domenica 19 febbraio 2023

La dedica

La scelta del Sindaco Palazzi di dedicare le nuove scuole primarie di Borgochiesanova a Piero Angela ha certamente delle sua valide ragioni , ma che vada di per sé non mi pare proprio. Che Piero Angelo sia stato un notevole giornalista e divulgatore scientifico è certo, quanto lo è che così facendo si coltiva la propria popolarità politica celebrando in morte l’ ennesima icona del mainstream mediatico, non già una figura dell’alta cultura, , tanto per intenderci in sede locale come Giorgio Bernardi Perini, Enzo Dara, o il cittadino onorario S. Heaney, mentre al contempo si vengono legittimando nei loro limiti condivisi gli orizzonti di pensiero dogmatici di un senso comune scientistico quale quello degli Angela, padre e figlio, che resta al di qua delle rivoluzioni epistemologiche della scienza moderna e contemporanea, e delle schiusure che apre ad altre dimensioni, trascendenti, del Vero. Penso a come la fisica attuale ponga quale principio di unità fondamentale la vibrazione , al pari di quanto la vibrazione lo è per certe tradizioni tantriche in forma di spanda, il che equivale al tapas dei testi vedici hindu, al thumos dei greci e al nostro conatus , o libido o ardore o principio-passione, che dir si voglia; penso a come al fondo il Tutto si riveli Vuoto per la fisica quantistica e per i misticismi non solo orientali, o se si vuole, secondo il trinitarismo del cristianesimo, si confermi il perenne Non esserci ancora della Dimensione del Padre nel suo perenne precedere il suo risolversi nel Logos del Figlio e nella creatività dello Spirito. Penso a come l’energia oscura che coesiste con l’ energia materiale determinando l’accelerazione del Mondo in evoluzione, senza in ciò diluirsi, sia pensabile come il correlato energetico del Divino quale causa attrattiva del Mondo. “ Come presumere o pretendere del resto, con le parole del filosofo Corrado Ocone, “che Angela avesse studiato le epistemologie novecentesche e che, forte delle complesse acquisizioni conquistate riflettendo sul principio di indeterminazione oppure sulle geometrie non euclidee, sulla fisica quantistica o l’anarchismo epistemologico dei post-popperiani, concepisse infine l’idea di somministrarle al suo vasto e affezionato pubblico”. Ma tant ‘è, appiattiamoci così, quatti quatti, sul convincimento che la coscienza sia solo un epifenomeno della materia, che l’ idea mentale che muove la materia quando essa ci guida sia niente di più che un processo elettrico, riduciamoci a una realtà che consisterebbe solo in quella spazio temporale di un patrimonio di risorse, paesaggistico ed artistico, che sussisterebbe unicamente per essere sfruttato utilitaristicamente e per il nostro entertainment , in conformità con un nichilismo estetico anestetizzante che è lo spirito reale di mostre e turismo propagandistici. Altro che tormento ed estasi! Che lacrimae rerum depositate in arte per muoverci al pianto! Del resto, esplicitandolo come un dogma amministrativo, il Sindaco Palazzi l’ha professato reiteratamente, il suo rifiuto intollerante di ogni sorta di contemplazione. Peccato che sia contemplazione anche l’abbracciare con ogni dimensione mentale non solo ciò che è fashion o marketing, o voga corrente, di fratelli e sorelle d’Italia e demo- forza- leghisti concomitanti, ma ogni dimensione possibile del reale, in uno sguardo di insieme che comprende gli interessi costituiti e l invisibile rimosso ed escluso . gli angeli-bambino sfigurati di Klee, numero d’occhi infinito d’una Hagia Sofia ( Mandel’stam), e l’amore che per il poeta risiede dove cade l escremento. Magari per elevarsi a pensare, con Shakespeare, secondo le parole terminali della Tempesta riprese in Helgoland dal fisico Revelli, che a quanto possa apparire in una concezione unificata di mente e natura e di qualsiasi altra realtà possibile, (- di spirito e materia, in soldoni contanti che non siano duali-) noi si sia fatti “ della stessa sostanza dei sogni” . Odorico Bergamaschi

