martedì 27 marzo 2012

seconda egloga indiana

Brillano i pani di sterco dei roghi di Holika
nella prima luce del sole sui muri e i terrazzi

la mangusta riappare nei coltivi degli orti,
si schiudono le membra dai giacigli terreni,
con i lavacri delle stoviglie
iniziano nei cortili le abluzioni e gli spurghi,
“ India was enslaved by the british”
la lezione che ripete il fanciullo,
prima di andare a scuola,
nella lingua dei britannici che sempre più è d'obbligo
da che l' India ne è indipendente ,
ora che egli è senior
per non versare cinque rupie alle suore se usa l’hindi,
“India was poor and weak at that time”
ripete come se i suoi stessi panni di ogni giorno
fossero ancora quelli di quel paese debole e povero ,
“ Every man will be thy friend
Whilst thou hast wherewith to spend”


invece il vero amico he stands by us
through thick and thin,
lo è nella buona e nella cattiva sorte,

“Hello, rupees…hello, pens…”

Nel mercato dove cerchi il coriandolo fresco
puoi ritrovare più ancora il maldicente di turno

“L’amico, che la fa da padrone sull’uscio del negozio,
spende tutto nel bere e gli trema la mano,
nessuno vuole lui come barbiere…

e ora chi mi riscatterà questo corpo di morte,
dove il grano già si schiude al calore di marzo
se non, ancora di più,
l’amore ch’è la vita e luce dell’anima ferita

tra le follie di un docile cuore
lontanandoci con l’amico
nelle valli dove ancora risuona il canto di Krishna,
e il clamore della pioggia di fiori e colori
assorda il dolore che invasa la mente,
la luna quel tocco di sandalo
sul volto vergine del cielo,

quando di nuovo sulle forme d’incanto
cade la mente con l’escremento,
poi che amore, giocando il gioco della tigre,
sulla Yamuna è te, mio dio della morte,
ed accade il distacco tra i cieli di Delhi
non più, nella lontananza, lo sguardo amante
ma tremulo liquido l’acciaio nelle trame di vetro,
con le nuvole in disfacimento
tra pietra e cemento trasmutati nei cortili e i terrazzi
cui nello sfolgorarvi del giorno sei di ritorno,


dove chi ama non infinge soltanto,
e qualcosa comunque succede.
“E’ troppo povero l’inglese di Ashesh ed Ajay -
il verdetto delle suore, per bocca dell’amico,
perché in India a loro consenta un futuro.
Come pappagalli li hanno addestrati
solo a ripetere ciò che non capiscono.
Provvederemo, comunque, ripartiremo.
Li abbevereremo, i piccoli, al nostro soccorso,
come tra i campi, dalla riarsa giungla,
si abbeverano i bufali al Kuddhar
aprendosii l varco dove intesse le sue rive delle canne
che graticciano il nostro avviato negozio.
E da queste sponde anche voi a casa, ben pasciute capre
Ite domum saturae, venit Hesperum, ite capellae

