sabato 24 dicembre 2016

Ed ora, amico mio ( versione ultimamente riveduta e corretta )

Ed ora, amico mio
( versione ultimamente riveduta e corretta )
Ed ora, amico mio,
Che qui invecchio solitario e nel freddo
Tra cumuli intorno di parole nei libri
Senza che a farmi compagnia sia più la certezza
Di ricongiungerci ancora,
Di nuovo insieme dove come cala la sera su ricordi ed attese
Il gelo del tuo attaccamento ingeneri
La tua gelosa follia
Il residuo calore che avventura ancora i miei anni,
Oltre l’attendere qui solo la la morte nel passare dei giorni,
Ora in me è l’amore che di te crepita, mio caro,
Per quanto so che sei perduto se non ti sostengo,
Per quanto tu in me confidi benché di me
Tutto tu sappia,
Mentre senza di te qui il mio dolore è tale e tanto
Che la gabbia di stenti è il suo imprigionarsi,
Che disperando di ritrovarci
La mia veglia cerca solo l’addormentarsi e il morire
Nel sogno di te.
Novembre-Dicembre 2016

Il dono tanto agognato

Il dono tanto agognato

Come tra Voi l'amico Simone Lanzi mi ha augurato, posso sperare che il dono tanto agognato sia arrivato. Presso il Consolato indiano mi si è assicurato che trascorsi due mesi da che il visto di impiego mi è stato negato, dal 5 gennaio mi sarà possibile inoltrare la richiesta di quello turistico, e a fine gennaio, o nelle prime settimane di febbraio, potrò prendere il volo per l India e riunirmi con le persone che vi amo. Il caos ancora in corso della demonetizzazione che mi renderebbe quantomai difficoltoso assicurarmi ed assicurare il contante in rupie non mi fa certo scalpitare di impazienza perché tutto si risolva al più presto, e Kailash mi attende con animo rasserenato e tranquillo, anche in virtù della forza d'animo con cui ho saputo fronteggiare il mio sconforto angosciato senza trasmetterglielo quando gli telefonavo. Che il Natale che torno a rivivere con mia madre e tra i miei in Italia possa sedare la mia apprensione persistente, senza che debba urtare nella loro incomprensione , o indiscrezione, di quanto mi costa ciò che qui a tremare al freddo non è più solo una scelta di vita. " Giacchè Ti fece amor/ povero ancora"

In quella santa Notte dell Oriente ( riscrittura)

Una volta, di Natale
Ripropongo questo stralcio delle memorie che ho raccolto di mia madre
" A onzar al sproc",

"La stalla era una manna durante l'inverno, c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla,,per la condensa, che dentro c'era caldo, e fuori dei candelotti di ghiaccio che duravano mesi attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle, dei freddi asciutti che si stava da Dio, anche se era veramente freddo!
Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i gesti, ci mettevano tutto il loro modo di fare, e noi altri avevamo gli occhi fuori della testa...A volte venivano anche in due a contare le storie, venivano anche quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli che cantavano si facevano vedere anche d'estate, erano i canzonettisti che andavano anche per i mercati, ora ci sono dischi, ma allora essi avevano i librettini delle loro canzonette.
Poi sempre d'inverno, dieci, dodici giorni prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza,veniva con un legno fatto a punta, e diceva di volerlo fare ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo significava che dovevi ungergli quel legno con qualcosa, che tu dessi a loro del maiale, delle salamelle, un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che restava unto, e mettevano poi in una loro sporta. Intanto che arrivavano e che aspettavano che tu venissi fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola, vediamo se ora me la ricordo, ah, si. " In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa al porco e mi n'g'ho gnente/ La luna la luseva e'l can baiava/ per testimone a gh'era un can de paia".
Era tutta gente di piazza, tutta povera gente, dei cameranti, che non poteva ammazzare il maiale, ma quella sera , chi dava loro un cotechino, chi una coteca, e così arrivavano a casa con la cesta piena di roba di maiale, la coteca più buona la si teneva allora da parte, perchè con questa si facevano fagioli e coteche, e la si cuoceva nel brodo, per questo quella gente accettava anche delle coteche, e le infilavano sul legno, dello " sproc"
Questa era la filosofia dell " onzar al sproc", in " Quella santa Notte dell Oriente"

giovedì 15 dicembre 2016

Tutto su mia madre VII Il lavarsi e il lavare di una volta nelle case di campagna

