Di recente, con Chandu discorreva dei viaggi che avrebbero potuto fare insieme in India, a un suo ritorno, , insieme con Ajay, Poorti, ed il papà Kallu, che l’ invitava sempre ad amare tanto, ed il suo era< caduto su uno degli stati himalayani,l ’Uttaranchand , e sul luogo di pellegrinaggio di Kedernath, che aveva confuso con Badrinath, ma solo nel nome, sapendo bene che il tempio hindu che il piccolo gli mostrava sullo sfondo innevato di cime himalayane, era al termine del percorso che già da anni aveva in animo di compiere, r da Almora a Kedarnath fiancheggiando il Nanda Devi e la Valle dei fiori. Ma di dentro si era i sentito lancinato da uno strazio dolente, al pensiero che ciò che poteva consentirsi gli anni scorsi era oramai la consolazione, nella luce di Chandu, dei suoi ultimi anni di vita che si stava facendo proibitiva, per le sue infermità e l immiserimento economico che gli cagionavano il sostentamento stesso di Chandu e dei suoi cari in India, in cui doveva differire per tanto o di anno in anno il ritorno, tanto più dopo che l Occidente era entrato in un’ economia di guerra in reazione all’aggressione dell ‘ Ucraina scatenata da Putin, per quanto era stato ridotto a un pariah dal suo rifiuto di ogni sorta di green pass in tempi di epidemia, la sola vista della cui richiesta agli ingressi di ogni locale l’aveva fatto ripiombare nella Germania nazista, e dimagriva e restava al freddo per non finanziare con i suoi consumi energetici la guerra criminale russa , l erosione del suo acconto conto in banca facendosi vertiginosa. E che fare,come poteva essere altrimenti?Non era un calciatore, od un genio della porchetta, era solo un ricercatore di misconosciutissimi templi hindu e uno scrittore di cose artistiche- chiamarle poesie?- , e solo a sue spese poteva pubblicare libri che non fossero e-book a perdersi nelle galassie di internet, acquistandone copie da rifilare o destinare al macero, come aveva scritto alla signora Valeria, la onsulente di una casa editrice che lo aveva consultato per pu blicare a tali condizioni una sua raccolta di poesie Gentile Valeria, non posso accettare neanche rateizzata la vostra proposta. Se è vero che le mie poesie hanno anche solo un’oncia del valore che lei ha attribuito loro, siete voi che dovete rischiare nel pubblicare la mia opera di esordiente, non io di mettere a repentaglio per vanagloria la mia vita solidale con i mie cari in india. Cento copie… l’ unica alternativa al loro invio al macero è di assumermi l onere di distribuirle gratis nelle biblioteche della mia città e dei comuni limitrofi. Ma se neanche i miei famigliari e tantomeno gli “amici” si sono mai anche solo degnati di visionare i soli titoli e le sole copertine dei miei e-books! Ed io dovrei “rifilarglieli ”? Grazie infinitamente , almeno lei, di avermi letto ed apprezzato! Ma andava bene anche così, e poterlo ancora dirlo era la luce del divino .

sabato 25 giugno 2022

Storia di un Giobbe e di un bambino ( in forma di racconto non biografico)

