domenica 14 luglio 2019

ANNO GIULIESCO


Signor Direttore,
Siamo oramai a metà del guado dell’anno che in Mantova si è dedicato a Giulio Romano, e mentre sono già in libreria le pubblicazioni sull’artista di un po’ tutti i nostri storici d’arte, vuoi l’Occaso, vuoi Braglia, vuoi Girondi, va in crescendo il rullare dei tamburi e lo squillare delle trombe della sua celebrazione più ufficiale e autorevole in Palazzo Ducale e di quella più enfatico propagandistica dislocata nel Palazzo Te, vuoi convertendo sovranisticamente Giulio Romano in un Giulio Mantovano , vuoi acchiappando turisti in virtù di una mostra concepita alla luce di un’idea tutta orgasmica di arte e desiderio, di un Giulio Romano che più sexy di così non lo si può scovare. Dunque ben vengano, vivaddio, a riequilibrio di un celebrativismo negato finanche a Leonardo nel concomitante Cinquecentenario della sua morte, le stroncanti paginette su Giulio Romano scritte di recente da Antonio Moresco,nel suo incantevole libretto “ La mia città”, edita da “Nottetempo”, in sana controtendenza come è inevitabile che sia per chi è davvero scrittore e critico. Ma che asserisce mai il nostro Moresco di davvero terribile su Giulio Romano? Tutto le sfumature di male possibile, direi, nel breve spazio di quattro deliziose paginette: che il nostro Giulio fu “ un ottuso e arrogante allievo di Raffaello, venditore di fumo tardo rinascimentale”, colpevole, a suo dire, di avere “riempito tutta la città di Mantova dei suoi bugnati del cazzo”, un po’ come l’ imbarbimento dell’imbarbarimento attuale, mi vien da soggiungere, il resto di Moresco ancor più in discesa libera … A dire il vero, a salvaguardarlo dalla facile rimozione nell’ irrilevanza di chi lo perdoni con l’adagio che egli non è poi uno del mestiere, che ad uno scrittore che sia battitore libero quando è in vena di battutacce si può perdonare anche l’ imperdonabile, sempre che ci diverta ed intrattenga, va ricordato che nella sua denigratio di Giulio Romano il Moresco è in illustre compagnia di storici e critici, quali J. Burckardt o Gould, e che se dai tempi dell’Hartt, ossia dal 1958, non esce nel mondo più alcuna monografia globale su Giulio Romano, neanche per editto, non può essere solo per l’ignavia nei suoi riguardi di noi moderni e contemporanei, mentre resta tutto da dimostrare che non sia vero niente di quel che Moresco ha detto di male di G. Romano. Lasciando ad altri tale compito che non mi intriga per niente, nel salvare almeno il minimo che sia salvabile del Pippi vorrei qui accodarmi a quello che “ delle imbarazzanti diavolerie di Giulio Romano” resta salvabile per lo stesso Moresco. Sarà pur poco, ma è pur sempre una pepita, se è colta con tale acrimoniosa avversione a tutto campo, rispetto a quanto venga rimasticando qualche venerabile maestro, autocelebrandosi nel concelebrare maxima cum exaggeratione Giulio Romano. Quel che Moresco salva del Giulio Romano e del Te, “ con qualche medaglione là in alto, qualche silenziosa barca che scivola nella prima luce sull’acqua…” sono i cavalli, nient’altro che i cavalli dell’omonima sala, ma almeno quelli, che anche a me piacciono tanto, anche se magari sono l’opera di qualche suo allievo. E non solo quelli, che con gli alti fasti delle scuderie gonzaghesche innovano la grandiosità in tema di cavalli della pittura di corte mantovana, dal Pisanello al Mantegna, ma anche i cavalli, e ancor più, della sala di Troia in Palazzo Ducale, che mi dicono ancora di più per come ne è espresso il furore fisico, nelle froge e negli occhi, nell’ imbizzarrirsi dello scalpitio e delle criniere. Li si confronti con le figure umane circostanti, insieme a quelli invece olimpici del Mantegna , e si dica tra umanità adulta e cavallinità a chi va l’empatia dei due artisti di corte, in quale resa dell’ empito agonistico di Teucri e cavalli sia più bravo Giulio Romano, o chi per lui, grandeggiando non solo nel disegno, come sempre, ma pur nel colore della pittura, dove a volgere alla perfezione il nostro “ gigante” latita tanto un suo vero tormento. Perché è in quei cavalli, come nelle acque e nelle linfe sorgenti e scorrenti della sala di Amore e Psiche, nella resa, se è a presa rapida, di satiri priapici e condiscendenti ninfe, della naturalità del mondo istintuale in cui noi rientriamo, tutti quanti , che Giulio Romano rivela il meglio di sé nell’arte raffigurativa. Come dal Leonardo della battaglia di Anghiari, è da tale Giulio Romano che Rubens desunse insieme alle sue ninfe perturbate i suoi magnifici cavalli, e ne è una riprova che benché dipingesse allora in Spagna, risale a un intermezzo dei primi anni del suo soggiorno e apprendistato in Mantova , nel 1603, lo stupendo suo ritratto del Duca di Lerma e del suo cavallo, in cui l’animale iniettato della stessa ferinità istintuale di quelli di G. Romano nella sala di Troia. Un gran Rubens che ritroveremo nei pittori di genere del Settecento, quali J. Wooton, J. Seymour, G. Stubbs, B.West, , in Th. Gainsbourough, J. Reynolds, in Francia un David, Gericault, Delacroix, poi nello stesso De Chirico.
