venerdì 24 luglio 2015

cronaca di un ultimo giorno felice

Giorni felici
Due sabati or sono,- era il 4 di luglio-, con Ayaj e Mohammad mi sono avviato verso Byanthal, insieme in bicicletta, solo quando erano già passate le due del pomeriggio, essendomi attardato a terminare di scrivere al computer, ma non supponevo di stare facendo tardi , al punto che ho rifiutato di prendere con me la torcia che mi aveva porto Kailash, e che lasciando Khajuraho mi sono dilungato a rifornirmi d’acqua e di cibo in più di un negozio, ultimi quelli che precedevano sull’altro lato della strada il tempio Chaturbuja.
Superata la sua mole , nello splendore pomeridiano aveva inizio il nostro vero tragitto, tra i casolari di genti adivasi e i campi predisposti per la semina propiziata dall’inizio della stagione monsonica, mentre contro i rilievi montani, il fondo dei campi, le piante dispiegavano il fulgore del loro fogliame.
Il rifacimento in corso del manto stradale ce lo consegnava nell’interminabilità di tutto il suo dissesto, che si faceva più avanti ciotolio e pietrisco tormentosamente sconnesso, nell imminenza di Kundarpurah e dei suoi maleodoranti pollai, inerpicandosi scosceso tra le sue case .
All uscita dal villaggio ci attendeva la nostra prima meta , la scuola di Ghita, come ne chiedevo a dei ragazzi del posto, ossia della Devidine association che l’amica presiede, per inoltrarci nella quale bastava raggiungerne il campo antistante e scostare il filo di ferro che cingeva un paletto. Tre aule soltanto la costituivano, ma meravigliosamente ariose e soffuse di luce.
L’edificio, in attesa di aggiunte, d’intesa tra costruttori e committenti, com è proprio del procedere della prassi edilizia indiana più tipica, era stato realizzato in uno stile vernacolare, ed al nostro aggirarcisi appariva solido pur senza pesantezze murarie, nella disposizione delle sale precedute da una veranda, che erano state ultimate rivestendo di malta e sterco e di luccicante paglia gli ammattonati, dotando le trabeazioni di tralicci di bambu, ornamentando di motivi tribali gli stipiti delle porte e il fondale della prima sala.
Terminata la visita nell impazienza fattasi distratta di Ajay e Mohammad, una volta rifocillatici potevamo procedere oltre, ma verso dove, prima di tutto, mi chiedevano i due ragazzi, che avevano fatto devota professione di volermi accompagnare in quell ultimo nostro viaggio prima del mio rientro in Italia, e che per questo quel pomeriggio avevano ottenuto da me da Kailash di essere dispensati dall andare a scuola, ma eravamo in cammino già più da unìora e per essi ogni occasione era parsa buona per intrattenersi tra loro, isolandomi in testa o nelle retrovie del nostro gruppuscolo.
Avrebbe preceduto l’arrivo in Byanthal la sosta per rivedere, e mostrare una prima volta a Mohammad , i campi che Kailash dovrebbe ricevere in eredità dal padre, per considerare come in comune avremmo potuto utilizzarli,una volta che la strada da cui pervenivamo fosse stata sistemata, la visita della casipola della sua bisnonna materna, ma l’appetito famelico e l’assenza di bibite o di vivande reperibili in Byathal, per l’intermittenza dell’erogazione inei suoi insediamenti dell energia elettrica, dettavano ai due ragazzi la richiesta che prima di addentrarci nel villaggio ci recassimo in quello poco oltre di Chandnagar, lungo la via che da Chhatarpur reca a Panna, dove qualche centinaio di metri più avanti avrebbe potuto accoglierci la locanda di una dabha.
Quando dalla via sterrata che si era fatta confortevolmente piana, lasciando la vista a distanza dei monti Lavania, ci immettevamo sulla strada asfaltata che ci avrebbe recato a destinazione, al contempo la vista si slargava magnificamente sulla convalle ed i colli che ci fronteggiavano in direzione opposta di quelli precedenti, dove potevamo scorgere sulle prime pendici il Rajgarh Palace in stile Bundela. Su quelle alture sorgeva un tempo il Manyagarh fort, l insediamento originario della potenza dei sovrani Chandella, di cui era Khajuraho la capitale religiosa.
Ancora un chilometro, o poco più, ed Ajay poteva indicarci dove dovevamo lasciare presso il manto stradale le nostre biciclette per addentrarci a piedi tra i campi arati fino a quelli del padre, distanti poco più di un centinaio di metri.
Il terreno che venivamo così perlustrando era dei due appezzamenti quello dislocato in una posizione più favorevole, su due lati era già recintato da una “barh” di alberi e cespugli, come quello cui ci siamo inoltrati solo in seguito, del resto, situato oltre il campo dello zio sadhu di Kailash, ma l’assenza di emergenze rocciose del fondo lavico del Deccan, a differenza che nel secondo, lasciava supporre che non fosse difficile reperirvi l’acqua con lo scavo di un pozzo. Le dimensioni del campo avevano lasciate deluse le aspettative di Mohammad, che era stato in grado di valutare all istante quale ne fosse il valore di mercato, , non più di 13-15 laks, situandosi esso al di là delle immediate vicinanze di Khajuraho ma come gli additavo sommariamente, c’era pur sempre terreno abbastanza per insediarvi i nostri progetti, una dimora in cui soggiornare per il coltivo dei campi, ove Ayay e Porti, o Chandu, divenuti grandi avrebbero potuto fare ritorno per le loro vacanze dalle città dell’India in cui lavorassero e vivessero, ed in cui sarebbe stato possibile alloggiare i visitatori che volessero soggiornarvi qualche giorno per fare esperienza della vita dei campi in un villaggio indiano rurale, di fianco una stalletta per i nostri bufali più piccoli, retrostante il giardino di un piccolo baghitsa di piante quali guava, mango, papaia, limoncelli, rimanendo ancora un’area spaziosa in cui coltivare anche solo grano e colza d’inverno, e lenticchie e sesamo d’estate, come vogliono le prassi e le scelte agricole invalse nel territorio, ma secondo i criteri compositi dell agricoltura organica e di quella indiana della tradizione locale. E il territorio circostante non si prospettav quanto di più magnifico, per ritemprarsi della vita campestre?
Ma nel riavviarci in bicicletta, non riuscivo a trattenere a parole un moto di sconforto, per come e quanto Kailash avesse pianto miseria e seguiti a disperarsi di sé e dei figli, senza mai essersi curato né volersi prendere cura dei suoi campi, che aveva lasciato all’ esercizio ed al profitto del padre, preferendo piuttosto, nel corso di una stagione primaverile, a mie spese prenderne uno in affitto senza trarne proventi., essendo carente anch’esso di un proprio approvvigionamento idrico, e richiedendo per più mesi un sorvegliante notturno.