Quel giorno, un lunedì’, al videotelefono egli voleva comunicare a Chandu, il suo bambino indiano d’adozione l’allegria esilirante che risaliva dal suo sconforto, da che la sua vita era diventata una serie ininterrotta di catastrofi domestiche, che erano assurte a riscontro esterno di un deperimento del suo stato fisico e mentale- un’infezione alimentare?-, preannunciate dal fatto che smartphone e tablet fossero finiti nel limbo larvale della perdita di ogni potenzialità energetica. La caduta dell’anta del mobile sotto il lavello aveva fatto precipitare la lastra di marmo che vi si appoggiava sopra sui circuiti dell’acqua e della luce sottostanti provocando perdite d’acqua e salti continui di corrente attivati dal salvavita, che lo obbligavano ad una stremante risistemazione delle prese della corrente perché seguitassero a funzionare almeno il frigorifero e i fornelli elettrici. e non si avariasse il cibo o non restasse sospesa la loro cottura. Poi la caldaia aveva smesso a sua volta di erogare acqua calda, e al rientro a casa,il venerdì sera precedente, la chiave si era bloccata nella serratura e i vigili del fuoco avevano dovuto sforzare la porta perché egli potesse rientrare in appartamento. Si ripetevano così le vicissitudini che lo avevano angustiato ed umiliato per decenni nell’appartamento precedente, di cui una cara vicina di casa , ahimè deceduta , gli aveva detto le ragioni evidenti, quand’egli aveva sospirato che l’appartamento sembrava spiritato “ E che c’è è tutto di vecchio e sta andando in malora.” Ma il proprietario antecedente non voleva farsene una ragione , all’insegna del tutto si ripara e niente si sostituisce, e così inutilmente, ad ogni intervento di controllo, i tecnici annotavano che la caldaia era oramai da sostituire, e solo il suo stato di succube e di pover’uomo aveva consentito che potesse funzionare al minimo per due decenni, avendo egli rinunciato ad usarla di inverno per avere i soldi d’estate per viaggiare e quindi per sostentare dal 2005 la mia famiglia indiana, dal 2011 in poi svernando in India ogni anno. Tant’ è vero che quando nell’imminenza del trasloco, di cui a 67 anni e afflitto da gotta ed artrosi e ipotiroidismo aveva dovuto affrontare con le sole sue forze ogni iinscalotamento ed impacchettamento e disbrigo di scarti e di rifiuti, si era azzardato ad accendere la caldaia per riscaldare gli interni, prima del sopraggiungervi della consulente dell’agenzia immobiliare intermediatrice , l’ impianto aveva cessato istantaneamente di funzionare e si era spento per sempre. Che portasse i pazienza per inverno restante finché a meta febbraio fosse stato libero il nuovo appartamento. Dove con l inizio del lockdown la caldaia ha smesso ugualmente di erogare acqua calda e di riscaldare, e vano e fraudolento si è rivelato l intervento del tecnico che aveva chiamato allora a sue spese, timoroso piuttosto del raffreddamento fin dall’ inizio dei rapporti con il nuovo proprietario che del gelo domestico e degli inconvenienti ai quali la clausura del lockdown lo predisponeva, senza disporre di alcun riscaldamento dell’acqua per lavarsi, o per lavare i panni e le stoviglie. E solo perché era stato giocoforza chiamare il proprietario avendo egli smarrito la chiave del nuovo appartamento nel viavai tra di esso e quello vecchio per non lasciarlo questo in stato indecoroso, che il suo nuovo locatore era venuto a sapere che la caldaia non funzionava e gli aveva inviato un tecnico, che aveva individuato la ragione dell’intoppo nell’ occlusione di una delle due canne dell’ impianto, senza alcuna sua responsabilità di sorta. Da allora, temendo che ogni segnalazione di guasti o incidenti lo compromettesse agli occhi del proprietario, inducendo costui a pensare che alla origine di tutto vi fossero sue inadempienze e la sua inettitudine, a tutto aveva provveduto con i suoi sforzi o a sue spese, fosse il sedile del water che si era sconnesso , l’acqua reflua che tracimava dalla piattaforma della doccia, l’anta della finestra che gli infissi non sorreggevano più, la perdita d’acqua delle condutture o il salto dell’energia elettrica dopo il crollo del mobiletto sotto il lavello, il bruciarsi della lampadina nella plafoniera per lui irraggiungibile della stanza della sua libreria,per giunta la porta sforzata e la caldaia che non irrorava più acqua calda. Così aveva il iniziato per suo conto a provvedere a contattare fabbri ferrai , con la morte nel cuore al dispiacere che i loro preventivi allontanavano ancor più nel tempo la possibilità che potessi affrontare le spese di un suo ritorno in india presso i suoi cari d’adozione, così eludendo la domanda che Chandu gli inoltrava ogni giorno, su quando avesse egli potuto fare ritorno in India, per insegnargli dal vivo le materie di studio ed andare insieme in una piscina d’hotel consumando mango shake, lui con il suo costume intero a righe bianche e blu, che aveva comperato apposta, per quanto vi potesse sembrare un tricheco spiaggiato, o viaggiare per mari e monti e megalopoli e villaggi dell’India, in Mumbay o nell’Uttarkand, eventualmente procurandogli un cane da accudire che allentasse la sua solitudine. Quanto alla caldaia, la sua remissività di soccombente impossibilitato ad altri traslochi, in combutta con la mortificazione della sua dignità per il succedersi di locatori restii al dovuto , aveva già escogitato di chiamare un tecnico per un’ ultima pulizia della caldaia, ed il controllo dei fumi, per poi farla piombare chiudendone l’ utenza, tanto non l’avrebbe mai usata per riscaldare gli interni, primo o poi avrebbe ripreso a tornare in india nella bella stagione invernale, gli bastava l’acqua calda del fornello per lavare le stoviglie, la lavatrice l’avrebbe fatta funzionare tranquillamente a freddo, e per la doccia ne aveva già acquistato in amazon una portatile da campeggio. Ma la porta sfondata non poteva sfuggire alle vista del proprietario, inevitabilmente di passaggio lungo il piazzale di fronte, e la sua telefonata il sabato pomeriggio lo aveva tramortito, benché più che in lagnanze si fosse risolta nell’ invito amichevole a fargli sapere di ogni riparazione che si rendesse necessaria, riservandosi di venire a trovarlo il lunedì seguente. Mio dio, che avrebbe mai detto, allora, vedendo che i mobili non erano discosti dai muri 15 cm come aveva richiesto, e constatando la quantità immane di libri che stipava lo studio o e la libreria. Fortunatamente non aveva dato corso alla sua furia disperata, il venerdì sera, quando aveva scoperto che nella concitazione avevo lasciato all’aperto la bicicletta e che mi era stata rubata nel giro di sole due ore ch’era rimasta incustodita, e avrebbe voluto distruggere con la porta ogni finestra e vetrata, in odio a tutti ed a tutto. Avrebbe così stornato su di essa ogni risentimento che potessi covare per la sordità di fondo della sua famiglia indiana alle sue traversie economiche, per avere dovuto condividere alla pari con sua sorella e suo fratello gli oneri immani dei funerali e della sepoltura di sua madre ricongiungendo alla sua bara le ceneri cremate di suo padre, benché a differenza di loro non avesse una casa ed alcun bene immobile ipotecabile, ma 5 persone da mantenere che erano la ragione della sua vita, sicché per il debito contratto è come se per altri due dovesse seguitare a provvedere a sua madre defunta. Si era giunti ad inviargli il proprio iban per risucchiargli anche quanto gli spettava, una miseria, delle rimanenze del conto corrente di sua madre, come se a nulla avesse diritto o e di nulla gli si dovesse rendere merito, così uccidendola dentro di lui a tutti gli effetti. Il lunedì era quindi sopraggiunto,dopo un suo darsi da fare tutto il sabato sera e la domenica fino a notte fonda per alleviare di ingombri ed aggraziare quanto più gli era possibile gli interni del suo appartamento, ma il proprietario non si era fatto vivo in tutta la giornata, lasciando il da farsi ai suoi emissari, uno dei quali era lo stesso fabbro ferraio che lui stesso gli avevo segnalato, e che già aveva lavorato per il proprietario e per suo padre, così come non aveva dato seguito con una risposta a quanto gli avevo scritto per agevolare il confronto “,Gentile ** La prego di passare domani, lunedì, di pomeriggio, perché essendo ipotiroideo è per me salutare dormire la mattina quanto più a lungo possibile..La ringrazio vivamente della sua disponibilità espressami se necessito di aiuto. Solo che, lo sa quante volte avrei dovuto chiamarla? Non si tratta solo della serratura della porta, o del salva vita che bloccava la corrente, o della caldaia che non funziona, ma ad esempio del mobiletto sotto il lavello passato per 5 inquilini che si è sfasciato creando lo scombussolamento idroelettrico, già risolto, della luce della plafoniera che si è bruciata nella seconda stanza da letto,, della piattaforma della cabina della doccia che rigurgitava acqua di scarico, del sedile del water che ho dovuto cambiare e fare avvitare già ai primi mesi di permanenza, dell’anta della finestra della cucina che si scardina e che prudenzialmente ho sistemato a terra,- tanto per fare solo qualche esempio-, e se tutto questo si accumula in un breve lasso di tempo, come mi è già successo nell’altro appartamento, non è solo o soprattutto per incuria dell’ inquilino, che se segnala le cose teme che gli siano sistematicamente imputate, ma eminentemente del fatto che da parte dei proprietari si tende a voler sempre e solo riparare invece che a sostituire, a fare impeccabile pulizia ed ordine invece che revisionare i circuiti di acqua, luce e gas: a e siccome tutto invecchia si arriva prima o poi allo sfascio cumulativo di tutto. “ Evitava di trasmettergli tale seguito della mail “Della stessa porta fin dal primo mese si svitava il pomello, glielo può testimoniare l’anziano capofamiglia sikh del condominio retrostante, che di sua iniziativa l’ha regolato di viti, mentre il primo tecnico che ho consultato per riparare la serratura mi ha detto che può durare ed è garantita per non più di 13 anni,- ed anche se io fossi stato più tempestivo, avrei dovuto comunque seguitare ad entrare ed uscire fino a che non fosse pervenuto il fantomatico fabbro febbraio, e nel frattempo la serratura avrebbe potuto ugualmente bloccarsi, come è successo.. In che stato poi crede che sarebbe ora la caldaia se per due inverni non l’avessi usata che al minimo del minimo per riscaldare l’appartamento ? Già i primi due mesi, quelli di lockdown , avevo dovuto farne a meno, perché il tecnico che avevo chiamato a mie spese non era risalito, come il secondo, al fatto che una delle due canne era otturata di pietrisco cadutovi non si sa come. E purtroppo venivo da una storia in merito già incresciosa il precedente locatore si è rifiutato per anni e anni, direi quasi un ventennio, di accondiscendere alle prescrizioni dei tecnici della Vaillant di cambiare quanto prima la caldaia, che è rimasta sì in vita fino al novembre 2019, ma solo perché non l utilizzavo per il riscaldamento dell’appartamento , per motivi eco-economici, e perché ho svernato in india dal 2011 al 2019, , tant’è che la prima volta che ho provata ad attivarla sul serio per il riscaldamento dell’appartamento perché era sopraggiunta Sara di Tecnocasa, è collassata e non ha più dato segni di vita,con viva esortazione conseguente del proprietario di sopportare tale stato di cose fini a che nel febbraio 2029 non avessi lasciato l’appartamento. Lo comprende ora meglio il mio tono umorale e il mio ripiegarmi, perché ,già soccombente per carattere e timoroso di ogni soprastante, sono così schivo e remissivo, e le cose preferisco risolverle sena chiamare ed essere chiamato un causa. di nascosto a mie spese?. Tant’è – e qui concludo-che anche una volta che sia stata riparata la attuale caldaia , anziché sostituirla, sono intenzionato a chiudere l ‘utenza del gas, come e quando mi sia concesso di ritrovarmi con i miei cari in India, visto che a doccia e lavaggio di stoviglie ed indumenti posso provvedere da solo. Cordiali saluti *+ Che non fosse venuto e non vi fosse alcuna aria o preventivo di sfratto, era già si gran cosa che egli era esilarante di ebbrezza, e tale stato di esaltazione voleva trasmettere a Chandu, perché lo perdonasse dell ‘insopportazione del giorno prima, quando dopo che con il papà Kallu non c’era stato verso di comunicare perchè non si udiva niente, il suo bambino si era lamentato che la mia immagìne fosse all’ oscuro, inducendolo i a prendere una poltrona in giunchi di vimini e a sistemarsi fuori dell ‘uscio di casa sul far del tramonto domenicale “ Non ne ho abbastanza, Chandu, di problemi? Così si era a lui ripresentato nei toni di voce acuti ed arguti dei vecchietti dei favolosi cinema western d’un tempo, quale l’arzillo anziano azzoppato di Un dollaro di onore, cercando di strappargli quel sorriso che era scomparso i giorni scorsi dal suo sguardo, in concomitanza con un’infezione alla lingua con afte che gli aveva trasmesso il fratello. “ Come un fiore i raggi della luce del sole, My child, my bambino, ha bisogno di ricevere amore e calore”. Ma più seguitava nella sua auto-parodia di vecchio disgraziato, più Chandu lo fronteggiava perplesso nella videochiamata., e tanto più restava freddo quanto più egli si accalorava nei suoi i recitativi. Così volle toccare le corde per le quali l’avevo visto sorridergli l’ultima volta, quando il piccolino gli aveva segnalato che sulla sua tavola comparivano bottiglie di vino, inconciliabili per il bambino indiano con un babbà virtuoso. Ed egli , stando al gioco, aveva spergiurato che non era vino, affatto, la vodka allo zenzero che gli stava davanti. Anche la sua insofferenza del giorno precedente gli diceva di credere che fosse dovuta al fatto che beveva vino, il che non era vero, in realtà, perché in luogo del vino avevo cominciato a bere il triplo di birre. “E tu sai perché noi vecchietti del western abbiamo una voce che strilla così? Perché siamo oramai delle spugne di ciò che beviamo dalla mattina alla sera. E tu sai, bambino, che cosa beviamo? Un drink che comincia con la doppia w, ma che non è water” Il suo bambino che nella sua povertà lieta sapeva tutto dei nababbi del tempo, di Emon Musk , di Bezos, di Soros, di Bill Gates e di Mukesh Ambani, -, ma come egli gli aveva contraddetto, dicendogli di rincalzo che come egli per il suo babbà, anche per lui il suo babbà era la persona più importante della sua vita-, nella sua innocenza analcolica non sapeva niente invece di whisky. Eh, fosse stato invece il suo boy friend mussulmano, allora in Mumbay … “My dear bambino, my dear bambino, my pure flower. Ma io non sono uno di tali vecchietti, è una mia fiction, io faccio solo di tutto perché ridiamo insieme, perché tu abbia fantasy,--- ma tu resti un cielo senza sole… Che cosa non farei per te, è per ridarti la luce che non hai nei tuoi occhi che per te faccio il jokar… Ma tu ora dimmi come mi vuoi…” Io ti voglio come un uomo normale… Un uomo normale? Un babbà che sia “a serious man? Your guru? Un “babbà “ che sia “a grand father” …. “ Toccato dal suo bambino nel fondo dell’anima, non gli restava che farmi ironico, con sobbalzi di voce ghignante di fronte alle sue pretese “A grand father… a serious man, oh my God, E’ questo che vuoi, bambino? Bene, double lesson tomorrow, no more to play with my child, ah, no more” Peccato che l’indomami , a invalidarlo come suo insegnante, uno spruzzo di ammoniaca raggiungesse in un occhio tale sventurato Giobbe, dal flacone che gli era caduto di mano mentre cercava di irrorare il vaso che per lui fungeva da orinale, al sentore di moscerini che vi ronzavano intorno. Sazietà dei suoi giorni, che poi il proprietario gli inviasse un falegname per incardinare di n uovo al suo posto l anta della finestra e un idraulico per impiantare un sedile del water del suo colore e forma originari, controllare gli scarichi di doccia e di vasca, pulire internamente la ventola del ricambio d’aria in camera da letto, lavandone i filtri, al top avesse già ordinato a sue spese una nuova porta blindata con caratteristiche migliori, programmando un piccolo cantiere di un giorno e mezzo per i lavori in muratura.

