martedì 29 novembre 2016

TUTTO SU MIA MADRE VI I lavoratori stagionali e i mendicanti nelle corti agricole PRIMA STESURA”







TUTTO SU MIA MADRE VI
I lavoratori stagionali e i mendicanti nelle corti agricole
RISCRITTURA DELLA PRIMA STESURA
“Quali erano i lavoratori stagionali nelle corti, oltre i “ masìn che a novembre venivano per ammazzare il maiale, e dei quali mi hai già detto?”
“Oltre i “ masìn” prima dell inverno giravano per le case gli scarpolini (, i calzolai). Tiravi allora fuori tutte le scarpe, gli zoccoli, i “supei”, li mettevi in una cesta e loro li mettevano a posto. Poi durante l’inverno venivano giù dalle montagne gli scragnari, i “ scagner”, passavano per le corti e se avevi bisogno ti facevano le sedie, le coprivano, o ti facevano le sessole, tutta la roba in legno che volevi e che erano capaci di farti. Andavano nelle stalle a dormire, bastava gli dessi un posto con la botola, e stavano là anche due, tre giorni. Poveretti, si lavavano sotto il fienile, all’abbeveratoio, l'àalbi, ed erano pieni di pidocchi.
Mio fratello durante la giornata è andato una volta a giocare sulla paglia dove avevano dormito e si è riempito dei loro pidocchi
D'inverno nelle stalle dove si stava al caldo venivano i filotteri, i cantafole, delle persone tra le più anziane che cantavano storie e si accontentavano per questo di un bicchiere di vino , noialtri bambini tutti là attorno ad ascoltare, con tutta quanta la famiglia, con le donne che venivano con il loro cestino, si mettevano in gruppo e aggiustavano i panni che portavano, attaccavano le pezze o rifacevano l culi delle braghe, perchè di giorno non avevano il tempo di farlo, i cantafavole arrivavano alle sette e mezza, a otto ore, ci stimavamo quando ci dicevano allora ci siamo la tal altra sera, correvamo allora nella stalla a preparare le panche, e ci si rimaneva, anche le donne, ad ascoltare storie fino alle dieci, dieci e mezzo, mangiando pomi cotti, patate calde. Nelle case dove c'era la vecchia, la madre, -è un usanza che io non ho mai provata perchè in casa mia c'erano solo mia madre e mia zia-, le spose giovani erano obbligate a stare nella stalla fin che la vecchia non si levava su lei, e solo quando si levava su la vecchia si levavano su anche loro.
La stalla era una manna durante l inverno, c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla,, per la condensa, che dentro c'era caldo,e fuori dei candelotti di ghiaccio che duravano mesi attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle, dei freddi asciutti che si stava da Dio, ma anche se era veramente freddo!
Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i gesti, ci mettevano tutto il loro modo di fare, e noi altri avevamo gli occhi fuori della testa .,, A volte venivano anche in due a contare le storie, anche quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli che cantavano venivano anche d'estate, erano i canzonettisti che andavano anche per i mercati, ora ci sono dischi, ma allora essi avevano i librettini delle loro canzonette.
Poi sempre d'inverno, dieci ,dodici giorni prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza,veniva con un legno fatto a punta, e diceva di volerlo fare ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo voleva dire che dovevi ungergli quel legno con qualcosa che tu dessi a loro del maiale,( con) delle salamelle, un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che restava unto, e mettevano poi in una loro sporta. Intanto che arrivavano e che aspettavano che tu venissi fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola, vediamo se ora me la ricordo, ah, si. " In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa al porco e mi n'g'ho gnente/ La luna la luseva e'l can baiava/ per testimone a gh'era un can de paia".
Era tutta gente di piazza, tutta povera gente , che non poteva ammazzare il maiale, ma quella sera , chi dava loro un cotechino, chi una coteca, e arrivavano a casa con la cesta piena di roba di maiale, la coteca più buona la si teneva allora da parte, perchè con questa si facevano fagioli e coteche, e la si cuoceva nel brodo, per questo quella gente accettava anche delle coteche, e le infilavano sul legno, dello " sproc"
Questa era la filosofia dell " onzar al sproc", in " Quella santa Notte dell Oriente".
Invece durante tutto l'anno due volte alla settimana veniva il barbiere per uomini e donne, rimaneva lì e gli si offriva da bere, qualche volta da mangiare, tagliava barba e capelli e puliva anche le unghie dei piedi.
C’erano poi quelli che durante tutto l'anno venivano per l'elemosina, poveretti, non pensavamo di loro un tempo quello che si pensa adesso, non avevi (la) paura delle persone che venivano alla porta, sapevi che quelli che venivano avevano bisogno di un pezzo di pane, di quello che potevi dare. A queste persone non ho mai chiuso da bambina la porta in faccia, sapevo che aspettavano che dessi qualcosa, e quando offrivo loro qualcosa, quello che potevo, loro erano contenti, mamma mia.. A volte c’era chi cantava delle filastrocche, raccontava una storiella, e noi bambini ci divertivamo molto quando venivano queste persone.
C’era un signore che veniva da noi a lavorare e che cantava molto bene, io lo seguivo il mattino quando andava a sfogliare le piante e mentre era sull’albero cantava . A me è sempre piaciuto cantare, e capirai… E' per quello che mi divertiva così tanto.
C’ erano quelli che se gli davi qualcosa suonavano a bocca un organino, o ti davano anche un quadro che avevano dipinto. Io mi ricordo di quel pittore famoso, Ligabue, girava per le case e a chi gli dava un piatto di minestra lasciava giù un ghiribizzo, un quadrettino. La prima volta sento bussare alla porta, ho aperto e mi sono trovata davanti un signore gentile che si è presentato con il nome di Ligabue. Mi dispiace dirlo ma era talmente brutto , così messo male,che sono rimasta, come dire, allibita , molto impressionata. Ero una bambina, che cosa vuoi. Allora non mi sono resa conto di chi avevo davanti, di chi era questa persona, che cosa vuoi che potessi capire della sua genialità, è stato dopo che mi hanno detto chi era. Mi ha offerto qualcosa, ma non ricordo che cosa, forse una sua stampa, io gli ho offerto due, o tre uova, lui le ha accettate molto volentieri e mi ha fatto tanti ringraziamenti. Ma si vedeva che non era uno straccione, che era una persona intelligente perchè parlava in modo diverso dalle altre che venivano all'elemosina. Poi è tornato, veniva almeno una volta al mese, lungo il giro per le altri corti che faceva spesso perchè in campagna la gente ha sempre qualcosa da offrire, poi c'era la possibilità di restare a dormire o sotto il fienile o nelle stalla, in un posto sicuro, dove c'era sempre dell'erba, del fieno, della paglia, l'acqua dell'abbeveratoio, l'àalbi, ci si lavava al mattino e poi partiva per i suoi viaggi. Ero contenta quando lo rivedevo, perchè era una persona discreta che ci si poteva parlare, e si vedeva che parlava volentieri.Quanti che ce n’erano che giravano in bicicletta a quella maniera, ma avevi compassione di quella gente, gli davi un uovo, un po’ di minestra sull’ora del mezzogiorno, un pezzettino di formaggio, e loro si accontentavano di quanto gli davi da mangiare, non avevano altre pretese, ti ringraziavano e se ne andavano".

