venerdì 9 maggio 2014

tre itinerari in delhi

Lungo la linea metroplitana gialla, è dalla stazione di Jor Bagh, la più prossima alla tomba di Safdarjung, che  ha inizio il nostro itinerario. Basta seguitare all’uscita per alcune centinaia di metri *,  per ritrovarsi allìingresso del  recinto  del monumento sepolcrale, all’altro lato dell’incrocio con la  lodi Road.
Un portale d’accesso infrescato di fiori dipinti  immette nelle delizie della tomba giardino, che al termine della Lodi Road è situata all’estremo opposto rispetto alla tomba di Humayun, il grande prototipo originario  di tale forma monumentale di sepoltura moghul,  di cui la tomba di safdarjung costituisce  l’ estrema realizzazione grandiosa.
In conformità con tale ideazione, la tomba ci apparirà sopraelevata su una piattaforma al  centro di un ampio giardino  cinto da una cortina  muraria con con al centro di ogni lato quattro edifici d’accesso bei quattro punti cardinali, dove si intersecano i quadranti  articolati in quadranti minori per il tramite di canalizzazioni e sentieri, che costituiscono il chahar bagh, l’impianto scenico che evoca i quattro giardini e i loro rivoli celesti  del paradiso coranico.
Fu essa  costruita nel 173-54, per ospitare le spoglie del padre Mirza Muqim Abu’l Mansur  khan, detto Safdar Jang, vicerè dell’Oud ( 1739-1753 )sotto Muhammad Shah,  dal figlio Shuja’u’d –Daula.
Mothi mahal, palazzo di Perle, Badshah-Psand, “Favorita del re” e Jangli-Mahal, Palazzo Forestale”, i nomi dei padiglioni al centro dei lati del muro di cinta,  in luogo del portale di due piani da cui si ha accesso ad oriente, che ci prelude, prefigura e schiude gradualmente   la vista favolosa della tomba.
Ma sarebbe lesivo del suo incanto figurarla con  in controcampo la Tomba di Humayun ne sortirebbe uno sviamento deludente, in una ricerca di proporzioni e armonie di forme corrispondenti che nel miraggio di un riprodursi della stessa bellezza stupefacente della tomba di Humayun, indurrebbe a trinvenirvi lo  sbilanciamento di una debole concezione architetturale, “lacking of  a pyramidal feeling” , a ritenere  che un edificio definito come “ the last flicker  in the lamp of Mughal architecture  at Delhi”, dell’arte moghul sia lestremo tremolio più che l ultimo balenio, sino a rimpiangere che per il suo rivestimento in arenaria e marmo sia stato spogliato del proprio la pregevole tomba in Nizamuddin di  Abdu’r  Rahim  Khan Khan-i-Khanan.
La tomba di Safdar Janng non è un trono di gloria del Clemente, del Misericordioso, dispiegato in altitudine quanto in latitudine, è a due piani un palazzo fatato ultraterreno,  le cui torrette poligonali agli angoli, terminanti in chattri, in luogo di sfaccettature, ne recepiscono, e ne rinviano alle origini ogni tensione espansiva laterale per un rilancio verso l’alto, dove  su un tamburo di sedici lati ne  raccoglie l’anelito la cupola a forma di bulbo.
Salendo alla tomba tramite le scalinate che vi ascendono dalle aperture inarcate della veranda , sino ad accedere nella camera centrale quadrata del cenotafio, vi perverremo sotto le archeggiature incorniciate  di marmo delli’wan principale, tra l’efflorescenza e Il laminarsi foliare degli stucchi decorativi e dei cespiti delle colonnine che l’affiancano, ingentilendolo quanto il bengaldar della sua apertura superiore.
Giunti nella camera centrale, in una stanza sotterranea sottostante la quale stanno gli effettivi  sepocri di Safdar.jang e della moglie, come nelle antecedenti tombe giardino ci ritroveremo  nel vano di convergenza di quattro celle ottagonali agli angoli dell’edificio, tra le quali sono comprese quattro stanze intermedi e rettangolari.
Solo che solleviamo lo sguardo, a  trasporci in una sua trascendenza che pare quasi rococò, dato lo spirito dei tempi  che vi è come precorso, saranno gli stucchi floreali, quali nuvole di petali, che decorano le volte della sala,  dei vani d’accesso intermedi in cui si transita tra le salette  ottagonali agli angoli: Tutto vi si fa  delicatezza languida di grazia.