Una meraviglia

Era una meraviglia, vedere Kailash che in uniforme, nel suo gran bel viso disteso, con lo strofinaccio ad uno ad uno faceva rilucere i bicchieri controllandoli iad uno ad uno in controluce prima di riporli capovolti, tutto compito nella sua dedizione assoluta al compito assolto. “ Poi i piatti”. “They ‘re shining like diamond, Kailash! “Qui ci sono mosche, i miei bicchieri li lavo ad ogni uso, ma guarda Kallu, gli dicevo mostrandogli quello in cui mi stavo dissetando con del te alla pesca, come non mi curo che non siano affatto shining” Il suo rinnovellato cruccio, tra un bicchiere e l’altro, erano gli altri lavoranti invidiosi del suo rango, che volevano scalzarlo come senior e dal prestigio di cui gode. Che in fronte a loro ne parlasse con il manager, gli ripetevo, ma Kailash è mio fratello gemello, ugualmente servile e sofferente di ogni mancato riconoscimento al merito che non sia un omaggio ipocrita alla nostra marginalità reietta. “ E come si dice in italiano “ You can speak “?Come si parla a una signora?” erano gli interrogativi che mi poneva tra un bicchiere e l’altro, come è oramai solito sollecitarmi da più di una settimana, in un fervore per la lingua che è in lui insorto da che una coppia di indiani dell’ Uttar Pradesh ha mortificato la sua fierezza di poter esibire loro il suo inglese a differenza degli altri inservienti che non parlano che l indostano, rilevando quanto fosse imperfetto. “ Se qualche cliente mi dice ancora cose del genere, così posso metterlo a tacere mostrandogli l italiano che so” E dunque quello che non erano valsi a fargli conseguire quindici anni di convivenza ora saltuaria ora prolungata, le lezioni di italiano che tenevo per Ajay e Mohammad e per delle giovani guide di Khajuraho che volevano saperlo parlare con i turisti, per cui non aveva imparato a dire in italiano neanche i numeri dall’uno al dieci, lo sortiva il suo risentimento per quella umiliazione del suo sforzo di elevarsi Ieri egli mi ha telefonato giacendo nell oscurità anche se era ancora pieno giorno, talmente aveva bisogno di dormire durante tutto il tempo di quello che era il suo turno di riposo. Gli era stato concesso avendolo egli richiesto? ’No, di certo, gli era stato imposto senza ricevere emolumenti perché in quel giorno non v’erano parties e non c’era bisogno di lui. “ Più schiavo di così”, tra me pensavo. “Ma lavorare duro è il mio karma, ma più tu lavori” honest and hard, meno ti rispettano” “ Kailash, è inutile che torni a ripetermelo, lo so bene, e tu lo sai che è così anche per me” “ I turisti si affidavano alle agenzie che li fregavano, e nessuno si rivolgeva al nostro bapuculturaltours…” “ Certo, ma io mi riferivo ai miei libri, ai miei e-books. Anche delle ladies indologhe si sono persi i contatti. Ho forse detto qualche cosa di male, per avere ricordato ad una di loro che ci tengo a che delle copie stampate dei miei libri circolino negli istituti dove si studia la civiltà indiana non perché ami il successo, la popolarità, ma perché vi parlo di templi hindu che quasi nessuno conosce , dei quali solo i miei libri offrono le immagini, in ogni dettaglio, e perché andare alla loro ricerca e ritrovarli con te, Ajay Porti , i nostri figli, è stato così bello e così grande?” “ It s right” Ed è la verità che le avevo detto, i guadagni in sé interessandomi solo perché un comune destino di infima miseria non sia riservato a me e ad Kailash ed alla nostra famiglia. Sembra in realtà che i miei interlocutori finiscano sommersi dal disdegno, per le mie parole e repliche nella verità che esprimono, in così vivo contrasto con la disistima che seguitano a riservarmi contro ogni evidenza . Domani avrò da dire a Kailash come in questo mio paese che non è certo per ricercatori e studiosi, anche ciò che do gratis, in offerta, non è ricambiato neanche da parole di rifiuto, come è stato per la mia splendida biblioteca, che invano cerco di destinare con un lascito testamentario al mio nuovo Comune di residenza.” “Hai tutto il mio rispetto, e non sono quello, Kailash, per il tuo lavoro e per ciò che sei. E comunque tornerò in India e continuerò il mio lavoro alla ricerca di templi sconosciuti, ora con Chandu”. Parole che so bene che sono solo un lenitivo. Per vivere come me e lui, diceva Aristotele, bisogna essere una bestia o un dio.