TUTTO SU MIA MADRE VI
I lavoratori stagionali e i mendicanti nelle corti agricole
RISCRITTURA DELLA PRIMA STESURA
“Quali erano i lavoratori stagionali nelle corti, oltre i “ masìn che a novembre venivano per ammazzare il maiale, e dei quali mi hai già detto?”
“Oltre i “ masìn” prima dell inverno giravano per le case gli scarpolini (, i calzolai). Tiravi allora fuori tutte le scarpe, gli zoccoli, i “supei”, li mettevi in una cesta e loro li mettevano a posto. Poi durante l’inverno venivano giù dalle montagne gli scragnari, i “ scagner”, passavano per le corti e se avevi bisogno ti facevano le sedie, le coprivano, o ti facevano le sessole, tutta la roba in legno che volevi e che erano capaci di farti. Andavano nelle stalle a dormire, bastava gli dessi un posto con la botola, e stavano là anche due, tre giorni. Poveretti, si lavavano sotto il fienile, all’abbeveratoio, l'àalbi, ed erano pieni di pidocchi.
Mio fratello durante la giornata è andato una volta a giocare sulla paglia dove avevano dormito e si è riempito dei loro pidocchi
D'inverno nelle stalle dove si stava al caldo venivano i filotteri, i cantafole, delle persone le più anziane che venivano nelle stalle, cantavano le favole e si accontentavano di un bicchiere di vino , noialtri bambini tutti là attorno ad ascoltare, con tutta quanta la famiglia, con le donne che venivano lì con il loro cestino, si mettevano in gruppo, aggiustavano i panni che portavano, rifacevano l culi delle braghe o mettevano le pezze, perchè di giorno non avevano tempo di farlo, i cantafavole venivano alle sette e mezza, a otto ore, ci stimavamo quando ci dicevano allora veniamo la tal altra sera, correvamo allora nella stalla a preparare le panche, e si stava nella stalla fino a dieci ore, dieci e mezzo, anche le donne, mangiando pomi cotti, patate calde. Nelle case dove c'era la vecchia, la madre, -è un usanza che io non ho mai provata perchè in casa mia c'erano solo mia madre e mia zia-, le spose giovani erano obbligate a stare nella stalla fin che la vecchia non si levava su lei, e solo quando si levava su la vecchia si levavano s su anche loro.
La stalla era una manna durante l inverno, c'era caldo, si stava bene, ma quando andavi fuori bisognava che tu ti intortigliassi tutta, perchè c'era un freddo, ma un freddo, che quando cominciano a dire adesso di un freddo polare, ma dov'è questo freddo polare? MI ricordo allora dei freddi che non s'apriva la porta della stalla, che dentro c'era caldo,e fuori dei candelotti di ghiaccio che duravano mesi attaccati ai coppi. Con delle sere, delle serenate di stelle, dei freddi asciutti che si stava da Dio, ma era veramente freddo!
Al caldo dei filò nelle stalle, c'era gente ch'era brava a contare le favole, non avevano mai finito, ci mettevano i gesti, ci mettevano tutto, e noi altri avevamo gli occhi fuori della testa ( e tutto),, A volte venivano anche in due a contare le storie, anche quelli che cantavano, con la fisarmonica, ma quelli che cantavano venivano anche d'estate, erano i canzonettisti che andavano anche per i mercati, ora ci sono dischi, ma allora essi avevano i librettini delle loro canzonette.
Poi sempre d'inverno, dieci ,dodici giorni prima di Natale, arrivava in gruppo della gente di piazza, aveva un legno con una punta, e diceva di volerlo venire a ungere: " Andem a onsar al sproc". Questo voleva dire che dovevi ungere quel legno con qualcosa che tu dessi a loro del maiale,( con) delle salamelle, un pezzo di grasso, di pancetta, che loro infilavano su quel legno che restava unto. Intanto che arrivavano e che aspettavano che tu venissi fuori, sentivi che ti cantavano la loro cantafola, vediamo se ora me la ricordo, ah, si. " In quella Santa Notte dell Oriente/ che tutti i masa al porco e mi n'g'ho gnente/ La luna la luseva e'l can baiava/ per testimone a gh'era un can de paia".
Era tutta gente di piazza, gente povera, erano tutti gente povera, che non lo poteva mica ammazzare il maiale, ma quella sera arrivavano a casa con la cesta piena di roba di maiale, chi dava loro un cotechino, chi una coteca..., la coteca più buona la si teneva allora da parte, perchè con questa si facevano fagioli e coteche, e la si cuoceva anche nel brodo, per questo quella gente accettava anche delle coteche, e le infilavano sul legno, dello " sproc"
Questa era la filosofia dell " onzar al sproc", in " Quella santa Notte dell Oriente".
Invece durante tutto l'anno due volte alla settimana veniva il barbiere per uomini e donne, rimaneva lì e gli si offriva da bere, qualche volta da mangiare, tagliava barba e capelli e puliva anche le unghie dei piedi.
C’erano poi quelli che durante tutto l'anno venivano per l'elemosina, poveretti, non pensavamo di loro un tempo quello che si pensa adesso, non avevi (la) paura delle persone che venivano alla porta, sapevi che quelli che venivano avevano bisogno di un pezzo di pane, di quello che potevi dare. A queste persone non ho mai chiuso da bambina la porta in faccia, sapevo che aspettavano che dessi qualcosa, e quando offrivo loro qualcosa, quello che potevo, loro erano contenti, mamma mia.. A volte c’era chi cantava delle filastrocche, raccontava una storiella, e noi bambini ci divertivamo molto quando venivano queste persone.
C’era un signore che veniva da noi a lavorare e che cantava molto bene, io lo seguivo il mattino quando andava a sfogliare le piante e mentre era sull’albero cantava . A me è sempre piaciuto cantare, e capirai… E' per quello che mi divertiva così tanto.
C’ erano quelli che se gli davi qualcosa suonavano a bocca un organino, o ti davano anche un quadro che avevano dipinto. Io mi ricordo di quel pittore famoso, Ligabue, girava per le case e a chi gli dava un piatto di minestra lasciava giù un ghiribizzo, un quadrettino. La prima volta sento bussare alla porta, ho aperto e mi sono trovata davanti un signore gentile che si è presentato con il nome di Ligabue. Mi dispiace dirlo ma era talmente brutto , così messo male,che sono rimasta, come dire, allibita , molto impressionata. Ero una bambina, che cosa vuoi. Allora non mi sono resa conto di chi avevo davanti, di chi era questa persona, che cosa vuoi che potessi capire della sua genialità, è stato dopo che mi hanno detto chi era. Mi ha offerto qualcosa, ma non ricordo che cosa, forse una sua stampa, io gli ho offerto due, o tre uova, lui le ha accettate molto volentieri e mi ha fatto tanti ringraziamenti. Ma si vedeva che non era uno straccione, che era una persona intelligente perchè parlava in modo diverso dalle altre che venivano all'elemosina. Poi è tornato, veniva almeno una volta al mese, lungo il giro per le altri corti che faceva spesso perchè in campagna la gente ha sempre qualcosa da offrire, poi c'era la possibilità di restare a dormire o sotto il fienile o nelle stalla, in un posto sicuro, dove c'era sempre dell'erba, del fieno, della paglia, l'acqua dell'abbeveratoio, l'àalbi, ci si lavava al mattino e poi partiva per i suoi viaggi. Ero contenta quando lo rivedevo, perchè era una persona discreta che ci si poteva parlare, e si vedeva che parlava volentieri.Quanti che ce n’erano che giravano in bicicletta a quella maniera, ma avevi compassione di quella gente, gli davi un uovo, un po’ di minestra sull’ora del mezzogiorno, un pezzettino di formaggio, e loro si accontentavano di quanto gli davi da mangiare, non avevano altre pretese, ti ringraziavano e se ne andavano









TUTTO SU MIA MADRE VI
I lavoratori stagionali e i mendicanti nelle corti agricole
PRIMA STESURA
“Quali erano i lavoratori stagionali nelle corti, oltre i “ masìn che a novembre venivano per ammazzare il maiale, e dei quali mi hai già detto?”
“Oltre i “ masìin” prima dell inverno giravano per le case gli scarpolini, i calzolai. Tiravi allora fuori tutte le scarpe, gli zoccoli, i “supei”, li mettevi in una cesta e loro li mettevano a posto. Poi durante l’inverno venivano giù dalle montagne gli scragnari, i “ scagner”, passavano per le corti e se avevi bisogno ti facevano le sedie, le coprivano, o ti facevano le sessole, tutta la roba in legno che volevi e che erano capaci di farti. Andavano nelle stalle a dormire, bastava gli dessi un posto con la botola, e stavano là anche due, tre giorni. Poveretti, si lavavano sotto il fienile, all’abbeveratoio, ed erano pieni di pidocchi.
Mio fratello durante la giornata è andato una volta a giocare sulla paglia dove avevano dormito e si è riempito dei loro pidocchi…..
Due volte alla settimana veniva il barbiere per uomini e donne, rimaneva lì e gli si offriva da bere, qualche volta da mangiare, tagliava barba e capelli e puliva anche le unghie dei piedi.
C’erano poi quelli che venivano per l'elemosina, poveretti, non pensavamo di loro un tempo quello che si pensa adesso, non avevi (la) paura delle persone che venivano alla porta, sapevi che quelli che venivano avevano bisogno di un pezzo di pane, di quello che potevi dare. A queste persone non ho mai chiuso da bambina la porta in faccia, sapevo che aspettavano che dessi qualcosa, e quando offrivo loro qualcosa, quello che potevo, loro erano contenti, mamma mia.. A volte c’era chi cantava delle filastrocche, raccontava una storiella, e noi bambini ci divertivamo molto quando venivano queste persone.
C’era un signore che veniva da noi a lavorare e che cantava molto bene, io lo seguivo il mattino quando andava a sfogliare le piante e mentre era sull’albero cantava . A me è sempre piaciuto cantare, e capirai… E' per quello che mi divertiva così tanto.
C’ erano quelli che se gli davi qualcosa suonavano a bocca un organino, o ti davano  anche un quadro che facevano. Io mi ricordo di quel pittore famoso, Ligabue, girava per le case e a chi gli dava un piatto di minestra lasciava giù un ghiribizzo, un quadrettino. Sento bussare alla porta, ho aperto e mi sono trovata davanti un signore gentile che si è presentato con il nome di Ligabue. Mi dispiace dirlo ma era talmente brutto , così messo male, che sono rimasta, come dire, allibita , molto impressionata. Ero una bambina, che cosa vuoi. Allora non mi sono resa conto chi avevo davanti, chi era questa persona, che cosa vuoi che potessi capire della sua genialità, è stato dopo che mi hanno detto chi era. Mi ha offerto qualcosa, ma non ricordo che cosa, forse una sua stampa, io gli ho offerto due, o tre uova, lui le ha accettate molto volentieri e mi ha fatto tanti ringraziamenti. Quanti che ce n’erano che giravano in bicicletta a quella maniera, ma avevi compassione di quella gente, gli davi un uovo, un po’ di minestra sull’ora del mezzogiorno, un pezzettino di formaggio, e loro si accontentavano di quanto gli davi da mangiare, non avevano altre pretese, ti ringraziavano e se ne andavano"

domenica 27 novembre 2016

Alla signora Cinzia P.