giovedì 22 marzo 2012

al giovane matteo Forestan

Sto bene, carissimo Matteo, qui in Khajuraho dove l'estate è già in corso , e il grano sta pervenendo a maturazione senza che alcun papavero ne maculi i campi come nelle nostre incantevoli campagne. I miei bambini indiani stanno ultimando gli esami e il nuovo negozio di barbiere del mio amico, grazie alla sua dislocazione sulla via principale di khajuraho sta procendendo bene nei suoi minimi affari, è la metà del precedente e i suoi ricavi ne sono il doppio. Nel locale precedente è oramai in fase avanzata di allestimento il mio ufficio, che aspiro a tramutare nel Bapucultural tours. L'allegato in italiano te ne illustra le aspirazioni. Nelle prossime settimane, dopo che avrò acquistato una stampante e una lavagna bianca, in via sperimentale inizierò un corso di italiano, come a tua volta tu intendi fare in Italia, un'esperienza culturale di insegnamento che riprenderò al mio rientro in India, se avrà un minimo di fortuna. E a mesi intendo aprire uno shop con le mercanzie appetibili dalla popolazione locale e dai turisti comuni, che ho rinvenuto in Delhi, Mathura, o altrove in India e che non sono reperibili nei negozi di Khajuraho, dove le suppellittili in metallo, più di ogni altro item, si sottraggono ancora all'alternativa tra la plastificazione universale e l'artigianato residuo di lusso
Di tutto questo che cosa mi sarebbe possibile in Italia?
Quanto al tuo analogo sforzo didattico, di insegnare l'italiano come seconda lingua agli stranieri residenti in Italia, per quanto ne ho esperienza come ex-insegnante,perchè sia efficace richiede al tempo stesso sia una grande apertura e comunicatività mentale e inter-culturale che una specifica formazione linguistica , non necessariamente necessita di una formazione universitaria, mentre è indispensabile la disponibilità a insegnare l'italiano al di fuori dei consueti schemi grammaticali, che non servono più nemmeno a insegnare l italiano agli studenti per i quali è la madre lingua. Credo ancora molto, per l'attuazione di tali finalità, nella glottodidattica.
Il mio rientro in Italia è prenotato per il 9 maggio, dopo di che sarà dura restarvi fino al termine della stagione delle piogge.
Quanto ti ho scritto, e il fatto che risiedendo in India, non veda già l'ora di farvi rientro, non significa che non incontri crisi e difficoltà persistenti. Ho appena dovuto allontanare il mio amico perchè per quanto sappia benissimo che cosa significhi per me la contemplazione di un tempio o di un' altra qualsiasi opera d'arte, nel corso dei viaggi che seguitiamo a intraprendere insieme, non comprende che la scrittura mi proietta in un altro mondo, che mi richiede una concentrazione mentale incompatibile con la mia presenza mentale nella situazione circostante. Ed essere sistematicamente disturbato e interrotto nella lettura, nella meditazione, nella preghiera, da questo o quell'altro interlocutore, se mi ritiro in ufficio o presso il talab, è prassi corrente di questi giorni. Lo straniero in Kajuraho ed altrove, qui in India per i più è un outcast, da adulare come "sir"per asservirlo e profittare dei suoi averi, e ogni donazione e obbligazione da lui ottenuta è un atto dovuto cui non rendere nemmeno grazie, la coscienza mendicante diffusa è ancora ferma a una pagina che la storia ha voltato da tempo, di quando l'India non era anora una superpotenza, e quasi mezzo miliardo di indiani non erano ancora divenuti più ricchi della media degli occidentali.
Non si è ancora inteso, nella coscienza comune, che l'aiuto reale che gli occidentali possono arrecare agli indiani poveri non è il conto in banca di cui svuotarli, ma una loro liberazione dei poveri dal servilismo della loro sottomissione repellente nei riguardi delle caste superiori, che inculcano loro l'idea che come sudra, o dalit, non possono che rovinarsi se intraprendono un'attività in proprio, se si istruiscono e si emancipano, se non si rimettono come servi alle loro dipenderze per la miseria di mille cinquecento, duemila rupie al mese, per bene che capiti.
Consentimi di illustrarti meglio l'andamento dei miei giorni, con quanto ho già scritto a Luigina de Biasi e a Valentino Giacomin, i cofondatori delle scuole del Progetto Alice in Sarnat, presso Varanasi, con cui coopero( www.aliceproject.org o www.aliceproject.it )
"Per quanto mi consentono adesso le circostanze del mio fortunato pensionamento- per davvero deus nobis haec otia fecit-. da oltre un mese e mezzo sono in India, presso la mia famiglia indiana, da cui ho potuto distaccarmi solo temporaneamente- talmente mi ha assorbito l’assiduità della presenza mentale che mi richiedono i problemi che vi insorgono e i turbamenti che mi causano,- come allorché mi sono recato con il mio amico indiano Kailash in Mathura e Vindravan, nella ricorrenza di Holi, soggiornando poi a Delhi, la megacity che amo talmente tanto. Quanto a me, sto bene, anche se quando viene meno la fiducia in me stesso , o in Kailash o nella possibilità di dare un futuro ai nostri bambini, e insorgono difficoltà che paiono insormontabili- l’ inaffidabilità assoluta delle scuole indiane o di certi " metodi" di insegnamento, ad esempio, che vanificano ogni possibilità dei nostri bambini di apprendere veramente-, devo fronteggiare ricorrenti cadute mentali
Ma solo che salvaguardi il senso che tutto è grazia e dono, la consapevolezza che niente mi è dovuto e che niente posso per davvero esigere e pretendere, di quanto meraviglioso è il mondo in cui mi è concesso di vivere , se con cuore docile so accettare tutte le ricadute di Kailash e dei suoi cari bambini, insieme con le ricorrenze delle mie, e sempre che mi attenga a vivere adesso il mio tempo di vita indiano non più con la fretta e la foga con cui il turista temporaneo cerca di ottimizzare ogni suo giorno e di cogliere e di esaurire tutte le proprie esperienze possibili, affrontando invece ogni circostanza con la distensione della mente e del cuore e con lo spirito di adattamento di chi in India può – e deve- soggiornarvi a lungo e rivivervi e riprendere tutto a breve distanza , e allora per davvero la mia vita può scorrervi felicemente.
E' un’autentica impresa non essere più in India come turista ma come residente non continuativo , con i mutamenti che richiede non solo nel vivere il tempo e le opportunità che si offrono, ma nel sostenere disagi e incompatibilità che non sono più realtà momentanee, nell’assimilare i costumi indiani convenienti e nel preservare i propri irrinunciabili, nel recuperare le proprie pratiche di vita quotidiane differenziando la propria condotta e facendone valere l’autonomia dalle istanze e dalle esigenze che devo assistere e con cui devo solidarizzare di Kailash e della moglie e dei bambini, con tutte le differenti avvertenze e i sensi dei rischi e le priorità del caso"
Posso ora solo riassumerti che la mia esistenza si viene polarizzando tra la città- Delhi, innanzitutto, dove ritrovarmi è davvero magnifico-, scoprendono i capolavori dell'architettura contemporanea, in due metro-tours- e la campagna meravigliosa e miserrima ed il villaggio di Khajuraho, che restano a distanze sempre più siderali da ciò che ora offre una megacity come la capitale indiana, benché i collegamenti siano in continuo miglioramento, e che l’essere cresciuto nella realtà di provincia italiana com'era ancora negli anni sessanta del secolo scorso, si rivela una risorsa
Quando sarò in Italia sarò ben felice di ricevere e di ricambiare la tua ospitalità, caro Matteo.Amo molto le nostre contrade.
A presto.
Odorico