martedì 21 giugno 2022

Storia di un Giobbe e di un bambino

Quel giorno, un lunedì’, volevo comunicare a Chandu l’allegria esilirante che risaliva dal mio sconforto, da che la mia vita era diventata una serie ininterrotta di catastrofi domestiche, che erano assurte a il riscontro esterni di un deperimento del mio stato fisico e mentale- un’infezione alimentare?-, preannunciate dal fatto smartphone e tablet fossero finiti nel limbo larvale della perdita di ogni potenzialità energetica. La caduta dell’anta del mobile sotto il lavello aveva fatto precipitare la lastra di marmo che vi si appoggiava sopra sui circuiti dell’acqua e della luce sottostante provocando perdite d’acqua e salti continui di corrente attivati dal salvavita, che mi obbligavano a una stremante risistemazione delle prese della corrente perché seguitassero a funzionare almeno il frigorifero e i fornelli elettrici. e non si avariasse il cibo o non restasse sospesa la loro cottura. Poi la caldaia aveva smesso a sua volta di erogare acqua calda, e al rientro a casa il venerd^ sera precedente la chiave si rea bloccata nella serratura e i vigili del fuoco avevano dovuto sforzare la porta perché potessi rientrare in appartamento. Si ripetevano così le vicissitudini che mi avevano angustiato e umiliato per decenni nell’appartamento precedente, di cui una cara vicina di casa ,ahimè deceduta ,mi aveva detto le ragioni evidenti, quand’io avevo sospirato che l’appartamento sembrava spiritato “ E che c’è è tutto di vecchio e sta andando in malora.” Ma il proprietario antecedente non voleva farsene una ragione , all’insegna del tutto si ripara e niente si sostituisce, e così inutilmente, ad ogni intervento di controllo, i tecnici annotavano che la caldaia era oramai da sostituire, e solo il mio stato di succube e di pover uomo aveva consentito che potesse funzionare al minimo per due decenni, avendo rinunciato ad usarla di inverno per avere i soldi d’estate per viaggiare e quindi per sostentare dal 2005 la mia famiglia indiana, dal 2011 in poi svernando in India ogni anno. Tant è vero che quando nell imminenza del trasloco mi sono azzardato ad accendere la caldaia per riscaldare gli interni, al sopraggiungere della consulente dell’agenzia immobiliare intermediatrice , l impianto ha cessato istantaneamente di funzionare e si è spento per sempre. Che portassi pazienza per inverno restante finché a meta febbraio fosse stato libero il nuovo appartamento. Dove con l inizio del lockdown la caldaia ha smesso ugualmente di erogare acqua calda e di riscaldare, e vano e fraudolento si è rivelato l intervento del tecnico che ho chiamato allora a mie spese, timoroso piuttosto del raffreddamento fin dall’ inizio dei rapporti con il nuovo proprietario che del gelo domestico e degli inconvenienti ai quali la clausura del lockdown mi predisponeva, senza disporre di alcun riscaldamento dell’acqua per lavarmi, o per lavare i panni e le stoviglie. E solo perché è stato giocoforza chiamare il proprietario avendo io smarrito la chiave del nuovo appartamento nel viavai tra di esso e quello vecchio per non lasciarlo in stato indecoroso, che egli è venuto a sapere che la caldaia non funzionava ed ha inviato un tecnico che ha individuato la ragione dell’intoppo nell’ occlusione di una delle due canne dell’ impianto. Da allora, temendo che ogni segnalazione di guasti o incidenti mi compromettesse agli occhi del proprietario, inducendolo a pensare che alla origine di tutto vi fossero mie inadempienze e la mia inettitudine, a tutto ho provveduto con i miei sforzi o a mie spese, fosse il sedile del water che si era sconnesso , l’acqua reflua che tracimava dalla piattaforma della doccia, l’anta della finestra che gli infissi non sorreggevano più, la perdita d’acqua delle condutture o il salto dell’energia elettrica dopo il crollo del mobiletto sotto il lavello, il bruciarsi della lampadina nella plafoniera per me irraggiungibile della stanza mia libreria,per giunta la porta sforzata e la caldaia che non irrorava più acqua calda. Cos’ avevo iniziato per mio conto a provvedere a contattare fabbri ferrai , con la morte nel cuore al dispiacere che i loro preventivi allontanavano ancor più nel tempo la possibilità che potessi affrontare le spese di un mio ritorno in india, così eludendo la domanda che Chandu mi inoltrava ogni giorno, su quando avessi potuto fare ritorno in India, per insegnargli dal vivo le materie di studio ed andare insieme in una piscina d’hotel consumando mango shake, io con il mio costume intero a righe bianche e blu, che ho comperato apposta, o viaggiare per mari e monti e megalopoli e villaggi dell’India, in Mumbay o nell’Uttarkand, eventualmente procurandogli un cane da accudire che allenti la sua solitudine. Quanto alla caldaia, la mia remissività di soccombente impossibilitato ad altri traslochi, in combutta con la mortificazione della mia dignità per il succedersi di locatari restii al dovuto , aveva già escogitato di chiamare un tecnico per un’ ultima pulizia della caldaia, ed il controllo dei fumi, per poi farla piombare chiudendone l’ utenza, tanto non l’avrei mai usata per riscaldare gli interni, primo o poi avrei ripreso a tornare in india nella bella stagione invernale, mi bastava l’acqua calda del fornello per lavare le stoviglie, la lavatrice l’avrei fatta funzionare tranquillamente a freddo, e per la doccia ne avevo già acquistato in amazon una portatile da campeggio. Ma la porta sfondata non poteva sfuggire alle vista del proprietario inevitabilmente di passaggio lungo il piazzale di fronte, e la sua telefonata il sabato pomeriggio mi aveva tramortito, benché più che in lagnanze si fosse risolta nell’ invito amichevole a fargli sapere di ogni riparazione che si rendesse necessaria, riservandosi di venire a trovarmi il lunedì seguente. Mio dio, che avrebbe mai detto, allora, vedendo che i mobili non erano discosti dai muri 15 cm come aveva richiesto, e constatando la quantità immane di libri che stipava lo studio o e la libreria. Fortunatamente non avevo dato corso alla mia furia disperata, il venerdì sera, quando ho scoperto che nella concitazione avevo lasciato all’aperto la bicicletta e che mi era stata rubata nel giro di sole due ore ch’era rimasta incustodita, e avrei voluto distruggere con la porta ogni finestra e vetrata, in odio a tutti ed a tutto. Avrei così stornato su di essa ogni risentimento che potessi covare per la sordità di fondo della mia famiglia indiana alle mie traversie economiche, per avere dovuto condividere alla pari con mia sorella e mio fratello gli oneri immani dei funerali e della sepoltura di mia madre ricongiungendo alla sua bara le ceneri cremate di mio padre, benché a differenza di loro non abbia una casa ed alcun bene immobile ipotecabile, ma 5 persone da mantenere che sono la ragione della mia vita, sicché per il debito contratto è come se per altri due dovessi seguitare a provvedere a mia madre defunta. Si è giunti ad inviarmi il proprio iban per risucchiarmi anche quanto mi spettava, una miseria, delle rimanenze del conto corrente di mia madre, come se a nulla avessi diritto o e di nulla mi si dovesse rendere merito, così uccidendola dentro di me a tutti gli effetti. Il lunedì era quindi sopraggiunto,dopo un darmi da fare tutto il sabato sera e la domenica fino a notte fonda per alleviare di ingombri ed aggraziare quanto più mi era possibile gli interni del mio appartamento, ma il proprietario non si era fatto vivo in tutta la giornata, lasciando il da farsi ai suoi emissari, uno dei quali era lo stesso fabbro ferraio che io stesso gli avevo segnalato, e che già aveva lavorato per lui e per suo padre, così come non aveva dato seguito con una risposta a quanto gli avevo scritto per agevolare il confronto “,Gentile ** La prego di passare domani, lunedì, di pomeriggio, perché essendo ipotiroideo è per me salutare dormire la mattina quanto più a lungo possibile..La ringrazio vivamente della sua disponibilità espressami se necessito di aiuto. Solo che, lo sa quante volte avrei dovuto chiamarla? Non si tratta solo della serratura della porta, o del salva vita che bloccava la corrente, o della caldaia che non funziona, ma ad esempio del mobiletto sotto il lavello passato per 5 inquilini che si è sfasciato creando lo scombussolamento idroelettrico, già risolto, della luce della plafoniera che si è bruciata nella seconda stanza da letto,, della piattaforma della cabina della doccia che rigurgitava acqua di scarico, del sedile del water che ho dovuto cambiare e fare avvitare già ai primi mesi di permanenza, dell’anta della finestra della cucina che si scardina e che prudenzialmente ho sistemato a terra,- tanto per fare solo qualche esempio-, e se tutto questo si accumula in un breve lasso di tempo, come mi è già successo nell’altro appartamento, non è solo o soprattutto per incuria dell’ inquilino, che se segnala le cose teme che gli siano sistematicamente imputate, ma eminentemente del fatto che da parte dei proprietari si tende a voler sempre e solo riparare invece che a sostituire, a fare impeccabile pulizia ed ordine invece che revisionare i circuiti di acqua, luce e gas: a e siccome tutto invecchia si arriva prima o poi allo sfascio cumulativo di tutto. “ Evitavo di trasmettergli tale seguito della mail “Della stessa porta fin dal primo mese si svitava il pomello, glielo può testimoniare l’anziano capofamiglia sik del condominio retrostante, che di sua iniziativa l’ha regolato di viti, mentre il primo tecnico che ho consultato per riparare la serratura mi ha detto che può durare ed è garantita per non più di 13 anni,- ed anche se io fossi stato più tempestivo, avrei dovuto comunque seguitare ad entrare ed uscire fino a che non fosse pervenuto il fantomatico fabbro febbraio, e nel frattempo la serratura avrebbe potuto ugualmente bloccarsi, come è successo.. In che stato poi crede che sarebbe ora la caldaia se per due inverni non l’avessi usata che al minimo del minimo per riscaldare l’appartamento ? Già i primi due mesi, quelli di lockdown , avevo dovuto farne a meno, perché il tecnico che avevo chiamato a mie spese non era risalito, come il secondo, al fatto che una delle due canne era otturata di pietrisco cadutovi non si sa come. E purtroppo venivo da una storia in merito già incresciosa il precedente locatore si è rifiutato per anni e anni, direi quasi un ventennio, di accondiscendere alle prescrizioni dei tecnici della Vaillant di cambiare quanto prima la caldaia, che è rimasta sì in vita fino al novembre 2019, ma solo perché non l utilizzavo per il riscaldamento dell’appartamento , per motivi eco-economici, e perché ho svernato in india dal 2011 al 2019, , tant’è che la prima volta che ho provata ad attivarla sul serio per il riscaldamento dell’appartamento perché era sopraggiunta Sara di Tecnocasa, è collassata e non ha più dato segni di vita,con viva esortazione conseguente del proprietario di sopportare tale stato di cose fini a che nel febbraio 2029 non avessi lasciato l’appartamento. Lo comprende ora meglio il mio tono umorale e il mio ripiegarmi, perché ,già soccombente per carattere e timoroso di ogni soprastante, sono così schivo e remissivo, e le cose preferisco risolverle sena chiamare ed essere chiamato un causa. di nascosto a mie spese?. Tant’è – e qui concludo-che anche una volta che sia stata riparata la attuale caldaia , anziché sostituirla, sono intenzionato a chiudere l ‘utenza del gas, come e quando mi sia concesso di ritrovarmi con i miei cari in India, visto che a doccia e lavaggio di stoviglie ed indumenti posso provvedere da solo. Cordiali saluti Odorico Bergamaschi Che non fosse venuto e non vi fosse alcuna aria o preventivo di sfratto, era già si gran cosa che ero esilarante di ebbrezza, e tale stato di esaltazione volevo trasmettere a Chandu, perché mi perdonasse e dell ‘insopportazione che gli avevo manifestato il giorno prima, quando dopo che con papa Kallu non c’era stato verso di comunicare perchè non si udiva niente, il mio bambino si era lamentato che la mia immagìne fosse all’ oscuro, inducendomi a prendere una poltrona in giunchi di vimini e a sistemarmi fuori dell ‘uscio di casa sul far del tramonto domenicale “ Non ne ho abbastanza Chandu, di problemi? Così mi sono a lui ripresentato nei toni di voce acuti ed arguti dei vecchietti dei favolosi cinema western d’un tempo, quale l’arzillo anziano azzoppato di Un dollaro di onore, cercando di strappargli quel sorriso che era scomparso i giorni scorsi dal suo sguardo, in concomitanza con un’infezione alla lingua con afte alla bocca che gli aveva trasmesso il fratello. “ Come un fiore i raggi della luce del sole, My child, my bambino, ha bisogno di ricevere amore e calore”. Ma più seguitavo nella mia auto-parodia di vecchio disgraziato, più Chandu mi fronteggiava perplesso nella videochiamata., e tanto più restava freddo quanto più mi accaloravo nei miei recitativi. Così ho voluto toccare le corde per il quale l’avevo visto sorridermi l ultima volta, quando mi aveva segnalato che sulla mia tavola comparivano bottiglie di vino, inconciliabili per il mio bambino indiano con un babbà virtuoso. Ed io, stando al gioco, spergiuravo che non era vino, affatto, la vodka allo zenzero che mi stava davanti. Anche la mia insofferenza del giorno precedente mi diceva di credere che fosse dovuta al fatto che bevevo vino, il che non era vero, in realtà, perché in luogo del vino avevo cominciato a bere il triplo di birre. “E tu sai perché noi vecchietti del western abbiamo una voce che strilla così? Perché siamo oramai delle spugne di ciò che beviamo dalla mattina alla sera. E tu sai, bambino, che cosa beviamo? Un drink che comincia con la doppia w , ma che non è water” Il mio bambino che nella sua povertà lieta sa tutto di Emon Musk , di Bezos, di Soros, di Bill Gates e di Mukesh Ambani, -, ma come lui per me, dicendomi di rincalzo che ero io per lui la persona più importante della sua vita-, nella sua innocenza analcolica non sapeva niente di whisky. Eh, fosse stato invece Mohammad … “My dear bambino, my dear bambino, my pure flower. Ma io non sono uno di tali vecchietti, è una mia fiction, io faccio solo di tutto perché ridiamo insieme, perché tu abbia fantasy, ma tu resti un cielo senza sole… Che cosa non farei per te, è per ridarti la luce che non hai nei tuoi occhi che per te faccio il jokar… Ma tu ora dimmi come mi vuoi…” Io ti voglio come un uomo normale… Un uomo normale? Un babbà che sia “a serious man? Your guru? Un “babbà “ che sia “a grand father” …. “ Toccato dal mio bambino nel fondo dell’anima, non mi restava che farmi ironico con sobbalzi di voce di fronte alle sue pretese “A grand father… a serious man, oh my God, E questo che vuoi, bambino? Bene, double lesson tomorrow, no more to play with my child, ah, no more” Peccato che l’indomami , a invalidarmi come suo insegnante, uno spruzzo di ammoniaca raggiungesse in un occhio questo sventurato Giobbe, dal flacone che mi era caduto di mano mentre cercavo di irrorarne il vaso che funge da orinale, al sentore di moscerini che vi ronzavano intorno.