Odorico Bergamaschi



CAROLA RACKETE


Signor Direttore,
a smentita delle critiche di Lorenzo Sgarbi al suo editoriale del 30 giugno ribadisco le ragioni che lei vi ha espresso, come di Franco Reggiani e di Claudio Morselli che già sono intervenuti in materia. Carola Rackete è giustamente libera e benemerita, per niente affatto una fuorilegge, in quanto ha dato pieno adempimento alla legge fondamentale del nostro stato, la Costituzione, alla legge di ogni nostra legge che all’ articolo 10 recita espressamente :“L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici”. E gli accordi internazionali cui si fa menzione restano tuttora quelli di Dublino, almeno fintantoché, al pari di Salvini Matteo, si sabota il loro cambiamento già deciso dal Parlamento europeo nel 2017, per cui lo sbarco di migranti avverrebbe non più su coste spagnole, italiche, o maltesi, ma europee, e sarebbe assunto in proprio da guardie costiere europee.. Ne consegue ineludibilmente che fuori della Costituzione e dei fuorilegge sono invece coloro che a Carola Rackete si sono opposti, e tanto più se minano l’autonomia del potere giudiziario, emettendo, anticipando sentenze, minacciando pretori e giudici delle indagini preliminari che alla Costituzione si sono dimostrati ossequienti, come ha ben detto con fondato timore in un suo intervento in contemporanea Romano Vincenzi. Va inoltre respinta al mittente con infamia l’accusa ipocrita che siano le Ong o chi dà soccorso ai migranti i complici dei trafficanti di esseri umani, criminalizzandoli come chi avesse soccorso gli ebrei in fuga per mare dal nazismo, o che fossero perseguitati e messi al bando dalle leggi razziali nazifasciste. Del resto nessuna prova è stata raccolta che suffraghi una collusione tra scafisti e Ong, nessuna coincidenza è stata appurata tra aumento delle partenze e aumento della presenza delle Ong, quale fattore attrattivo. Collaborazionisti dei trafficanti, per giunta negazionisti, sono invece quanti al governo libico seguitano a inviare motovedette e altre forme di aiuto, poiché la presunta guardia costiera libica per lo più non è che un travestimento degli stessi trafficanti, o con loro è in combutta, e riconsegna ad essi i migranti perché fuori o dentro i lager libici possano essere di nuovo torturati, stuprati, ricattati presso le loro famiglie per ottenere i soldi di un’ ulteriore falsa partenza. E’ proprio il respingimento illegittimo, diretto o per mancato soccorso, in una Libia che è area di guerra, che cospira con tale forma di riciclaggio di esseri umani . La testimonianza del somalo Salim Karaafe riportata dalla Gazzetta è che più eloquente in tal senso, ad avere occhi che vogliono vedere, orecchie che vogliono sentire, cuore e ragione che vogliono intendere, anziché inferocirsi in un vittimismo autogiustificatorio che ci rende spregevoli agli occhi del mondo, ove sono paesi tra i più poveri come l’Uganda, di rifugiati ad averne da soccorrere almeno 1,2 milioni, non come noi poco più di 3.000 dall’ inizio dell’anno, solo un decimo dei quali è stato salvato dalle Ong.
Odorico Bergamaschi


In attesa dei monsoni riscrittura


Ieri sera, finalmente quando in India era già notte, Kailash dalla reception dell hotel in cui si ritrovava di turno poteva dirmi che mi stava parlando mentre di fuori pioveva, non a dirotto, per verità, ma nemmeno poche gocce, piuttosto un piovasco continuo e regolare. Nei giorni scorsi avevamo presagito l’ avvicinarsi della stagione delle piogge da est, a poco a poco, sempre più verso l interno del Madhya Pradesh, oltre Indore prima in Vidisha, poi in Shivpuri, pur senza toccare Bhopal, mentre in Mumbay da giorni già pioveva a dirotto. La siccità era diventata implacabile, mentre i giornali indiani non parlavano che di mondanità e politicantismo. E’ da anni che in India i monsoni ritardano e non portano tutta la pioggia tanto attesa, che con i fiumi e i bacini d’acqua, i talab, calano le falde acquifere.
Kailash mi era venuto raccontando di come avesse dovuto differenziare e razionare l’acqua non potabile, assegnando ai bisogni igienici e alla pulizia della casa quella che si poteva attingere ancora vicino al talab, alla cottura degli alimenti l’acqua pompata a una fontana più interna.
