martedì 26 settembre 2017

Tra Kajuraho e Mantova ( cronache indiane tra la veglia e il sonno)

Tra Kajuraho e Mantova ( cronache indiane tra la veglia e il sonno)
Nella mia vita sempre più sospesa tra la veglia e il sonno, tra gli incubi che al di là della morte mi conducono a contemplare la fotografia del mio volto defunto con mia madre ad attendermi oltre la soglia, (un altro più sfocato non presenta il lividore tumido per ciò che ho subito di letale), prima di essere avviato al gate numero sei, ove un San Paolo confusionario come don Ulisse mi rabbonisce che scegliendo la via scontata dell’amore abbia mancato l’accesso principale alla gloria dei cieli, riemergendone nell realtà diurna della mia angoscia e della vanità di fronteggiarla con il mio impegno civile, illuso di potermi così rendere utile e di farmi valere , è a brani e frammenti che mi perviene la realtà dall’India per il tramite di Mohammad e di Ajay, in un ripetersi indaffarato della vita d’hotel di Kailash oramai in attesa del mio ritorno.
Non meno sorprendente dei miei sogni ossessivi,- che ovunque stia splendidamente in vacanza mi fanno ritrovare con compiti ancora da correggere mentre incombono scrutini, o esami liceali cui giungo immancabilmente in affanno e impreparato, a ritrovare stuprate da bruti, cui le ho lasciate improvvidamente abbandonate nel sottoponte in disuso, le sole bambine con cui da piccolo fui in qualche intimità di giochi,- è che al mio risveglio io ritrovi in Mantova e Khajuraho lo stesso allineamento turistico, incapaci entrambi i centri d’arte di darsi altrimenti un futuro.
Leggevo oggi sul foglio locale di come internet stia riscrivendo l ospitalità della mia città, sempre meno in hotel, sempre più in bed and breakfast e in appartamenti e case private, senza però che aumentino di un niente le notti trascorse , e ieri Mohammad è riuscito solo a dirmi in che situazione drammatica si sia ritrovato, per avere voluto dare una mano all’amico Abbaz ad aprire anch’egli un proprio home stay nel sobborgo fatiscente della musulmana Manjunagar , forte della sua esperienza giunta al suo quinto mese presso l home stay P.* di Manoj.
Ora si dà che Abbaz abbia un cugino che vuole a sua volta aprire un home stay, e l’avere appreso che Mohammad si sia prodigato a favorire Abbaz l’ha fatto montare su tutte le furie. “ I kill you, I kill you-Mi ha gridato raggiungendomi fin dentro l’hotel- home stay, mi ha minacciato di denunciarmi come un terrorista, facendomi il nome di un poliziotto suo amico”
“ Tu terrorista, e come, vivendo in Khajuraho, tutto il giorno in home stay?...”
“ Vengo da Kanpur, e lui può inventare tutto sul mio conto”
Bilal, il suo parente ricco e influente, si sarebbe dato da fare per evitargli ogni guaio, ma l impegno da questi così assunto non lo rassicurava quanto invece lo spaventava ancora la veemenza con la quale il cugino di Abbaz lo aveva investito
“ E dirò, ha anche aggiunto, che fai dei traffici sporchi con gli stranieri. Mi crederanno, vedrai”
“E Abbaz?
“ E’ tutto dalla mia parte, ha fatto tanto per me.”
Stavo per suggerirgli di lasciare perdere tutto o di anticipare quello scriteriato recandosi lui, con Abbaz e Bilal, a denunciarne le minacce alla polizia, quando la linea è caduta e non è stato più possibile riprenderla
“ Che vuoi, mi ha detto Kailash , quando gli ho detto grossomodo del fatto, tutti quelli che hanno delle stanze libere ne fanno in Khajuraho un home stay…”
“ Ma se non avete che indiani in hotel, e non si vedono più stranieri occidentali!” Un dieci per cento del totale dei turisti, secondo i suoi calcoli aggiornati
“ Ma è folle, Kailash, addirittura in Manjunagar..”
“ Che vuoi, la sai come la penso, Chi ha denaro non sa che spenderlo / non riesce a non spenderlo”
Come la Gautam family. Zero clienti in hotel. E intanto a costruirne un altro.
E tra “ corean” o “ indian group” l’amico se la passa prendendosi più cura dell hotel e interessandosene più dello stesso padrone.
“ Ieri gli ho fatto vedere come mi fossi dato da fare a spazzare via le cimici dalle stanze prima che i coreani arrivassero”. . Khajuraho era invasa di cimici ancora quest’oggi, è a luci spente. per non attrarle negli interni, che mi ha telefonato più volte standosene di fuori dell hotel, lungo la jain Road di una Khajuraho abbuiata.
Sono gli indiani i clienti che gli danno più da fare, con le loro pretese incessanti lungo il corso di tutta la notte, prima l’acqua, poi le scatole dei fiammiferi, le sigarette da portare loro in stanza.
In compenso sono di meno i grilli salterini, dappertutto, fin dentro le maglie di sotto. Grilli e cimici ci sono perché è venuta la pioggia, ma della tanta acqua che preannunciava il meteo in internet, ne è caduta parecchia solo per un’ora. Dalle quattro alle cinque di un pomeriggio.Abbastanza per assicurare che giunga a maturazione il sesamo nei campi, troppo poca per le coltivazioni di lenticchie, che andranno perdute nei campi senza pozzi o non raggiunti dall’irrigazione.
Nei giorni in cui vorrei tanto essere già da loro, nei giorni della festa di Diwali per la Laxmi puja in famiglia, il padrone giovane pare che lo voglia al suo seguito a Delhi, partecipe come cerimoniere del suo matrimonio con un’indiana, dopo avere lasciato la prima moglie italiana.
“ L’ha lasciata dopo essere diventato ricco del suo denaro, vero, Kailash?”
“ Yes, like this” ha annuito Kailash, con cruda sincerità, come se non sapessi già come si sono costruite le fortune in Khajuraho di tanti detentori di hotel. Del suo, come di quello di Mohammad, come di quello stesso in cui l’estate scorsa lavorava Ajay. Ma il suo padrone resta il dio del mio amico. E per quanto gli abbia raccomandato la cura dei nostri bambini, so già che Ajay , in difficoltà con la matematica e l’hindi, non troverà in lui l’amicizia fraterna di un soccorrevole padre..
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