sabato 25 marzo 2023

Ancora su Chandu

Purtroppo quando si parla a se stessi scrivendo pagine che un tempo erano fogli di diario, ogni auto-confessione è diventa un’auto-confessione “social”, non solo sotto i pubblici riflettori con tutte le riserve e le censure di ciò che non è esprimibile in un social network, ma forzati a tenere conto di un pubblico che non è più quello ideale della propria autocoscienza immedesimata con il cospetto di Dio, giudice ed arbitro, ma di ciò che si sa che è tollerabile e non ripugna sapere di noi alla propria corte di amici, che non ne disintegra la considerazione che hanno della nostra persona e ne preserva l’audience ed il rispettoso riguardo. Quanti aspetti della propria vita diventano latebre incomunicabili prima ancora che insondabili. Ma a dispetto di tutto quello che si può ritenere e pensare voglio parlare a chiunque possa leggermi e comunque ne pensi del mio amore per Chandu, ora divenuto mio figlio adottivo particolare, un amore assoluto, incondizionato, per quanto può esserlo un amore ispirato dalla bellezza incredibile dell’essere che si ama in tutto il suo splendore. Non si tratta solo della luce che emana il suo sguardo, il sorriso che ti è perennemente rivolto, irradiando dai suoi lineamenti meravigliosi racchiusi nel suo piccolo ovale come in un perfetto chicco di caffè. E’ lo scintillare di tutta l innocenza della sua irresistibile astuzia maliziosa così candidamente confidata, lo yes della sua possibile disponibilità, è tutta la serietà della sua perfetta onestà e sincerità, il suo essere compiutamente contento del dì presente e il suo vivere in esso, certo coltivando intenti e piani, ma quelli che dettano le circostanze in atto , il diventare uno you tuber perché era vincente nei play games cui si dedicavano tutti gli abitanti del villaggio in tempo di covid, un giocatore di cricket perché si è scoperto un battitore più bravo di tanti suoi amici, aspirando ad accedere all’accademia di indore . Mi è irresistibilmente adorabile proprio quanto più è il mio Pinocchio, come quando nel dirgli di che cosa poteva comportare che diventassi un suo secondo padre, “ Only your responsability” , mi ha risposto semiserio, precisando meglio , consapevole di tale enormità” What I want you have to give me”. Di fatto tutto finora si è risolto nell’ impegno reciproco , di cui è rispettosissimo, che per ogni 50 rupie deve leggere mentalmente in hindi una favola dei panchatantra che gli recito a voce in inglese. In realtà ciò che lo angustia, e che mi rivela in forme indirette, è che con una mia paternità a pieno titolo egli possa dover perdere con i propri genitori naturali il proprio cognome e con esso la sua identità di indiano hindu, anche se di puja e mandir non è praticante, e pur preferisce l’arte dei templi di Khajuraho a quella islamica dello stesso Taj Mahal perché quest’ultima è per lui troppo semplice. Così ieri mi ha chiesto dapprima se preferisco l islam o l induismo, poi se dovendo lasciare il cristianesimo preferirei diventare hindu o muslim. Sia pure hindu fino in fondo , il mio Chandu, nemmeno si pone il problema, purché lo sia come papà Kailash, che in una Chiesa si fa il segno di croce e si genuflette di fronte al mirab di una moschea, o prega in un gurudwara sikh o in un jain mandir, purché come lui faccia un offerta a ogni mendicante e storpio che incontra, nonostante la mia contrarietà se è una donna ancor giovane che usa per questo i bambini nel traffico stradale asfissiante, e non assecondi la dottrina del karma che mi illustrava oggi il dotto jain, che vuole che lo storpio cui nega ogni pietà sia tale perché deve espiare le colpe di una precedente incarnazione. Solo l uomo virtuoso vede Dio, mi ha replicato, quando gli ho chiesto perché le pareti esteriori del tempio rechino le immagini allettanti dei piaceri dei sensi da cui occorre conseguire il distacco : peccato che io Lo veda, Dio, nella realtà umana che aborrisce, quando non cado a mia volta in atti di durezza e crudeltà, come con il vecchio rickshawallah di Patna. Ed oggi ho alfine detto a lui ed a me stesso che cosa più mi strazia nel doverlo lasciare facendo rientro in italia. “ Ora tu sei il mio figlio bambino, che intanto finirà, e quando tornerò tu sarai il mio figlio ragazzo, my boy child. Per questo voglio salvare immagini e video di te. Per te è un problema tutto ciò? “ No, mi ha sorriso nuovamente. E’ per questo, gli ho confidato, che ogni occasione per me ora è buona per andare a cenare insieme al Lassi corner o al Raja cafe, come quando mi raggiunge in bici presso i due ragazzi samosa-wallah, per unirsi a me nel cibarmi di pokora e samosa.E questa sera è venuto in camera mia per leggere insieme la seconda favola dei Panchatantra. Io ho scelto la terza, perché la seconda era troppo lunga per solo 50 rupie.” Me ne puoi dare per questa’ altra cento, mi ha detto, accennando a una delle banconote da 100 rupie sul mio tavolino. Poi ha usato il mio smarthphone come calcolatrice, per sapere quante rupie in totale avrebbe ricavato dalle lettura di tutti quanti i panchatantra, 365 quanto i giorni all’incirca di un anno. “ E dei due racconti finora letti, l Avvoltoio cieco e il gatto malefico, il cobra e il formicaio, quale ti è piaciuto di più?” “Both” applicando in tutta sincerità la sua inscalfibile diplomazia, dei I don’t know, We will se, As You like, alla bisogna.

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