Dissociazione di schizofrenici intenti

A rimozione dello smacco-onta della perdita del Paiolo come oasi rigenerante, il Sindaco Palazzi ora accampa le ben 274 piante del nascente Parco del T, che è già dato immaginare che finiscano capitozzate come quelle in piazza Ottantesimo Fanteria. Invero la vedo dura, per le nostre sorelle piante, ad averla vinta nel riossigenarci sul traffico indotto e intensificato in città dalla scelta di due sottopassi, quello di fronte alla Stazione e quello di Porta Cerese, che in realtà, per quanto se ne meni il vanto, sono la condanna definitiva della città a due circonvallazioni interne d’accesso e di attraversamento. Comunque sia, dietro a tale dissociazione di schizofrenici intenti, in assenza di un’idea di città che non sia quella offerta dai bandi di concorso e dalle occasioni che si offrono al proprio Khanato politico per imbrodarsi negli orizzonti di gloria di essere riusciti nelle imprese mancate dei propri predecessori, magari perché costoro hanno dovuto arrendersi alla loro insensatezza o a che il gioco non valeva la candela, c’è ben altro, di più co esteso. Mi riferisco a ciò che sottostà ai vincoli stessi della Soprintendenza posti al Signore del Parco degli Anelli, che glielo hanno riconfigurato nei termini del progetto Unesco con i suoi bei giochi d’acqua. Bene ciò, come il trasloco altrove di parte di Mantova hub per il dovuto rispetto alla Comunità ebraica e ai suoi siti cimiteriali. Non fosse che c’è una misura in tutte le cose, est modus in rebus, e la giusta imposizione di vincoli rischia di enfiarsi nell’ abnormità di un monumentalismo, della stessa Unesco, a difesa dell’ integrità del Te come di un sacrario da preservare dalle profanità limitrofe, a cui inevitabilmente finisce contrapposto. Il che ingenera il contrappasso fatale che superata le cortine di alberi o di altre barriere tutelari del sito, il circondario può rimanere bellamente in balia del degrado e delle convulsioni del traffico, in tal caso nulla obiettando al sottopasso di porta Cerese, con tanti ciaoni alla politica greenwashing di piantumare il Te di 274 nuovi alberi Il monumentalismo, per il quale Mantova schiava del Te Iddio la creò, vuole che dentro il temenos del Te tutto debba essere ripristinato come fu un tempo, e che vi si viva secondo il decoro delle più costumate ordinanze esteriori,- a che le ben 16 stanze?- ossia che tutto ciò che nel corso dei secoli è subentrato sia divelto o rimosso o trasferito altrove. Il che porta all’assurdo che giostre, fiere, uno stadio velodromo , spazi ampi di manifestazione per minoranze etniche o sessuali siano considerate incompatibili e indegni di coesistere nella loro vitalità esuberante con una villa di una felicità oscena unica al mondo, che fu sede di aulica rappresentanza, certo, ma anche d’inesauste orge, e che una giostra della paura risulti indecente rispetto al bataclan della Camera dei Giganti. Poi, al di là della cortina arborea voluta dalla stessa Unesco, invece, magari, di restaurare e rialzare lo stadio Martelli con una tribunetta al cospetto del Te, lo si lascia pure cadere in malora, provvedendo alle più grottesche e insulse “mascherature”.Non solo, anziché valorizzare nelle sue prospettive quale luogo di ritrovo e d’ incontro piazza Mozzarelli, ed in tal senso quel capolavoro di arte contemporanea che è il palazzo della Gazzetta di Longheu, della piazza si accresce l’ intasamento inquinante facendone con corso Garibaldi e via Trieste l’asse di attraversamento della città a Est, ovviamente con il fatidico concorso imprescindibile del sottopasso di Porta Cerese. Altro che “ricucitura”, sarebbe la condanna in saecula saecolorum all’isolamento dal resto della città di Fiera Catena e Valletta Valsecchi, comprese Mantova Hub e il nuovo Istituto Mantegna. Laddove, come sempre, sarebbe stato il sacrificio o la rinuncia alle proprie velleità protagonistiche, che avrebbe potuto dischiudere la risoluzione reale dell’incongruo ingorgo, e propiziare una “ riconnessione” del Te sotto ogni riguardo con l’area circostante, non solo con Te Brunetti, solo che si fosse posta una pietra tombale su di un sottopasso che ha sollevato i più motivati e feroci dubbi di fattibilità e di utilità, in questa rubrica già espressi da Nerio Beltrami e dal compianto Gianni Lui, e ci si fosse orientati verso la soluzione che davvero sta nelle cose, tant’è che, già nel lontano 1998 la proposero gli architetti Banni, Caleffi, Dalboni, e che il Comitato di fiera Catena l’ha ripresa più volte, con voce che grida nella sordità del deserto amministrativo comunale. Prima di re illustrarla, rilevo che se poi si recepissero in sintesi anche le proposte in merito avanzate da chi Mantova comunque l’ha davvero nel cuore, la rinuncia definitiva al sottopasso di Porta Cerese, per avviare piuttosto i lavori indiscussi e davvero indispensabili e improrogabili del sottopasso di Gambarara, ahimè meno di grido, avrebbe potuto essere la chiave di volta dello stesso completamento delle tangenziali e della circonvallazione della città, che avrebbe eluso i veti incrociati che altrimenti scatterebbero, l’un contro l’altro armati, con l’unica eccezione residua dei niet del signor Barucca. In sintesi, ricollegando a Goito la tangenziale Nord con le provinciali o ex tali che siano riqualificate di Sacca e Asolana, se ne sarebbe potuto immettere o avviare il traffico proveniente dalla tangenziale Sud, o a essa diretto, giusto all’altezza della rotonda delle Grazie. Un raccordo ulteriore che si fosse incentrato in uno snodo in località Camattino avrebbe potuto avviare la circolazione meridionale d’ingresso, e di transito in città, lungo la via del Trincerone ad ovest, e lungo un’arteria che aggirasse il Migliaretto invece a est, per seguitare, oltre via Brennero, mediante un suo eventuale sottopasso, percorrendo via Vicolo Maestro e dell’Argine, e risolversi, tramite un ponte portuale, in una confluenza nel Lungolago Gonzaga, con in più due compiute “bretelle”, l’una verso Porto Valdaro, l’altra verso il casello autostradale di Mantova Sud. Con il vantaggio, se nel Migliaretto si vuole l’elisoccorso, che la via Trincerone potrebbe diventare il più veloce dei raccordi con l’ospedale Poma. Odorico Bergamaschi