La casetta di malta cinta di rampicanti della bisnonna di Kailash , cui ci fermavamo di li a poco per una breve sosta che allietava l’avola, era una delle prime delle tante residue del villaggio natale incantevole di Kailash, prima che lo precedessero uno splendido talab dove si ristoravano bufali, stazionavano barche, ai gradini dei cui gath le donne si recavano velate a raccogliere acqua in anfore e vasi.
Il breve spazio verde antistante la casa, mi ricordava a sua volta gli sforzi intrapresi con Kailash per impiantarvi un orticello sperimentale, in cui accertare quanto vi potessero attecchire vegetali non indigeni quali la rucola, un cimento che mi aveva consentito soltanto di appurare tutta la vana bravura del mio amico anche come orticoltore, nel delimitare solchi ed interrare sementi, giacchè si sarebbe arreso, di li a poco , alla distanza dall’orto delle sue fonti idriche , e tutto sarebbe finito disseccato e appianato, cedendo all’incolto che vedevo ora crescere rigoglioso intorno, nel canto dove anche quegli impegni ed intenti erano finiti nel nulla.
Altre donne avremmo visto popolare le vie dirette alle fonti o provenendo da esse, prima che il percorso stradale oltre la bucolicità circostante approdasse all aridume di Chandnagar de alla sua arteria principale. Uno stradone scrostato d’asfalto e in via di un sempiterno rifacimento, da cui ventiquattro ore su ventiquattro la popolazione che viveva ai suoi margini veniva stremata dalla polvere, indisperdibile, che vi sollevavano soprattutto i camion ed autobus del traffico pesante che vi rallentava il suo corso.
Svoltavamo in direzione di Panna seguitando di poco, ed eravamo già alla locanda che ci eravamo prefissi, fronteggiata da una serie di camion i cui conducenti vi facevano sosta.
“ Ci vuole molto a fare meglio di cosi?” chiedevo a Mohammad illustrandogli la vista della dhaba, “ delle vasche d’acqua per la doccia e il lavaggio dei camion, charpai sparsi nei pressi, e sotto una tettoia, dove i viaggiatori possano riposare, una cucina che serve poco più di un paio di pietanze…”
Dall’antro fuligginoso e fumoso in cui ribollivano pentole sulle fornaci ardenti , a dire il vero ci inoltravano cibi sostanziosi per davvero ad un buon prezzo, il dhali di Ajay e Mohammad e la mia stiacciata di melanzane, che avevo riordinato avendola trovata di mio gusto anche l ultima volta che vi avevo sostato, con Kailash e tutti quanti i nostri bambini.
Ora, ritrovarmici, significava concretizzare a Mohammad e ad Ajay un altro progetto possibile per il loro futuro, riesumando al contempo un altro disegno caduto nel vuoto con Kailash, annerito nei miei ricordi dalle circostanze della morte di Sumit..
La dabha ulteriore ch’era all altro capo del villaggio, ora aperta, ora chiusa, era il posto dove un sabato pomeriggio di novembre Kailash aveva trascorso il penultimo giorno di vita del bambino, e in cui eravamo stati di ritorno quando l ho raggiunto per le festività natalizie, poco più di un mese dopo la morte di Sumit, cercando invano di riavviare le nostre esistenze con la ripresa di quel progetto, per la cui attuazione prima della tragedia Kailash avevo speso mesi e mesi nella sua desolazione, facendo ritorno alla dabha di giorno e di notte, per accertare di persona quanti effettivamente ne facessero un luogo di sosta.
Si sarebbero fatte poi più numerose le mandrie di bufali di rientro dai pascoli, in cui ci saremmo imbattuti,sul far della sera, lungo la via del ritorno a Bhyatal, giunti alla cui altezza i due ragazzi li facevo svoltare nella stradicciola che recava al negozio di kailash, prima che alla stalletta adiacente delle nostre bufale.
All’esterno, in cui erano sbiaditi nella calcinatura bianca i disegni che vi avevo fatto realizzare da Ashesh, il figlio talentuoso della sorella di Kailash, mi appariva quanto mai anonima quella bottega, che faticavo ancora a ritenere mia, benché fosse stata costruita solo a mie spese.
Intorno, e davanti , vi trovavo accampati il padre di Kailash ed altri uomini e giovani del villaggio che salutavo indistintamente, e mentre poggiavamo accanto alle sue pareti le nostre biciclette, lasciavo intendere che preferivo vedere i bufalini,- i miei bufalini, dovevo ripetere a me stesso-, prima di addentrarmi nel negozio ed accertarne lo stato.
Legati ai muri esterni alla stalla, con accanto dell erbaggio, v’erano la madre ed il piccolo Lalosha, mentre della bufalina che era l’ultimogenita ci veniva detto che stava rientrando dai campi.
Non ci attentavamo più di tanto ad avvicinarci alla bufala madre, sapendo che accetta di essere accudita solo dal padre di Kailash, per intrattenerci piuttosto con l’abbordabilissimo bufalino poco distante. Ricordavo a Mohammad, nell illustrargli tali ulteriori risorse di Kailash, a nostra disposizione, che avevamo perduto per una caduta accidentale la bufalina secondogenita, la cui morte, due inverni or sono, come Kailash l’aveva appresa dopo che gli era stata taciuta per giorni, per non alterarne una mente già tremendamente alterata, l’aveva precipitato nel pianto ai piedi dei figli nel loro grande lettone.
L’acquisto della bufala madre era stato il nostro primo riappiglio economico dopo la morte di Sumit, solo che anch’esso, come poi il negozio, sarebbe divenuto attività e provento del padre di Kailash, colui stesso che gli aveva ispirato l’intrapresa di tale allevamento e commercio
Sopraggiungeva la bufalina incantevole, accomodandosi presso la mangiatoia che le era riservata, mentre intorno si faceva sempre più irriguardosa e invasiva la gente del posto.
L’ora era già tarda, e sollecitavo l apertura del negozio, per rivederne l interno almeno una volta, durante l’intero corso di tale mia permanenza in India.
Il riavvolgersi della saracinesca mi riesumava dolente, come il suo cigolio, la crisi atroce che avevo provocato in Kailash quando vi era stata infissa, nel ritrovarmi a dovervi provvedere quando si era già alla fine di luglio, ed in India non avevo potuto intraprendere ancora alcun viaggio, perché Kailash aveva differito al mio rientro sul suolo indiano la maggior parte dei lavori intrapresi per l’edificazione del negozietto.
Mi ero allora avviato furente a fare rientro a piedi in Khajuraho, per ravvedermene solo all altezza della casa della nonna del mio amico, e ritornando sui miei passi ritrovarlo sconvolto in lacrime su di una sedia, con intorno tutti gli astanti, per evitare che facesse un gesto inconsulto.