Tutto su mia madre VII
Il lavarsi e il lavare di una volta nelle case di campagna
"Una volta le case di campagna non erano come quelle di adesso, che hanno le piastrelle e i rivestimenti. Le case di campagna erano grezze, c’erano le pietre normali, e ci portavi dentro la smalta, un po’ di tutto. Normalmente davi un’acquata ai pavimenti prima di spazzarli, quando c’era solo la polvere, che così non si alzava, ma quando pioveva era un disastro, dovevi proprio raschiarci in casa.
Una volta alla settimana ungevi le sedie, pulivi i vetri, facevi tutti i mestieri di sopra. Li facevi solo una volta alla settimana perché dovevi andare in campagna, e da questo lavoro nei campi e nella stalla eri sempre occupata. Sempre una volta alla settimana lavavi i panni e venivano pulite le scarpe, senza stirare tutto come adesso, stiravi le camicie delle feste, quelle sì, così come si faceva pulizia ai vestiti delle feste, ma per i miei genitori e i miei zii erano uno, due, al più, uno per l’estate, uno per l'inverno.
Si lavava tutto a mano, con la cenere, era la cenere allora il detersivo, quella più bella che si ricavava dal focolare, la tiravi fuori, la setacciavi, la mettevi in un lattone, la lasciavi deporre nell’acqua che bolliva in una stagnata, poi ci mettevi dentro tutti i tuoi panni, prima di lavarli una seconda volta in una mastellina con acqua più tiepida e di buttarci sopra la liscivia, per poi risciacquarli per due volte. Gli abiti diventavano così belli puliti e profumati.
Era usato anche il cloro della candeggina come detersivo, per levare le macchie resistenti dei panni bianchi, ad esempio di una tovaglia macchiata di vino, di frutta, e il procedimento era sempre a mano,
O con la cenere o con la candeggina i panni si lavavano normalmente fuori , di lunedì, e se era freddo, o se pioveva, si lavavano in cantina o in una stanza a parte, non in cucina. Erano proprio vite dure, quelle.
Quando poi si dovevano fare le “bugade” era un macello, un massacro. Si facevano una, due volte all’anno, di decine e decine di lenzuola e federe, la donna si doveva allora alzare la mattina presto, alle quattro e mezza, le cinque, per più giorni di fila. Prima si faceva bollire l’acqua, poi nell’acqua si buttava la cenere, veniva poi preso un telo fitto come colatoio, che non lasciasse passare la cenere, e l’acqua filtrata con la cenere veniva versata sui panni che erano dentro una tinozza. La procedura era ripetuta almeno un'altra volta, e i panni venivano lasciati a bagno almeno una notte, prima di andare a sciacquare al fiume tutta quella biancheria, in due, o tre donne, con un carretto, un cavallo, le soioeule, le panche, le assi grosse. Durante le “ bugade” seguitavi a usare per giorni la cenere, in acqua e liscivia, e la cenere ti bruciava, al punto che finivi che avevi le mani scorticate. Per stenderla ad asciugare, poi tutta quella biancheria, ci volevano le soghe grandi e piccole, per distendee i panni da una pianta all’altra di interi filari. Un macello, un massacro. Poi sono venute le lavatrici. Lascia però che ti dica che i panni come li lavavamo una volta restavano più puliti. Le sciacquature che si facevano una volta non lasciavano quella polverina che resta nei letti e nei materassi, del risciacquo della lavatrice con i detersivi.
Quando poi avevi da lavare le stoviglie, come tiravi giù la pentola del brodo mettevi su una pentola dell’acqua, o usavi l’acqua calda della vasca della stufa., vuotavi la tua acqua nella bacinella, ci mettevi una brancata sempre di cenere o di farina gialla, vi lavavi le tue pentole, i tuoi tondi, e venivano pulitissimi. Era salute anche quella.
Per lavarsi non c’erano né shampoo, né dopo shampoo, né balsamo, ti lavavi con acqua e cenere e basta. Macchè sapone, acqua e aceto per il risciacquo dei capelli. E venivano lucidi e lisci come seta.
Il bagno lo si faceva d’inverno alla fine della settimana nella stalla, ah, le vacche con il loro bel fiato caldo, c’era un tiepido, un tiepido…vi portavi una soieuola piena d’acqua, i tuoi panni puliti a cavallo di una panca, poi puzzavano di stalla, ma te li mettevi che erano belli puliti
Facevi il tuo bagno nella tua soioeula, con la tua acqua, ti mettevi addosso i tuoi panni, ti intortigliavi bene, e via di gran corsa verso casa, dove d’inverno ti mettevi nel tuo letto scaldato con il prete e con le braci."