La grande cultura

Una mia lettera inviata alla Voce e alla Gazzetta di Mantova La grande cultura, che è quella a cui è dato di elevarsi anche agli stessi galoppini ideologici, i Ricolfi, i Rampini, o i Caracciolo, tanto per intenderci, sempre che non radicalizzino i risvolti negativi immediati dei fenomeni storici in corso, di certo la via più sicura per guadagnarsi revisionisticamente lettori e audience, è quella che sa leggere negli eventi ciò che è di lunga durata e sintonizzarci sulla sua lunghezza d’onda. In tal senso ci dicono di più sul nostro presente e futuro le ricerche sul passato di grandi storici come Richard Eaton di cui uscirà tra breve anche in Italia la traduzione di “India in the persianate Age 1000-1765”, di S. Frederick Starr “ L'illuminismo perduto: L'età d'oro dell'Asia centrale dalla conquista araba a Tamerlano", o la Judith Herrin di “Ravenna, capitale dell'impero, crogiolo d'Europa “, che non tali nostri opinionisti, interventisti a gettone di presenza costante. Tali ricerche ci aiutano fondamentalmente a capire, in chiare lettere, come la globalizzazione e i fenomeni migratori e dell’ibridazione culturale multietnica che stiamo vivendo siano le effettive costanti della storia, e a esse corrisponda ogni culmine raggiunto dalla civiltà e dalla stessa bellezza umana, nel suo meticciato, e quanto sia velleitario o rischioso, o dannoso, affrontarle e viverle come emergenze cui adattarsi temporaneamente, arroccandosi nel proprio localismo o nazionalismo identitario, o in un regressivismo nostalgico dei bei tempi di una volta, finché non abbia a passare “a nuttata”. Altro che decadenza e caduta dell ‘Occidente in un attuale scontro di civiltà.“È pericoloso immaginare che la multi etnicità del mondo contemporaneo sia una cosa completamente nuova - ci ammonisce Judith Herrin in una sua intervista recente a Silvia Ronchey apparsa su Repubblica.” Dobbiamo capire che viviamo, allora come ora, in uno spazio globale, e che da sempre sappiamo percorrere grandi distanze”.E ‘il passato recente da cui proveniamo a costituire un’eccezione piuttosto che la regola, dovuta sia al concentrarsi fino a metà del secolo scorso del boom demografico nell’Occidente capitalistico e ora al rovesciarsi della situazione, sia all’isolazionismo dei regimi burocratici a diverso titolo socialisti, o comunisti, oltre la cortina di ferro o mediorientali, del resto dell’Asia e dell’Africa, con cui abbiamo convissuto noi pre-millenials, e Cina e India non sono potenze emergenti a un ruolo insolito mai avuto prima d’ora nella storia, ma insieme all’Islam, che fu la terza grande economia- mondo dell’Oceano Indiano e del cuore dell’Asia di cui parlava Braudel, sono potenze riemergenti alla loro realtà precoloniale, nella quale Cina e India detennero la metà del prodotto lordo mondiale dall’anno Mille fino al Millesettento ( Angus Maddison in The World Economy: A Millennial Perspective). E quanto alla globalizzazione si pensi solo al dato che nel Cinquecento l'India, come massimo produttore di cotone lo esportava in Occidente in cambio dell’argento che nel Nord Europa affluiva dalla Spagna grazie al suo sfruttamento delle miniere del Perù e del Messico, e che era in cambio di tale cotone che i negrieri europei si assicuravano schiavi nell’Africa occidentale. E’ ancora la Herrin che così ci ragguaglia:” Quali che siano i problemi interni all'Europa, essa è per me ancora un ideale che fonda, promuove e fiancheggia un avanzamento della conoscenza in ogni campo che è ammirato da tutto il mondo. Ma oggi l'Europa è schiacciata tra l'immensa America e l'immensa Cina, con l'Asia in mezzo, ed è questa una configurazione completamente nuova. L'altra pressione tremenda è quella della metà meridionale del mondo, tanto più povera della metà settentrionale, e noi che apparteniamo a quest'ultima dobbiamo fare di più per redistribuire la ricchezza sproporzionata che abbiamo accumulato, se non vogliamo una costante migrazione di popoli dall'emisfero sud all'emisfero nord. Un quadro cui va aggiunto quello che stiamo facendo al pianeta, il cambiamento climatico che ha esasperato tutto, perché non siamo noi a patirlo in prima linea ma, di nuovo, loro”. Per dire come tutto sia inseparabile, allora come ora, nell’intreccio della storia, e quanto sia relativa la nozione di barbaro, o infondato il timore che la nostra idea di cultura, sempre che resti fedele a se stessa, al proprio umanesimo universale, possa essere sopraffatta.“I barbari - ci ricorda sempre la Herrin- conoscevano bene le tradizioni romane e le fecero proprie, perpetuandole sotto nuovi governanti, che imparavano il latino e leggevano Cicerone". E noi, li leggiamo il Corano o la Bhagavad Gita o i Dialoghi di Confucio? Gli stessi Vangeli o la Commedia o Shakespeare o Guerra e Pace? Odorico Bergamaschi
Orazio "223, Odi, 2, 1.. Vivrai di più nel giusto verso, amico mio, se non tenterai Sempre l’alto mare, ne al contempo per rifuggire di avventurarti al largo tempestoso, non ti intratterrai troppo In insidiosi litorali. Predilige l’aurea mediocritas, Chi sta al riparo dal sordidume di fatiscenti tetti chi sobrio non s’attenta a un palazzo che susciti invidia Più spesso è sconquassata dal vento La mole del pino, e crollano con più franante rovina Le torri che si levano al cielo, e le folgori Si abbattono sui monti sommitali. Non disperare nelle avversità, temi il suo rovesciarsi Nella felice sorte, l’animo ben predisposto Il cielo che ci rimena lo sgradito inverno, è lo stesso Che ce ne libera. Se ora le cose volgono la peggio, Non sarà così domani, viene pure la volta Che la cetra di Apollo ispira la tacita Musa , Anche se per lo più non tende l’arco dell’estro. Mostrati intrepido e forte nelle traversie, Come devi apprestarti a raccogliere le vele Se è troppo il vento in poppa