“ E’ quasi vuoto, rileva deluso Mohammad, che non poteva convenire su quanto fosse graziosi nei suoi ripiani incassati nei muri, nel suo bancone fregiato di una piastrellatura di immagini hindu, nella finestratura che vi diffondeva aerazione e luce discreta.
“ Sentissi quant’è caro al mio cuore”, gli sospiravo, mentre un’ ondata di care memorie vi riaffluiva struggente.” Non ho accettato che Kailash l edificasse a mie spese perché mi aspettassi qualche guadagno, sapevo che avevo solo da perderci, dato che i dalit , che vi sono il maggior numero di clienti, possono pagarti solo in sementi. Ma era un’attività utile per la mente di Kailash, perché mattone su mattone, il lavoro spezzava nella sua mente il dolore della morte di Sumit”
Solo dopo il mio rientro in Italia, Mohamad mi avrebbe confidato che cosa vociferassero quelle persone irridenti che mi si aggiravano intorno, rivolgendosi al padre di Kailash.
“ Ora che ti sei mangiato tutto quello avresti dovuto vendere, lo straniero è venuto a prenderti per metterti in galera”
Già imbruniva intanto l’aria, ma non volevo lasciare Byathal senza avere rimesso piede nella casa paterna di Kailash.
Assolutamente in ordine e pulita, la ritrovavo altresì scialbata e luminosa, ove la prima volta che l’avevo visitata mi era apparsa fuligginosa e ottenebrata, e grazie alle mie cognizioni acquisite negli archivi dell’ Intach di Delhi, in essa potevo ora mostrare a Mohammad, mentre Ajay seguitava a defilarsi come una comparsa della nostra avventura , quanto fosse tipicamente una casa del Bundelkand, all’entrata con un ripostiglio laterale, incrementato da un mezzanino o machiyara, che immetteva nell’aangan, o cortile interno, assettato in un angolo per la cottura, o chulha, nel ginochi dove avveniva il lavaggio di panni e stoviglie, con al proprio centro l’altare su di un pilastro delle divinità hindu fragrante di tulsi, non senza l’angolino apposito per le pisciatine, in precedenza delle camere interne con le lettiere dei charpai, e ancora una reticella sospesa, per tenervi i cibi da sottrarre alle grinfie dei gatti.
Mi restava negli occhi l’immagine di Vimala bahu che si accucciava allora negli angoli di quel cortile ,come una cagna domestica, sottoposta alle ordinanze assolute della sash sua suocera e del padre di Kailash
Ma prima di congedarmi da ambo i genitori di Kailash, ho voluto dare anche solo un’occhiata esterna alla cameretta sovrastante, ora chiusa, dove per un decennio era rimasta confinata la vita coniugale di Kailash e Vimala, sfiorando con la mano le pareti di confine, da cui si erano sopraelevate i primi tempi schiere di bambini, a scrutarmi in ogni mio fare incuriositi.
Poi il rientro per il percorso più breve fino a Kundarpurah, una scelta che si rivelava disastrosa, per le tante buche e le pozze d’acqua di una pioggia recente, che ne costellavano un fondo stradale che il calare della sera aveva sottratto alla vista. Il buio intorno intanto incuteva a Mohammad il timore di presenze intorno di spiriti e demoni. “ Che cosa posso farci se ho paura dei pretas? Ma con te mi sento al sicuro…””
Per nostra fortuna poteva rischiararci il fondo stradale il cellulare di Mohammad, per deboli che ne fossero le batterie, mentr’io mi profondevo in scuse con entrambi i ragazzi, per la mia stoltezza d’avere ricusato la torcia elettrica che Kailash aveva inteso allungarmi, per quanto avessi ritardato la partenza e differito il rientro
“ E’ l’avventura Mohammad. Che desideriamo cosi tanto vivere fino a quando non ci capita”
Ma non era forse bello, pur se con il cuore in gola, procedere tra i campi sotto il cielo stellato, mentre tra le siepi e gli alberi comparivano sempre più numerose le lucciole, gli scintillii dei luminosi giugnu?
Giunti a Kundarpurah iniziavamo a procedere a piedi nell oscurità incombente, Kailash l’avevo già contattato più volte al telefono, respingendo la sua proposta di venirci incontro in tuk tuk, era quella una strada dove era impossibile avventurarsi con un autorickshaw senza scassarlo..
Anche qualche centinaio di metri, illuminati dalla lucina intermittente del cellulare di Ajay, finchè non mi veniva in mente la giusta trovata. Kailash poteva raggiungerci con un amico in motocicletta, facendoci luce con il suo fanale fino al termine del percorso sconnesso.
E ci rimettevamo così in strada, ora in bicicletta ora smontandone a piedi, finché non sopraggiungeva un guaio ulteriore: a Mohammad si disfaceva un sandalo, sicché per lui subentrava il tormento di procedere scalzo a piedi, od usando di fatto un solo pedale della sua bicicletta .
“ All is tik-è” tutto procedeva per il meglio secondo le sue parole, mentre tutt’altro lasciavano intendere il suo tono di voce e i suoi accenti sconfortati.
“ Ayaj, is it possibile, è mai possibile, che in questa situazione tutto proceda per Mohammad come egli vuol farci credere?”
“ No! “ diceva una volta tanto con risoluzione Ajay, al che li obbligavo di fermarci, anche se eravamo ancora al di qua dallo svoltare i crinali dei monticelli Lavania
Eravamo così fermi a quel mio ordine presso un cumulo di ghiaia, per ripensare insieme la situazione in corso, quando “ è Kailash”, sentivo levarsi il grido di sollievo di Mohammad, al sopraggiungere di Kailash sul sellino posteriore di una motocicletta guidata da un suo amico.
Faticavo a comprendere, prima di adeguarmici , la soluzione ideale concepita all’istante da Kailash, di cui sarei stato poi quanto mai contento: il suo amico avrebbe prestato i suoi sandali a Mohammad, questi avrebbe inforcato la mia bicicletta, Ajay quella di Mohammad, Kailash l’ulteriore da donna del figlio, che gli risultava più agevole, io a mia volta sarei salito di dietro in sella sulla motocicletta, viste le mie difficoltà a vederci di notte, ed il suo pilota avrebbe illuminato il percorso a Mohammad, Kailash ed Ajay, sino a che non avessero raggiunto il fondo asfalto all’altezza del tempio Chaturbuja.
L’immagine dei due ragazzi e di Kailash, che d’intesa si spartivano i percorsi lungo il sentiero, come si profilassero alla luce del fanale, incalzati senza concedersi una sola tregua dal motociclista, sarebbe ritornata ed ancora ritorna agli occhi del cuore, come un acme della mia felicità che alla mia partenza dall India avrebbero oscurato gli eventi seguenti, inimicandone le anime care di un’ostilità sordida , che ho disperato si fosse radicata in loro insanabile .