E con gli uomini gli animali a patire l’arsura, che lasciavano la giungla o i loro recessi per avvicinarsi alle dimore dei villaggi. Era bastato un po’ di acquerugiola, nella siccità, perché due cobra avessero raggiunto la verzura dei giardini dell’ hotel, e per giorni le scimmie langur avevano fatto visita alle cucine del ristorante. “ Ti attaccano, avevo il bastone per affrontarle”. Ora Kailash era invece alle prese con i grilli che balzano e si infilano dappertutto, sin dentro la biancheria intima.
Pur nella gran calura le suore della scuola di Chandu sono state di una fermezza incrollabile nell’iniziare le lezioni ai primi di luglio seguitando a imporne lo svolgimento dalle sei e mezza del mattino fino alle due del pomeriggio, al che io ho invitato Kailash a consultare un dottore sullo stato di salute e di resistenza fisica del nostro scarno Chandu, ripetendogli che la scuola deve essere per i bambini e non i bambini per la scuola. Del resto le autorità stesse avevano invitato i dirigenti delle scuole a sospendere le attività se l inclemenza del caldo fosse stata proibitiva, nel timore che si possa ripetere la catastrofe del Bihar, dove oltre centro trenta bimbi sono stati le vittime di un’epidemia ancora in corso.
Per Poorti le scuole sono ugualmente iniziate ma mancano ancora i libri di testo, troppo ha tergiversato il principal nello scegliere quali adottare. Per Ajay se ne parlerà al suo ritorno da Daramsalah nella seconda metà del mese-
Quale che sia l'andamento delle piogge, ai primi di luglio è cessata dì incanto la stagione dei matrimoni tra i membri delle varie caste, e d'ora in poi sarà il tempo solo dei matrimoni di adivasi e dalit., la pioggia benedicendo i coltivi ma non gli sposalizi. Sarà anche il tempo che i sadu itineranti si pongono a riposo in un luogo prescelto per rimanervi fino a Diwali, nel quale potranno raggiungerli da ogni parte dell India i loro devoti.
Il sadu jain che l’ anno scorso ha miracolato economicamente Khajuraho ora si trova nei pressi di Jabalpur, e qualora anche se ne staccasse, pare che sia intenzionato a raggiungere piuttosto Baldeogarh presso Tikamgarh.
Per Kailash la buona notizia di questi giorni è stata, comunque sia.che finalmente il proprietario dell’hotel ha fatto pervenire da Jabalpur un impianto elettrico, e non più a legna, per il riscaldamento dell’acqua nelle stanze, sicché lìamico non dovrà più risvegliarsi tre, quattro volte per notte, per avvivare il fuoco nella vecchiaia caldaia.
Una gran fatica il sistemare il nuovo l impianto risalendo fino a al piano più alto, altri costi su costi , , quelli dei tecnici venuti da Indoore per metterlo in funzione, che hanno invelenito il proprietario
Nel frattempo mediante Whatsapp il mio amico l’ ho portato a spasso con me una prima volta tra i murales che adornano il quartiere di Lunetta della mia città, a dire il vero il suo ambiente più cosmopolita, che” a chota Chandigar è”, che è una sorta di piccola Chandigar, avrei potuto dirgli a commento, dato che è stata costruita secondo gli stessi stilemi architettonici e urbanistici con i quali LeCourbusier ha fatto edificare la capitale indiana di Chandigar. Una seconda volta si è invece ritrovato con me a Roncolo, Runckelstein, presso Bolzano, dove mi sono recato a vedervi gli affreschi che sono l unico antecedente reale che si sia conservato di quelli di Pisanello in Mantova, nel Palazzo Ducale. Dalla torre gli ho svariato le immagini delle pendici dei monti circostanti, di una pieve più in alto, prima di San Genesio, di un altro castello o “qila” più in basso, su uno sperone presso il corso del Talvera, di cui poi gli ho mostrato le acque schiumanti tra i massi, al termine della ripida discesa dal castello lungo tutta la quale mi ha accompagnato. “ Il verde che vedi tutt’intorno sono coltivazioni più in alto di uva, più in basso di mele”
“ Di mele come nel Kashmir, nell’Himachal Pradesh”
“ Si, come tra Simla e Manali”.
Kailash l’ho videochiamato di nuovo quando in aperta campagna mi trovavo già in prossimità di Mantova, perché vedesse l’arrivo in stazione tra i laghi.
L’ora era per lui tarda, ma l’amico ha voluto seguirmi in stazione, mentre raggiungevo casa. Gli piaceva il profilo lineare degli edifici, si meravigliava della quiete del nostro presunto traffico per le vie urbane, che in circolazione vedesse solo automobili e pedoni, quasi tutti stranieri.
“ Ma, è sbottato ad un punto, negativamente sorpreso- finora non ho visto nelle strade bufali e vacche”
“Kailash, gli ho sorriso, i soli animali che puoi vedere qui liberi sono le anatre lungo il corso d’acqua che ti mostro- era il Rio- e i piccioni che ne salgono al cielo lungo i muri della chiesa accanto” Gio dopo l’avrei condotto con me nella piazza della Basilica di Sant’Andrea.
Solo pedoni e ciclisti di transito, nella zona a traffico limitato, e lungo le scalinate della Basilica della gente locale e dei residenti stranieri a sedervi., un pakistano con cui ha interloquito, delle donne in salvar kamis sue coetanee con i loro bimbi.