martedì 13 dicembre 2016

Ed ora, amico mio, riscrittura

Ed ora, amico mio,
Che qui invecchio solitario e nel freddo
Tra  (i) cumuli intorno di parole nei libri
Senza che a farmi compagnia sia più la certezza
Di ricongiungerci  ancora
Di nuovo insieme dove come  cala  la sera su giochi ed attese
Il gelo del tuo attaccamento incubi/ingeneri
 La tua  gelosa follia

Il residuo calore che avventura ancora  i miei anni
Oltre l’attendere qui solo la  la morte nel passare dei giorni 
Ora in me è  l’amore che in me  di te crepita, mio caro,
Per quanto so che sei perduto se non ti sostengo,
Per quanto tu in me confidi benché di me
Tutto tu sappia.

Mentre senza di te qui il mio dolore è tale e tanto
Che la gabbia di stenti  è il suo imprigionarsi,
Che disperando di ritrovarci 
La mia veglia cerca solo l’addormentarsi e il morire  
Nel sogno di te.


domenica 11 dicembre 2016

“Se penso a quanto tempo resterai lontano,”

“Se penso a quanto tempo resterai lontano,”
“Mamma, l’ho snebbiata, è da vedere se e quando potrò mai partire..
Per ora non lo posso più”
Nel primo pomeriggio Kailash, Poorti e Chandu mi erano finalmente riapparsi in videoconferenza, per la mia esultanza gioiosa di ritrovarmi davanti il mio piccolino amatissimo, che smorfie e boccacce rendevano ancora più incantevole.
Poorti, più che mai bella, e quanto mai affettuosa, avrebbe voluto che mi aggirassi ad illustrarle tutta quanta la mia casa, il che mi era precluso dal cavo della connessione in rete.
Kailash era smagrito e alacre di una irrequieta allegria, che gli impediva di sostare su qualsiasi discorso, fossero il timore che Chandu ha della propria insegnante, che gli impedisce a di accostarsi a lei come gli altri scolari, fosse la demonetazione che angustia tuttora l India dalle cordigliere himalayane fino a Kanya Kumari, per cui ora si succedono arresti su arresti di accaparratori delle nuove banconote, di speculatorii al cambio tra “black money” e “white money”, e bilioni di rupie finiscono al rogo o nelle acque gangetiche o di altri corsi fluviali e canali e rivoli dell’India, perché le mazzette in valuta fuori corso dei proventi della corruzione non siano tassate del 200%, al loro deposito ingiustificato.
Era un amico ben diverso da quello sconsolato dalla nullità dei guadagni del nuovo negozio, che dei clienti di cui restava in vana attesa mi diceva, oramai tempo fa, che invero “ sono come la morte. Non sai mai quando arrivano”
L’altro ieri aveva dovuto cimentarsi con la crudeltà di rito dei pochi turisti che si soffermano a scrutare il suo negozietto, solo per demolirne i pregi con la osservazione consueta che è povero di lavori artigianali esposti “ You have less material than the other dealers ”, tornando a ripetergli immancabilmente
“ I have (a) small shop, la replica di Kailash, but what I have inside nobody have”-
( “Ho un piccolo negozio, ma quello che ci ho, non l’ha nessun altro").
Ed ora nel pieno della notte mi allerto al tonfo del cuore, domani, al più dopodomani, se il Console non vorrà degnarsi nemmeno di darmi risposta, per il colloquio chiarificatore che gli ho chiesto, già una settimana fa, al fine di ottenere quel tourist visa che potrebbe risistemare ogni cosa.
(Mentre ancora a quest’ora l’oltresenso di tutto quello che faccio muovendomi per la casa e risistemandovi ogni oggetto, resta il riordino di ogni cosa perché tutto sia pronto per una nuova partenza, e non v’è passo che vi compia o attività che qui intraprenda, che non sia l’aggirarmi e il darmi da fare in quella terra d’esilio che mi è divenuta la mia terra di nascita)
“Se penso a quanto tempo resterai lontano,”
“Mamma, l’ho snebbiata, è da vedere se e quando potrò mai partire..
Per ora non lo posso più”
Nel primo pomeriggio Kailash, Poorti e Chandu mi erano finalmente riapparsi in videoconferenza, per la mia esultanza gioiosa di ritrovarmi davanti il mio piccolino amatissimo, che smorfie e boccacce rendevano ancora più incantevole.
Poorti, più che mai bella, e quanto mai affettuosa, avrebbe voluto che mi aggirassi ad illustrarle tutta quanta la mia casa, il che mi era precluso dal cavo della connessione in rete.
Kailash era smagrito e alacre di una irrequieta allegria, che gli impediva di sostare su qu


