sabato 9 settembre 2023

Corte Giardino

Egregio Direttore, A inaugurazione avvenuta del Parco Giardino del Te, con concorso felice di un pubblico cittadino delle grandi occasioni, alcune considerazioni si impongono e vanno riproposte, che riduco al loro estratto conto finale, altrimenti di chi favoleggia l’inascolto è garantito. Dunque, innanzitutto il cosiddetto parco del Te è una corte-giardino, non un parco, ne è una riprova che il Sindaco medesimo l’abbia raffrontato alle Tuileries, che sono giardini. Tale nomea non è solo imprecisa, è fuorviante perché a tale corte-giardino oltre ai vari suoi pregi conferisce quello, che ad essa non spetta affatto, di essere un Rinascimento verde, o un polmone green , costituendo per lo più una distesa di erba rasata, energivora e di irrilevante apporto ambientale. Un polmone verde lo poteva essere invece la riserva dell’ex lago Paiolo, per il quale il Sindaco non si è speso per nulla, e comunque un vero Parco o bosco non poteva aver sede in tale sedime del Te. Di certo non bisognava lasciare tutto com’era, l’area andava riordinata, ma nel rispetto non soltanto del Te , bensì, non di meno, delle funzioni che tale prateria assolveva. Per questo era preferibile il quadro progettuale di giardino approntato per l’ Unesco da Paola Eugenia Falini e Patrizia Pulcini, prima di tutto perché nella sua maggiore semplicità esso era più consono al contesto del Palazzo del Te. E le sue praterie centrali, senza stanze dintorno che ne limitassero l’ estensione, che casomai era meglio allineare sui lungolaghi, erano quanto mai flessibili e polivalenti, in quanto bastava uno sfalcio e potevano essere convertite in campo della fiera, o altrimenti in prato di esibizioni di mostre e in luogo di raduni e di manifestazioni, quali il gay pride e Vaisakhi, la festa della primavera dei sikh, e pur anche in arena per grandi spettacoli e concertoni e concertini. Ma non è ugualmente versatile anche l’attuale? Ne dubito fortemente, e non solo per le ragioni già esposte , ma in quanto la corte giardino del Te, in contrasto a com’è stata felicemente invasa nella sua inaugurazione, ha uno spiccata connotazione di parco d’elite, come attestano la pretesa di separare i turisti da sportivi e tifosi tra chi accede alle sue vicinanze, l’ assenza di bagni e di carrozzine e sedie a rotelle per gli anziani e gli invalidi, mentre sono stati approntati anche servizi inaugurali di assistenza veterinaria, o un’aiuola per lo yoga nel via vai, banalizzato a fitness, davvero una figata pazzesca Almeno risparmiandoci le panchine di Notting Hill, già in programma. Al postutto, va concluso che non è il bello o brutto il solo criterio di valutazione di un’opera architettonica e urbanistica, lo sono anche la sua consonanza con ciò di cui c’è più bisogno, in assoluto e nelle attuali contingenze, di pandemia inestinta e di economia di guerra, i costi e i modi e le forme in cui si è giunti a deliberarla, se sono state democratiche e partecipative e un concorso di idee e di piani, o impositive d’imperio, con la braveria di un signorotto locale che faccia intendere “ questo Parco s’ha da fare come dico io, o… è come…” . Ne è altresì un criterio indispensabile di valutazione quanto l’opera nel tempo possa durare e non ammalorarsi , in un clima che si va facendo subtropicale, e quali ne siano gli oneri di manutenzione. Come per dire, non è che un tiramisù per quanto libidinoso sia il meglio della vita per un diabetico. E un’ opera del genere non può essere fatta assurgere a opera di regime, non può divenire come già Piazza Leon Battista Alberti la bella che sia la favorita del Sindaco Duca, alle cui grazie indiscusse una cittadinanza debba soggiacere cinguettando in una piaggeria desolante, quasi che si fosse ancora alla corte di Vincenzo I Gonzaga . Il cosiddetto Parco attuale è dunque lecito e ragionevole sia criticarlo che esaltarlo, ma discernendo tra critica seria e critica campata per aria, o insulto gridato, tra assenso di claque irriflessivo, e intollerante, e assenso motivato e coscienzioso, tra argomentazione e oltraggio beffardo. Odorico Bergamaschi

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