domenica 12 giugno 2022

Sul Museo arecheologico Nazionale di Mantova

Signor Direttore, Davvero preziosa e deliziosa si è rivelata l’estate scorsa la mostra La città nascosta , archeologia urbana a Mantova, allestita nel museo archeologico nazionale della città. Preziosa perché ci permette di retrodatare alla fine dell’età del bronzo i primi insediamenti nell’area della città, tra il Gradaro e Porto Catena, e per come ci attesta ancora una volta che la costruzione della città del futuro porta alla riscoperta della città del passato,; deliziosa in quanto ci ha riportato alla luce tutta l’accidentalità dell’ operare umano, vuoi per l’ impronta lasciata da un cane nell’ argilla di un mattone, vuoi per il solo scarto deformato dal calore che si è preservato di innumerevoli vasi, vuoi per gli oggetti strumentali che si sono conservati in luogo del prodotto finale, quali fusaiole e rocchetti e pesi per telai, o anelli distanziatori di vasi durante la loro cottura. Gli insediamenti della tarda età del bronzo furono preesistenti a quello etrusco del Forcello, fungendo presumibilmente poi da attrattori della sua popolazione per la posizione più protetta che offrivano, quando il sito del Forcello verso la fine del IV secolo a.C sarebbe risultato troppo esposto alle incursioni dei Galli Cenomani. I reperti ritrovati in città nel periodo immediatamente seguente sono tali e quali quelli che venivano esportati dall’Attica nel Forcello,- vasi skipoi o kantaroi –, ed infatti sono Etruschi i nomi graffiti sulla loro superficie, Ma da questo punto in poi tutto resta controverso e discutibilissimo di discorsi e percorsi espositivi del Museo archeologico , per quella che è la sventurata torsione Mantua-centrica assunta dall’intera raccolta museale con il suo ampliamento. Contro tutto ciò che Virgilio è stato e che ci ha trasmesso di mitico-storico nell’Eneide e in Bucoliche e Georgiche, egli eclissato in una citazione soltanto dei pannelli, gli Etruschi anziché figurare come il ceppo etnico persistente e che con Veneti e Galli cenomani era predominante nella Mantova colonizzata da Roma, vengono relegati a nomenclatura di una sua fase oltrepassata, e tutto è ricondotto a una fantomatica Mantua Romana che avrebbe azzerato Etruschi e Mantua etrusca, ogni pluralità originaria, ad un suo prima ed a un suo poi quale termine massimo di riferimento, quando Mantua era allora romana come era austriaca sotto gli Absburgo , o come è cinese il Tibet. Il tutto riconducendo nell’alveo di un improvvido municipalismo identitario un Museo nazionale che era e doveva restare un meraviglioso museo del territorio, il che si è tradotto in un annessionismo grottesco dei reperti provinciali , ridotti ad essere pur sempre e unicamente Mantova fuori di Mantova, come se non conclamassero, nella loro qualità superiore , quanto la vita in villa fosse più altolocata di quella della parva Mantua. Si tratta di un tristissimo lascito dell’ epoca del combinato disposto Franceschini- Palazzi- Assmann , ai tempi della direzione del Museo dell’illacrimata Signora Nicoletta Giordani , cui forse intese proclamarsi estraneo Stefano l Occaso, quando nel catalogo del “ rigenerato Museo” si dichiarò responsabile solo della ricollocazione dei reperti. Ad egli va dunque il mio accorato appello a che il Museo di Mantova sia riattivato come un hub archeologico territoriale, a che diventi un centro che con l’ interscambio e l’esposizione ed il deposito anche solo temporanei di reperti non altrimenti visualizzabili o che rimarrebbero inesposti, perché di valore nazionale, quali quelli, innanzitutto, del Forcello, dei siti di Bande e di Tosina, o dell’Oltrepò, in dibattiti e in atti di convegni consenta di raffrontare e di integrare in sintesi d’insieme, unificatrici, , le ricerche e le scoperte dei ritrova menti dei nostri archeologi sull‘intero territorio provinciale, per riavviarle con rinnovato e più fecondo slancio. Con tutta la passione e il duro rigore che l’archeologia sa suscitare e che richiede, nei suoi tempi ora esaltanti ora quanto mai grami od estenuanti. Odorico Bergamaschi

La traslazione delle raccolte civiche archeologiche di Mantova

Sotto traccia, in modi privatistici, quasi che si trattasse di spostare l’ arredamento dall’una all’altra delle proprie tenute, e fosse in ballo solo il lucro turistico delle casse comunali, sta avvenendo in incognito la traslazione al palazzo Museo di San Sebastiano delle raccolte civiche archeologiche di Palazzo Te, ossia del Museo Egizio Acerbi e di quello Mesopotamico Sissa, non che di quello dei pesi e delle misure gonzagheschi, Nessun coinvolgimento nella cosa di istituti e fondazioni culturali cittadine, tanto meno delle scuole, di studiosi ed insegnanti locali o non; il tutto delegato con affidamento diretto ad una Arteria srl-Museum and Exibition Service di quel di Cernusco sul Naviglio. Il che è più che mai un vulnus inflitto alla funzione civica ed educativa del nostro patrimonio artistico e culturale, dato che i più diretti interessati delle collezioni Egizia e Mesopotamica sono le scuole di Mantova e Provincia, alla fruizione formativa dei cui allievi in ragione dei programmi di storia e di arti figurative esse si prestano meravigliosamente. Con la solita iattanza e sicumera, la stessa per la quale si credeva illusoriamente quanto al Parco del Te del Signore degli Anelli di potere fare impunemente strame del progetto Unesco antecedente, l’autocrazia comunale mantovana ha pensato bene di fare tabula rasa anche quanto alle raccolte civiche di ogni esperienza ed acquisizione pregressa, di tutto ciò che per le scuole tali raccolte rappresentano e di tutto ciò che per le scuole e dalle scuole è stato prodotto relativamente ad esse; e mi riferisco alle schede guida approntate a suo tempo dall’editoria e dagli studiosi ed educatori locali per il museo Egizio, od alla catalogazione della raccolta Sissa effettuata a suo tempo dagli studenti dell’ Itis con la supervisione della cara collega Emanuela Lorenzi. Come se ciò non bastasse, a tale sconcio si aggiunge quello della destinazione prescelta, un intero piano di un Museo che altrimenti è in tutto e per tutto un museo della Città, in cui è dunque congrua la presenza della raccolta di misure e pesi gonzagheschi, ma con il quale non c’entrano un bel niente la raccolta Egizia e quella Mesopotamica, messe li come mero riempitivo attrattivo della dilettantesca presunzione turistica di potere ammirare di tutto al galoppo senza alcuna preparazione specifica, quasi che si nascesse imparati per poter comprendere all’istante le più disparate forme di rappresentazione della realtà, siano esse simboliche o naturalistiche. ammucchiando quanti più reperti siano accozzabili insieme come civette di richiamo. Il tutto mentre restano nei sotterranei sansebastianei tutti quanti i reperti del Museo del Risorgimento e della Resistenza- altro che Museo diffuso in condivisione- e a loro volta quelli dell’epoca di Leon Battista Alberti che dovrebbero cedere il posto a quelli egizi e mesopotamici, e che si vogliono trasferire nel tempio di San Sebastiano - cosa buona in sé, in piena consonanza con la destinazione anche della Casa del Mantegna all’ opera del suo artefice, secondo le intenzioni della nuova maggioranza che governa e la Provincia. – tali cimeli dell’epoca dell’Alberti non vi troveranno compresenti per un ampliamento del discorso a più vasto raggio i modelli lignei degli edifici albertiani che sono il lascito didattico della mostra del 1994, giacché sono diventati mera decoration di una salettina di transito del Politecnico. A renderci ulteriore testimonianza del conto in cui la giunta attuale tiene l’operato dei suoi predecessori, quale che sia l’ambito di riferimento. Odorico Bergamaschi