Gentile Signora Cinzia,
sono Odorico,
 e  le scrivo ora dall Italia,  dove dall’ India sono rientrato oltre due mesi or sono dall India.
Spero di ritrovarla in una situazione che la veda felice nei suoi affetti e che sia di  luminosa  ricerca. Da che ci siamo scritti,  per quanto mi concerne,  ho impiegato il mio tempo in Khajuraho che non fosse afflitto dall’insorgenza della mia depressione, nel seguito delle mie ricerche sui suoi grandi templi occidentali. I miei sforzi per  far aprire in affitto un negozietto di articoli  artigianali al mio amico Kailash, che gli assicurasse se non qualche ricavo almeno un po’ di conforto mentale, intanto mi hanno  lasciato il tempo solo per due brevi viaggi in  Delhi, dove  ho sperimentato alcuni nuovi itinerari con epicentro nelle stazioni della metropolitana di Ina market e di Green Park , che raccordassero la visita  di antichi gumbad e masjid all’avanscoperta  di  edifici  rilevanti dell’architettura indiana moderna e contemporanea. In essi  ho cercato di assimilarmi il più possibile ad un navigatore satellitare, perché l espressione di trasalimenti o patemi o  ubbie o paturnie non togliesse peso alla valenza oggettiva di considerazioni e rilievi.
A giugno, se si eccettuano i templi maggiori di Khajuraho, di  Ajaygarh e di Kalinjar, e pochi altri, avevo comunque completato la mia ricerca su tutti i templi hindu  , Gupta,  Pratihara, Kalachuri, Chandella, Kachchhapagata che sono rinvenibili nel Madhya Pradesh, il cui corpus può rinvenire in rete, facendosi almeno un’idea dell estensione da esso raggiunto, al seguente indirizzo www.odoricoamico.it/india sconosciuta/index ove è situato insieme a quant’altro ho scritto sul patrimonio artistico dell india.

Al mio rientro  durante il periodo settembrino mi sono letto i grandi libri di Khuswant Singh che lei mi aveva giustamente caldeggiato, Delhi e Un treno per il Pakistan, quest’ultimo pressoché perfetto Ho poi rielaborato alcuni dei miei scritti di viaggio attenendomi a quanto lei mi aveva giustamente consigliato di fare, estrapolandone  le esorbitanze soggettive del mio spirito itinerante, che in vari casi ho debitamente rimosso,  e facendole rientrare in testi distinti rispetto a quelli in cui ho incluso le descrizioni  più tecnificate e dettagliate di templi hindu o di altri  monumenti.
Sono intervenuto in  particolare sui testi su Udayagiri, Gyaraspur, e sul circuito buddista che s’incentra in  Sanchi, Sonari, Satdhara, perché interessavano  un viaggiatore italiano che si è rivolto al Bapuculturaltours del mio amico Kailash.
Le allego gli apprezzamenti che ne ha tratto anche in termini di leggibilità,  un giudizio a me favorevole  che è stato agevolato anche dal fatto che vi parlavo di stupa e di grotte scolpite,  la cui illustrazione non  è estenuante come può esserla quella  di un tempio hindu
Se non ho potuto fare altro e se ora avverto l incombenza di scriverle quanto segue , è in massima parte per  la situazione come  di sospensione tra la vita e la morte  che mi ha condannato a vivere qui in Italia il Consolato Indiano di Milano, da che il giorno stesso del mio rientro ho trasmesso loro la richiesta del rinnovo del mio visto di impiego come insegnate di italiano preso una scuola di Khajuraho, la stessa che frequentano i bimbi più grandi della mia famiglia indiana, senza che da allora,  ad oltre settanta giorni dalla sua presentazione, si siano ancora pronunciati se accoglierla o respingerla . Trattengono ancora con gli allegati  il mio stesso passaporto, e con il mio diritto di espatrio fuori della C. E, hanno confiscato la mia liberta di muovermi in Italia,  dove senza potere più preventivare nulla per il mio futuro, nel timore che mi assilla di non poter rimettere più piede in India e  ritrovarmi  con coloro che sono la mia vita, resto confinato in casa inutilmente  in attesa  che al telefono fisso, od al computer, mi si annunci un evolversi  della situazione che io seguito invano a sollecitare. Senza che mi siano date più  risposta o mi si consenta di fornirle, in un incontro con il console per ogni chiarimento ch’egli richieda.
Anche in ragione di ciò, di cui posso parlarle più ampiamente in una lettera seguente solo se lei me lo consente, quanto agli scritti sul patrimonio dell india di cui le dicevo, ora il mio assillo principale  non è incrementarli con nuove ricerche e nuovi reportagers, ma assicurare con il loro perfezionamento /miglioramento che non vada perduto ciò che in essi ho raggiunto, la loro trasmissibilità ed  ereditarietà culturale,   per la quale le chiedo se sa dirmi come possa io provvedere.
Con i miei più cordiali ed amichevoli saluti
Odorico Bergamaschi


Solo al termine della terza settimana, attraverso l’open sourcing center cui mi ero rivolto, mi hanno fatto sapere che la documentazione era “ scarna”, benché fosse più completa di quella già inoltrata le volte precedenti, e che mi era già valsa il visto di impiego .Non bastava una lettera di assunzione, hanno accennato addirittura ad un certificato, di quelli che necessitano di un “vakil”, Al che, per il tramite del mio amico Indiano Kailash ho ottenuto un documento aggiuntivo del principal della scuola, che generosamente mi è stato da egli concesso solo  superando le più comprensibili resistenze e paure. In esso erano indicate anche le fasce orarie, i contenuti e le finalità dell’ insegnamento,  le misure per evitare ogni discriminazione economica nell’accesso al corso,   mi  inibivo ogni suo esercizio, “ paid or not paid”,  che non fosse nell’ambito dell’Istituto e delle ore di lezioni concordate.  In un primo tempo era parsa al Console un’ integrazione del tutto soddisfacente, mentre dopo una settimana  anche tale annesso contrattuale è risultato insufficiente, Al che mi sono dichiarato disponibile a che  il visto richiesto, per il cui ottenimento avevo già pagato l’ importo, almeno  mi fosse convertito in visto turistico, impegnandomi anche per iscritto a non utilizzarlo surrettiziamente per insegnare, bensì per ricongiungermi e stare insieme con la mia famiglia indiana d’adozione,  rivisitando l' India alla luce dei miei  interessi e delle mie ricerche investigative del suo patrimonio artistico. L’ultima replica che ho ricevuto dall’ open sourcing center è stata  la seguente
Egregio sig. Bergamaschi, 
buon pomeriggio,
 Purtroppo non vi sono ancora novità, stiamo chiedendo ogni giorno affinché si possa risolvere questa situazione. 
Abbiamo fatto presente la sua disponibilità a presenziare ad un colloquio con il sig. Console Generale, ci è stato ribadito che, al momento, non risulta necessario. 
Con i nostri cordiali saluti.”
 
Al che oggi ho risposto in tali termini, che le dicono ciò che ora ne penso delle ragioni del persistere di tale situazione , e  quanto sia ancora effettivamente in grado di affrontarla con la mia nuda mente

“Gentili interlocutori, 
 Sono ora convinto  che le autorità del Consolato indiano di Milano da oramai 70 giorni stiano trattenendo con la documentazione allegata il mio passaporto senza potermi negare al tempo stesso un visto,  perché in forza del solo sospetto, e di nient’altro, mi hanno “ puntato” e restano in attesa dall’India di ciò che non arriverà mai a loro i perché  mai potrà esservi raccolto, ossia dei riscontri di una qualsiasi attività illecita in cui io risulti coinvolto e che si nasconda nella mia richiesta di un visto di impiego per insegnare  Italiano.
So quanto Khajuraho dove risiedevo in India gode in tal senso e a ragione di pessima reputazione, solo che nei suoi pregi e difetti la scuola che mi ha rinnovato il contratto lavorativo  non ha minimamente a che fare con il  raggiro delle donazioni a Istituti fasulli o corrotti che vi sono estorte ai turisti,  i cui tenutari sguinzagliano a tal scopo  gli stessi  bambini che ne sono scolari e i "lapkas" per procacciarle,  mentre io da quando risiedo in India spendo ogni mia risorsa intellettuale e morale per farvi valere  forme opposte  di accoglienza, di conoscenza ed esperienza del suo immenso patrimonio culturale ed umano, nelle mie relazioni personali e negli studi e nelle ricerche che mi impegnano tuttora giorno e notte ( ben rinvenibili in internet)
Sapeste  quanti clienti si è perso il mio amico Kailash , come conducente di autorickshaw, per avere detto come stavano le cose ai turisti che preferivano lasciarsi raggirare  da  ogni tipo di allettante procacciatore e seduttore locale, e che cosa gli costa il fatto  che  non possiamo ricongiungerci perché si dubita  che sia in combutta con una realtà  contro cui in India, coinvolgendolo nelle mie scelte intransigenti, ho speso immiserendomi  la mia esistenza durante tutto il periodo in cui vi ho vissuto!
P. S.( Se degli stranieri, per lo più perché irretiti, recano aiuti ad un certo genere di scuole lo fanno dal loro  paese di origine, e quanto più vi restano, raccogliendovi  aiuti e fondi, non di certo  prolungando quanto più a lungo possibile la permanenza in India con un  visto di impiego).
 
