mercoledì 14 maggio 2014

nota filosofico-teologica

Nota filosofico-teologica


La struttura dell'essere non duale che si ritrova nel pensiero indiano secondo Panikkar, per cui le realtà in rapporto complementare, padre e figlio, non sono due senza essere uno, è forse diversa dalla struttura bipolare dell'essere secondo Platone e la cultura greca (si confrontino  Reale e la scuola di Tubinga), per cui i contrari, innanzitutto l'Uno e la Diade alla radice della molteplicità che l'Uno determina ordinando, , si implicano a vicenda e non possono sussistere l'uno senza l'altro?
La rivelazione cristiana che l' Uno è trino, che significherebbe, in tale identico orizzonte metafisico, se non che l'unità nel molteplice ne è un'unificazione relazionale, che sempre pone gli esseri ponendoli in relazione, e ponendo la loro relazione come realtà ulteriore.

Le Saux-Abishitkananda, si situa all incrocio di due interpretazioni antagoniste nella cultura spirituale italiana, quella di Marco Vannini che vuole farne della mistica l'espressione di un adualismo monistico, secondo il quale il solo essere reale è l'essere divino, la differenziazione di molteplici realtà individuali essendo l'illusione del velo di maia ingenerata dai nostri attaccamenti e dalle loro immedesimazioni, e quella cui consento di Trianni, che riconducendo gli sbocchi dell'esperienza mistica di LeSaux allo shivaismo tantrico, vuole salvaguardare l'essere reale del mondo, e l'esservi di Dio come l'esservi immanente nell'altro di Sè, ( il mondo come l'altro di Dio in Dio di Piero Coda, secondo l'ispirazione teologica di S. Bulgakov ) il mondo essendo l'altro di Dio in Dio per il disordine e caos che l'ordine cosmico implica come il suo necessario contrario, senza il quale non avrebbe consistenza, significato, efficacia, e non ne sarebbe un libero affermarvisi, sino ai vertici della natura morale.

La struttura dell'essere non duale che si ritrova nel pensiero indiano secondo Panikkar, per cui le realtà in rapporto complementare, padre e figlio, non sono due senza essere uno, è forse diversa dalla struttura bipolare dell'essere secondo Platone e la cultura greca ( Reale e la scuola di Tubinga), per cui i contrari, l'Uno e la Diade alla radice della molteplicità da determinare ordinando, innanzitutto, si implicano a vicenda e non possono sussistere l'uno senza l'altro?
La rivelazione cristiana che l Uno è trino, che significherebbe, in tale identico orizzonte metafisico, se non che l'unità nel molteplice ne è un'unificazione relazionale, che sempre pone gli esseri ponendoli in relazione, e ponendo la loro relazione come realtà ulteriore.
Le Saux-Abishitkananda, si situa all incrocio di due interpretazioni antagoniste nella cultura spirituale italiana, quella di Marco Vannini che vuole farne della mistica l'espressione di un adualismo monistico, quella cui consento di Trianni, che riconducendone gli sbocchi allo shivaismo tantrico, vuole salvaguardare l'essere reale del mondo, e l'esservi di Dio come l'esservi immanente nell'altro di Sè, ( il mondo come l'altro di Dio in Dio di Piero Coda, ) per il disordine e caos che l'ordine cosmico implica come suo necessario contrario senza il quale non avrebbe consistenza, significato, efficacia, per esserne un libero affermarvisi, sino ai vertici della natura morale.

Stesura originaria.
La struttura dell'essere non duale che si ritrova nel pensiero indiano secondo Panikkar, per cui le realtà in rapporto complementare, padre e figlio,  non sono due senza essere uno, è forse diversa  dalla struttura bipolare dell'essere secondo Platone e la cultura greca ( Reale e la scuola di Tubinga), per cui i contrari, l'Uno e la Diade alla radice della molteplicità da determinare ordinando, innanzitutto, si implicano a vicenda e non possono sussistere l'uno senza l'altro?
La  rivelazione cristiana che l Uno è trino, che significherebbe, in tale identico orizzonte metafisico, se non che l'unità nel molteplice ne è un'unificazione relazionale, che sempre pone gli esseri ponendoli in relazione, e ponendo  la loro relazione come realtà ulteriore.

Le Saux-Abishitkananda, all incrocio di due interpretazioni antagoniste nella cultura spirituale italiana, quella di Marco Vannini che vuole farne della mistica l'espressione di un adualismo monistico, quella cui consento di Trianni, che riconducendone gli sbocchi dell'esperienza mistica allo shivaismo tantrico, vuole salvaguardare l'essere reale del mondo, e l'esservi di Dio come l'esservi Suo immanente nell'altro di Sè, ( il mondo come l'altro di Dio in Dio di Piero Coda, di Dio quale suo attrattore in-formante ed energia oscura della sua energia materiale secondo Vito Mancuso  ) per il disordine e caos che  l'ordine cosmico implica come suo necessario contrario senza il quale non avrebbe consistenza, significato, efficacia,  per esserne un libero affermarvisi, sino ai vertici della natura morale.

martedì 13 maggio 2014

in facebook


Per chi è dimentico della lavanda reciproca dei piedi, che il dare frutti conta, non il merito dei pochi eletti agli occhi di questo mondo .

Sottotitolo
Chi ha paura di Virginia Woolf?