Orazio 2023 Odi, 2, XVI

Orazio 2023 Odi, 2, XVI La quiete dell’animo invoca dal cielo, chi Sorpreso è nell’ aperto Egeo, come un’oscura nube Oscuri la luna e le stelle più non appaiano Luminose ai naviganti, la quiete dell’animo La belligerante Siria, la quiete dell’animo La Giudea armata di tanks; peccato Non si comperi né con le gemme né con sete di lusso Né con l'oro. Che valgono tesori o armati di scorta A fugare le perturbazioni della mente che ci infelicitano, O le angosce che scorrazzano Intorno ai bei soffitti a cassettoni. Vive bene con poco colui sulla cui parca mensa riluce La saliera paterna né il timore o la sordida brama priva Della quiete del sonno. Perché, se così breve è la vita, così in alto Scagliamo nel lancio i desideri? Perché Vaghiamo raminghi in cerca di terre che scaldi un altro sole? Chi è esule dalla propria patria sfugge forse a se stesso? Scala navi di bronzo l’assillo incessante, Istantaneo più del cervo veloce Che dell'Euro che scateni tempeste, L’animo contento del presente ciò che l’ecceda Avrà ripulsa di rimuginare e le albagie allevierà con un quietato sorriso. Non c’è beatitudine ovunque ci si volga. Una morte precoce ci sottrasse Raffaello una interminabile vecchiaia prostrò il Tychoon, e chissà che la mia residua sorte mi conceda quanto a te neghi. Cento armenti di vacche sicule ti muggiscono intorno A te sollevano il rombo vetture allineate in scuderia, ti vestono abiti Della seta più nobile, a me uno schietto destino Pochi campi diede E un ispirazione sottile la mia arcaica Musa non ché il disprezzo/ non che un salutare disprezzo/ Per la ricca incolta gentaglia.