Una morte a pennello ( prima stesura postuma)

Una morte a pennello
( prima stesura postuma)
la sera avanti, di una grigia domenica dei primi di giugno che già preannunciava l arrivo dei monsoni, con Ajay e Mohammad stavo consumando in un ristorantino del bazar di Khajuraho una cenetta di manchurian grevy e noodles, quando mi è sopravvenuta l idea, in anticipo sui tempi previsti, già l indomani, prima della partenza con Kailash per il Rajasthan, di interrompere le mie peregrinazioni intorno al tedio ripetitivo della continua riproposizione di immagini di Shiva del tempio Jagadhambi, per recarmi piuttosto, con entrambi i ragazzi, in Chhatarpur ad acquistarvi un monitor che consentisse a loro l’uso del mio notebook in cui lo schermo era andato perduto, e che avrei lasciato a loro, come a Poorti e Chandu, alla mia partenza per l ‘Italia dopo il rientro dal Rajasthan. 
Una sortita mentale, d’improvviso, senza altri precorrimenti che l amore che mi suscitava la vista dei due ragazzi a me astanti, mentre tra loro si divertivano, insorta come lo squarcio d’ un lampo ed impostasi irrevocabilmente con l’assenso immediato di entrambi, già proiettati nella considerazione delle modalità di reperimento e di acquisto del monitor.
L’indomani, in Chhatarpur, dopo il suo acquisto a pomeriggio inoltrato, cui ci siamo decisi solo nel quarto negozio in cui ci eravamo addentrati, lo stavamo recando sottobraccio, nel suo imballaggio, di rientro alla stazione degli autobus dal bazar, quando l’addensarsi delle nuvole nel cielo , al sollevarsi di un vento in cui turbinavano polvere e detriti, si è tramutato in un temporale scrosciante, che ci ha costretti a cercare precipitosamente riparo in uno spaccio di snack e bevande.
Tra una bibita e l altra, quella sosta obbligata, quanto richiesta, per la sete che ci stremava, mi dava l occasione per telefonare in Khajuraho a Kailash.
Mi rispondeva dal suo stazionamento con il tuk tuk di fronte al museo, per dirmi le ultime nel nostro villaggio. Anche in Khajuraho il tempo si era fatto d’improvviso temporalesco, un’ora prima che in Chattarpur, e la pioggia cadeva ancora a dirotto.
“ In particolare ho una cattiva notizia da darti. Mentre pioveva di più ,un fulmine ha colpito uno dei templi di Khajuraho, ed una giovane che lo visitava è rimasta uccisa. Sul posto ci sono ancora i medici e la polizia sul luogo”
Ho chiesto a Kailash di quale tempio si trattasse, se lo sapeva.
“Quello di fianco al Kandariya. La sua amalaka è andata distrutta”
“ Il Jagadambi, per caso?”
“ Si, il Jaghadambi”
E l’ora dell’incidente letale era quella in cui da una settimana puntualmente tornavo a visitarlo, grazie anche all opportunità di entrare nel sito archeologico al prezzo d’ingresso di sole 10 rupie, quale residente non indiano temporaneo.
Per giunta Kailash poteva dirmi di quella ragazza che era di Chhatarpur, e che era pervenuta in Khajuraho con i suoi congiunti al tempo stesso in cui io da Khajuraho mi stavo recando in Chhatarpur con Ajay e Mohammad.
Per il mio sgomento era come se quella sventurata giovane avesse assunto il destino fatale che era destinato proprio a me stesso, e come se solo in ragione di quella permuta sostitutiva, mi fosse stato consentito di sottrarmi quel giorno alla morte, in virtù proprio dell' ispirazione istantanea di interrompere quel giorni i miei sopralluoghi templari, per anticipare il mio dono finale ai miei cari ragazzi e bambini più piccoli.
“ Puoi dire di essere stato davvero fortunato” Mohammad.commentava le mie considerazioni a riguardo Avrei saputo giorni dopo che avrei dovuto ringraziare del non accaduto soprattutto Kailash, che era stato decisivo, il lunedì mattina, nel persuadere un Mohammad invero ritroso a porsi al mio seguito in Chhatarpur, così sublimando la sua gelosia nel rinnovato intento di salvaguardare il mio amore per il ragazzo.
Di ritorno in risciò nei paraggi dell’autostazione, poi aggirandomi con i due ragazzi dove erano in vendita i banchetti dei “tlia”, per sapere a che prezzi fosse possibile acquistarne uno per loro al mio rientro dall Italia, affinché possano farvi esperienza dell'esercizio della vendita di prodotti artigianali di buona fattura e non costosi ai turisti indiani, quindi sull’autobus su cui facevamo ritorno a Khajuraho, mi stranivo a pensare come dai miei interlocutori nei social network che sanno della mia venerazione archeologica per i templi hindu, sarebbe stata accolta la notizia di tale mia morte, la cui fulmineità sul sito stesso della mia vocazione fatale avrebbe stroncato i miei occhi all' ennesimo riproporsi alla loro vista dell ennesima divinità con” kundalas, hara, keyuras,” -orecchini, collana, bracciali, “with undergarment fastened by a belt with jewelled loops and tassel “, secondo la dizione ripetuta interminabilmente nell’opera analitica sfinente di Krishna Deva, ponendo fine per sempre all’ennesimo computo dei medesimi attributi del dio di “ varada cum mudra, broken, broken, and water wessel”, in mancanza di un serpente o di un “trisul”, Tale annuncio di una fine simile a quella del teatrante che scompare dalla scena della vita sul suo palcoscenico, con quale stupore ilare, soprattutto, sarebbe stata accolta dagli adepti di compagnie di viaggio e di ventura quale Avventure nel mondo, che avevano mortificato tale mia passione di “ professor India” con la ferocia più atroce, pur di difendere la loro noncuranza affaristica della trasmissione di una conoscenza reale del patrimonio dell’India, mediante una propria attività decentemente informata, gviungendo a fare di me un alienato mentale delle strutture templari di Khajuraho, in preda a un autentico delirio feticistico per la sola componente architettonica, che avevo richiamato ad esempio, delle modanature dei loro basamenti ( dell’adishtana). Fulminato sul campo , come dal loro sogghigno beffardo, ad irrisione di un'intera vita di intenti e di presunzione allucinata di arte e di ingegno, nella sua maniacalità folle di tornare carezzare, ancora una volta, la tornitura di tali modanature con le mani e lo sguardo…
Una mia sarcastica morte, davvero a pennello.