alsiasi discorso, fossero il timore che Chandu ha della propria insegnante, che gli impedisce a di accostarsi a lei come gli altri scolari, fosse la demonetazione che angustia tuttora l India dalle cordigliere himalayane fino a Kanya Kumari, per cui ora si succedono arresti su arresti di accaparratori delle nuove banconote, di speculatorii al cambio tra “black money” e “white money”, e bilioni di rupie finiscono al rogo o nelle acque gangetiche o di altri corsi e rivoli dell’India, perché le mazzette in valuta fuori corso dei proventi della corruzione non siano tassati del 200%. Al loro deposito ingiustificato.
Era un amico ben diverso da quello sconsolato dalla nullità dei guadagni del nuovo negozio, che dei clienti di cui restava in vana attesa mi diceva oramai tempo fa che “ sono come la morte. Non sai mai quando arrivano”
L’altro ieri aveva dovuto cimentarsi con la crudeltà di rito dei pochi turisti che si soffermano a scrutare il suo negozietto, solo per demolirne i pregi con la osservazione consueta che è povero di lavori artigianali esposti “ You have less material than the other dealers ”, tornando a ripetergli immancabilmente
“ I have a small shop, la replica di Kailash, but what I have nobody have”-
( “Ho un piccolo negozio, ma quello che ci ho, non l’ha nessun altro").
Ed ora nel pieno della notte mi allerto al tonfo del cuore, domani, al più dopodomani, se il Console non vorrà degnarsi nemmeno di darmi risposta, per il colloquio chiarificatore che gli ho chiesto, già una settimana fa, al fine di ottenere quel tourist visa che potrebbe risistemare ogni cosa.

(Mentre ancora a quest’ora l’oltresenso di tutto quello che faccio muovendomi per la casa e risistemandovi ogni oggetto, resta il riordino di ogni cosa perché tutto sia pronto per una nuova partenza, e non v’è passo che vi compia o attività che qui intraprenda, che non sia l’aggirarmi e il darmi da fare in quella terra d’esilio che mi è divenuta la mia terra di nascita)

venerdì 9 dicembre 2016

Quel poco, nella mia casa morta,

Quel poco, nella mia casa morta,
che smuovo od uso a stento, ad ogni ora che passa,
vi ristà perché al presente, come fosse ancor vero,
tutto sia pronto per una partenza che a loro ritorni,

lasciando le valigie non ancora disfatte
con ancora dentro che riportarvi,
niente ancora da farsi 
cui allora mi tocchi mettere mano,
quando, come non sarà mai più,
mi sfinisca nel poter chiudere alle spalle infine ogni porta
per andarli a raggiungere da questa solitudine immensa,

mentre non lasciando così indietro niente che di sudicio avanzi
quel che appronti, lo sai,
che è un addio che non sarà per quei cieli.