Chandu

Chandu Sen ( testo biografico) Chandu, il mio bambino e figlio indiano, è chi più amo ora al mondo. Egli è per me ciò che è un bambino nella sua perfezione, per quanto alle soglie oramai dell’adolescenza, e nella sua meravigliosa bellezza è compiutamente tale senza anelare a essere altro che se stesso. Ogni volta che lo rivedo si rinnova la sorpresa dei suo incanto perché lo ritrovo sempre più piccolo e minuto e vivido di come lo prefiguro, tanto più ora che il giocare a cricket o con gli aquiloni ha inscurito la sua carnagion , e più che color cioccolato è color chicco di caffè. Nel suo ovale risplendono più luminosi che mai i suoi occhi sempre così confidenti, è più che mai incantevole il perpetuo sorriso in cui si schiude l'espressione del suo volto. E’ il mio Pinocchio, il mio Piccolo Principe, e io sono il suo Geppetto e la sua Volpe. E’ ammaliante la sincerità e l onestà assoluta dei suoi atteggiamenti, senza finti pudori e infingimenti di scrupoli nel chiedere e prestarsi e negarsi, nel rispondermi niente se non ha niente da dirmi, o non è interessato a niente ch’io gli proponga, I don’t know, We will see quando ritiene di non avere posizioni da prendere o vuole temporeggiare, nei mille modi in cui sa ottenere irresistibilmente. Non una sua carezza, niente di sentimentale, solo uno spuntare di lacrime quando papà Kailash ci ha lasciati per Rothak alla stazione di Delhi, o per le mie bizze minacciava di lasciarci in anticipo, ma io posso stringerlo al cuore, abbracciarlo con tanto calore, nel suo corpicino tanto esile e forte. Certo, ho dovuto accettare che rifiuti da me ogni lezione, assumere per questo un suo insegnante privato, ma così studia, ha voti migliori, la sera lo sorprendo con Poorti intento ancora nei compiti, prima degli esami rannicchiato in cucina sui libri fino a ora tarda. Ha imparato nel contempo a moderare e contemperare le sue richieste, il suo invasamento per internet, anche se per lui ciò che è di grido e più costoso resta il meglio, e il Raja cafè è sempre il Raja Café. Gli Adani, gli Ambani, gli Elon Musk, i Bezos, Bill Gates, sa benissimo chi siano e quanto valgano al mondo. Di me non gli piace l’ipocondria, che divenga come un cane rabbioso appena gli altri in vario modo offendono ciò che io sono nella mia dignità e ciò che ricerco in vita, e dopo le mie sfuriate intemerate in cui sono esploso in Delhi è disposto a viaggiare con me solo se con noi due c’è qualcun altro, magari il papà distante che ama ma di cui non soffre l’assenza, insieme con il quale siamo stati poi meravigliosamente insieme in Agra, Fatehpur Sikri. Ma sa più comprendere e accettare “No problem” replicandomi quando mi scuso di averlo ferito nelle sue aspettative nei miei confronti. Ciò di cui più mi rammarico, di tanto in tanto, è di non riuscire in quel che so a ritrovare storie meravigliose da raccontargli. Ma in concomitanza con i suoi studi di storia e i giorni di vacanza scolastici ho voluto fargli comunque dono, come ad Ajay e Poorti, degli splendori grandiosi dell’arte indiana che mi è consentito di fargli conoscere, fargli vivere la vita metropolitana di Delhi, farlo accedere al Taj Mahal. Finora è la tomba di Humayun che l’ha affascinato di più. Nel suo futuro si profila ora l’Academy di cricket d'Indore, dopo avere coltivato il sogno di diventare youtuber, durante l epidemia covid quando nessuno andava a scuola e al lavoro, e tutti giocavano a Pbg Che ora è anche bandito dall’India perché è un gioco per l 80% a partecipazione cinese. E’ or ora sopraggiunto in stanza e mi ha rinnovato la richiesta di andare all’Accademy d'Indore. “Chandu, è già un sogno se puoi andarci per una o due settimane, e accertare le tue capacità”“ E se ho capacità? “ Big problem, bambino mio. Sono io che non avrei allora le capacità che ti servono ”, gli ho detto alludendo con le dita a denaro sonante. Inducendomi al pianto mi ha chiesto se quando sarò in Italia farò ritorno” Ma certo, Con ogni mezzo, per fare tutto quello che posso fare per te” E adesso che la giornata cede al sonno e ai suoi sogni, è lo yes puntuale della sua vocina appuntita in risposta ogni volta che lo chiamo, che culla la mia mente di vecchio.