( Mi riservo in una futura e-mail di farvi sapere  chi e  che cosa mi attende ancora invano in India,  e tutte le sacrosante ragioni implicite e connesse per le quali avevo richiesto a suo tempo il  visto di impiego)……”


( In tutta sincerità, ai margini di tale mail,  le confido che non è a fini di lucro lecito o illecito che ho chiesto il visto d’impiego per insegnare italiano, è assurdo farci anche solo un pensiero, ( in Khajuraho il principio più condiviso quanto a uno straniero è che niente di ciò che gli spetta gli va dato, e tutto ciò che è possibile prendergli  gli va tolto) ,  ma  perché  c’è  in India chi  aspetta che finisca di insegnargli, perché insegnare  mi piace e mi è di contrasto alla depressione, perché se la durata  del visto per insegnare è di un anno  posso restare per un periodo così a lungo con i miei cari indiani ed economizzare quanto ai costi dei viaggi di andata e ritorno ,  infine perché sono di fatto half indian , per tutto ciò che nella gioia e nel dolore- la morte di un  figlio- ho condiviso con la mia famiglia indiana, e ambisco al riguardo e al rispetto che il connesso residential permit mi conferisce, in quanto a) mi evita di essere discriminato  come straniero nel pagamento dei biglietti d’ingresso ai siti monumentali,  per i quali come residente temporaneo  mi  sarebbe richiesta  invece la tariffa indiana,  che è un quindicesimo  di quella che devono pagare gli “ altri”, come stava scritto all’ingresso dei templi occidentali di Khajuraho, b) ed  a me ed al mio amico eviterei le attenzioni interessate che la  polizia locale riserva ai semplici turisti.)
 


Grazie gentile Cinzia dell’ascolto. E mi scusi se mi sono dilungato su questa questione per me così dolorosa, su una realtà che comunque ci accomuna tanto, ma le ho scritto anche per trovare la forza da infondere al mio amico  di non soccombere  alla angoscia in cui tale situazione ci ha gettato.




Con i miei più  amichevoli saluti
Ed augurandole  le più belle cose
Odorico Bergamaschi



Gentili interlocutori
Sono Bergamaschi Odorico,  e torno a farmi vivo di nuovo, di necessità-
 
a) Stando così ancora le cose, qualora le autorità indiane del Consolato di Milano  a oltre 60 giorni dalla trasmissione della mia documentazione non si fossero ancora decise a  negarmi qualsiasi visto, vi prego di riconfermare loro la mia disponibilità ad incontrarmi con esse, per ogni eventuale chiarimento, quali quelli che può fornire loro l’andamento del mio conto corrente presso l' Unicredit,  il solo di cui sia titolare, oltre ad un altro apertomi dalla Canara Bank, in India, che è rimasto finora inutilizzato perché l'Agenzia non dispone dell’ Iban per il trasferimento di valuta da tale  mio conto corrente in Italia.  Dall' estratto del mio conto corrente presso l Unicredit risulta inequivocabilmente che da quando ho prolungato la mia permanenza in India, ossia dal 2012,   mi spendo solo in perdita per la famiglia indiana che mi è cara e per la valorizzazione del patrimonio indiano attraverso i miei viaggi e la loro documentazione. Qualora possa ugualmente servire, posso inviare la certificazione quanto ai miei averi e fonti di reddito, che consistono nella mia pensione, nella buonuscita della liquidazione e di quanto mi resta della quota che mi è spettata all’atto della vendita della casa di mio padre defunto. Sono non di meno disposto a dichiarare legalmente la mia situazione patrimoniale, dalla quale emerge  che non ho neanche una prima casa di mia proprietà, in Italia o altrove, vivendo in  affitto in un appartamento, in Mantova, dove ora non  accendo neanche il riscaldamento per economizzare e trasmettere il mio aiuto di cui abbisognano ai miei cari congiunti indiani, e che non ho nemmeno alcuna automobile o motociclo , secondo quanto può attestare l’Ufficio di motorizzazione, non usufruendo di altri mezzi di locomozione che alcune biciclette, una sola delle quali mi è  utilizzabile. Inoltre posso farmi inviare, per comunicargliela, la certificazione da parte del Christian hospital di Chhatarpur ( Madhya Pradesh), che il mio amico indiano, che non può contare su altro aiuto sostanziale che il mio,  è affetto da turbe mentali irreversibili,  di cui ho fatto finora  ciò che sta diventandomi insostenibile  per evitarne in India le esplosioni croniche  di fronte ai figli, trattenendo per me quanto io provo al permanere di tale situazione.
b) Quanto all’eventualità che possa insegnare  italiano in Khajuraho senza disporre del visto, posso far loro presente, direttamente, o per il vostro tramite, quanto sia del tutto  inconcepibile, perché il principal della scuola non me lo consentirebbe assolutamente, poiché la cosa l’esporrebbe alla denuncia  ed ai rischi di perdere la licenza  per cui gestisce la scuola, né io potrei consentirmelo in proprio, dato che  costituirebbe  un deficit invece che una fonte di un qualsiasi ricavo, visto l’indisponibilità degli stessi studenti indiani non indigenti a corrispondere ad un insegnante straniero anche solo il costo delle fotocopie. Né sarei ancora particolarmente motivato,  visto l’ uso che gli indiani locali fanno dell’ italiano che abbiano appreso con i visitatori miei connazionali., nei confronti dei quali ho almeno insegnato ad usare le formule di cortesia.
Cordiali saluti
Odorico Bergamaaschi


From: "odorico bergamaschi"<
bapuculturaltours@rediffmail.com>
Sent: Mon, 14 Nov 2016 21:54:57
To: "
info@indianvisamilan.com"<info@indianvisamilan.com>
Subject: Re: R: se vi sono novit

Gentili interlocutori,
sono Bergamaschi  Odorico.
 
Così stando le cose al momento non mi resta che confermare  la mia disponibilità ad incontrarmi  di persona con il funzionario ed il console, o chi altri,  se occorrono chiarimenti. Ripensandoci, se certi dubbi sono legati al fatto che abbia inoltrato la domanda del visto il giorno stesso, il 14 settembre,  del mio rientro in, Italia, anticipo in replica che l’ ho fatto sia perché essendo arrivato nel primo mattino in Milano con un volo della Saudiairlines ho inteso economizzare tempo e denaro,  sia soprattutto perché secondo  i termini della lettera d’assunzione allegata alla mia richiesta di un employment visa avrei dovuto iniziare ad insegnare non più tardi di un mese dopo, il 15 ottobre , e dato che il visto comunque richiedeva non meno di dieci giorni lavorativi e che avrei potuto solo dopo prenotare il volo,  il  rispetto dei termini della mia assunzione mi sarebbe stato possibile senza forzature solo se non avessi  differito la presentazione della richiesta del visto rispetto al mio rientro.
 