mercoledì 22 luglio 2015

Io, lo straniero di Kailash, ossia sapendo di che parlo quando parlo d’amore.

Io, lo straniero di Kailash,

ossia

sapendo di che parlo quando parlo d’amore.



E’ l immagine che nella notte indiana di un sabato, ancora di due settimane fa, ai miei occhi ed al mio cuore riuniva Kailash ad Ajay e Mohammad nel rientro in bicicletta da Bhyanthal, mentre il fanale della motocicletta di un conoscente del mio amico , sul cui sellino posteriore ero stato fatto sedere , illuminava a loro il dissesto del fondo sterrato, la rievocazione di una felicità perduta che in questi giorni mi ha straziato e soccorso dall’arrendermi alla disperazione, per il fatto che nemmeno dopo due giorni di lontananza e d’assenza al mio rientro in Italia, fosse finito distrutto ogni vincolo tra coloro che per il mio amore sono inseparabili, per l’abominio di cui è capace la follia di Kailash e la miseria sordida della vacuità mentale del figlio, complice la ricerca di Mohammad di ogni via di fuga dall’ impegno scolastico che gli sovvenziono, nel perseguire la quale egli ha improvvidamente coinvolto Ajay in un viaggio di andata e ritorno di soli due giorni in Kanpur, senza che Kailash riuscisse a far valere la sua opposizione. Ed il viaggio è degenerato in un litigio tra i due ragazzi, Mohammad ha messo le mani addosso ad Ajay e questi non ha trovato di meglio, nell’odio degli islamici che già ne imbeve la mente induista , che insinuare che Mohammd compia atti sessuali con la madre e con me, in cambio dell’aiuto che gli presto. .(E) Non di meno ha delirato il padre, quando Mohammad ha commesso l errore di fargli sapere l accaduto. . Tanto la sua mente dispregia di avere un figlio come Ajay, ed odia Mohammad anche perché nella sua prontezza, e intelligenza mentale, è costui che vorrebbe quale figlio in luogo di Ajay, perduto Sumit, ch’era la sua gloria, il suo leone, anziché doverlo temere ed odiare come il subdolo e perfido muslim che nella sua avvenente giovinezza gli avrebbe sottratto i favori del mio cuore, vanificando una decennale amicizia
Così, mentr’io credevo e mi illudevo che la lontananza da entrambi facesse decadere ogni rivalità ostile nei confronti di Mohammad da parte di Kailash, e d agevolasse l integrazione del ragazzo in seno alla nostra famiglia, suggellando l amicizia tra costui ed i figli del mio amico, grazie anche a come li fa accedere al computer e può insegnare a loro ad usarlo, alla vitalità mentale che può suscitare in Ajay cooperando con lui, la gelosia possessiva di Kailash ha iniziato ad ossessionare il ragazzo contattandolo assiduamente al cellulare, incombendo spaventevole sulle nostre telefonate , per chiedere a Mohammad, anche a notte inoltrata, che cosa ci fossimo detti io e lui al telefono.
Sconvolto io per il degrado umano in cui nel giro di poco più di due giorni era piombato l amico che avevo lasciato in Delhi nel pieno del suo residuo fulgore fisico e mentale, ho dovuto chiedere a Mohammad di consentirmi cautela, che sopportasse la situazione come un fare esperienza della realtà della vita, di ciò che può riservare in India ad un islamico il vivere dove gli hindu sono maggioranza schiacciante nella velenosità dei loro pregiudizi, perché tutto ciò si verificava anche in quanto la mente di Kailash era di nuovo tremendamente malata, toccando il fondo abietto non della sua natura personale, ma dell inconscio sociale di cui era ricaduto succube.
Di giorno non trovava più la via del lavoro e di notte quella del sonno, senza più il soccorso dei farmaci di cui aveva abusato, contattandomi al telefono per rantolarmi la sua fine imminente, insieme con la fine in corso della nostra amicizia, ora che avevo trovato in un altro il mio nuovo amico, per intrattenermi con il quale al telefono lo venivo trascurando, ritardavo di telefonargli quando ne avrebbe avuto bisogno, temendo egli prossima la sua morte a seguito di quanto lasciava presagire ciò il suo corpo era tornato ad accusare, per il dolore che avvertiva allo stomaco e agli sfinteri quando evacuava. “Non lo so, se potremo rivederci al tuo ritorno”.
Nel contempo, ingenerando in me pietà amorosa ed odio letale, a tale strazio Kailash alternava il prendersi gioco di me e di Mohammad, esasperando al telefono il ragazzo con le sue chiamate insistenti, la mia tempra con le sue insinuazioni che mi rendevano talmente torto, screditandomi e negandomi ogni stima e fiducia, quanto accordava invece ad ogni sibilo di voce malefica che raccoglieva in Khajuraho, intorno al ragazzo dalla “black face” che gli stava sottraendo “ lo straniero”..
“ E’ come un game” mi diceva Mohammad , oramai stravolto, al punto da giungere a spaccare in un moto di rabbia il suo cellulare, senza che io potessi essere con lui consensuale che fino a un certo punto, perché disertando le lezioni private del mattino cui si recava con Ajay, e lasciando dubitare che frequentasse regolarmente la scuola, non faceva che dar corpo alla perfidia di ogni insinuazione malevola di Kailash ed Ajay sul suo conto, al mio stesso sospetto sulle ragioni reali del suo rivolgersi a me, oltre al suo affetto indubitabile. Così dovevo pur dirgli che non era solo per lo stato di possessione gelosa in cui era ricaduto Kailash, per il dispetto in cui avevo Ajay, che avevo provveduto all'acquisto di una mia nuova bicicletta, nella previsione di un prolungarsi a tempo indeterminato della mia permanenza in Italia, almeno fino a quando non fosse avvenuta la riconciliazione tra lui e la mia famiglia indiana, e non fossero tornati in stato d’amicizia reale-