lunedì 6 febbraio 2023

Lo vedi, mio giovane amico, erto come per la gran neve biancheggia/ il Monte Baldo, né più nei boschi Ne sostengano l onere le piante, e i fiumi Siano bloccati dal gelo acuto? IL Freddo dunque tu dilegua Con ancora più legna sopra il fuoco, e svuota per bene il fiasco Di un vino di almeno quattro anni. Per il resto Lascia fare al cielo, che strematesi le schiere dei venti Sul mare in tempesta, né i cipressi Né gli ontani si agitano più. Rifuggi dal chiederti Quale sia il tuo domani, e quale che sia Quello che ti è riservato, consideralo Tanto di guadagnato. Tanto più non disdegnare, Giovane come sei. i dolci amori E le danze, finchè il fiore dei tuoi anni non l' attenti Questa subdola vecchiezza. Ti siano ora care Le arti marziali e le piazze, e all’ora convenuta Che si rimormorino i sussurrii sul far della notte Il caro sorriso della fanciulla che la tradisce Nel suo nascondersi nell’angolo più remoto segreto, Il sottrarle il pegno dal braccio Dal dito fintamente ostinato/ che così male si oppone

Puskin Ricordo l' istante supremo

Ricordo l’istante supremo: A me dinnanzi tu apparisti Fugace visione, Tu genio di sublime virtù. Nel triste mio disperarmi, Nell vano fragore, Sentivo la tua tenera voce, Lo sognavo il tuo volto radioso. L' inquietudine degli anni trascorsi Ha fugato le scorse visioni Il tuo incantevole incanto. Nel buio vuoto del mio recluso grigiore Son trascorse morte le mie ore Senza più (bagliori di) fede o (d’)ispirazione Né pianto, né vita, né amore. Ma l’anima è risorta, come di nuovo tu sei riapparsa, Tu ancora fuggevole visione, genio di sublime virtù E il cuore palpita d’ebbrezza, E sono risorti con il mio ardore (I bagliori di) fede e ispirazione la vita, il pianto e l’amore.

domenica 5 febbraio 2023

Orazio 2023, odi,I, 11

Tu non chiederti da profano, amico del mio cuore, quale termine/ Sia fissato per i miei ed i tuoi giorni, recedi/ da oroscopi e cabale. Quanto è meglio / accollarsi quel che capiti, sia che Iddio/(il cielo) ci abbia concesso molti inverni, sia che per noi sia l'ultimo/ questo che si abbatte sul Tirreno tra i contrastanti scogli./ Sii saggio, filtra il vino da bere e quel che speri/ riduci ad un arco breve di tempo. Già mentre parliamo l’ora è fuggita/ invidiosa di piacerci. Cogli il giorno d’istante in istante,/ nel domani confida il meno che puoi- ,

venerdì 3 febbraio 2023

Al vetriolo ( novembre 2022)