All’uscita dalla tomba giardino di Safdarjung, la Lodi road è da intraprendere al sinistra lungo la quale già si affianca l’oasi urbana degli incantevoli Lodi garden. 
E’  la denominazione invalsa dell’originario Lady Willingdon Park,  cosi intitolato perchè fu disegnato dall’allora moglie del Governatore generale dell India sotto l’Impero britannico, intorno aiquattro  monumenti sepolcrali dei dinasti Sayd e Lodi che vi sono ora compresi.
L’architetto Joseph  Allen Stein ebbe poi lincarico di ridisegnarli insieme a Garett Eckbo insieme all intera zona,  quando una Glass House venne aggiunta ai giardini, presso una porta d’ ingresso depoca britannica.
L’accesso secondario che vi si apre da Lodi Road ci permette di visionare le tombe in ordine cronologico, a iniziare dalla tomba che già si intravede nel parco di  Mohammed Shad , il  terzo sovrano Sayyid( 1434-44).
La sua importanza è dovuta anche al dato che  uno dei pochi edifici superstiti di epoca Sayyd, in ragione anche dal fatto che tali sultani dovettero soprattutto contenere la violenza distruttiva delle campagne di conquista dei timuridi.
Essa è a pianta ottogonale,  nella sala centrale e nella verandah che vi dà accesso, con tre arcate ad ogni lato,  dei quali solo quello ad ovest è tamponato all’interno, per  fungere da mirhab di una moschea interna.
Agli angoli sono di supporto dei contrafforti inclinati, mentre una cornice o Chkhajjia ricorre intorno alla verandah, mentre al centro di ogni suo lato dal soffitto emerge uno chattri, a contornare la cupola centrale che si erge su un tamburo di sedici lati, con una torretta ad ogni vertice d’angolo.
Tale tipo di edificio sepolcrale ha un suo antecedente in Delhi nell’ora  dimessa  tomba Khani-Jahan Tilangani, pressocché irrintracciabile nel Kot dellenclave islamica di Nizamuddin, e  nella tomba di Mubarak shah, precedessore Sayyd di Mohammd Shah, e troverà un seguito in Delhi, nella ultime tomba del periodo lodi che ospitano i giardini,  la tomba di Sikandar Lodi, e in epoca moghul  nella magnifica Isa Khan tomb compresa nella recinzione muraria esterna della tomba di Humayun, nella Adham khan tomb in merhauli , che ospita la salma del fratello di latte del grande sovrano moghul Akbhar, che ve lo fece seppellire insieme alla madre, morta di crepcuore per la tragica fine del figlio, dopo averlo egli fatto da uccidere a capofitto per avere ordito la morte del suo consigliere atagha Khan,  marito di un’altra balia di corte.