“ E’ come il Durbar di Kathmandhu, mi diceva, memore dei nepalesi che aveva visto raccogliersi a parlare e discutere lungo le gradinate delle pagode che poi sarebbero crollate nel corso del terremoto del
Ma quelle torri sono come il Qutab minar, c’è anche una chattri, mi diceva della cupola di Sant’Andrea, delle torri del Palazzo del Podestà e di quella dell’orologio
It s very nice, sei davvero fortunato a vivere in una città così bella.

Ieri, poi, di sabato, mi è giunta la richiesta di amicizia in face book di Chandu. Al mio amore di bambino ho inviato in risposta una sua fotografia in cui si eleva in preghiera sulle spalle di Mohammad, la richiesta se conosce Minecrafts, quale gioco gli piaccia di più, “ PUBG” mi rispondeva via Whatsapp, per comunicare con lui nel suo mondo virtuale. E la mia vita in lui ha ripreso a farsi un sogno colorato

sabato 6 luglio 2019

Ora, Singolo e solo . 2019


Il testo è un remake di Ritratto di un artista virtuale  Singolo e solo, a vent'anni di distanza




Ora, Singolo e solo .
2019


Ora, Singolo e solo .
2019
Nel mattino estivo seguita  a svegliarsi i e a riprendere il sonno,  quando  sono le cinque, le sei e trenta ,  quasi le otto del mattino, le nove oramai passate, intorcendosi  nelle coltri per quanto  si è spogliato o è rimasto svestito  di notte, fin che la chiara luce del giorno abbia la meglio sui sogni che gli  procura  il farmaco  serale, la mitica sua Quetiapina.   Nel loro affabularsi come nuvole fondentisi l una nell’altra ci si  ritrovava   un’altra volta ancora a scuola, alle prese come insegnante con pacchi su pacchi di compiti che non farà  mai in tempo a correggere,  in quel tuo Istituto  resosi talmente labirintico che non riesce nemmeno a ritrovarvi i suoi registri o le sue classi,  o vi siede ancora come studente a ripetere gli stessi corsi di studio giovanili e a finirvi irrimediabilmente bocciato,  da professori che nonostante sappiano della tua genialità  non possono farci nulla  se non studia a dovere, al contempo tra colleghi che essendone a conoscenza,  sorvolano su ogni sua inadempienza o  sregolatezza. abbandonandolo alle sue scartoffie. E’ sceso in campo anche quel campione di amoralità che è  il Presidente degli Stati Uniti, nel ricordargli che nel ritardare la consegna dei compiti in un arrovellarsi inestricabile, ha tradito la fiducia da essi riposta nel suo tempestivo giudizio. Altrimenti  si rivede  in famiglia alle prese con un padre redivivo che non  lo  perdona per quello che è , per  come egli , con è una madre inflessibile che non ha comprensione delle sue stranezze, una sorella con cui giunge solo a  scontrarsi rovinosamente  in  ciò che non sa perdonarsi
Oramai il leitmotiv  dei suoi sogni, di risveglio in risveglio, si è fatto un  ritornello estenuante, e le immagini erotiche sono  fantasmi dileguatisi al far dell’alba, meglio riconciliarsi con la ripresa della vita in cammino,  per ammorbato  e sfinito che già al risveglio ne sia il retrogusto, riordinando lo scompiglio  innanzitutto della  sua persona e del letto.  E’ un  vortice di cuscini e di abiti appena smessi alla rinfusa, tra cui esala il fetore già insopportabile dei suoi indumenti più intimi, per quanto li abbia ricambiati solo la sera seguente.  E’ la maledizione di funghi e micosi insanabili della sua vecchiaia, che del decorso dei suoi ultimi anni di vita  ne sta facendo  la convivenza  sempre più appartata e schiva con il lezzo che emana  inducendolo  a  preliminari su preliminari prima che  egli  osi farsi vivo fra gli altri in società.  Semplice a dirsi, di lavarsi e rilavarsi, quando  spogliarsi e ancor più rivestirsi  gli è una fatica immane, per il peso degli anni e del suo corpo grasso da reggere in piedi, a causa della sofferenza che insorge,  nel suo articolarsi, per l’artrosi delle  sue  giunture dolenti, all’infilarsi i pantaloni, ora sempre e  solo tute  elastiche, i calzini corti che fatica a raggiungere  e poi  le scarpe,  in realtà delle pantofole di cui nasconde malamente   l‘ uso come ciabatte, talmente   lo strema  chinarsi per calzarle.  Cerca in ogni modo di pettinarsi  bene i capelli, che l alito non sia repulsivo,  usando un dentifricio al neem e chiodi di garofano,  si spruzza  profumo virile di sandalo, sperando che il ricambio delle pantofole supplisca all’ inconveniente di non essersi messo i calzini.  