Con i miei più cordiali saluti.
Odorico Bergamaschi

if you do honestly

Da Mumbay, con il volo della Jet Air ways in Auraganbad  doveva essere già arrivato Umberto,  il cliente italiano del Bapuculturaltours , quando solo dopo le 2,30  ho avuto l’avvertenza di telefonare a Kailash, e come egli  poteva ben confermarmi. Mi ero ricordato solo allora che quando in Italia erano le due pomeridiane in India erano già le 6,30 pomeridiane, ad atterraggio avvenuto già da un’ora , sempre che tutto fosse avvenuto regolarmente,
Al gentile Umberto Kailash aveva già avuto modo anche di parlargli  e di salutarlo al telefono, servendosi  del cellulare  dell’autista Abhishek, ma  quando gli aveva chiesto di passargli il conducente per comunicargli alcune avvertenze, Umberto si era opposto a che Abishek  ne fosse disturbato nella sua guida, esprimendo un rifiuto che per Kailash aveva assunto immediatamente il valore di una volontà categorica cui io e lui avremmo dovuto assolutamente conformarci, al punto che si riservava di richiamare  l’autista solo quando in India fossero già state le nove di sera, e fosse una certezza assoluta che intanto che Mr Umberto . riposava in hotel, l’Abhishek  assolutamente non potesse essere alla guida.
Intanto io dovevo correre quanto prima ad inviargli denaro, di Venerdi 25 novembre, scarseggiavano farina e riso, il cambio di currency rendeva in India ancora oltremodo difficile assicurarsi valuta, e l’amico voleva  provvedere quanto prima ad acquistare un maglioncino per Poorti e Chandu, dato che cominciava in  Khajuraho  a fare freddo.
Quel pomeriggio in cui la nebbia si era diradata in un grigiore novembrino volevo inoltre concludere/ terminare la revisione interminabile del mio reportages sul mio ultimo bellissimo viaggio che abbia potuto compiere nel Madhya Pradesh,  nel cui corso d’opera restavo alle prese con quanto andava reso più perspicuo e leggibile della descrizione interminabile del Kuraiya Bir e dei templi iain di Deogarh.
Questa la trama  delle mia attività reali che intercorrevanol’altro  ieri  tra me e l’India, mentre in me era oramai un convincimento assodato che da oramai 70 giorni le autorità del Consolato negasse di accordarmi il visto perchè  determinate solo dal più vago  sospetto, e da nient’altro, mi hanno “ puntato” e restano in attesa dall’India di ciò che non arriverà mai loro mai perché  non potrà mai esservi raccolto, ossia dei riscontri di una qualsiasi attività illecita in cui sia coinvolto e che si nasconda nella mia richiesta di un visto di impiego per insegnare  italiano.
Ad  averne indotto il funzionario o il Console a dubitare dei miei intenti era forse la pessima reputazione di cui a ragione gode in tal senso Khajuraho, che può aver fatto loro supporre che anche la scuola che mi aveva rinnovato il contratto di insegnamento dell Italiano rientrasse tra quelle  implicare nel raggiro, a danno di turisti, delle donazioni a Istituti fasulli o corrotti,  i cui tenutari sguinzagliano a tal scopo  gli stessi  bambini e i lapkas per procacciarle,    mentre io da che risiedo in India uso e spendo ogni mia risorsa intellettuale e morale per valere  forme opposte  di accoglienza e di conoscenza ed esperienza dell India, nelle mie relazioni umane e negli studi e ricerche che mi impegnano tuttora giorno e notte e  ben rinvenibili in internet
Avessero potuto anche solo avere un’idea, le autorità consolari, di quanti clienti si è perso il mio amico Kailash  come conducente di autorickshaw, per avere detto le cose come stavano a turisti che preferivano lasciarsi abbindolare da  ogni genere di allettatore  o procacciatore o seduttore del posto, e che cosa gli costa avvertire  che  non possiamo ricongiungerci perché si dubita  che sia in combutta con una realtà  contro cui in India ho speso immiserendomi  la mia esistenza durante tutto il periodo in cui vi ho vissuto!
Kailash, così ammirevole e caro,  per come si è  messo al seguito  di  una mia “ good way” che trova contro tutti e di tutto, del quale al contempo, al rientro dall’effettuazione del trasferimento del contante , mi addolorava che dovesse indurmi a dirgli che avrebbe aspettato invano che gliene inviassi dell’altro, finchè non si fosse deciso una buona volta a  contattarmi con una videochiamata, che mi consentisse finalmente di rivederlo insieme con Chandu, Poorti ed Ajay, di cui debbo contentarmi solo di risentire le voci che mi salutano al telefono.
Rimessomi poi di nuovo al computer, entro il tardo pomeriggio avrei avuto modo di concludere anche la riscrittura dei miei pochi accenni già formulati alle meravigliose grotte buddhiste di Deogarh , per quanto la interrompessi e nell’altra mia più delusa attesa seguitassi invano a contattare l open visa centre di Milano, per saperne di più, secondo i suoi addetti,  sulle ragioni a tal punto della sospensione ulteriore del visto, poiché ogni comunicazione da parte loro era stata ugualmente sospesa.
“ We have to wait. We  have to wait without becoming hungry. With  Indian Autorithy   You  have to wait, ieri mi avrebbe  soggiunto Kailash, if you do  honestly”


sabato 26 novembre 2016

Discorrendo dei vestiti d'infanzia di una volta.Tutto su mia madre V

Tutto su mia madre V
Discorrendo dei vestiti infantili di una volta.
" E i vestiti di una volta, quando eri bambina?"
Erano un paltoncino, il vestito più leggero d’estate, un vestito più pesante d’inverno. Si cercava di economizzare, un paletot ti durava molti anni, e le mode non cambiavano come adesso. Era lo stesso con le scarpe. Mi ricordo che mi hanno preso da bambina un paio di scarpe e non ti so dire quanta roba ci hanno messo in fondo. Mi sono durate quattro, cinque anni. Solo che quando mi sono andate bene erano già tutte rotte. Un modo di ragionare miserevole, ma questo si faceva. Lo stesso era per i vestiti, con tre scale d’orlo, e quanto crescevi li allungavano, li allungavano, che i vestiti erano già rotti ma l'orlo di sotto era ancora buono. Un paletot,- avevo 10, 11 anni-, mi ricordo che per allungarlo in alto e farmelo andare ancora bene, l’hanno tagliato di sopra e ci hanno messo un carré in pelo nero di astrakan. Ma io figurati come mi sentivo...I vestiti li facevano belli comodi, si pensava che era giusto fare così, facevano tutti così, e così si andava avanti
Un vestito d’estate, uno d’autunno, un paio di scarpe d’estate, uno d’inverno…in più i sandali, gli zoccoli, quel paio o due, al massimo.
I “ supei” erano sottilini, con il loro tacchettino, e quand’eravamo in autunno ti servivano per evitare la smalta che c’era nelle corti di campagna,. Gli zoccoli erano dei bei zoccolini, sotto di legno, con di sopra la loro mascherina fatta di cuoio, erano duri però, erano fatti per metterteli d’inverno, ci mettevi allora dentro un paio di calze di lana e tu andavi, ed andavi bene, perché giravi nella smalta, c’era la neve. C’era più neve una volta che adesso. Io non so perché ma mi ricordo tutti gli inverni con la neve “
“E andavi a piedi nudi? “
"Proprio lo desideravi. Non vedevi l'ora che venissero i primi soli per buttare via le scarpe e andare a piedi nudi, E com’ero contenta…. Per le strade di campagna c' erano vetri, c’era di tutto, ma io mai che mi sia tagliata, E sì che sono stata una che è andata per un bel po’ a piedi nudi.”.




Tutto su mia madre V
Discorrendo dei vestiti d'infanzia di una volta.
" E i vestiti di una volta, quando eri bambina?"
“ C’erano un paltoncino, il vestito più leggero d’estate, un vestito più pesante d’inverno. Si cercava di economizzare, un paletot ti durava 10, 12 anni, e le mode non cambiavano come adesso. Era lo stesso con le scarpe. Mi ricordo che mi hanno preso da bambina un paio di scarpe e non ti so dire quanta roba ci hanno messo in fondo. Mi sono durate quattro, cinque anni. Solo che quando mi andavano bene erano già tutte rotte. Un modo di ragionare miserevole, ma questo si faceva. Lo stesso era per i vestiti, con tre scale d’orlo, e quanto crescevi li allungavano, li allungavano, che i vestiti erano già rotti ma l'orlo di sotto era ancora buono. Un paletot,- avevo 10, 11 anni-, mi ricordo che per allungarlo in alto e farmelo andare ancora bene, l’hanno tagliato di sopra e ci hanno messo un carré in pelo nero di astrakan. Ma io figurati come mi sentivo...I vestiti li facevano belli comodi, si pensava che era giusto fare così, facevano tutti così, e così si andava avanti
Un vestito d’estate, uno d’autunno, un paio di scarpe d’estate, uno d’inverno…in più i sandali, gli zoccoli, quel paio o due, al massimo.
I “ supei” erano sottilini, con il loro tacchettino, e quand’eravamo in autunno ti servivano per evitare la smalta che c’era nelle corti di campagna,. Gli zoccoli erano dei bei zoccolini, sotto di legno, con di sopra la loro mascherina fatta di cuoio, erano duri però, erano fatti per metterteli d’inverno, ci mettevi allora dentro un paio di calze di lana e tu andavi, ed andavi bene, perché giravi nella smalta, c’era la neve. C’era più neve una volta che adesso. Io non so perché ma mi ricordo tutti gli inverni con la neve “
“E andavi a piedi nudi? “
"Proprio lo desideravi. Non vedevi l'ora che venissero i primi soli per buttare via le scarpe e andare a piedi nudi, E com’ero contenta…. Per le strade di campagna c' erano vetri, c’era di tutto, ma io mai che mi sia tagliata, E sì che sono stata una che è andata per un bel po’ a piedi nudi.”.

