sabato 28 dicembre 2013

cronaca di un' ordinaria giornata indiana

cronaca di un' ordinaria giornata indiana
21 dicembre sabato 2013-12-22

Redatta la cronaca del giorno prima, pur nel persistere di tosse e raucedine mi predispongo a recarmi a Panna, per fotografare i reperti eccellenti del museo archeologico dipartimentale che vi ho visitato la settimana scorsa, quando sento all’ esterno farsi acuto il diverbio tra Vimala e le donne del vicinato, ma allorché esco esso ha già superato il livello di guardia: la moglie del lavandaio dalit, dirimpettaio, si sta già avventando su Vimala con una tanica di plastica e a tal punto posso solo contribuire con altri vicini a dividerle mentre si accapigliano e stanno dandosele. Faccio convenire Kailash , che mi spiega che Vimala si lamentava, con i suoi modi insolenti e sgraziati di villica, che la vicina riversasse le acque reflue nella canaletta delle condutture della nostra abitazione, ingorgandole. Sembrerebbe sedarsi il contrasto, che è l’occasione per constatare che il secchio che uso per riscaldare con il water heather l’acqua con cui faccio la doccia , è lo stesso in cui gli avanzi giornalieri dei pasti si fanno il pastone che ambisce la vacca che penetra in casa, chiedo dunque a Kailash di usare il tuk tuk e di andare a procurarmene un altro, insieme ad un vaso in cui inseminare basilico, dato che sono ancora in tuta nell’imminenza di fare la doccia prima della partenza. Me lo procurerà di plastica, insieme con il vaso in cui primeggia un rampollo. E’ talmente lunga e laboriosa la doccia nello stanzino in cui devo trasferirmi con l’occorrente e il minimo dei panni, il seggiolino su cui riporli con l’asciugamano non che lo sgabellino in legno che mi ha fatto fare Kailash, che solo verso mezzogiorno posso essere in partenza, avviandomi a piedi per la stazione degli autobus, perché prenderò un tuk tuk solo dopo avere ricaricato il cellulare, di un importo di 200 rupie, più 20 di abbuono.
Meraviglioso come sempre è il tragitto attraverso il National Park prima dell’arrivo a Panna, dove l’influenza che mi debilita mi induce a un pranzo confortevole presso il Raj Laxmi, prima di recarmi al Museo archeologico, in un altro chowk, dove non ritrovo il direttore con cui vorrei interloquire. Sono affidato alla sorveglianza di un indiano nauseolente, che mi fornisce l’occasione per un forte esercizio di disciplina interiore nel ricambiare con gentilezza la sua vicinanza quando mi presta aiuto. Al vaglio selettivo dei reperti sopravvivono un mirabile tirthankara e una coppia Uma e Mahesvara di epoca gupta, non che più straordinario di tutti, un possente e naturalmente nobile Shiva Rudra, sempre dei primordi classici della scultura indiana, non ritroverò invece le sapta matrika in catalogo nel volume sui master pieces dei musei del Madhya Pradesh, la cui esibizione stessa, come per i maggiori reperti dei musei di Dhubela, Vidisha, Ram van, sembra averne occasionato il trasferimento nel museo centrale di Bhopal.
Un languore sfinente mi pervade di torpore sonnolento mentre concludo la visita e lascio il museo, inutile è la divagazione per rivisitare il Baldeoji mandir, che trovo chiuso, cheaps, un somosa, possono bastare a sostenermi nel viaggio di rientro sul bus che mi scarica a Bamitha, da dove con un passaggio in savari per 50 rupie raggiungo Sewagram in Khajuraho. Nonostante lo stato influenzale uscirò per acquistare delle bottiglie dell’acqua e delle caramelle che mi pasticchino contro la tosse notturna, e lo sciroppo ayurvedico squisito che si sta esaurendo, per farmi fare la barba da Moma, sempre che trovi ancora aperto il negozio di barbiere, consegnandogli un'immaginetta della Sharda Devi di Majhar da tenere nel nostro negozio in comune, ed eventualmente telefonare a mia madre,- ma quando faccio rientro di li a poco per depositare le bottiglie dell’ acqua e ripartire, trovo una piccola folla accalcata di fronte a casa con Kailash uscito in chaddiqi, nient’alro che mutandine, sicché Vimala gli consegnerà un asciugamano per farne un longi: è uno strascico virulento delle beghe della mattinata, a seguito di quanto avrebbe detto e minacciato la consorte del lavandaio dalit con madre congiunta: insinuando che Vimala sarebbe la moglie di due mariti, dei quali sarei io il secondo, e ripromettendo malefici , jantar manthar, contro i nostri bambini. Dentro di me , imperturbato dall’accusa senza fondamento che mi coinvolge, penso che almeno essa scongiura la vociferazione , a suo tempo, ch’io fossi invece una delle due mogli di Kailash, mentre mi dà sollievo cheegli non resti sconvolto dalle minacce di un jantar manthar, dopo che per un maleficio del genere ebbe a temere la morte improvvisa e senza ragione apparente di Sumit. Egli ripromette di andare con me dalla polizia di Chhatarpur, per sporgere denunzia, forte della mia autorevolezza di straniero, e la minaccia concretamente legale sembra sortire i suoi effetti. “ sorry, sorry”, si scuserà il lavandaio per la moglie linguacciuta quanto essa, si, cornifera a sua insaputa. Per farmi radere la barba mi allontano solo allora dalla piccola folla del vicinato, radunatasi intorno, e che non accenna a disperdersi, ma l’avvistamento di una camionetta della polizia lungo il percorso, mi induce a telefonare a Kailash dal negozio di Moma, per sincerarmi che non sia accorsa a motivo della diatriba che ci coinvolge.
Trovo Moma ancora al lavoro quando sono ancora le nove di sera, meglio non fare confronti con la disponibilità a sfiancarsi per i figli di Kailash, dall’altro capo dell’abitato non trovo invece aperto il negozio di prodotti ayurvedici, nei paraggi è ancora in funzione solo un altro esercizio di barbiere, telefonerò a mia madre da casa con il cellulare, senza trovarla, anzichè via skype, dal shiva.net center, ancora in funzione, mentre sta ancora chiudendo l’Agrawal center shop, il che mi consente di assicurarmi altre caramelle per la notte. A casa ritrovo sereno Kailash, confortato dalla solidarietà del vicinato, mi imbandisce pasta asciutta un pò scotta ma dal condimento squisito, prima di potermi offrire dei puri fatti di farina di lenticchie che mi sono immangiabili, offertigli dalla famiglia che vive accanto alla nostra, e di avviarsi con me verso il caro sonno notturno, da cui mi risveglierà , sul far della mezzanotte, per sgridarmi di non avere tenuti chiusi i battenti delle porte della mia stanza, essendo io precipitato a letto nel sonno tutto quanto ancora vestito.

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