giovedì 2 agosto 2012

Prima Egloga Indiana

                                                                       Prima Egloga Indiana




Qui dove la tigre che ti fronteggia

è il pupazzo di stoffa di Chandu,

e nel dolce lume il gioco e il canto

sono la felicità di bimbi tra l’immondo,

che lieve brezza ti riconduce,

trattiene i tuoi giorni tra sibili e incanto,

prima che cedano al sonno ed ai silenzi,

inquietati dai ladri ,

della luna sui terrazzi e gli orti di Sevagram,



cum complexa sui corpus miserabile nati,

lo stesso colpo di tosse nell'ultimo nato

e già è il tremendo del sereno

di cui i muri sono assorti nei giorni,

tu vi schiudi il cuore e le braccia

e quanta delicatezza tenera

discopri nel morso

ch’è il calore della schiusa di piccoli cobra,



mentre non hai più altra vita, che questa,

che ti adempia o ti smentisca per sempre,

tra gli strilli e il pianto o il crollo di schianto

deus nobis haec otia fecit


dove il villaggio riposa all’ombra dei nim,

nell’attesa del rientro al tramonto

dalla giungla di bufali ed ox,



tutto si è consumato nella tua remissività ad ogni oltraggio

da che cedendo la gola per il taglio a Kali Bhairavi

potesti lasciare il tormento delle aule

dove chi è rimasto rimarrà ancora più a lungo



ed altrove, qui in India,

quando di febbraio è già estate


e la senape ingiallisce i campi,

eccoti di già sulla via del ritorno

con l’amico sotto le stesse fronde ospitali dell’himli,

in lontananza sfumando i declivi

dove alle acque del Ken discendono i boschi,

presso le propaggini del parco

che pervengono (approdano) ai giunchi ,

“Vedi, come il fiume senza farne uso e ricevere offerte

dona la sua acqua a pecore e cervi,

così l’albero ci dà la sua ombra”,

sotto la quale possiamo ancora indugiare

disvelandoci che cosa sia tra noi paro upkar,



è nelle vicinanze il tempio di Chattarbuja

che preannuncia la nostra antica città,



poi conterà solo andare avanti,

e sarà questo il nostro canto più alto



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