Ma di tale forma di tomba è al di fuori di Delhi che si può ritrovare la realizzazione più alta, nell’edificio sepolcrale del grande governatore afghano Sher Shah Sur in Sasaram, nellattuale Bihar,
.
E in tale   magnificazione di tale sua ripresa ad opera dell’architetto Aliwal Khan,  in rottura di continuità con gli antagonisti moghul, che la tomba ottaedra che fu privilegiata dai sultani Sayyd, rivela le sue origini estreme dal mausoleo greco- romano,   per il tramite della sua riproposizione nel Santo Sepolcro di Cristo, e secondo tale modello esemplare in Gerusalemme, della sua  trasposizione nel mondo islamico nella edificazione della moschea della cupola della roccia.
E’ essa concepita per il concorso da ogni direzione nella venerazione di spoglie eroiche e sante, di cui la cupola tra i chattri esalta la traslazione nei cieli della realtà divina.
Ben diverso è lo spirito religioso del tipo di tomba che rinveniamo nei Lodi garden seguitando il cammino, nelle  Badha e Shesh Gumbad che  si fronteggiano.
Esse sono a pressocchè coeve e risalgono ai primi anni del regno di Sikandar Lodi( 1489-1517)
A pianta quadrata, anzichè ottogonale, Nelle simulate  vestigia di palazzi a due piani esse appaiono come una prefigurazione terrena della dimora celeste dei  dignitari che vi furono sepolti durante il sultanato di Sikandar lodi, (a differenza dei mausolei  celebrativi ottogonali che si sono considerati,  o dei troni di gloria divini,.delle successive più sublimi  tombe giardino moghul)
Agli apparenti due piani corrispondono arcate di cui sono aperte, e ammettono luce, solo quelle adiacenti al’entrata , costituita da portali trabeati con mensoloni ,ovrastati da aperture di luce ed entro archi incorniciati rettangolarmente , che enfatizzano i pinnacoli delle guldastas.
Similari torrette agli angoli esaltano invece la cupola centrale.
La austerità dele due tombe così  sublimemente ponderate è rianimata dagli inserti di  pietra rossa e bianca che ravvivano quella verde di fondo.
La Shesh Gunbad trae il suo nome dall’essere stata un tempo rivestita da piastrelle blu,  soltanto labili tracce di tale ornamentazione sopravvivono ancora.
Motivi floreali e iscrizioni coraniche ne adornano la volta interna. Una moschea vi è desunta  dal tamponamento della parete ovest .

La tomba Badha Gumbad  , sulla piattaforma che la sopraeleva, é affiancata da due edici , delimitando  con essi tali edifici un  cortile, oltrechè ad est da una presumibile foresteria, o mihman-khana,  da una moschea a ovest, edificata nel 1494, (come riporta l’iscrizione di un mirhab,) che riveste grande importanza nella trasmissione di forme architetturali della Delhi dei sultanati e dei primi tempi moghul.
In essa ci si rifece alla moschea a cinque arcate, le tre  centrali sormontate da altrettante cupole, con torrettte laterali posteriori  a guisa di minareti, inclinate  secondo lo stile che invalse con i sovrani tugluquidi antecedenti, e sporti di jaroka ai lati  e nella proiezione retrostante del mirhab.
Ne è un esempio coevo la Moth Masjid, e la  ritroveremo ripresa nei primordi moghul e durante l interregno di Ser Shah Sur,  nelle moschee  Kamali Jamali in Merhauli,  e nella Qal’a a-i-Kunha , situata nella Purana Qila.
(Per il tramite di queste moschee,  e inoltre della tomba di Atagha in  Nizamuddin, si trasmise altresì all’arte  moghul il motivo ornamentale  della combinazione  di arenaria rossa e marmo bianco, già presente nell’Ala’i-Darwaza della remota architettura Kaliji,   mentre nella moschea Bara Gumbad ad essere utilizzata è pietra di  concio).
Procendo verso nord, tra i frequentatori del parco intenti a ricercarvi un benessere fisico immanentemente terreno più che la trascendenza di un’altra vita cui elevano le tombe, in prossimità del ponte Athpula fatto erigere durante il regno di Akbar da un Nawab bahadur,  con sette arcate decrescenti dal centro alla riva, per un totale di otto piloni, p pula, da cui il ponte trae il nome,  si perviene alla tomba di Sikandar Lodi, racchiusa in un giardino tra alte mura. Essa è similare alla tomba di Mohammad Shah, eccettuato l’ammanco dei chhattri.
Una moschea murale  è ricavata nella parete ovest del muro di cinta, in un ompound che  richiama più le fortificazioni difensive delle tombe tugluqidi, quali quella di Ghiyathud-Din , di quanto non preluda alle tombe giardino moghul nel suo oscuro recesso.