lunedì 21 novembre 2016

Documenti vari inerenti la sospensione del visto


 Al consolato indiano di Mumbay
Mantova 21 novembre 2016


Gentile interlocutore/ interlocutrice
Mi chiamo Odorico Bergamaschi, sono un ex insegnante di Lettere, ora in pensione, dell’età di  64 anni, e vi scrivo dall’Italia non sapendo a chi altrimenti rivolgermi per segnalare che il Consolato indiano generale di  Milano sta trattenendo oramai da oltre 60 giorni, 67 per la precisione, il mio passaporto che ho  inoltrato alla loro autorità  il 14 settembre 2016 , il giorno stesso del mio rientro dall’ India,  per ottenere una quinta volta il visto di impiego come insegnante di Italiano presso una scuola privata di Khajuraho, M. P.
Solo al termine della terza settimana, attraverso l’open sourcing center cui mi ero rivolto, mi hanno fatto sapere che la documentazione era “ scarna”, benché fosse più completa di quella già inoltrata le volte precedenti, e che mi era già valsa il visto di impiego. Al che, per il tramite del mio amico Indiano Kailash Sen, la cui famiglia  sto aiutando da oltre dieci anni in ogni modo che mi sia possibile,  ho ottenuto un documento aggiuntivo del principal della scuola, che indicava anche le fasce orarie, i contenuti e le finalità dell’ insegnamento, e mi inibiva ogni suo esercizio che non fosse nell’ambito dell’Istituto.  In un primo tempo era parsa al Console un’ integrazione soddisfacente, mentre dopo una settimana  anche tale annesso contrattuale è parso insufficiente, Al che mi sono dichiarato disponibile a che  il visto richiesto, per il cui ottenimento avevo già pagato l’ importo, almeno  mi fosse convertito in visto turistico, impegnandomi anche per iscritto a non utilizzarlo surrettiziamente per insegnare, bensì per ricongiungermi con la famiglia indiana che mi è cara, rivisitando l' India alla luce dei miei  interessi e delle mie ricerche investigative del suo patrimonio artistico. Sono trascorse altre due settimane e a tutt’oggi il funzionario si manifesta indeciso, e non è stata recepita la mia disponibilità a fornire di persona ogni chiarimento allo stesso od al console in persona. Tale condotta,  nel suo protrarsi, la vivo sotto il profilo legale come lesiva dei miei diritti civili, giacché seguita ad espropriarmi da due mesi del mio diritto di espatrio nei Paesi che richiedono l’esibizione del passaporto, ed in quanto limita  da oltre un mese e mezzo  la mia libertà di movimento nel mio paese di appartenenza, qui in Italia Dai primi di ottobre  non posso preventivare nulla per il mio futuro,  restando confinato nel mio domicilio domestico in attesa di risposte  per poterle fornire a mia volta alle autorità consolari, per sollecitare di continuo una soluzione auspicabilmente positiva , siccome dispongo per i miei contatti solo di un telefono fisso e del mio computer.
L’ultima risposta che ho ricevuto dall’ open sourcing center è stata  la seguente
Egregio sig. Bergamaschi, 
buon pomeriggio,
 Purtroppo non vi sono ancora novità, stiamo chiedendo ogni giorno affinché si possa risolvere questa situazione. 
Abbiamo fatto presente la sua disponibilità a presenziare ad un colloquio con il sig. Console Generale, ci è stato ribadito che, al momento, non risulta necessario. 
Con i nostri cordiali saluti.
 A  rendere la situazione di una sofferenza unica è che mi sento  costretto a subire tale stato di cose  perché temo altrimenti di perdere ogni possibilità di rientro in India per sempre o almeno per anni, dove la famiglia indiana che mi è cara  è tutta la mia vita,  e richiede il mio sostegno e il  mio accompagnamento da vicino.
 
Ciò che solo vi chiedo, alla luce di tutto ciò,  è come interpretiate tale  sospensiva, - le autorità consolari indiane restano forse  in attesa di riscontri sulle mie attività in India negli anni trascorsi?-,  e se potete darmi qualche indicazione su come possa affrontare tale stato di cose, intanto che resto remissivamente in attesa dello sblocco di una  situazione  che pare consegnata solo all’inappellabilità delle autorità consolari indiane.
Con i miei più cordiali saluti
Odorico Bergamaschi
46100 Mantova
----------------------------------------------------------------------------------------------------

all' outsourcing center di Milano
Gentili interlocutori
Sono Bergamaschi Odorico,  e torno a farmi vivo di nuovo, di necessità-
 
a) Stando così ancora le cose, qualora le autorità indiane del Consolato di Milano  a oltre 60 giorni dalla trasmissione della mia documentazione non si fossero ancora decise a  negarmi qualsiasi visto, vi prego di riconfermare loro la mia disponibilità ad incontrarmi con esse, per ogni eventuale chiarimento, quali quelli che può fornire loro l’andamento del mio conto corrente presso l' Unicredit,  il solo di cui sia titolare, oltre ad un altro apertomi dalla Canara Bank, in India, che è rimasto finora inutilizzato perché l'Agenzia non dispone dell’ Iban per il trasferimento di valuta da tale  mio conto corrente in Italia.  Dall' estratto del mio conto corrente presso l Unicredit risulta inequivocabilmente che da quando ho prolungato la mia permanenza in India, ossia dal 2012,   mi spendo solo in perdita per la famiglia indiana che mi è cara e per la valorizzazione del patrimonio indiano attraverso i miei viaggi e la loro documentazione. Qualora possa ugualmente servire, posso inviare la certificazione quanto ai miei averi e fonti di reddito, che consistono nella mia pensione, nella buonuscita della liquidazione e di quanto mi resta della quota che mi è spettata all’atto della vendita della casa di mio padre defunto. Sono non di meno disposto a dichiarare legalmente la mia situazione patrimoniale, dalla quale emerge  che non ho neanche una prima casa di mia proprietà, in Italia o altrove, vivendo in  affitto in un appartamento, in Mantova, dove ora non  accendo neanche il riscaldamento per economizzare e trasmettere il mio aiuto di cui abbisognano ai miei cari congiunti indiani, e che non ho nemmeno alcuna automobile o motociclo , secondo quanto può attestare l’Ufficio di motorizzazione, non usufruendo di altri mezzi di locomozione che alcune biciclette, una sola delle quali mi è  utilizzabile. Inoltre posso farmi inviare, per comunicargliela, la certificazione da parte del Christian hospital di Chhatarpur ( Madhya Pradesh), che il mio amico indiano, che non può contare su altro aiuto sostanziale che il mio,  è affetto da turbe mentali irreversibili,  di cui ho fatto finora  ciò che sta diventandomi insostenibile  per evitarne in India le esplosioni croniche  di fronte ai figli, trattenendo per me quanto io provo al permanere di tale situazione.
b) Quanto all’eventualità che possa insegnare  italiano in Khajuraho senza disporre del visto, posso far loro presente, direttamente, o per il vostro tramite, quanto sia del tutto  inconcepibile, perché il principal della scuola non me lo consentirebbe assolutamente, poiché la cosa l’esporrebbe alla denuncia  ed ai rischi di perdere la licenza  per cui gestisce la scuola, né io potrei consentirmelo in proprio, dato che  costituirebbe  un deficit invece che una fonte di un qualsiasi ricavo, visto l’indisponibilità degli stessi studenti indiani non indigenti a corrispondere ad un insegnante straniero anche solo il costo delle fotocopie. Né sarei ancora particolarmente motivato,  visto l’ uso che gli indiani locali fanno dell’ italiano che abbiano appreso con i visitatori miei connazionali., nei confronti dei quali ho almeno insegnato ad usare le formule di cortesia.
Cordiali saluti
Odorico Bergamaschi

Gentili interlocutori
Sono Bergamaschi Odorico
Pur nel confermarne il contenuto, 
vi prego per delicatezza di soprassedere alla mia e-mail precedente che ieri vi ho inviato sul tardi, dato che il permanere della situazione in cui verso riguardo all'ottenimento del visto, mi ha dettato nella sua estensione maggiore cose che non era forse il caso di comunicare, pur di garantire alle autorità del Consolato che in India non ho oscuri traffici o loschi affari da cui tragga lucro , bensì mi preme solo il benessere delle persone che vi ho care.
Ma 
stando così ancora le cose, qualora ad oltre 60 giorni dalla trasmissione della mia richiesta e dei documenti ad essa allegati  le autorità del Consolato indiano di Milano non si fossero ancora decise a negarmi qualsiasi visto, vi prego anche nella presente lettera di riconfermare loro la mia disponibilità ad incontrarci di persona per ogni chiarimento che sia indispensabile.. 
Quanto poi all’eventualità che io possa insegnare italiano in Khajuraho senza disporre del relativo visto d'impiego, qui riasserisco, perché possa essere fatto a loro presente, sempre che sia il caso, direttamente per parte mia, o per il vostro tramite, che la cosa non può accadere: il principal della scuola non me lo consentirebbe, in alcun modo, poiché ciò l’esporrebbe a denunce ed al rischio di perdere la licenza per la quale gestisce l'istituto, in un ambiente, quale quello di Khajuraho, in cui gelosie e rivalità di certo non scarseggiano e si sono già espresse a riguardo, tanto più che egli è islamico, né l'insegnamento dell italiano io avrei interesse a consentirmelo in proprio,   dato che tale mia attività avverrebbe solo in deficit, per l’indisponibilità già acclarata degli stessi studenti indiani che non siano indigenti a corrispondere anche solo il costo delle fotocopie. Nemmeno sarei ancora particolarmente motivato ad insegnare, considerato l’ uso dell’ italiano che gli indiani locali fanno con i visitatori miei connazionali, nei confronti dei quali ho almeno insegnato ad impiegare le formule di cortesia.
.
Con i miei più cordiali saluti
Odorico Bergamaschi


Credono che sia un impostore, un trafficante sotto mentite spoglie, non uno studioso e uno scrittore,  di cui tutto può essere messo in discussione tranne la serietà e l umano rigore, che in India  si spende in perdita  per le persone che vi sostiene e per la salvaguardia del suo patrimonio artistico, che vi ha la sua vita che gli è tolta  se non vi può più mettere piede. 

Meno spendo, e più risparmio, ...