Tra le nebbie in cui esala il mio fiato


Tra le nebbie in cui esala il mio fiato
Anche dal pentolino che qui ebolle
Vedo levarsi quel fil di fumo,
Ed io sempre più mi sento
Una Cio- Cio- San votata al suo harakiri
Si nega il console all’appello,
Si nega al telefono anche il mio piccolo Iddio,
Incolleritosi nella ricerca in lacrime
Di un perduto bottone,
E l’amico che intenta ? di che gli è possibile
Perch'io possa almeno rivederli in videochiamata,
Di che può sedarmi (Sedandomi ) uno strazio, irriso,
Che non trova più appigli

Alla chiamata del vuoto.

versioni antecedenti

Tra le nebbie  in cui esala il mio fiato
Anche dal pentolino che qui ebolle
Vedo levarsi quel fil di fumo,
Ed io sempre più mi sento
Una Cio- Cio- San votata al suo harakiri
Si nega il console all’appello
Si nega al telefono anche  il mio piccolo Iddio,
Incolleritosi nella ricerca in lacrime 
Di un  perduto bottone,
E l’amico intenta ben poco di che gli è possibile
Perch'io possa almeno  rivederli in videochiamata,
Sedandomi  uno strazio,  irriso,
Che non trova più appigli
Alla chiamata del vuoto.




Tra le nebbie  in cui esala il mio fiato
In cucina Sulle piastre, in cucina,
Anche dal pentolino che ebolle
vedo levarsi quel fil di fumo,
Ed io sempre più mi sento
Una Cio- Cio- San votata al suo harakiri
Si nega il console all’appello
Si nega al telefono anche  il mio piccoli Iddio,
Incolleritosi nella ricerca
di un del perduto bottone
Un Chandu incollerito che non vuole rispondermi
nella ricerca del perduto bottone del capo che il padre
gli ha appena comprato con l invio dei miei soldi
E l’amico fa niente o intenta ben poco di quant è a lui che gli è possibile
Perch io possa almeno  rivederli in videochiamata,
Placandomi sedandomi  uno strazio cui le acque in piena, , irriso,
che non trova più appigli
che all’altezza del piano,  l’appiglio di una corda,
la soda caustica fumante
sono la sola speranza che rechi un termine

alla chiamata del vuoto.

domenica 4 dicembre 2016

Dio mio, Padre mio,

Dio mio, Padre mio
( seconda riscrittura)
Dio mio, Padre mio,
delle mie contrite ossa in così tanto freddo, 
tutta la mia anima si gioca in questa mia lettera,
la mia vita in ogni suo rigo che ha appena inteso l'amico,
sta tutta la Tua sola parola che non mi sia lettera morta
nell'attenzione dell'amore che ne detta
una revisione ulteriore,
nell'evocarti onde evitare , “Veni creator spiritus”,
l'errore minimo che sia fatale al nostro ricongiungimento.
Sia esso una visita, non un risiedere,
un soccorso, non un sostegno continuo,
siano al più gente indiana cui sei dedito (che ti è cara ( cara al tuo cuore))
coloro per cui ti fai povero ad ogni evenienza.
tu non sei il Babbà del tuo Chandu
la cui assenza strazia ogni tuo istante al solo ricordo,
in tanto dolore, di una separazione irrisolta,
che nel sale di una vita che ti prova e ti tempra
ti riesumi che restano il Suo incantevole dono di luce e di grazia,
e ti ridistilli ogni meraviglia dell'India
nell' indurirsi a diaspro del tuo amore,
l'incanto, che quando là v'eri,
il suo tremendo ti soffocava in un nodo a cui appenderti in stanza,
finché non chiuda la richiesta
ciò che non può non erompere da ogni vincolo posto
“Sir, instead of the employment visa now I ask another kind of visa in the last resort
because in India there is my life, the treasure of my mind and of my hearth”.Dio mio, Padre mio
( seconda riscrittura)
Dio mio, Padre mio,
delle mie contrite ossa in così tanto freddo, 
tutta la mia anima si gioca in questa mia lettera,
la mia vita in ogni suo rigo che ha appena inteso l'amico,
sta tutta la Tua sola parola che non mi sia lettera morta
nell'attenzione dell'amore che ne detta
una revisione ulteriore,
nell'evocarti onde evitare , “Veni creator spiritus”,
l'errore minimo che sia fatale al nostro ricongiungimento.
Sia esso una visita, non un risiedere,
un soccorso, non un sostegno continuo,
siano al più gente indiana che ti è cara ( cara al tuo cuore)
coloro per cui ti fai povero ad ogni evenienza.
tu non sei il Babbà del tuo Chandu
la cui assenza strazia ogni tuo istante al solo ricordo,
in tanto dolore, di una separazione irrisolta,
che nel sale di una vita che ti prova e ti tempra
ti riesumi che non sono di tua proprietà, per quanto li ami,
loro che restano il Suo incantevole dono di luce e di grazia,
e ti ridistilli ogni meraviglia dell'India
nell' indurirsi a diaspro del tuo amore,
l'incanto, che quando là v'eri,
il suo tremendo ti soffocava in un nodo a cui appenderti in stanza,
finché non chiuda la richiesta
ciò che non può non erompere da ogni vincolo posto
“Sir, instead of the employment visa now I ask another kind of visa in the last resort
because in India there is my life, the treasure of my mind and of my hearth”.