L’ uscita a cui volgere , nelle vicinanze, è quella che immette in Max Muller Marg,  che ci avvia a una conclusione dell itinerario tra eccellenti opere di architettura contemporanee.
La prima che si ravvisa sulla sinistra  è l’india international centre di J. Allen Stein,  risalente al 1962.
Concepita come un centro di simposi e conferenze, di attività artistische e di studio,  è di una luminosita e leggerezza distensiva che incanta.
Pannelli  grigliati  di mattoni frangisole e tettoie ondulate ne modulano le parteti e portici e verande dei complessi in cui si articola,  nel verde  dell’accesso e dei cortili che tra il gettito dacqua di una fontana saprono alla vista dei lodi gardens,  con il lonuge e la dinner rooms degli ospiti.
Un’ oasi cosmica , intensificata dalla biblioteca e dalla sala di lettura a vista, sullaltro lato dell’edificio,  da cui  difficile il distacco.
Lo alleviano la Ghandi Kingh memorial plaza, ora ri-landscaped,  a ideale ricongiungimento, alla luce degli ideali di non violenza del mahatma Ghandi e di Martin Luther King,66 dello spirito dell Icc e della  Ford foundation, ideata anchessa da Joserph allen stein. .
 Seguitando  lungo la MaxMuller Marg ci si ritrova alla confluenza della Birla Marg a destra., lungo la quale sorgono ledificio dellalliance fracaise , , arioso e leggero  con la copertura a pergola di pannelli solari, 158,  risalente al 2004,li intach  132,  le cui pareti irretiscoono lo sguardo con lassumere un decorso flessuoso ,  il World Bank regional mission,124,  ( 1994), di Raj real, dove pietra arenaria beige  e rosa e cemento si  integrano ad aggraziare l’eleganza ritmica di sporti e avancorpi laterali rispetto allarcone sopraelevato centrale.
Di riitorno a max Muller Marg,  p ercorrendo la via fino al termine ci si ritrova al suo incrocio con Lodi road: e ‘sul la to opposto della strada che sorge  lindia habitat center di J. Allen Stein, risalente al 1994.
I vari blocchi ammattonati del complesso ,132  in scala e volume superiore a quella degli altri edifici ideati da Stein  nel  lodi estate,ripetitivamente delle stesse serie di forme  anzichè simmetrici, sono interconnessi da giganteschi  raccordi , ( lineari e trasversali) articolandosi allinterno in altissimi cortili ricoperti da pergole frangisole,  altrettanto austeri quanto ariosi e ospitali nella libera circolazione che consentono,  tra terrazze, le gradinate di un auditorium  e le piante vertiginose di unoasi botanica al riparo della protezione che offrono dai disagi climatici di  Delhi.