"Meno spendo, e più risparmio, più a lungo posso darti aiuto, e di più posso lasciarti quando io ti lasci morendo"" Less I spend, more I save money, more for a long time I can Help You , and leave You money when I die,", così al telefono sintetizzavo a Kailash la sola natura delle mie preoccupazioni economiche, che mi fa restio a spendere oltre il minimo indispensabile, a concedermi alcunché di più. Avevamo già lungamente discorso del mancato ottenimento del visto a tutt’oggi, ad oltre 67 giorni da che al mio arrivo stesso in Italia ho inoltrato la richiesta, cercando una spiegazione alle ragioni dell’ultima risposta fornitami dall’ open sourcing center " Egregio sig. B., buon pomeriggio,
Purtroppo non vi sono ancora novità, stiamo chiedendo ogni giorno affinché si possa risolvere questa situazione.
Abbiamo fatto presente la sua disponibilità a presenziare ad un colloquio con il sig. Console Generale, ci è stato ribadito che, al momento, non risulta necessario.
Con i nostri cordiali saluti”
Kailash supponeva che le autorità consolari indiane volessero lasciare passare tre mesi prima della conversione della mancata concessione di un visto lavorativo in un visto turistico, io propendevo a credere, ed ancor più credo tuttora, che invece abbiano intrapreso un ‘indagine sulle mie attività in India durante tutti questi anni, e che restino in attesa di riscontri, - come altrimenti si spiega , che almeno al momento, il colloquio con il sig. Console Generale non risulti necessario?-, e tentavo di farci coraggio ripetendogli che tale sospensiva è vero che non è un si, ma è pur vero che non è neanche un no, e che se avessero già potuto decidersi in tal senso non starebbero ancora aspettando oltre due mesi per pronunciarsi.
Così si fa difficile anche che io possa essere in India a gennaio, se potrò più farvi ritorno, comunque al mio rientro avevo già messo in conto di passare quest’anno il Natale (qui) con i miei familiari, il che dava una luce di conforto a Kailash, un motivo per farsi una ragione del mio protrarmi in Italia.
“ Così, se per Natale sei con la mamma, tua sorella, tuo fratello, tuo nipote, non è un problema se (ora) non sei ancora qui “, in Khajuraho dove comunque gli arriva ogni giorno da migliaia di chilometri di distanza la mia parola di sostegno, per telefono è come se fossi con lui, e tra noi non ci sono dissensi e scontri come accade puntualmente quando siamo insieme
“ Si, ma quando eri qui tu pensavi alla casa, alla salute dei nostri bambini, alla loro scuola, mentre io ero al mercato e me ne stavo via..
" Eri tu che davi a Chandu dasko rupees, ricordi, una o più volte, ora sono io che devo dargliele".
Mi faceva ora davvero piacere che me lo dicesse, gli ribattevo ridendo, perché quando ero a Khajuraho, gli ho ricordato, mi rimproverava sempre di non fare niente per loro, di non provvedere e di lasciarli sempre senza rupie, di spendermi solo per un altro...
“ Ma dicevo così quando tra noi c’erano “ drama “
Gli suggerivo di supplire alla mia mancanza facendosi aiutare da Poorti ed Ajay, la bambina poteva indicargli tutto ciò che venisse a mancare in casa di occorrente, Ajay poteva fargli sapere se la sorella e Chandu avessero bisogno di quaderni o di altro materiale per la scuola, e quanto alla salute dei bambini, che fortunatamente è buona, si recasse per ogni disturbo dal dottor Kare, il medico che è divenuto anche di sua fiducia.
E quanto a denaro, ne disponeva a sufficienza, nonostante l’attuale caos in India del cambio in corso delle vecchie banconote di cui era diffusa la contraffazione con i nuovi tagli delle 500 e 2000 rupie? Almeno ne aveva abbastanza fino a venerdì, quando potrò inviargli un nuovo importo?
Il solo vero problema era la farina di grano che cominciava a scarseggiare, ne restano ancora venti chili, e possono bastare solo fino alla prossima settimana, poichè la famiglia ne consuma ogni giorno un chilo e mezzo per impastare chappati. Occorreva anche riso, che piace a Poorti e Chandu, e gli è difficile ora assicurarlo loro ogni giorno, ma come rilevavo a Kailash ne occorre una quantità assai minore che quella che deve usare di farina, potranno bastare per ora alcuni pacchi,
invece dei “ bori” o sacchi per 890 rupie di 25 , 20 o 10 chili, a seconda della qualità del riso. E quanto a me? Quanto veniva a costarmi la mia vita da solo in Italia, in più di quella in India associata con loro? Dicevo di farcela con 10 euro al giorno, salvo le spese per recarmi una volta la settimana da mia madre, quelle in aumento per acqua, luce, gas, ora che ne faccio effettivo consumo. Non cambiava gran che rispetto a quando ero in India, a fare lievitare i costi della mia vita sarebbero eventuali viaggi, come accadeva anche in India quando li intraprendevo. Ma confido, se mai farò ritorno, di potermi ripetere negli stessi viaggi all’interno del solo Madhya Pradesh, sperimentando le comodità che offre la nuova linea ferroviaria che collega Khajuraho con Chhatarpur, Tikamgarh, Lalitpur, e con i grandi centri d’arte di Deogarh, Chanderi, con le piccole Khajuraho che furono un tempo Dudhai, Chandpur, che vorrei tornare a rivedere con Kailash che non vi è mai stato, progettando nuovi itinerari con i fantasmatici visitatori che siano suoi fantasmatici clienti, che da Lalitpur potrebbero proseguire in tempi abbreviatisi per Vidisha, Sanchi, la stessa Bhopal, il Sud dell'India in ogni direzione. Ma Kailash mi aveva già detto che le incrementate possibilità di raggiungere Khajuraho in treno erano state azzerate dal tragico incidente ferroviario che ieri è avvenuto presso Kanpur, facendo fino a tuttora 147 vittime il cui novero è destinato a salire, talmente sono gravi certuni dei 150 feriti. Almeno per un mese la paura di viaggiare in treno avrebbe diradato i turisti indiani che del treno si servono nei loro viaggi. Ma più che la quantità di morti e feriti, ieri a lasciarlo sconvolto, come avvertivo dal tono dimesso della sua voce , era stata la vista dei bambini rimasti orfani, che gridavano senza nemmeno riuscire ancora a parlare, una figlia di sei anni e mezzo, un suo fratellino di un anno e mezzo, un’altra bimba di due anni e mezzo.
La mente, mentre me ne parlava, correva all'immagine di altre piccole vittime della sventura che la televisione il giorno avanti aveva seguitato a riproporre, i neonati che in Aleppo est che le infermiere in lacrime avevano dovuto estrarre concitatamente dalle incubatrici , tra i crolli di muri e di calcinacci, che sollevavano polvere, degli ultimi ospedali ancora funzionanti che i bombardamenti russi e dei governativi di Assad avevano del tutto distrutto.
Kailash, nell’aggiornarmi i dati di morti e feriti dell’ incidente ferroviario nei pressi di Kanpur, mi ha informato che anche le traversie della demonetizzazione hanno fatto le loro vittime, tra i vecchi deperiti che dalle due e le tre del mattino fino a sera tardi erano rimasti in fila di fronte alle banche, tra i padri cui era venuto meno il denaro per sposare le figlie e che si erano suicidati. Ed è tornato a dirmi di quanti hanno incenerito le banconote che stanno uscendo di circolazione oppure le hanno disperse nel Gange o nel liquame lurido di canali e scoli, perché era denaro sporco , accumulato magari per evasione o corruzione, di cui sarebbe stato loro richiesto di certificare la provenienza.
Alti erano poi nel lasciarci i nostri cuori, quanto grande restava la nostra angoscia di non poterci più rivedere, se non nel Nepal dove Kailash mi raggiunga con i nostri cari.
"Meno spendo, e più risparmio, più a lungo posso darti aiuto, e di più posso lasciarti quando io ti lasci morendo"" Less I spend, more I save money, more for a long time I can Help You , and leave You money when I die,", così al telefono sintetizzavo a Kailash la sola natura delle mie preoccupazioni economiche, che mi fa restio a spendere oltre il minimo indispensabile, a concedermi alcunché di più. Avevamo già lungamente discorso del mancato ottenimento del visto a tutt’oggi, a oltre 67 giorni da che al mio arrivo stesso in Italia ho inoltrato la richiesta, cercando una spiegazione alle ragioni dell’ultima risposta fornitami dall’ open sourcing center " Egregio sig. B.buon pomeriggio,
Purtroppo non vi sono ancora novità, stiamo chiedendo ogni giorno affinché si possa risolvere questa situazione. 
Abbiamo fatto presente la sua disponibilità a presenziare ad un colloquio con il sig. Console Generale, ci è stato ribadito che, al momento, non risulta necessario. 
Con i nostri cordiali saluti”
Kailash supponeva che le autorità consolari indiane volessero lasciare passare tre mesi prima della conversione della mancata concessione di un visto lavorativo in un visto turistico, io propendevo a credere, ed ancor più credo tuttora, che invece abbiano intrapreso un ‘indagine sulle mie attività trascorse in India, durante tutti questi anni, e restino in attesa di riscontri, - come altrimenti si spiega , che almeno al momento, il colloquio con il sig. Console Generale non risulti necessario?-, e tentavo di farci coraggio ripetendogli che tale sospensiva è vero che non è un si, ma è pur vero che non è un no, e che se avessero già potuto decidersi in tal senso non starebbero ancora aspettando oltre due mesi per pronunciarsi.
Così si fa difficile anche che io possa essere in India a gennaio, se potrò più farvi ritorno, comunque al mio rientro avevo già messo in conto di passare quest’anno il Natale (qui) con i miei familiari, il che dava una luce di conforto a Kailash, un motivo per farsi una ragione del mio protrarmi in Italia.
“ Così, se per Natale sei con la mamma, tua sorella, tuo fratello, tuo nipote, non è un problema se (ora) non sei ancora qui “, in Khajuraho dove comunque gli arriva ogni giorno da migliaia di chilometri di distanza la mia parola di sostegno, per telefono è come se fossi con lui, e tra noi non ci sono dissensi e scontri come accade puntualmente quando siamo insieme 
“ Si, ma quando eri qui tu pensavi alla casa, alla salute dei nostri bambini, alla loro scuola, mentre io ero al mercato e me ne stavo via”.
" Eri tu che davi a Chandu dasko rupees, ricordi, una o più volte, ora sono io che devo dargliele".
Mi faceva ora davvero piacere che me lo dicesse, gli ribattevo ridendo, perché quando ero a Khajuraho, gli ho ricordato, mi rimproverava sempre di non fare e di non lasciare mai niente dper loro, di non pensarci e provvedere, di spendermi solo per un altro...
“ Ma dicevo così quando tra noi c’erano “ drama “
Gli suggerivo di supplire alla mia mancanza facendosi aiutare da Poorti ed Ajay, la bambina poteva indicargli tutto ciò che venisse a mancare in casa di occorrente, Ajay poteva fargli sapere se la sorella e Chandu avessero bisogno di quaderni od altro materiale per la scuola, e quanto alla salute dei bambini, che fortunatamente è buona, si recasse per ogni disturbo dal dottor Kare, il medico che è divenuto anche di sua fiducia.
E quanto a denaro, ne disponeva a sufficienza, nonostante l’attuale caos in India del cambio in corso dei tagli delle banconote? Almeno ne aveva abbastanza fino a venerdì, quando potrò inviargli un nuovo importo? 
Il solo vero problema era la farina di grano che cominciava a scarseggiare, ne restano ancora venti chili, e possono bastare solo fino alla prossima settimana, poichè la famiglia ne consuma ogni giorno un chilo e mezzo per impastare chappati. Occorreva anche riso, che piace a Poorti e Chandu, e gli è difficile ora assicurarlo loro ogni giorno, ma come rilevavo a Kailash ne occorre una quantità assai minore che quella che deve usare di farina, potranno bastare per ora alcuni pacchi , invece dei “ bori” o sacchi per 890 rupie di 25 , 20 o 10 chili, a seconda della qualità del riso. E quanto a me? Mi aveva già chiesto quanto veniva a costarmi la mia vita da solo in Italia, in più di quella in India associata con loro. Dicevo di farcela con 10 euro al giorno, salvo le spese per recarmi una volta la settimana da mia madre, quelle in aumento per acqua, luce, gas, ora che ne consumo effettivamente. Non cambiava gran che rispetto a quando ero in India, a fare lievitare i costi della mia vita sarebbero eventuali viaggi, come accadeva anche in India quando li intraprendevo. Ma confido, se mai farò ritorno, di potermi ripetere negli stessi viaggi all’interno del solo Madhya Pradesh, sperimentando le nuove comodità che offre la nuova linea ferroviaria che collega Khajuraho con Chhatarpur, Tikamgarh, Lalitpur, e con i grandi centri d’arte di Deogarh, Chanderi, con le piccole Khajuraho che furono un tempo Dudhai, Chandpur, che vorrei tornare a rivedere con Kailash che non vi è mai stato, progettando nuovi itinerari con i fantasmatici visitatori che siano suoi fantasmatici clienti, che da Lalitpur potrebbero proseguire in tempi abbreviatisi per Vidisha, Sanchi, la stessa Bhopal, il Sud dell'India in ogni direzione. Ma Kailash mi aveva già detto che le incrementate possibilità di raggiungere Khajuraho in treno erano state azzerate dal tragico incidente ferroviario che ieri è avvenuto presso Kanpur, facendo fino a tuttora 147 vittime il cui novero è destinato a salire, talmente sono gravi certuni dei 150 feriti. Almeno per un mese la paura di viaggiare in treno avrebbe diradato i turisti indiani che del treno si servono nei loro viaggi. Ma più che la quantità di morti e feriti, ieri a lasciarlo sconvolto, come avvertivo dal tono dimesso della sua voce sbigottita, era stata la vista dei bambini rimasti orfani, che gridavano senza nemmeno riuscire ancora a parlare, una figlia di sei anni e mezzo, un suo fratellino di un anno e mezzo, un’altra bimba di due anni e mezzo.
La mente, mentre me ne parlava, correva all'immagine di altre piccole vittime della sventura che la televisione il giorno avanti aveva seguitato a riproporre, i neonati che in Aleppo est che le infermiere in lacrime avevano dovuto estrarre concitatamente dalle incubatrici , tra i crolli di muri e di calcinacci, che sollevavano polvere, degli ultimi ospedali ancora funzionanti che i bombardamenti russi e dei governativi di Assad avevano del tutto distrutto. 
Kailash, nell’aggiornarmi i dati di morti e feriti dell’ incidente ferroviario nei pressi di Kanpur, oggi mi ha informato che anche il caos valutario ha fatto le sue vittime, tra i vecchi deperiti che dalle due e le tre del mattino fino a sera tardi erano rimasti in fila di fronte alle banche, tra i padri cui era venuto meno il denaro per sposare le figlie e che si erano suicidati. Ed è tornato a dirmi di quanti hanno incenerito le banconote che stanno uscendo di circolazione oppure le hanno disperse nel Gange, o nel liquame lurido di diversivi , perché era denaro sporco di cui avrebbero finito per denunciare la provenienza oscura depositandoli..
Alti erano poi nel lasciarci i nostri cuori, quanto grande restava la nostra angoscia di non poterci più rivedere, se non nel Nepal dove Kailash mi raggiunga con i nostri cari.