Un mio lungo scritto-racconto personale

“Dalla tarda notte di mercoledi scorso, oramai cinque giorni or sono, quando Kailash mi aveva chiamato di sua iniziativa per dirmi che stava lasciando la Rangmanch farmhouse per un ‘ulteriore hotel o ristorante in cui gli avevano trovato un lavoro, erano passati già due giorni e non avevo più notizie o tracce di lui. Né lui mi aveva più contattato né era stato possibile rintracciarlo in alcun modo, né da parte mia né dei nostri cari né con una videochiamata né con alcun messaggio sms. Era così rimasta inevasa la mia richiesta di inoltrarmi per iscritto i il nome della località ove si stava trasferendo, di cui sapevo solo che era in Haryana, a tre ore di distanza in autobus da Gurgaon, e che le sue prime tre lettere erano R come Rajasthan, O come Orissa, H come la doppia iniziale di Hotel Harmony ,dato il mio disastrato spelling in inglese, e l’urgenza del mio amico di ritrovare nell’ immediato un altro pò di sonno prima di ripartire in autobus. Supponendo che si trattasse di un’altra farmhouse, nel riquadro del motore di ricerca avevo inserito le parola Farmhouse e Rho, e ne erano sortite due destinazioni possibili dell’amico nel distretto di Gurgaon, Rohai e Rohrai, due villaggi o cittadine rurali tradizionali. Ma ho atteso senza risposte dall’amico conferma, un primo giorno, un secondo, al che ho iniziato ad allarmarmi che le aspettassi invano. Com’ era possibile che non fosse stato animato dall ìntento di suoi primi approcci e le sue impressioni quanto alla sua nuova esperienza ed al suo nuovo luogo di lavoro? Dall apprensione all’ angoscia il decorso è stato fulmineo, il tempo di rifletterci ancora e di vedere il mio amico già coinvolto in una tratta schiavista, in un incidente d’autobus , di darlo morto e perduto per sempre. Così le parole che inserivo nel riquadro del browser diventavano Rohai Rohrai e accident, e di fatto mi si dava informazione di un autobus che in uno dei due villaggi vi era stato coinvolto, ma si trattava di un pullmino scolastico e di 7 bambini rimasti solo lievemente feriti, ”injured”. Sortivo così l’ idea di avvisare Kailash, sempre che fosse stato ancora vivo ma già giorno e notte asservito a tal punto dal nuovo management da non curarsi che di dormire al di fuori del lavoro, che se non mi dava o non ricevevo sue notizie avrei allertato la polizia, un messaggio allarmistico che trasmettevo al figlio Ajay e via e-mail al suo ex staff della Rangmanchfarmhouse. La notte ed il sonno poi mi quietavano e mi rassegnavano a tutto, nelle parole con cui mi spiegavo con Ajay per la mia sortita, entro la chiara luce dell’accettazione di qualsiasi nostro destino. Prendeva cos’ corpo l assillo ulteriore che Kailash avesse piuttosto voluto far perdere di sua volontà le sue tracce, a me come ai suoi famigliari , per crearsi una nuova vita affrancata dalla dipendenza dal mio aiuto e da ogni responsabilità ed ingratitudine, in cui fosse pur tuttavia in grado di provvedere da solo a se stesso. Possibile, la cosa, visto che durante la sua permanenza nel Rangmanchouse non aveva manifestato alcuna nostalgia dei nostri cari, intenerendosi in un sorriso solo quando parlavamo di Chandu, ne chi aveva lasciato in Khajuraho sembrava rimpiangerne cocentemente la mancata presenza. Chandu stesso, quando gliel’ ho chiesto, mi ha detto che il papà per ora non gli mancava più di tanto, che stava meglio ancor più da solo. Il lavoro nella farmhouse si era rivelato fin dai giorni i ben più duro per Kailash di quello negli Hotel di Khajuraho, erano i giorni di Holi e di fine stagione, prima che la calura estiva diventasse troppo stremante, il sovrafflusso lo obbligava a lavorare ai tavoli per dodici ore al giorno senza tregua, sicché ogni sera l’ho ritrovato sfinito, con le ossa cervicali dolenti non meno che i piedi, che poteva ribadirmi ora di sapere che cosa significhi lavorare come un masjdur, e vivere come un masjdur in un alloggio di fortuna, una tafaria, con il tetto in lamiera che surriscaldava di dentro e dappertutto i mosquitos infestanti, possibili portatori di qualche forma di malaria. Nessun giorno di ferie perché era il primo mese di lavoro , nessun anticipo, nella giungla in cui era confinato distante chilometri anche da Gurgaon, per strada di notte il rischio di rapine. Ma sentivo in lui una determinazione più forte di ogni contrarietà, a perseverare nonostante tutto nel suo nuovo destino, sapeva bene, anche alla luce delle esperienze del figlio in Daramsalah e in Goa, e poi in Delhi, che un solo mese di lavoro , stagionale o meno, era solo in perdita, che il salario non avrebbe compensato quanto avevo speso per il suo viaggio di andata e di quello di ritorno ed il suo mantenimento in attesa dello stipendio, che ad Ajay era stato per due volte posticipato di settimane. Di Ajay gli avevo ricordato quello che mi aveva detto di quando era stato in Daramsalah, lavorando dal primo mattino fino a tarda notte, che dopo due settimane di lavoro anche tale tirocinio sfinente si farebbe routine. Ma tanto più quando gli sono arrivate le prime avvisaglie che la farmhouse avrebbe chiuso temporaneamente dopo nemmeno un mese che era stato assunto, non ha voluto saperne di fare ritorno in Khajuraho, a differenza di altri suoi compagni di lavoro che sarebbero rientrati nel BIhar o nel Bengala. Nella farmhouse era comunque pagato almeno il doppio che nella sua Khajuraho, riceveva il cibo tre volte al giorno, non pativa che il padrone si facesse vivo alle 5 del mattino per accertare che fosse ancora già sveglio nel turno di notte, o mettesse sottochiave anche la farina chiamandolo in causa ad ogni minimo ammanco, il lavoro vi era meno faticoso e continuo, poteva lasciare l hotel per un tè o recarsi a casa o al mercato, ma era comunque tenuto a prestare servizio senza limiti di tempo, anche 18 ore, quando doveva accorrere di giorno per il turno di notte, non esistevano straordinari retribuiti, a tutto egli era tenuto, il padrone convocandolo anzitempo ogni volta che gli gli abbisognava , senza farsi scrupoli nel ri chiamarlo al telefono insistentemente da casa , mentre ogni ora in meno che facesse gli era decurtato da un salario miserabile quale quello attuale del figlio. Piuttosto si sarebbe dato da fare per cercarsi un lavoro in una delle tante dhaba di Gurgaon, od in Delhi, se i proprietari dell’hotel Namaskar gli avessero trovato un impiego in un hotel o in un ristorante di qualche loro conoscente in Paharganj. Ma l’ulteriore tentativo dell’amico di risollevarsi si stava già rivelando una sua ricaduta in un ulteriore stato servile, con oneri ed afflizione sempre più gravosi per entrambi Che di papà si fosse perduta notizia come del nostro Livingstone avventuratosi nelle giungle post covid del lavoro in India, non potevo non farne cenno il Venerdi pomeriggio a Chandu , quando gli ritelefonavo, ed era il magico bambino che ineffabile, imperturbato, d’incanto ritrovava le tracce del papà scomparso. Disponeva del numero di telefono di un amico di papà, inoltratosi con papà in cerca di un futuro migliore. E quando lo richiamava mi sapeva direi n capo a qualche minuto il nome del nuovo hotel in cui era finito papà, l hotel Maharaja, nientemeno, anch’esso nello stato dell’Haryana. Ho allora digitato il nome dell’ Hotel e le iniziali Roh della città in cui Kailash mi ha detto che era diretto, ed ecco apparire in testa alla lista del browser la combinazione che localizzava papà Kallu in un * “ Hotel Maharaja di Rothak” . Il sito dell’hotel me ne forniva il numero di telefono che provvedevo a digitare all istante ed all’altro capo una voce femminile mi confermava che di fatto un Kailash Sen di Khajuraho vi era al lavoro, e a chi mi passava al telefono “ I speak with Mrs Kallu Kailash Sen, I suppose”sospiravo,, al che uno “ yees “ per nulla sorpreso che non tradiva emozioni mi apriva il cielo e schiariva ogni temporanea nube. Quando l ho così risentito, l ho sincerato che così rintracciandolo non volevo dargli prova della potenza della mia presa sulla sua vita, ma che il portento di ritrovarlo era stato possibile per quanto lo amo ed è la persona che mi è più cara al mondo, sentisse dalla mia viva voce quanto fossi consapevole che lasciando Kajuraho e la sua casa voleva dare prova a se stesso di quanto fosse capace nell’ assicurare finalmente per se e i nostri cari i risparmi di mesi e mesi di duro lavoro continuo, e che mi rendevo ben conto di come per questo fosse in grado di sostenere il duro lavoro di un masjdur, per abbrutente che fosse.” Poi, Nei mesi a venire Per il momento tutto, a quanto mi diceva Kailash e a quanto si prospettava i giorni seguenti sembrava arridere a una sorte migliore del mio amico in Rotak , l’alloggio era in hotel, non più in un capanno di lamiere roventi, pranzo e cena erano assicurati, la retribuzione, di 11.000 rupie, in ragione dell’anzianità e del rispetto e deflla stima che si era già assicurato, provocando inevitabili gelosie solo passeggere, gli sarebbe stata aumentata già il prossimo mese, il lavoro iniziava alle dodici e gli assicurava le mattine libere, al punto che la settimana scorsa prefigurava di trasferirsi in Rothak con l intera famiglia, a dispetto di quello che nella pagina in tripdavisor del Maharaja hotel una nota di un cliente mi aveva dato di che pensare fin da prima che Kailash mi si annunciasse al telefono. I visited this hotel in the month of August nAnd as I'm a business man that has visited many 5 and 4 star hotels. The hotel take care of the staff but it can work 12 13 14 hours shift This hotel is very good but HE should think about the staff also.Plz have a look on this Era una prima avvisaglia di ciò che si è sarebbe rivelato l hotel alla prova dei fatti, un riciclo continuo di lavoranti che più prima che poi lo abbandonano tutti perché tradisce ogni aspettativa ed impegno, a seguito di uno o più parties dilungando le ore di lavoro dalle otto del mattini, anziché le dodici, fino a oltre le due di notte, senza nessuna retribuzione del lavoro straordinario richiesto, anzi, sgridando e lasciando senza breakfast Kailash come si è presentato al lavoro con dieci minuti di ritardo sul far del mattino. Ma andava e va ancora tutto bene, anche così , Chandu pur se a stento era passato alla settima classe e d era stato felice di mostrarmi l’uniforme e i libri scolastici del nuovo anno che aveva comperato con l’ammontare che gli avevo inviato, ed in capo ad alcuni giorni poteva mostrarmi anche la bicic letta dai colori fiammanti ed il cambio shimano che grazie a me aveva potuto acquistare con l e-commerce pagandola quando l’aveva ricevuta a casa . La mamma stava rifacendosi i i a mie spese tutti i denti davanti. Ajay non ha comunque perduto il filo dell istruzione superiore, pur lavorando dieci dodici ore in hotel per racimolare un pò di denaro che ecceda le spese famigliari, ed è bastato inviargli tremila rupie perché possa ritirarsi dal lavoro a studiare in vista degli esami, Poortr sa che anche per lei è in vista una nuova bicicletta dopo l esito certo dei suoi di esami. Io seguito comunque a pensare e leggere e a scrivere e a scrivere, sapendo che anche solo chiedere di visionare le sole copertine o i soli titoli dèi miei una richiesta insensata, che finora nessuno ha mai minimamente soddisfatto. Eppure quanta amarezza per l oscurità grama della mia vita intellettuale ed artistica, nulla di nulla che possa alleviare non già una mia vanagloria oramai insussistente, ma l incertezza dolorosa di non poter garantire un futuro al mio amico e ai nostri cari congiunti, di chissà quando mai possa fare da loro ritorno. La settimana scorsa ( Ieri, o l’altro ieri, già non ricordo più bene, l’altro ieri, il 5 aprile ora ne sono certo), con Chandu discorrevo dei viaggi che potremmo fare insieme in India, al mio ritorno, , con Ajay, Poorti, ed il papà Kallu, che l’ invito sempre ad amare tanto, ed il suo interesse è caduto su uno degli stati himalayani, sull’Uttaranchand e su Kedernath, che io ho confuso con Badrinath, ma solo nel nome, sapendo bene che il tempio hindu che mi mostrava sullo sfondo innevato di cime himalayane era al termine del percorso che già da anni ho in animo di compiere, risalendo da Almora a Kedarnath fiancheggiando il Nanda devi e la Valle dei fiori. Ma di dentro mi sentivo lancinato da uno strazio dolente, al pensiero che ciò che potevo consentirmi gli anni scorsi ora è nella luce di Chandu la consolazione dei mie ultimi anni di vita che si sta facendo proibitiva, per le mie infermità e l immiserimento economico che mi cagiona il sostentamento stesso di Chandu e dei miei cari in India, in cui devo differire per questo di anno in anno il ritorno, tanto più dopo che siamo entrati in un economia di guerra in reazione all’’aggressione dell Ucraina scatenata Putin, per quanto sia stato ridotto a un pariah dal mio rifiuto di ogni sorta di green pass la cui sola vista agli ingressi di ogni locale mi ha fatto ripiombare nella Germania nazista, e dimagrisca e sia sempre al freddo per non finanziare con i miei consumi energetici la guerra criminale russa , l erosione del mio conto in banca si fa vertiginosa. E che fare,come può essere altrimenti?Non sono un calciatore, od un genio della porchetta, sono solo uno storico d’arte od un artista , e solo a mie spese potrei pubblicare libri che non siano e-book che si perdono nelle galassie di internet, , acquistandone copie da rifilare o destinare al macero, come ho scritto alla signora Valeria, consulente di una casa editrice che mi aveva contattato a sue spese, Gentile Valeria, non posso accettare neanche rateizzata la vostra proposta. Se è vero che le mie poesie hanno anche solo un’oncia del valore che lei ha attribuito loro, siete voi che dovete rischiare nel pubblicare la mia opera di esordiente, non io di mettere a repentaglio per vanagloria la mia vita solidale con i mie cari in india, Cento copie… l unica alternativa al loro invio al macero è di assumermi l onere di distribuirle gratis nelle biblioteche di Mantova e dei comuni limitrofi. Ma se neanche i miei famigliari e tantomeno gli “amici” si sono mai anche solo degnati di visionare i soli titoli e le sole copertine dei miei e-books! Ed io dovrei “rifilarglieli ”? Grazie infinitamente , almeno lei, di avermi letto ed apprezzato! Odorico Bergamaschi Ma va bene anche così, e potere ancora dirlo è la luce del divino .