Al contempo , nel viavai tra il bagno e la cucina, è la casa,  il certificato stesso della sua rispettabilità e onorabilità sociale, di quanto sia egli una persona decente ed accettabile, che non può  assolutamente lasciare come la ritrova nel bagno, per quanto si insudicia di per sé  attorno ai tubi della lavatrice, ovunque  egli  riponga  saponi e lozioni, o per come si presenta  in cucina, con ancora sparse sul tavolo , ingombro di tutto, le bottiglie di birra o di spuma che  si è  finito durante la notte, o le buste e bustine di plastica e a volte gli  avanzi stessi della cena. se gli effetti serali della Quetiapina sono stati  più che mai galoppanti, ed ha rinviato tutto per l indomani.  Così  ripulendo e riordinando,  disponendo nei vari sacchi  ogni rifiuto come lo obbliga la raccolta differenziata , scalpita  per la sua boccata di vita sociale che si ripromette all’uscita di casa,  che  sempre più ritardi  il momento  che  potrà dire di essere pronto per  avviarsi ad essa, quando senza  temere più di tanto di essere impresentabile, pur nella barba per quel giorno non fatta e nel suo abbigliamento  imbarazzante,  pretenzioso e sgargiante fino al giro vite, nelle giacche e le camicie svarianti dal giallo zafferano all’arancione e al rosso papavero che si è fatto confezionare in India, quanto trasandato per cause di forza maggiore dal giro di vite in giù, dove spesso l’ombelico fa la sua apparizione al di sopra dei bragoni da tutta che indossa  in luogo del saliscendi dei pantaloni ,  facendo sì che sconfini nelle pantofole che  gli sono imposte  dalle dita a ferro di cavallo, oserà  sortire  infine nel mondo.
Solo che oltre che alla tua presentabilità  personale , della sua persona fisica reale , devi  accudire  non di meno  quella sociale sui network,  deve dare il suo rendimento di grazie  a Dio ed informarsi  dello stato del mondo.  Così riavvia internet, accede a face book, controlla likes, reazioni e commenti,  legge la prima pagina or ora aggiornata in tempo reale del suo quotidiano di riferimento.  Quelli cartacei non li compera più,  dei libri che  lo interessano acquista gli ebook, ogni volta che sono ugualmente disponibili, riservandosi   di acquisire solo quelli cartacei di cui le book  non esista,  o che siano per lui di supremo interesse,  meridiani oppure speciali libri d’arte che quasi mai può consentirsi  Deve  nondimeno provvedere a  salute e sicurezza, prima di respirare un’aria che finalmente non sia  quella stantia d’appartamento.  Tre sono le medicine mattutine, quella anti depressiva, od anti-poetica, che dir si voglia, che con la forza della disperazione angosciata ha lenito anche la vena della sua musa ispiratrice,  quella antipressione,  che lo sottrae al rischio di ritrovarsi a vacillare per strada colto dalle vertigini, quella diuretica, per  limitare l edema che gli gonfiae lacera  la gamba destra. E  quanto alla casa chiude sempre almeno  la valvola dell’acqua  ogni volta che esca , per evitare o contenere le perdite . Fin che si decide  e si ritrova di fuori  nell’afa del mattino, traversa  il cortile e fa ritorno sui suoi passi, per sincerarsi che abbia davvero chiusa la benedetta valvola dell’acqua, e con essa quella del  boiler,  e  ridiscende e oltre il cortile raggiunge il bar dove si affloscia  al primo tavolino in cui ti possa appartare. Vi si  ritira  nella lettura dei giornali  locali e di quello nazionale ad essi allegato, dopo il saluto del barista che lo fa quanto mai contento di ritrovarsi socialmente rilevante,  magari anche gradevole, tanto più a suo agio  se  nessuno lo avvicina o può odorarlo, o non fissa gli occhi sulle sue scarpe malandate.
Cerca nei quotidiani locali lo spunto per una polemica da trasformare in una lettera al direttore, sul giornale nazionale. di destra, le ragioni degli altri che contemperino il suo punto di vista di sinistra, rendendolo più credibile e  inattaccabile, qualora compaia in un  suo intervento sulla stampa locale.
 Si riserva di  buttare giù più tardi  il ghiribizzo di una sua presa di posizione, in stile efficace ed umorale,   per poi riprendere le sue letture librarie, tanto più profonde quanto più richiedono tempo,  altro che certi libri di successo, di cui ben sa,  che si fanno divorare e ti lasciano con il disgusto in bocca di essere stato irrumato. Altrimenti si desidererà a continuare  l’ editing interminabile dell’ ulteriore suo saggio sui templi hindu più sconosciuti,  o  la traduzione della traduzione  da un urdu che non conosce   delle ghazal di Mirza Ghalib o Mir Taqi Mir, ma tutto questo dopo, dopo, dopo non solo  che lasciato il bar, per fortuna senza essere rimasto invischiato in  polemiche atroci che criminalizzano  chi in mare salva migranti e non vuole saperne di rinunciare a un oncia del suo benessere  in loro soccorso, ma dopo che avrà altresì  immancabilmente  eletto a sua meta il supermarket.