giovedì 17 novembre 2016

solo con il mio respiro animale

Sono di nuovo passate le 17, 30 , senza che mi sia pervenuto neanche un messaggio di conferma o diniego della concessione del visto. Ed in me continua l’angoscia che ne trae un sospiro di sollievo, perché ho eluso per un altro giorno l’impatto con la negazione del visto che mi avrebbe costretto a una resa dei conti con le pulsioni estreme della mia depressione.
Ma non è che ogni giorno mi trovi così sospeso tra la vita e la morte perché io scalpiti di ritrovarmi in India: il disavanzo economico pauroso del mio sostegno a Kailash e l’inettitudine sua e di Ajay che incupiscono ogni prospettarsi di un futuro in comune, gli stati letali del mio protrarmi in India, gli ultimi mesi, senza potere più sconfinare da Khajuraho e concedermi niente, guatato dalla gelosia di Kailash nei soli scampoli di gioia che fuori delle mura della sua casa ritrovavo nel solo rivedermi con Mohammad , ( pure tra tanta costernazione mentale, mentre quant’era bello, Dio mio, ritrovarci tutti insieme la sera, nella meraviglia radiante da Chandu, Poorti ed Ajay intenti nei compiti), il finire tra i templi di Khajuraho di nuovo ogni giorno per forza di inedia e per il completamento o l’ approfondimento dei miei studi, ripercorrendo interminabili filari inespressivi di statue di Shiva o di Vishnu, senz’altro in loco in cui potessi ricreare la mente fuori dei miei libri e delle mie divagazioni in internet, - tutto il peso di tali miei trascorsi recenti rallenta ogni mio intento di farvi ritorno, non fosse la nostalgia di riabbracciare tutta la tenerezza in cui si rammollisce ogni inaffettività di Kailash, Ajay, Poorti e del mio adorato Chandu, come tutta la calorosità fisica del mio lazzerone Mohammad , nel suo sventuratissimo, miserabilissimo splendore.
Ciò che mi fa disperare e mi toglie la vita è piuttosto l’ idea che per un inghippo burocratico io non possa mai più rimettere piede in India e ritrovarmi con loro, di non potervi più riprendere sul campo e allargarvi le mie insostituibili ricerche archeologiche, in siti e monumenti su cui ricade solo l’oblio e l’ incuria, o lo schifo ributtante di un degrado turistico che è il vilipendio per denaro della loro bellezza spirituale, nello sconforto che le sole certezze cui posso appigliarmi, sono che raggiungendo invece il Nepal posso convocarvi tutti quanti i miei cari, sia pure per pochi giorni soltanto, o il dato giudiziario che anche le proscrizioni delle black list conoscono un termine, di non più di tre anni.Che per me sarebbero di attesa in una solitudine orrida.. Come l’altra notte, quando mi sono ritrovato ad un altro giorno di meno tra me e la morte, lontano da loro e isolato da tutto, nella mia camera da letto come già in un mio loculo, e le case e le vie di fronte mi erano solo uno slargo funerario senza più battito di vita. Solo in stanza con il mio respiro animale.