Di fatto, di un rientro in Khajuraho patirei di nuovo senza patemi eccessivi i disagi di ritrovarmici in un dissesto stradale che non vi ha più fine, dei servizi igienici e sanitari che mi si riproporrebbero penosi e mortificanti nella casa di Kailash, ma non potrei sopportare di rinvenirvi con lapka ed okkar e procacciatori di ogni risma, gli amici malefici e maldicenti di Kailash che tracciano ogni mio percorso e quanto io faccio per Mohammad o con lui, per riferirgli sul conto di entrambi, devastarne la mente e il nostro rapporto per pura invidia destruens..
Mohammad l'hanno accostato anche domenica scorsa, per strada, intimandogli di non provarci a sottrarre a Kailash il suo straniero, chiedendogli se provenissero da me i soldi con i quali aveva acquistato per Id il suo nuovo Kurta-pajama.
Già più giorni avanti, la notte tra Giovedì e Venerdi scorso- ora è Lunedì 21 luglio, quando è iniziato il lungo consulto notturno delle interpellanze e dei gemiti di Kailash al telefono, ai timori di perdermi si erano aggiunti quelli per il proprio stato di salute, esasperando il senso della sua solitudine al mondo, un'apprensione che si era in lui acuiti nel terrore di doversi fare operare, e l indomani aveva in animo di recarsi in Byanthal, per la vendita dei campi o di un bufalo, allo scopo di poter sostenere i costi dell intervento.
Ma per non misurarsi con la realtà di una diagnosi, intanto egli ricusava pur anche di ricorrere ad un dottore effettivo, di esporsi ad una visita delle sue parti intime, e sarebbero occorsi ancora due giorni prima che si lasciasse ispezionare nell’area perianale da un medico locale, che si risolvesse a recarsi a Chhatarpur, mentre avevo già inteso che non si trattava che di pur dolorose emorroidi, quando mi aveva detto che oramai presentava due sorta di mushroom esterni dove evacuava, come mi aveva confermato la medicina che gli aveva prescritto un medico locale, che faceva riferimento al trattamento di piles.
Ma pur con tutta la circospezione del caso, l indomani non potevo esimermi dall’affrontare con lui direttamente ed esplicitamente la insostenibilità delle sue molestie telefoniche a Mohammad , dopo che una sua chiamata sul telefono fisso mi ha raggiunto proprio mentre stavo colloquiando in Skype con Mohammad, che mi esternava angosciato i suoi rinnovati patemi d’animo, allorquando nell imminenza della festa di id c’erano tutte le ragioni perché potesse invece festeggiare felice. Mi era evidente che Kailash aveva appena provato a telefonare a Mohammad, e che trovando occupata la linea, mi aveva immediatamente contattato, per accertare se fosse con me che il ragazzo stava parlando.
In seguito al mio chiarimento dello stato di cose cui doveva porre fine, l’amico avrebbe a sua volta fatto a pezzi il telefono, ma aveva compreso la gravità della suo braccarci come una belva della giungla che si faceva ritrovare immancabilmente sui nostri passi. E l indomani, da Chhatarpur, dove si era finalmente deciso a recarsi prima da un medico privato, poi al Christian Hospital, mi avrebbe contattato via e-mail. Lo aveva fatto sia perché doveva lasciare in uso ad Ajay, per le incombenze domestiche, il solo cellulare ulteriore di cui dispone sia perché era sconvolto di quanto, ricorrendo al cellulare, si fosse consentito di far subire a Mohammad, senza il riguardo che il mio amore per il ragazzo nutre per la sua giovane età, che deve alla fiducia che la sua famiglia manifesta ancora illimitatamente nei miei confronti, mentre in mia assenza ha interdetto al ragazzo l’accesso alla famiglia di Kailash ed il contatto diretto con la sua persona.
“ You told me very hards words”, mi diceva Kailash quando l’ho ricontattato al rientro da Chhatarpur, prima di ammettere la giustezza del mio richiamo. Gli dirò, un’altra volta, quanto avrei potuto essere altrimenti assai più duro, al cospetto degli eccessi in cui lo fa ricadere il suo sentirsi perduto e di non avere più futuro senza il mio aiuto.
Mentre i medici privati non vedevano più alternative all operazione che Kailash teme più della sua stessa morte, al Christian hospital sono venuti incontro ai suoi timori esagitati, e gli hanno prescritto una terapia interlocutoria fino a sabato prossimo, il 25 luglio, quando dovrà essere da loro di ritorno per accertamenti.
Ma la stessa Vimala, quando ha visto una sua emorroide grande come un uovo, gli ha gridato di andare subito all ospedale a farsi operare, e l intervento appare oramai solo differibile a giorni. Spero che presso una struttura ospedaliera, pur se privata, i suoi costi siano inferiori alle 15.000 rupie preventivate dal medico che ha consultato in Chhatarpur, in India un’enormità, che non vorrei dover spendere per un’ operazione del genere.
“ I medici privati pensano solo ai soldi, e non si curano del dolore dei loro pazienti. Un barbiere della mia casta che ha subito la stessa operazione ha seguitato a soffrire e ha sanguinato più volte quando è tornato a casa ” ha assentito Kailash, che in caso di intervento ho persuaso ad affidarsi alle cure più dolci e disinteressate del Christian Hospital.
Intanto non ho ritrovato Mohammad al telefono. “ E ‘ all ospedale di Rajnagar, mi ha risposto un suo amico. E’ malaria”-
Ma non sembra che sia una forme grave. Forse, come i suoi mancamenti per strada, non ne sarebbe afflitto se non fosse denutrito, nella sua povertà che posso solo attentarmi a soccorrere, talmente il ragazzo ha paura delle eventuali reazioni di Kailash, che pure è il solo tramite possibile di un mio aiuto in denaro, se venisse a sapere che lo aiuto ancora di più.…