Oramai  sono consolidati gli scali possibili del suo periplo di scaffale in scaffale, no a dolciumi e biscotti, paste e crostate o brioches, se non  il sabato per la domenica,  bensì  subito a ficcarsi sul reparto delle offerte di primi o secondi, prima dell’ insalata imbustata,  della frutta o degli ortaggi, ma solo qualche volta, per quanto siano  salute allo stato puro, mentre gli sono irrinunciabili le cotolettine o le Viennesi impanate, tanto per trasgredire di nuovo una tantum il suo vegetarianesimo,  il latte, sempre, invece sempre di meno formaggi e mozzarelle,  talmente costano tanto, in loro vece  sempre di più  delle  sottilette.  di quelle convenienti,   il pane in bauletti, due lattine di birra per il pranzo e per la cena e le pizzette a fungere da spuntino,  tonno o sgombro,  se mancano nella credenza, un vaso grandi di carciofini per  i toast,  di riserva  di lusso,   e   agrumate,  cedrate e chinotti o  pompelmo  in bottiglioni economici, ora che fa caldo e deve di giorno e di notte fronteggiare la sete,  non che del concentrato di limone puro, per ovviare alla sete con una bevanda  più naturale.
E  li,  che può incontrare il solo che senta  sia suo amico dentro le tre cerchia di mura della sua città, impenitente al reparto del vino,  se non altro perché possono parlare liberamente l uno dei malanni dell’altro, “ Come stai? “ Male, malissimo…”. - o liberamente convenire  o essere in disaccordo  su  questo o quell’artista  della loro tradizione  figurativa, dir male dell’ uno o dell’altro caporione addetto ai beni culturali della loro città d’arte , in un idem sentire che à una concertazione spontanea, anche se non è mai l’altro  a interpellarlo per primo, e se ben sa che qualora avesse ancora da campare cent’anni, mai si concederà  l’altro  di leggere un solo suo scritto, quale la monografia che gli trasmise sul Pisanello . o favorirà il suo nome in qualche colloquio, Del resto non  occorre che chieda  favori, per essere egli villaneggiato dalla cultura di corte della  città.  Dopo che nemmeno è servito che lo sollecitasse di persona, perché il direttore  della biblioteca comunale facesse catalogare  i volumi che vi aveva conferito mesi addietro a proprie spese,  il suo editor   virtuale  non si è poi presentato all’appuntamento che lo  stesso gli aveva dato, perché  avesse un occhio critico di riguardo  per i dipinti della sua collezione,  dopo che egli  di sua libera iniziativa gli aveva  recensito due rassegne di incisioni e disegni su un foglio locale. “ Maledetto l uomo che confida nell’uomo, si dice, a proprio scorno, tanto più se si fa ogni sorta di riguardo nei loro confronti, assume anche l’aria di un idiota per non  mostrare a loro quanto lo disgustano” , sino al punto di desistere dall’essere  in circolazione,  vecchio  astruso e maleodorante,   e non  perturbarli,  quando  si tratta di rifiutarlo e di  volgersi altrove,  non essendo egli  nessuno di potere e di successo in tutta la sgradevolezza del suo indiscusso  talento, di cui  non si  avvalgono, e che non avvalorano. che collezione, poi,  di  quadri, aveva occhieggiato quando si era ripresentato  il giorno seguente e si era ritirato senza farsi vedere,  di trine di pizzi stesi sul telero, ricoperti di una mano di  colore da imbianchino.  Non valgono forse di più  i copricuscini di pezze di  stoffa ricamati,  armonizzate  insieme nei loro colori dalle mani di povere donne indiane, che per poche rupie ha acquistato negli empori di Delhi? O non sono capolavori non inferiori ai collages di Matisse  le composizioni di figure con  pezzi di stoffa ritagliati con  la stessa bravura ideativa dagli artigiani  dell’Orissa ,
Egli si fa allora un fiume in piena reattivo contro l’arte di avanguardia di un intero secolo…  Braque, Picasso. Dvhamps, facendosi  movimento sono riusciti a trasformare in virtù l incapacità di dipingere ,  al grido anarco-rivoluzionario  del rifiuto di tradizione e ordine, dello stesso  mestiere,  a elevare il triviale e il  tinteggiare dell imbianchino a modello   di fare artistico, ma quale rilievo attraverso  chiaroscuro e modellato.  assemblaggio invece di ogni carabattola,  e il ripetersi per atrofia inventiva sempre negli stessi uccelli in volo e negli stessi capanni disegnati con l imperizia diuyn piccolino dell’asilo, il tutto osannato come  variazione musicale nella ripetizione, infanzia fanciullesca e primitività pura ritrovata, nella complicità di critici e mercanti e donne fatali e acquirenti  tanto ricchi quanto idioti,  il tutto una boheme sudicia e truffaldina di cialtroni e impostori, di  rimatori  imbarazzanti e di imbrattatori di tele che anche la Boheme  Di Puccini riesce a fargli detestare. Povero, povero  signor Benoit.  Oggi che la vecchiaia lo fa più reazionario del solito ne ha anche per il cantautore tutto un falso farsi piccino piccino, che nella piazza  storica ha radunato 3.500 imbecilli di ogni sorta e di ogni età al canto tutte le strade portano alle tue mutande, per il rapper che ha chiesto ai suoi fans  di pulire l’area del raduno dove si era scopato tutti i loro soldi…

Mezzogiorno è già passato quando così fa rientro,  ripone  sul tavolo le cose che ha comperato nel superrmaket, e si abbandona di nuovo ad internet,  a face book, il computer perennemente acceso, per sapere le ultime,  aggiungere un like ai commenti e agli emoticon in risposta ai suoi post, scegliere per i suoi amici virtuali, che sono  sempre meglio di quelli reali a chilometro zero, gli articoli da proporre in lettura nei post che invia, già sapendo che  saranno ben pochi, sempre i soliti, non sempre i più colti, a leggerli avvalendosi di lui.