l vetriolo Si sta rivelando una sorta di orrore umano Vimala, senza più Kailash in famiglia e la sua autorità di marito che su di lei si imponga. Non parla che sbraitando, in puro bundeli, nello gnaulio e stridio di uno sguaiato gracidare gracchiante con uno sguardo altrettanto torvo e protervo quanto ottuso e insolente, i capelli oramai grigi sempre più e scarmigliati, gli occhi che mi fissano e scrutano nell interno della mia stanza con assoluta indiscrezione, la bocca una fessura arcuata rigonfia del gutka che perpetuamente mastica, resa orribile dalla perdita dei denti artificiali e naturali, che per paura del dolore della loro rimozione ha rifiutato tenacemente di sostituire, anche dopo che ha assentito a che le le inviassi il denaro per l intervento che non ho giammai più rivisto. Per lei non è niente di niente ciò che io faccio per loro e spendo in dissanguante perdita, mentre è tutto anche quel poco che faceva per me, ora non più neanche questo, lavarmi i panni e pulirmi la stanza, ma che basta e avanza a legittimarla nel trattarmi come se fosse la mia pensionante ed io, che a tutto provvedo, fossi solo l ‘ ospite in casa malamente tollerato , per cui ora da me stesso mi pulisco la stanza e mi lavo i miei panni, esonerandola anche da questo. L’avrei fatto comunque, visto che la sua vera religione, che è quella della pulizia domestica e di un lavaggio continuo di piatti e stoviglie, e della propria corporeità, contempla la discarica più immonda all’esterno di ogni rifiuto, ed il risciacquo dei panni in acque del talab divenute di fogna. Solo il piccolo Chandu ha sollevato rimostranze per tale mia deliberata preclusione delle prestazioni materne, “ Ma voi siete vecchio, “ But You are old” , rilevando in semplici parole. Almeno mammì non avrà più modo di riversare con inusitata loquela a un qualsiasi Mohammed ogni maldicenza sul mio conto, che lascerei anche escrementi nelle mie chadìi e sui copriletto, senza risparmiarmi neanche per avere vomitato fuor di casa nell’ambulatorio del dottor Kare, a seguito degli sbalzi di pressione causatimi i primi giorni dal clima indiano monsonico cui mi è toccato adattarmi per convivere con loro. A cucinare i miei pasti provvede da sempre Ajay, dato che la sola gentilezza e il solo riguardo che colei mi manifesta a riguardo è fornirmi del te con dei biscotti e quanto avanza di ciò che cucina per la famiglia. E’ rimasta una richiesta irrisolta quella che almeno provvedesse a rifornirmi di acqua in bottiglia che devo bere a litri ogni giorno, per abbassare la pressione e la rilevanza dell’acido urico nel sangue, visto che colei ogni mattina deve comunque recarsi al negozio, e che per i miei arti inferiori è una dolenzia non da poco affrontarne i gradoni della soglia. Nemmeno all’arrivo nei medesimi giorni , dopo due sarees , di un bellissimo frigorifero che ho acquistato per noi tutti quanti in luogo di quello che non funzionava più da tempo , ha dismesso la sua ingrata arroganza Allorché per rimuovere l incombenza dello smaltimento di quello vecchio per me me ed Ajay, che accusava i consueti dolori e travagli addominali, ho ventilato che il frezeer senza più portale poteva essere preservato come scarpiera o per riporvi quant’altro, “ che se lo metta nella sua stanza “, si è sguaiata nel dire. Poi, il giorno seguente, quando è arrivato il ripiano per il fornello, che lei ricusava di usare per cucinare se fosse stato disposto sul tavolo grande in marmo della cucina che ho riparato, dove l’avrebbe ostacolata nell impasatare chappati come le è così comodo invece sul pavimento sporco, obbligando chiunque ad impiegare il fornello accucciandosi al suolo, , lei si è rifiutata di adattarvisi anche solo temporaneamente in attesa di una soluzione migliore , il ripiano in verità una scarpiera bassa che benché fornisse v un piano d’appoggio non bastante non era traballante. Potrei esserle assolutamente grato per come conserva immacolata la latrina di casa , non fosse che una mattina di qualche settimana fa, è sopraggiunta in stanza dove di primo mattino mi sapeva già sveglio, perché provvedessi in sua vece a spostare nello stanzino adiacente la toilet chair che mi ero dimenticato di riporvi, e che avevo fatto acquistare finanche prima del mio arrivo perché mi alleviasse la tortura, artrosico e gottoso, di dovermi chinare nel defecare nell indian toilet di una latrina turca. Di tutto ciò mi sono risolto a scrivere dopo che ieri sera Ajay ha scaricato su di me in un raptus tutta la rabbia che covava di dentro contro Vimala e la sorella, per il gesto con cui l ho allontanato perché facesse ritorno di lì a poco con il dosa d’asporto che mi veniva recando, essendo ingombra tutta la stanza ed io impegnato a concludere la mia telefonata con un Kartik che mi stava irretendo nella trama sconvolta della sua vita, da che i genitori avevano combinato un matrimonio da celebrarsi a dicembre con una sposa di cui non sapeva dirmi nulla, obbligandolo a interrompere gli studi più improbabili di spagnolo per attaccare discorso con i turisti, ogni suo sforzo per avere una vita da ricco con lavoro ed affari. In realtà Ajay solo grazie alla cui cooperazione posso sostenere i miei sforzi per la mia famiglia d’adozione, non ne poteva più di essere bistrattato senza rispetto alcuno da madre e sorella santarellina, Poorti, la nostra Devi in famiglia. Voleva che Kailash facesse assolutamente ritorno, una volta tanto preoccupandosi più di una famiglia in sfascio che dei suoi party, in un hotel dove è l unico che è sopravissuto nell’impiego assunto da oltre cinque mesi a questa parte- Altrimenti Ajay se ne andrebbe da Khajuraho per un libero impiego in un ‘ India che sa solo asservire. Finché non ho ripiegato in stanza sfinito, dopo avergli detto e ridetto che sapevo già prima di partire in che situazione famigliare mi sarei ritrovato e che ne avevo avvertito Kailash, nemmeno sul suo conto allora immaginando di poter contare, ed averlo esortato a che evitando di cadere in esagerazioni mentali quali quelle della mia ipocondria, come me sopportasse ed accettasse tutto per il bene famigliare comune, dando tempo al tempo. Usando anch’egli pazienza, infinita pazienza, affinché loro capissero, la ” dhèrea”, di cui ho così imparato il termine hindi con cui spiegarmi con lui.