Conclude il tratto di lodi Road a cui si è risaliti, ed il nostro itinerario, la tibet house disegnata per il Dalai Lama da Shiv Nath  Prasad. Meno dirompente nel suo brutalismo che il Sri ram center for performing art è pur sempre anchesso un cuboide sopraelevato e sospeso sopra una  base cilindrica,.
Al riparo dei frangisole ispirati a lecorbusier delle sale superiori, così come la rientranza delle finestrature rispetto alla superficie parietale in cui si aprono a nord, in difformita c on la tendenza prelevante nellarchitettura indigena a farle rientrare in proiezioni e sporti aggettanti,  vi si può accedere a un piccolo museo reliquiario tibetano e a una ospitale biblioteca, che del tibet  raccoglie e trasmette la memoria buddhista.
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Sommario
All’uscita dal metro,  appare in fondo allo slargo stradale il Jl Nehru stadium., dalle coperture a vela delle gradinate connesse da potenti tralicci.
Giunti alla sua altezza basta  volgersi a destra per vedere accamparsi allo sguado lo Scope Buiolding di Raj Rewal.
E come una fortificzione turrita,  ma tutt’altro che monolitica e compatta, movimentata da sporgenze e rientranze e raccorrdi trasversali .
La sua pietra arenaria rosa intarsiata nelle torrette e nei raccordi a quella ocra, è un richiamo  continuo ai colori dell’arte moghul
. Anzichè seguitare verso il vetro e laccaio del centro burocratico investigativo,
 bene essere di ritorno allla Lodi road, seguitarla fino all’aman hotel, ora Lodi hotel, e immettersi in Nizamuddin
Nell’enclave islamica ben presto gli odori e i fumi delle carni di pollo e di montone arrostite allo spiedo o sulle braci cedono ben presto alle fragranze dincenso e di petali di rosa che preludono al darghah del santo sufi Nizamuddin.
Sarà una confusione dei sensi e un evento di fraternità religiosa la sua visita, tra tanti miseri accoliti convenuti a ricercarvi la grazia di un santo che non vi è affatto sepolto, sotto i loro umuli di petali di rose e di offerte rituali, più di quanto essa  appagare la ricerca del bello spirituale architettonico,. Del resto sarà difficile  non trovare violate da pellegrine attendatevi i sepolcri moghul.
Per tale appagamento occorre ricercare di seguito nei pressi lAtaga tomb, un piccolo gioiello, intarsiato di marmo e d’arenaria rosa.
Irrintracciabile la tomba tilingani, la prima ottagonale in delhi,  non restano che una moschea tugluquide, la Kali-or-Kalan masjid, la tomba del figlio di ataga Khan, la Chuaunsat  tomb,  il recinto e la tomba adiacenti del poeta galib, la Bara Khamba in un giardino n stato di degrado nauseabondo.
La sabz Burj dal tamburo della cupola spropositato ci avverte della vicinanza dell humayun tomb.
La precedono, oltre l ingresso, la Isa Khan tomb ,  con relativa moschea, dei cui antecedenti esemplari si  è detto illustrando la visuta al lodi garden, i giardini bu halima, larab sarai, con la moschea e tomba Afsarrwala.
L’Humayun tomb quindi,  indianizzazione stupenda dellarte islamica persiana e timuride.
L indianizano al centro del meraviglioso chaharbagh , i meravigliosi chattri di raccordo tra la cupola e il dispiegamento delledificio fino alle sue sfaccettature dangolo, quanto la loro alternanza ritmica a diversi livelli, un tratto dellarte hindu che la caratterizza sin dalla disposizione alterna dei minisikkara nel loro appigliarsi a quello principale, nei templi di khajuraho, per riproporsi nella modulazione dei chattri nei palazzi rajput di Orchha e datia.
La tomba del barbiere, la nil Gumbad tra accampati e cani randagi, sempre che resti ancora tempo, talmente può sfiancare l’aggirare la cinta muraria intorno all complesso della tomba di humayun per  poterla visitare.

3
Già prima di arrivare alla stazione di  Indraprasta, ci si offre dalla metropolitana in superficie una sintesi visiva del nostro itinerario: gli ottaedri dell’hall of nations di raj rewal, sullo sfondo delle porte che volgevano verso lo yamuna della purana qila.
Precede l’ingresso ai padiglioni del pragati maidan la visita del National Science centre, opera di konvinde 1992, una proliferazione di torricelle raccordate da traverse che vi convergono e ne dipartono, che non aassurge mai a monumentalità imponente.115
Oltre l’hall of nations e lhall of industries di Raj Rewal,  diventate un monumento di se stesse per quanto restano inutilizzate 4, e il nehru pavillion, sempre di raj reval, sempre tronco piramidale, pur tra tanto n nei suoi piani salienti  integrato nella natura che li riveste,  il craft   museum di charles correa,  connesso in padiglioni e cortili articolati come in un villaggio signorile.Il  purana qila infine,  la cui visita intreccia la memoria di Humayun che vi trovò la morte e di Sher sha sur, che vi fece edificare una delle più belle moschee di Delhi, la Qal’a-i-Kunha masjid., dellla cui tipologia già si  detto illustrando in un altro itinerario la Bara gumbad masjid .
Resta in programma, alluscita, la Khairu’l-manazil Masjd, voluta dalla balia di akbar cui uccise il figlio Adham Khan , e la porta di Sher shah che è quanto rimane della città da lui voluta , forse insieme con la khuna darwaza.


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