 E’ indugiando  al computer  che già l odore immondo  delle sue secrezioni gli rende nauseabondo restare  in compagnia di se stesso,  che lo incalza a premunirsi di cambiarsi almeno gli indumenti intimi e di lavarsi  di sotto, prima di accedere  alla cucina per il pranzo.
Gli restano da lavare  tegami e posate della sera precedente, già  mettendo  la cotoletta  impanata nella  padella come il recipiente l’ha rilavato, mentre piatti  e bicchieri e forchette e cucchiai e coltelli  attendono in fondo al lavello che li sgrassi per bene.
Procede a fuoco lento, rosolando se stesso, con la cotoletta, nell’attesa  che venga della giornata il tempo migliore, dopo che  forata la busta dell’insalata ed evacuati radicchio, lattuga e indivia nella zuppierina, se ne sarà deliziato con il  cibo precotto e una birra in lattina , senza  sale però, altrimenti l’ipertensione ringrazia  fischiandogli nelle orecchie invasate
Il maleodore   deriva soprattutto dalla sua camicia impregnata di sudore, sa di fenolo, a dir poco,  e dovrà metterla in lavatrice  con gli altri capi che aspettano il lavaggio, ma solo dopo quello nel lavabo delle posate che ha appena utilizzato, per non  fare saltare per eccesso di consumo di energia  il contatore.
Un ulteriore rinfresco di se stesso, in bagno, che eviti che già puzzi nelle parti inguinali come un salmone gigante, prima che tra se e la lettura agognata di “Chiara luce del giorno”,  di Anita Desai, si tratta finalmente delle pagine finali, non  si interponga la telefonata  fuori tempo del suo amico indiano. Come mai  è lui a telefonargli,  e anticipatamente? Si allarma nell’attesa di poterlo ricontattare, non già  tramite Skype che non funziona, usando whatsapp questa  volta, prima di sentirsi dire che no, non deve  preoccuparsi  se una volta tanto è l’amico indiano che gli telefona, , solo è successo   che stamane  quando  costui  ha aperto il suo sito di posta elettronica , non vi ha trovato  nessuna e-mail , come si attendeva, con il Pin del nuovo acconto di denaro. Possibile? ricorda bene di averne digitati i numeri , ieri pomeriggio, poi capisce l’errore che può avere commesso, e come ne ha la riprova è in grado di  inviare istantaneamente il numero richiesto all’amico del suo cuore. Il suo migliore amicodi sempre “ Scusami , gli dice, scusami tanto, ho schiacciato il tasto per salvare una copia del messaggio invece che quello che l invia. Sono così vecchio che faccio solo errori su errori e perdo tempo su tempo. Ieri sono andato una prima volta in banca e credevo di non avere con me la carta di debito, talmente aderiva allo smartphone,. Cosi sono tornato a casa inutilmente, per poi recarmi di nuovo   all’atm a prelevarvi il denaro che ti serve.  E poi, sbagliandomi di nuovo,  ho  chiesto  che importo da inviarti fosse di 200 euro,  per poi ricordarmi che puoi  ricevere un  ammontare  del genere solo mediante un trasferimento sul tuo acconto da parte del tuo agente, e chiedergli di  trasmetterti  solo 10.000 rupie. Ma così forse ho sbagliato ancora una volta, perché  come ora suppongo i soldi li puoi ricevere direttamente solo se il loro ammontare resta al di sotto  di tale cifra, anche per meno di  10 rupie. Solo che erano tante le donne in attesa, dell’ Europa dell’Est,  che non ho osato chiedere di nuovo di cambiare l’importo che ti versavo. Andrò là tra poco di nuovo, vedrai, anche se dovrò ancora fare la fila,  ho sbagliato e …” Di nuovo un pomeriggio a perdere tra banca e negozio del cambio, non  fosse che l’amico lo supplica di non farlo, che va bene anche così, può aspettare  tranquillamente di disporre del denaro solo sul suo conto.
Lo saluta, gli assicura che si risentiranno più tardi.  e chiuso lo smartphone può  mettersi  ora a tavola,  in un battibaleno consumate  cotoletta e verdure,   e chi ne ricorda  più il gusto, ora che sta già rilavando tutto. Restano i panni da  prelevare dalla lavatrice, con  quelli asciugatisi sullo stendibiancheria che deve ammucchiare insieme  e risistemare negli armadi e nel cassettone, perché quelli appena fuoriusciti dal cesto della lavatrice possano prenderne il posto. Sono già le prime ore del pomeriggio, chissà, si chiede, se ora che può attendere a ciò che  è la sua vocazione,  è in anticipo  percentualmente, rispetto ai tempi  annuali in cui uno finisce di lavorare per pagare le tasse e comincia a lavorare solo per se stesso.