Risorge nel bene presente

Abbozzo poetico Risorge nel bene presente Tutta l'ignominia del passato, Ora che sai farti babbà e padre Come non sapesti farti figlio E taci di gelare l’amico Perché è assente al capezzale. Su te sgravando il loro peso a lui estremo inane a un loro futuro ogni suo sforzo Capisci l'eterna condanna, Consanguinea, È comunque assolta la sua identica ignavia E la tua intima asperità di strali, Al loro procurato quieto sonno, Come il Poeta all’amata Che più? Si ripete, Se per voi tutto in me rivive E la fede e l ispirazione E la vita e le lacrime e l’amore.

La dedica

La scelta del Sindaco Palazzi di dedicare le nuove scuole primarie di Borgochiesanova a Piero Angela ha certamente delle sua valide ragioni , ma che vada di per sé non mi pare proprio. Che Piero Angelo sia stato un notevole giornalista e divulgatore scientifico è certo, quanto lo è che così facendo si coltiva la propria popolarità politica celebrando in morte l’ ennesima icona del mainstream mediatico, non già una figura dell’alta cultura, , tanto per intenderci in sede locale come Giorgio Bernardi Perini, Enzo Dara, o il cittadino onorario S. Heaney, mentre al contempo si vengono legittimando nei loro limiti condivisi gli orizzonti di pensiero dogmatici di un senso comune scientistico quale quello degli Angela, padre e figlio, che resta al di qua delle rivoluzioni epistemologiche della scienza moderna e contemporanea, e delle schiusure che apre ad altre dimensioni, trascendenti, del Vero. Penso a come la fisica attuale ponga quale principio di unità fondamentale la vibrazione , al pari di quanto la vibrazione lo è per certe tradizioni tantriche in forma di spanda, il che equivale al tapas dei testi vedici hindu, al thumos dei greci e al nostro conatus , o libido o ardore o principio-passione, che dir si voglia; penso a come al fondo il Tutto si riveli Vuoto per la fisica quantistica e per i misticismi non solo orientali, o se si vuole, secondo il trinitarismo del cristianesimo, si confermi il perenne Non esserci ancora della Dimensione del Padre nel suo perenne precedere il suo risolversi nel Logos del Figlio e nella creatività dello Spirito. Penso a come l’energia oscura che coesiste con l’ energia materiale determinando l’accelerazione del Mondo in evoluzione, senza in ciò diluirsi, sia pensabile come il correlato energetico del Divino quale causa attrattiva del Mondo. “ Come presumere o pretendere del resto, con le parole del filosofo Corrado Ocone, “che Angela avesse studiato le epistemologie novecentesche e che, forte delle complesse acquisizioni conquistate riflettendo sul principio di indeterminazione oppure sulle geometrie non euclidee, sulla fisica quantistica o l’anarchismo epistemologico dei post-popperiani, concepisse infine l’idea di somministrarle al suo vasto e affezionato pubblico”. Ma tant ‘è, appiattiamoci così, quatti quatti, sul convincimento che la coscienza sia solo un epifenomeno della materia, che l’ idea mentale che muove la materia quando essa ci guida sia niente di più che un processo elettrico, riduciamoci a una realtà che consisterebbe solo in quella spazio temporale di un patrimonio di risorse, paesaggistico ed artistico, che sussisterebbe unicamente per essere sfruttato utilitaristicamente e per il nostro entertainment , in conformità con un nichilismo estetico anestetizzante che è lo spirito reale di mostre e turismo propagandistici. Altro che tormento ed estasi! Che lacrimae rerum depositate in arte per muoverci al pianto! Del resto, esplicitandolo come un dogma amministrativo, il Sindaco Palazzi l’ha professato reiteratamente, il suo rifiuto intollerante di ogni sorta di contemplazione. Peccato che sia contemplazione anche l’abbracciare con ogni dimensione mentale non solo ciò che è fashion o marketing, o voga corrente, di fratelli e sorelle d’Italia e demo- forza- leghisti concomitanti, ma ogni dimensione possibile del reale, in uno sguardo di insieme che comprende gli interessi costituiti e l invisibile rimosso ed escluso . gli angeli-bambino sfigurati di Klee, numero d’occhi infinito d’una Hagia Sofia ( Mandel’stam), e l’amore che per il poeta risiede dove cade l escremento. Magari per elevarsi a pensare, con Shakespeare, secondo le parole terminali della Tempesta riprese in Helgoland dal fisico Revelli, che a quanto possa apparire in una concezione unificata di mente e natura e di qualsiasi altra realtà possibile, (- di spirito e materia, in soldoni contanti che non siano duali-) noi si sia fatti “ della stessa sostanza dei sogni” . Odorico Bergamaschi