Post scriptum Mercoledi 22 luglio
La sera stessa di lunedì scorso, come ha saputo da me della ricaduta di Mohammad, Kailash mi ha sollecitato ad aiutarlo in ogni modo.
Lo inoltrassi in Khajuraho dal dotto Kare, che ha grande esperienza di febbri malariche, gli avrebbe approntato lui stesso un tuk tuk, per l indomani, provvedessi a inviare denaro per il tramite di Western Union, nell eventualità di un ricovero del ragazzo in Chhatarpur.
“ E il mio karma”, mi diceva, che lo induceva a un simile esortarmi nel confronto del mio amico.
Una sublimazione della insanabilità della sua ostilità nei confronti del ragazzo musulmano, cui senza giri di parole lo invitavo a riferirsi chiamandolo per nome.
Quando Kailash lo ha chiamato al telefono, senza attendere che fosse il ragazzo a contattarlo, se intendeva farlo, Mohammad gli ha detto che era nelle mani di un buon medico e che non aveva bisogno di aiuto.
Talmente teme , al pari di me, anche solo il materializzarsi della sua voce nei suoi riguardi, quali che sia il suo asserito prodigarsi a mie spese.
“ Non sono un mendicante” si è espresso nei miei stessi riguardi, quando gli ho chiesto se potevo sovvenire/recargliene, perchè si curasse o si alimentasse meglio, o se potevo agevolare il pagamento della retta scolastica della sorellina, salita in un anno da 300 a 500 rupie al mese.
“ Ho bisogno ora solo dei tuoi saluti e delle tue preghiere” mi ribadiva stamane, nel tranquillizzarmi sul suo stato di salute, dopo che la tosse per oltre un minuto e mezzo gli aveva impedito di rispondermi. Egli invece temeva, che da parte mia, gli stessi telefonando per intimargli di andare a scuola, mentre si sentiva ancora così debole per avviarcisi, e forse supponeva che più che in ansia per la sua salute, fossi contrariato che la sua malattia lo facesse di nuovo già venir meno alla sua “ promessa d'oro”, alla sua “ golden promise”, formulatami domenica, che non avrebbe più mancato un'ora di scuola o di lezione privata.
C'era sua madre in casa ad assisterlo, mentre il papà era già da ore al lavoro
Mohammad non voleva che si preoccupasse oltre misura per lui.
“ Perchè la sofferenza della mia debolezza deve diventare la sua?”
“ See you later. Allora. Ciao, caro, caro bambino...”
“ Ciao, caro, caro bambino...”





sabato 4 luglio 2015

lasciando l India

Dolore mentale

Il risveglio è avvenuto più tardi del solito grazie ai farmaci che sto assumendo. Ma a quale luce del giorno per la mia mente?   dalla memoria del giorno precedente riemerge  il cordoglio di cui sono stato partecipe era per il giovane deceduto in un autobus precipitato da un ponte, con altre 50 vittime,  che abita ancora tre case più avanti rispetto  alla mia. Solo che la mia mente ha ingenuamente fatto partecipe l’amico di che è capitato nella famiglia della nani materna di Mohammad in Kanpur, dicendogli dello zio che viene quasi alle mani con il fratello e nega alla madre i soldi per recarsi a Kajuraho con Mohammad, e l’amico, Kailash   vi si è sorprendentemente immischiato per telefonare al padre del ragazzo, per dargli i mezzi per far rientrare il figlio, per proporsi egli stesso di ricondurlo a casa. Con che serietà d’uomo, con che lucidità di intenti superiori,  all’apparenza, in realtà per fare a pezzi ogni relazione tra me e Mohammad, spezzare con il suo grugno di Varaha ogni mia relazione possibile con una famiglia islamica… sicuro di avermi in pugno come il suo schiavo,  nella ragnatela  di servigi che mi ordisce intorno ogni giorno….solo che io che  tramerò di tutto  per  la sua fine,  …il mio disgusto mette mano al telefono, lo riattacca prima di sentirne la voce,  lascia che lui chiami due volte prima di contattarlo, di mentirgli che tutto va bene, che mi sono sbagliato con i tasti nel ricorso al cellulare….è intanto una luce meravigliosa quella che filtra dalle finestre, che irrora il cortile, che illumina la gioia di Poorti ed Chandu intenti nei giochi,  che lambisce in cucina Vimala e Ajay…, il ragazzo mi reca le fette farcite per colazione, al che mi riprendo dai miei risorti fantasmi di finirla nel sangue,  rimetto mano alla mia attività al computer,  prescelgo i testi della rassegna quotidiana per i miei amci in faceboook,  sul grido di orrore  degli yazidi, la filosofia come cognizione del dolore, la salvezza per tutti che è concessa al centurione Cornelio.
Mi sto accingendo a  riallineare gli a capo dei testi  su clandestini e migranti,  su quello sguardo che sa vederne una risorsa , sull’ invocazione che nessuno tocchi i rifugiati, nelle Supplici, ce lo insegna Eschilo,  quando mi raggiunge una telefonata di Mohammad tramite il cellulare dell’amico.
Si scusa di dovermi chiedere tre giorni di proroga per il suo rientro,  la nonna ha il diabete e dovrà essere con lui dal dottore domani, al che io gli rispondo  che non ha ragione di scusarsi, che sta a lui ed ai suoi decidere come e quando fare ritorno, solo che pensi anche alla scuola,  mentre lui mi rassicura che non c’è problema se per comunicare tramite Kailash con il padre,  ho reso Kailash partecipe delle miserie familiari che mi ha confidato,  parlandomi dell’amico, di  Chandu, di Poorti ed Ajay, come oramai di membri della sua famiglia che gli mancano tanto, al pari di me,… non è vero come supponeva Kailash, facendone un mentitore astuto,  che egli ritardi di fare ritorno per prendere parte a una festività islamica che avverrà il 13 di maggio, come mi informa,  ben oltre la data in cui lascerà comunque Kanpur, solo che io non mi farò scrupolo, vengo intanto pensando,  di non stare certo ad attenderlo, e di rendermi assente per un viaggio in corso  al suo ritardato rientro..


Mi distolgo infine dal computer,  stremato da  quante imperfezioni e improprietà e leziose goffaggini rendano interminabile anche la mia ultima improba fatica descrittiva di un tempio hindu,   Chandu mi appare sortire nudo da sotto la lastra posta sul pozzetto dell’acqua, dove già lo vedo galleggiare morto,  mentre Vimala è intenta a un breve sonno sul letto in cui si è sdraiata,   dico al bimbo, no, no, di non farlo più, dolcemente atterrito, per uscire di casa  mentre stanno levando i tendaggi sotto cui siedono ancora, sui chabutri, i convenuti ad accompagnare con la loro presenza il dolore dei congiunti del ragazzo deceduto nell incidente dell autobus. . Mi unisco a loro, per lo più muslim,  e mi si porge una tazza di the,  mentre con le bianche nubi di passaggio assisto al volgere anche di questo giorno, al solo conforto che nulla sia successo, di sventurato, che possa pregiudicare quello dei giorni futuri.