Dio mio, Padre mio, 
delle mie contrite ossa in così tanto freddo, 
tutta la mia anima si gioca in questa mia lettera,
la mia vita in ogni suo rigo che ha appena inteso l'amico, 
è a tua sola parola che non mi sia lettera morta
nell'attenzione dell'amore che ne detta
una revisione ulteriore,
nell'evocarti onde evitare , “Veni creator spiritus”,
l'errore minimo che sia fatale al nostro ricongiungimento.
Sia esso una visita, non un risiedere,
un soccorso, non un sostegno continuo,
siano al più gente che ti è cara
coloro per cui ti fai così povero e afflitto ad ogni evenienza.
tu non sei il Babbà del tuo amatissimo Chandu,
la cui assenza strazia ogni tuo istante al solo ricordo,
in tanto dolore, di una separazione irrisolta,
che nel sale di una vita che ti prova e ti tempra
ti riesumi che sono essi
a te il Suo dono di luce e di grazia,
(e) nell indurirsi a diaspro del tuo amore
ti ridistilli ogni meraviglia dell India ,
l'incanto, che quando là v'eri,
il suo tremendo, senza più scampo,
ti soffocava in un nodo a cui appenderti in stanza,
finchè non chiuda la richiesta
ciò che non può non erompere da ogni vincolo posto
“Sir, instead of the employment visa now I ask another kind of visa in the last resort
because in India there is my life, the treasure of my mind and of my hearth”








Dio mio, Padre mio, 
delle mie contrite ossa in così tanto freddo, 
tutta la mia anima si gioca in questa mia lettera,
la mia vita in ogni suo rigo che ha appena inteso l'amico 
è nell'attenzione dell'amore che ne detta 
una revisione ulteriore
la tua sola parola che non mi sia lettera morta,
nell'evocarti onde evitare , “Veni creator spiritus”,
l'errore minimo che sia fatale al nostro ricongiungimento.
Sia esso una visita, non un risiedere,
un soccorso, non un sostegno continuo,
siano al più gente a te cara.
coloro per cui ti fai così povero e afflitto ad ogni evenienza.
tu non sei il Babbà del tuo amatissimo Chandu,
la cui assenza strazia ogni tuo istante al solo ricordo,
in tanto dolore, di una separazione irrisolta,
che nel sale di una vita che ti prova e ti tempra
ti riesumi che sono essi
a te un Suo dono,
ti ridistilli ogni meraviglia dell India ,
l'incanto, che quando là v'eri,
il suo tremendo, senza più scampo,
ti soffocava in un nodo a cui appenderti in stanza,
finchè non chiuda la richiesta
ciò che non può non erompere da ogni vincolo posto
“Sir, instead of the employment visa now I ask another kind of visa in the last resort
because in India there is my life, the treasure of my mind and of my hearth”.