domenica 25 marzo 2018

Nel rischiararsi del primo mattino
La tua animalita’ si raccoglie nel tuo residuo calore,
il nient’altro, di palpitante, che ora tu sei al suo amato cospetto,
senza piu’ tue parole di te
che nemmeno egli voglia piu' intendere ,
il sole dicembrino indiano un trascorso splendore,
al tracimare negli occhi della luce delle acque che le nebbie soffondono,
.e’ cosi  (tra le braci spentesi)  si fa cosi'  piu' che mai duro si fa cosi' riprendere lo sforzo,
di rifacimento in rifacimento nel suo disfacimento che piu' non trova alcun seguito,
riprendere lo sforzo che non trova alcun seguito 
restare in ascolto, inascoltato,
e ancora dare, e dare ancora,
senza nemmeno più gli stracci indosso del mendicante,
in  tutto l’odio violento, che recalcitra muto, recalcitrando, muto,

a eco di coloro
per i cui irrinunciabili agi  ti spogli  di tutto,
di  chi ti condanna e non ti spesa di nulla
(obiit anus, abiit onus,
l’auspicio che ogni mattino risale nel petto,)
indiscernibile l'uomo e la belva,
nella sola resipiscenza  (al suo riproporsi incessante)
che chi non leva al cielo il suo lamento assassino
e’ chi le mani con Caino leverà sul consanguineo sangue,
con la nebbia levandosi il tetro sentire
tra le reiterate parole che nessuno avrà modo di udire. 





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