mercoledì 23 marzo 2022

SUL CONFLITTO RUSSO UCRAINO

Or dunque, che cosa chiedono, in realtà, coloro che in nome delle pace e delle sole trattative rifiutano che si aiuti la resistenza ucraina contro l’aggressione della Russia di Putin ? Che l’ Ucraina si arrenda ad ogni costo all’invasore e che la pace sia comunque assicurata alle condizioni che costui impone? Penso che di fatto sia questo che chiede il no “all’ inutile strage”, ora come ai tempi della conferenza di Monaco con Hitler . La guerra basta uno solo a volerla, mentre gli accordi di pace richiedono l'intesa di tutti i contendenti, e i soli accordi che Putin sottoscriverebbe sono quelli che prevedono la fine della Ucraina come Stato indipendente, libero di scegliere un proprio destino che non sia quello della Madre Russia quale sua piccola madre, la Rus, in una sorta di atroce matrioska pan-russa, come il Kosovo per la Serbia, la terra dei Patriarchi per il sionismo, il Pakistan quale terra dei puri che inglobi tutti gli islamici indiani . Poi si vedrà, prima la Transnistria, poi la Moldavia, chissà, fino a Berlino… Per tali uomini di pace il proprio quieto e sereno vivere val bene la pacificazione cecena e la pacificazione siriana, ne sia pure il prezzo per Kiev, ed Odessa, la sorte già toccata a Groznyj e ad Aleppo. Bei compagni di strada, questi pacificatori, per chi è persona Lgbt. Non sono solo popoli fantoccio quelli dell’ Est Europa entrati a suo tempo nella Nato, gli ultimi limitrofi alla Russia nel lontano 2004, e che ora intendono più che mai restarci, dopo quanto Putin ha già scatenato nel 2008 contro la Georgia e sulla stessa falsa riga ora contro l’ Ucraina Si allarghi pure lo sguardo oltre l’‘Ucraina a tutti i conflitti che ci sono sulla faccia della terra, ma non per distogliere la vista dall’orrore delle rovine di Mariupol, di Tarpin, di Mikolaiv, come fossero fake news, e per sostituire sui banchi degli imputati Putin con la consueta Nato e con i soliti Usa guerrafondai, quali causa unica di ogni male nel mondo, , e si guardi a ciò che ha causato sia il loro interventismo che il loro e nostro disimpegno , come la riconsegna dell'Afghanistan ai talebani, che lascia ora senza istruzione superiore tutte le giovani afghane dopo il loro bando odierno dalle scuole, Si abbia cara la sorte reale dei popoli e delle vittime che soffrono, invece che quella pertinace dei propri “astratti furori ideologici”, o della propria anima bella pacifista , che non resistendo al male è comunque complice e connivente con il disordine del mondo Si dia evangelicamente a Cesare quel che è di Cesare, invece, e non si porga al nemico pubblico, all’hostis, la guancia che va sublimemente riservata solo all’inimicus personale.. Si invoca la Costituzione per negare ogni aiuto anche in armamenti alla resistenza ucraina, ma la nostra Carta costituzionale ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli, vieta di ricorrere alla guerra se è di conquista, o se si intende risolvere con essa una controversia internazionale in cui non si sia già scesi sul piede di guerra, non già se l’intervento bellico è in propria difesa o di chi è stato aggredito da chi è già passato al ricorso alle armi. Altrimenti è un controsenso fondare la Costituzione sull’antifascismo e sull’antinazismo della nostra Resistenza. Non è auspicabile alcuna pace e serenità che sia assicurata dal torto e dall’ingiustizia. Meglio continuare a soffrire ed a patire tutto il tormento che costa fino all’ultimo giorno di vita non cedere su questo. Odorico Bergamaschi