Ma un’altra vita ora comunque comincia, anche se le pagine di internet si inchiodano, il sito delle sue e-mail gli chiede  di cambiare la password per  poter accedere di nuovo, la banca canale gli chiede codice d’accesso, password,  non una, ma due volte il numero di verifica sul pass,  una ulteriore trasmissione di numeri in serie che ritrova nel modulo di conferma, prima che possa ricaricare la prepagata per comperarsi l’ebook dei racconti morali di Coetzee.
Che  meraviglia è ora scrivere di se stessi in libertà  di spirito, ora che niente ha da perdere, che sudato e magnifico travaglio è  anche la dura fatica, nel testo archeologico  sui templi hindu più sconosciuti, di tornare come nel wrestling, parola su parola,   a  riordinare e spianare ogni inutile contorcimento sintattico e  dire invece  in termini chiari, come a raffronto  siano  consimili e divergenti dagli altri templi quelli che ha preso in esame. anche se così va ripetendosi e  viene facendo più  pause e richiami espliciti nel suo scritto.Deve farsi allora vera e propria anatomia patologica la sua virtù intuitiva, “ tu sei davvero  come un dottore che ai templi consulti le ossa”, come aveva detto il suo amico delle sue ricerche esplorative, di cui si poneva al seguito, che  dura fatica, allucinante, quando per l ennesima volta ritorna sulle stesse parole e accerta quanto il tutto che sembrava così ben indagato ed espresso,  appare a un’ulteriore disamina  ancora una volta confuso e detto in un modo impreciso così  sconcertante,  ma che  gran fatica, tale umile fatica utile, altro che il dilettarsi  di  un hobby tanto per  “ ammazzare il tempo”. Poi il passaggio alle pagine di Anita Desai, che gli è quantomai  doloroso ma magnificamente illuminante, nella sua  prosa che traspone Virginia Woolf  nel mondo indiano di cui egli è oramai parte,  che nel mondo indiano  della famiglia Das gli fa ritrovare il proprio intrigo familiare, Bin sua sorella, lui e suo fratello Tara e Raja che se ne sono andati via per il mondo abbandonandola alle prese con i  familiari rimasti, il padre defunto e ora la  madre. più in salute che mai,  che lei accudisce quotidianamente e che ne impedisce ogni residua vita indipendente.
Nel farsi sera , il  frastuono  di tutto che rimane nelle sue orecchie è lo stesso silenzio che  nelle pagine che legge tuonava intorno alla casa dei Das e vi penetrava rombando,costringendo Bim a  tapparsi le orecchie con le mani.  Lo stesso sudiciume da ripulire,  la stessa chiarezza da lasciar sopraggiungere, sullo stesso sgretolarsi nella polvere di vicissitudini colpevoli in un senso opposto. Lui ostinandosi a  non consentirsi  altro  che cibo di supermarket ed e-eboks,   niente viaggi, svaghi o pranzi fuori,  niente capi di abbigliamento o gadget  ulteriori, per non sentirsi in colpa perché così profitta dell’assoggettamento della sorella alle cure materne di cui è così sollevato. Le tendine che sfiora il vento sono pagine di registro, in cui ò trascritta l infamia di  quante delle bocciature che ha inflitto, disattendendo aspettative e sguardi amorosi.    Ma  è già quasi ora di chiusura dell’ ipermercato, si rammenta solo ora che  è il giorno della  raccolta differenziata sul tardi di vetri e lattine,  che manca qualsiasi bevanda nel frigo, che se accorrerà in tempo al supermercato , prima della chiusura imminente, vi potrà acquistare l’insalata di tonno e fagioli e basilico che rinfreschi  l’arsura della sua fame serale con un piatto leggero . Ma per questo dovrà interrompere le pagine che stanno  rivelando a Bim  la verità della vita di sua sorella, che  possono aiutarlo come Tara, nei paragrafi imminenti,  a perdonare se stesso di tutto quello in  cui è mancato per paura e per rivalsa, la sua paura degli uomini nel sentirsi ad essi sessualmente  inferiore, e  a non volersi per questo tutto il male di questo mondo . E  flusso su riflusso, di nuove metafore e similitudini,  quali  nuove magnifiche cadenze e variazioni assumerà nelle righe seguenti  la descrizione ad opera di  Anita Desai dell’abbagliante  natura indiana ,  del “ diafano schermo di polvere nel quale il sole stava sprofondando”, come ora alla sua finestre

Ma ora. come un tempo, non saprà egli resistere più di tanto sulla pagina ,  non vi resisterà che per un  penoso minuto, e la  poltrona e la lettura saranno abbandonate in tronco, per correre succube al supermercato prima che chiuda, nel tintinnare intorno della raccolta del vetro.