Sul terrazzo della nostra casa che in un futuro prossimo forse dovremo lasciare irrorata dal sole dopo i piovaschi dei monsoni sopraggiunti in settimana, , poc’anzi  sono salito a vedersi asciugare il vecchio bagaglio che ho recuperato per il mio rientro in Italia,  mentre due tronchi di legno trattenevano al riparo del telo giallo che ho fatto acquistare a Kailash  le poltrone che è il poco che sopravanza del suo passato di casta di barbiere. Porgendo riparo a un piccolo nandi di Marmo e ad un immaginetta di Shiva e Parvati e il pargoletto Ganesha, fulgevano le pianticelle dell altarino domestico addossato a un muraglione, ed io nella luminosità spaziosità vuota del terrazzo assaporavo la gioia della mia lode di grazie per l unità amorosa più profonda ritrovata  in cui potrò distaccarmi a giorni dalla mia famiglia indiana e dal mio amato Mohammad  carissimo, per ricongiungermi con mia madre , secondo il sogno che mi ha deliziato nel primo mattino , che ci vedeva insieme per le vie di Londra, a dispetto della sua incapacità di muoversi di casa.
In settimana si è diradata ed ormai è fugata la tempesta che è esplosa nella mente di Kailash, e che incubava da mesi ,  per il timore del futuro dei nostri bambini ,  la frustrazione di vedere ridotta alla miseria di poche rupie racimolate la propria fedeltà al karma, per l’angoscia geloso e possessiva di perdermi nella schiusa del mio cuore a Mohammad, che lo ha indotto a  credere a ogni vociferazione invidiosa   sul conto di me e del ragazzo muslim ,dalla black face,  con cui mi si può vedere allegramente aggirarmi in Khajuraho e nel suo circondario, a supporre sul nostro conto quel che non gli era lecito supporre, ponendomi in stato feroce di accusa per la mia stessa felicità a rimproverarmi la mia felicità con il ragazzo, al contempo che  la sua mutria inaffettiva, incapace di accreditarmi o riconoscermi alcunché, rendeva la sofferenza di una pena continua anche il nostro indimenticabile viaggio nel Rajasthan, sino, al rientro nei problemi della esistenza domestica e lavorativa e nella maldicente Khajuraho, che la sua povera mente , che ad ogni voce dava il credito di cui mi sfiduciava sprezzante, infiammava  del timore di perdere il suo proprio straniero di casa, sino a  giungere a  piangere e a disperarsi in tuk tuk,  sotto la pioggia cadente di notte, mentre  ricusava il rientro a casa , di non poter competere in prestanza con il ragazzo, lui che  perché con la stessa Vimala non sa più ritrovare la sua energia  fisica , come se di notte , quando viaggiamo insieme, da anni e da anni, da che è morto Sumit, non lo accostassi che come lo affianco e lo carezzo di giorno alla luce del sole. Ora l’amico del mio cuore, che ancora martedì scorso si lasciava commuovere sino a piangerne da una canzone che gli cantava la fine di dieci anni di amicizia amorosa, cui solo il suo cuore sarebbe rimasto fedele, di nuovo, come sabato scorso, è in pellegrinaggio al tempio di Hanuman che sorge presso il villaggio della nonna materna,  la sua mente avendo deflettuto tutto quanto è accaduto in una mancanza verso il dio del suo pandit,  come avvenne  in Lalitpur, nell elaborazione del lutto della morte di Sumit, quando a una mia mancanza amorosa nei riguardi dei figli rimastici, è entrato entrò in trance allucinatorio, evocando la visione del dio, in vertigini suicidarie che avrebbero avuto un seguito il giorno successivo seguente
Nel cortile di casa Ajay si prepara intanto a recarsi in bicicletta con me e Mohammad nella nativa Byathal- abbiamo pensato entrambi, mi ha detto Mohammad, che siccome ci restano solo pochi giorni per stare insieme con te,  di non andare a scuola , di sabato,  per due ore soltanto, per poter passare in compagnia l intero pomeriggio.
 Vimala è con me più gentile e cooperativa di prima,  pur se la sua voce di nuovo non ha garbo mentre parla con altri, Poorti si ritrova in casa più volentieri,  al computer che in un baleno ha appreso ad usare,  come Chandu, prima di lei,  e dal suo rientro in famiglia, martedì scorso, non ha motivo di dolersi delle ragioni che ha confidato nel pianto, per le quali  ha sempre più teso ad allontanarsene,  i drama delle liti che funestano i rapporti tra noi adulti in famiglia. Dalla stanza  in comune si levano intanto i barriti in cui nel gioco al computer Chandu ha riconosciuto la voce dell elefante,  il nostro piccolino che vi ha trovato lo  ulteriore schermo  di ulteriori finzioni pur anche magnifiche, che lo trattengono dal tornare a vedere la luce del sole . Così la stanza  comune è divenuta la gattabuia per cui  ricusava quella dell aula scolastica di una scuola che nelle cinque ore mattutine in cui gli vi è è trovato a restarvi rinchiuso fin dal primo giorno, gli si era aperta i giorni scorsi come un jail una prigione in cui si rifiutava in ogni modo di essere di ritorno,  divinghiandosi come una furia in lacrime mentre si tentava di rivestirlo degli abiti scolastici che addentava per farli a pezzi,  pronto a svestirsene in un baleno per ritrovarsi  libero e nudo, djgambara,  come rimetteva piede tra le pareti domestiche.  Ha ricusato il cibo per più giorni, cadendo in un sonno di ore e ore per lo sfinimento scolastico,  prima che il suo adattamento corrispondesse con il rientro in famiglia di Poorti, di cui si è fatto il più accanito carceriere scolastico,  invocando per gioco che le si mettessero i ferri ai piedi se non ottemperava ai suoi medesimi obblighi.
Ed ora è con me in stanza di nuovo Mohammad, pronto ad avventurarsi con me ed Ayay verso Byathal, cui chiedo di prestarmi la mia copia in francese del Piccolo Principe che abbiamo letto fino al capitolo XI, che reca trascritte le sue parole d’amore al mio distacco per il rientro in Italia “ When you like, close your eyes, and oper the door of your hearth, everytime  I ll be in front of you,  because I live in your hearth “



Kailash così fiero e incurante dun tempo delle maldicenze.

L’ inalberarsi di Vimala

La incapacità di interrogarsi e di muoversi al presente di Ajay.