lunedì 19 marzo 2012

a Luigina De Biasi da Khajuraho

Cara Luigina,
sono Odorico.
come stai ora in Sarnat, dove Valentino , in risposta a una mia e-mail , mi ha detto che ti ritrovi in sua assenza , e mi ha assicurato che avrai sicuramente piacere di rivedermici e di scambiare " quattro ciacole", se ti raggiungo da Khajuraho, da cui ora ti scrivo ? E quanto al progetto Alice? Come procedono le cose?
Per quanto mi consentono adesso le circostanze del mio fortunato pensionamento- per davvero deus nobis haec otia fecit-. da oltre un mese e mezzo sono in India, presso la mia famiglia indiana, da cui ho potuto distaccarmi solo temporaneamente- talmente mi ha assorbito l’assiduità della presenza mentale che mi richiedono i problemi che vi insorgono e i turbamenti che mi causano,- come allorché mi sono recato con il mio amico indiano Kailash in Mathura e Vindravan, nella ricorrenza di Holi, soggiornando poi a Delhi, la megacity che amo talmente tanto. Quanto a me, sto bene, anche se quando viene meno la fiducia in me stesso , o in Kailash o nella possibilità di dare un futuro ai nostri bambini, e insorgono difficoltà che paiono insormontabili- l’ inaffidabilità assoluta delle scuole indiane o di certi " metodi" di insegnamento, ad esempio, che vanificano ogni possibilità dei nostri bambini di apprendere veramente-, devo fronteggiare ricorrenti cadute mentali
Ma solo che salvaguardi il senso che tutto è grazia e dono, la consapevolezza che niente mi è dovuto e che niente posso per davvero esigere e pretendere, di quanto meraviglioso è il mondo in cui mi è concesso di vivere , se con cuore docile so accettare tutte le ricadute di Kailash e dei suoi cari bambini, insieme con le ricorrenze delle mie, e sempre che mi attenga a vivere adesso il mio tempo di vita indiano non più con la fretta e la foga con cui il turista temporaneo cerca di ottimizzare ogni suo giorno e di cogliere e di esaurire tutte le proprie esperienze possibili, affrontando invece ogni circostanza con la distensione della mente e del cuore e con lo spirito di adattamento di chi in India può – e deve- soggiornarvi a lungo e rivivervi e riprendere tutto a breve distanza , e allora per davvero la mia vita può scorrervi felicemente.
E' un’autentica impresa non essere più in India come turista ma come residente non continuativo , con i mutamenti che richiede non solo nel vivere il tempo e le opportunità che si offrono, ma nel sostenere disagi e incompatibilità che non sono più realtà momentanee, nell’assimilare i costumi indiani convenienti e nel preservare i propri irrinunciabili, nel recuperare le proprie pratiche di vita quotidiane differenziando la propria condotta e facendone valere l’autonomia dalle istanze e dalle esigenze che devo assistere e con cui devo solidarizzare di Kailash e della moglie e dei bambini, con tutte le differenti avvertenze e i sensi dei rischi e le priorità del caso.
Posso solo riassumerti che la mia esistenza si viene polarizzando tra la città- Delhi, innanzitutto, dove ritrovarmi è davvero magnifico-, e la campagna meravigliosa e miserrima ed il villaggio di Khajuraho, che restano a distanze sempre più siderali da ciò che ora offre una megacity come la capitale indiana, benché i collegamenti siano in continuo miglioramento, e che l’essere cresciuto nella realtà di provincia italiana com'era ancora negli anni sessanta del secolo scorso, si rivela una risorsa formidabile nell’adattamento che mi è richiesto, di cui anche un indiano metropolitano, che non sia un inurbato, oramai raramente e difficilmente dispone.
Cara Luigina ti chiedo ora in conclusione, in attesa di tue notizie, se a fine settimana posso venire in Sarnat a farti visita, o non appena sarò libero dalle incombenze attuali in Khajuraho.
A presto.
Con affetto
OdoricoElimina RispondiRispondi InoltraSpostaStampa