GULBADAN

GULBADAN In Kabul fiorisce ancora, corpo di rose, il tuo giardino,/ nella martoriata Odessa la tua prosa, Isaak,/ or qui le tarde gemme di un’altra primavera,/ e nella ventata, al loro stento/ non c’è solo l orrore del mondo/ di ritorno,/ la sola carne da salvare e il suo sfacelo, / di vergogna e colpa non calpestano i tuoi passi che un tuo passato di soli detriti,/ c’è la tua dedizione al verso che in te muore, / al tuo solo soccorso di esistenze care./ E' la Sua luce, non ti spegnere. / Gulbadan, il cui nome significa "essenza di rose", era la figlia del primo imperatote Mughal Babur, sepolta con lui in Kabul.Isaak è Isaak Babel, l'autore dell'Armata a cavallo.

martedì 22 febbraio 2022

Mirza Ghalib

Debordante stupore la vita, animata di desiderio,/ È il disinganno, nel mondo immenso, araba fenice./ Fiorisce la rosa, e già è vizza, come le stagioni si rincorrono, / ed ogni stagione è nel lutto che ingabbia chi vola./ Quant’è occasionale, se ami, rilevare un sorriso, / hai visto, quanto possente, stravolge il dolore un cuore perduto?/ Si affanna il pensiero ad una disperazione più forte:/ se di rimpianto torci i le mani, è solo per un nuovo tormento./
La vita come una gabbia di dolore, in cui il desiderio che la anima è votato solo al disinganno della delusione e alla disperazione, per risorgere dal fumo delle proprie ceneri come nuova araba fenice votata al rimpianto e a un nuovo più atroce inganno della luce dei sensi

MAKFI

POETI Makhfi Amore….lo scellerato, annoda In punta di sella Di Tutti gli scalpi degli innumerevoli Suoi massacrati rivali la nemesi Guarda, come di sangue Di amore umano tinta Sulla fronte della terra, una Rosa è tinta di cremisi *** O cascata, per quale pena Sei tu in pianto? Increspasti le tue ciglia, a che tormento? Quale agonia ogni notte Del tuo desiderio, come me Ti fa battere la fronte contro la roccia e , come me , versare il pianto

Momin Khan Momin Traduzioni

Momin Khan Momin Traduzioii Ho paura di chiunque, che non s dico una parola ? E' Il mio segreto di così/tale pubblico dominio, che non dico una parola Perché deprechi, tu che predichi tanto, ch’io non dica una parola, Come se tu a me facessi caso! Io non dico una parola Egli di me mormora al rivale, ma s’io ne chiedo conto, Sua è immediata la smentita, ”Io non dico una parola”. Se la tua gente parla di un nostro segreto abboccamento E perchè io finora non dico una parola / E’ per quanto finora non dico una parola La mia pena, o farmacologo, va oltre ogni cura, Ho perso anche il mio spirito, che non dico una parola? ********************************* Quali rare delizie alla notte che langue mi sono toccate in sorte , un arresto nel respiro, un affondo nel mio cuore Tanto di capello a tale e tanta ipocrisia /dissimulazione ! Di fronte il rivale frangipromesse, Riaffermata la promessa di un incontro, Facendo arrossire ogni biancore Udendo della mia morte, egli disse” che liberazione, che sia morto Che sconcerto, ogni volta ci capitò d’incontrarci” Peggiorarono le cose la notte ch’egli consigliò pazienza Io l intesi in un senso, egli in un altro., per alcuni giorni una grazia di facciata, chiunque a guardarlo ne restava trafitto, folgorato Stanno trasportando ahimè il mio cadavere via da questa strada,in luoghi inospiti Questo, invero, io temevo, era il pungiglione dei miei passi. Ue giorni d’amore, e poi che stato! Noi abbiamo visto Momin , il maniaco, oltrepassare questa via! Il pegno che tu ed io formulammo insieme, tu puoi o meno ricordarlo Il pegno,ricordi, di amarci fino alla morte, tu puoi o meno ricordarlo Le gioie una volta concessemi, tutte quelle tue gentilezze, io ne ricordo tutto, tu puoi o meno ricordarle quei sempre nuovi lamenti, brontolii, quelle deliziose dicerie, quelle arrabbiature senza una ragione, tu puoi o meno ricordarlo. Se ci sia capitato l'unisono, di riaffermare la nostra fedeltà, come ci dispiacemmo di nostri scortesi congiunti, tu puoi o meno ricordarlo Qualsiasi cosa abbia angustiato il tuo cuore, ch' io sempre abbia lasciato inespresso, tu puoi o meno ricordarlo. Quanto ci siamo una volta entrambi amati, e incontrati spesso, quanto una volta siamo stati intimi, tu puoio meno ricordarlo il tuo contrariarti alle unioni notturne, disdegnando le mie scuse, i tuoi insistiti “no “ per ogni cosa, tu puoi ricordarlo i meno Chi hai tenuto in conto di tuo amico, contando sulla sua fedeltà, son io lo stesso Momin sofferente, tu puoi o meno ricordarlo.

Si ricorda che per salire sui treni

Si ricorda che per salire sui treni è obbligatorio avere il Supergrenpass rafforzato e indossare la mascherina ff ppp Ed al treno merci che sfe rraglia/ anzichè del futuro di chi non può salire/lo stridio dell'avvertire ti riporta , delle loro vite,/ a quei vagoni merciu di sterminio

Sono io un uccello senza più ali / se solo si buca una tua ruota.

mostruosi tempi, suicidari, che se vuoi salire sul treno in arrivo, entrare in un bar, comperarti un paio di scarpe...
come vivere, tra chi è solo capace di lasciarci senza futuro?
Per gli altri si apre, per non si chiude ancora di più l'esistenza...

mercoledì 5 gennaio 2022

Qui vivo, da forzato

Uscito dal lager, facendo un lavoro liberamente scelto, vivendo accanto ai suoi cari e ai parenti, quell’uomo si condannava talvolta a una detenzione suprema, più completa e profonda di quella cui lo costringeva il filo spinato. Grossman, Vasilij. Tutto scorre... (Gli Adelphi) (Italian Edition) (p.66). Adelphi. Edizione del Kindle. Qui vivo da forzato,. aprendo le ciglia nel timore di quale sia la fortezza in cui mi risveglio, pervaganti basiliche d’incanto nell’azzurro dei cieli l’uscio aperto, verso nessun dove, verso quale dove che non sia di esilio in terra, di esilio dal cielo, quale che ne sia il prezzo che si impone l’ansia mortale per un supplemento di vita di ogni libertà fa una detenzione suprema. Che cosa, qui, m’aiuta ancora a voler vivere E a non morire’? A non desiderare l’impennarsi del morbo, tra i loro immacolati eden di ogni erba infestante, Se non chi ancora più soffre di me, invisibile al mondo, se non Voi, Piotr ILic, Josif caro escluso da tutti perche fino in fondo li capivi tutti niente più, all’orizzonte, che sia il risveglio di una striscia d’aurora da mandels tam ciglia che pungo Qui vivo da forzato.e basta,
Da Marrakesh fino a Cordoba La cammella con il suo corpo ed i suoi libri, Questo il maestro, queste le sue opere. Ma di Averroè si è realizzata la speranza? Da Teheran a Tiblisi è vedendolo portato da buoi, attaccati a un carro, che Puskin reincontra Griboedov, pugnalato trastullo, morte istantanea, morte bellissima, di chi la conobbe tutta la disgrazia dell’ ingegno Harun- al- Rashid, Jafar al-Barmaki Akbar- e- Azam, Adham Khan, giustiziato, poi crocifisso alle porte, gettato due volte a capofitto chi fu per il principe il proprio fratello di latte. Chi lo sa il destino, Josip, di uomini o di umane belve, che fitte fatali al petto ci riserba, Potessi mai esser certo che le sue speranze si sono realizzate!