Due settimane fa da Delhi a Khajuraho sono rientrato in treno puzzando di sudore ignominiosamente, tra indiani pulitissimi e fragranti , non avendo avuto il tempo di fare una doccia in hotel prima di partire. Ho trovato anche il modo di farmi consigliare di lasciare fuori del corridoio le mie scarpe ginniche- (che portavo indefessamente da due settimane, confidando che il ricambio dei calzini mi evitasse simili redde rattionem o rese dei conti)-, altrimenti il loro lezzo avrebbe tolto la forza di dormire in almeno due comparti.

Ed ora chissà se questo mio post raggiungerà la vetta di 32 mi piace in pochissimo tempo, come il seguente
" Dopo il treno di ieri oggi a Trento ci sono andata con la mia macchinina....sull'autostrada lavori in corso e coda da Ala ad Affi ma almeno niente puzza e la mia musica a botto!!!
Buona serata"
o ben 41 mi piace come il post precedente
Inn treno in questo periodo VEDI signore con piumino e sciarpetta e ragazze in copricostume e ciabattine infradito....e SENTI le puzze di chi una doccia non ce l'ha...davvero i sensi sono messi a dura prova!!!"

post scriptum 
ho trovato la discrezione anche di farmi indicare i tipi di calzini che non trattengono il sudore dei piedi, dal signore indiano che stava nella cuccetta sottostante.
2
facebook, i social network, la seduta meditativa o terapeutica, il confessionale o la preghiera e l'invocazione volta al Divino, la scrittura e la sua espressione artistica, per chi è come me sono dei diversi modi di sanare il debito della vergogna verso il proprio vissuto ( e reintegrarsi nella decenza di un volto).

Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond'io nudriva 'l corein sul mio primo giovenile errore
quand'era in parte altr'uom da quel ch'i' sono,
del vario stile in ch'io piango e ragiono
fra le vane speranze e 'l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.
Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;
e del mio vaneggiar vergogna è 'l frutto,
e 'l pentersi, e 'l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.
Petrarca, Canzoniere, 1.
...
 Altro...

Mi piace ·  · Promuovi · 
  • Valentina Ransie Rodolfi La seduta terapeutica é l'unica che ha senso (hehehehe)
  • Odorico Bergamaschi Vedo che sei molto perspicace e che hai inteso benissimo chi era il mio destinatario primario del mio post. Ovviamente ti salva il cachinno finale.
  • Valentina Ransie Rodolfi No veramente non ho capito. Il mio commento era dovuto al fatto che come terapeura in formazione sono di parte!
  • Odorico Bergamaschi appunto. Mi riferivo al tuo post indirizzato verso coloro che travasano tutto il loro vissuto in facebook, senza margini residui di riserva intima.
  • Valentina Ransie Rodolfi Il dolore peró non si guarisce...nemmeno con pratiche esibizionistiche facebookiane.
  • Odorico Bergamaschi certamente, per questo non mi ritengo buddhista, se l'esserlo significa credere che il dolore compreso è un dolore accettatto e risolto. Esistono tuttavia sedativi banali e sedativi nobili del dolore, che consentono di protrarre differentemente nel dolore la propria esistenza terrena. Ed ognuno di quelli indicati può essere dell una o dell'altra natura, credo.
  • Odorico Bergamaschi se pensi che nella pratica psicoterapeutica non ci sia autoesibizionismo, nel dire tutte le proprie presunte miserie e vergogne ad una persona che si incarica di sentirle- o di atteggiarsi a stare a sentirle- come se fossero della massima rilevanza, e di suo estremo interesse, mentre si deve tacerle a ogni altro per conservare credibilità e dignità sociale...
    • Valentina Ransie Rodolfi certo. una componente autoesibizionista esiste nella pratica psicoterapeutica come in qualsiasi altra pratica della vita quotidiana. come potrebbe essere diverso dal momento che il setting terapeutico mira a riprodurre il mondo di entrambe le parti coinvolte? quel che sta fuori sta anche dentro, in tutti i sensi. Questa però è una singola componente che per quanto significativa non può e non deve prevalere su tante altre componenti che costituiscono l'essere umano nella sua complessità e peculiarità. Non c'è nulla di male nell'esibizionismo...l'essere visto è un bisogno primario. E' solo quando l'"essere visto" diventa un sostitutivo l'"Essere" che le cose si complicano.circa un'ora fa · Non mi piace più · 1

    • Odorico Bergamaschi esattamente, l'esibizione deve essere un supporto e una chiarificazione all'essere, un sostegno per non venir meno alla propria vocazione, ai cimenti e alle prove che richiede, agli impegni e alle responsabilità assunte. la resa di una testimonianza di che cosa significa amare, e delle patologie che comporta quando entra in conflitto con l'amore di sè o ne rimane una proiezione idealizzatrice, anzichè farsi effettivo servizio della vocazione altrui.


domenica 11 maggio 2014

donarsi 12 maggio 2014

L’altro ieri, oramai sabato scorso, 10 maggio, avevo richiamato Kailash nel madras Cafe più che per consumare insieme una bibita, nella gran calura estiva di Khajuraho, per dirgli come non ne potessi più  di sentirgli dire che dovevo essergli grato se non  si appropriava dei miei soldi con la carta di credito o non me li sottraeva dal portafoglio, quand’io per lui ho lasciato una famiglia d’origine e , ogni agio di una casa vuota in affitto per finire destinato fino alla fine dei miei giorni a lui ed ai suoi figli, se non rimedia alla sua inedia e non fa prevalere l’amore per i figli a quello  di sé, e dovermi subire per la mia vita  restante tutti gli incomodi e disagi e le sordità mentali dell india  retrograda e in sviluppo, in un distacco che ogni volta  si fa viscerale dalla mia civiltà d’appartenenza e dalle sue manifestazioni artistiche e culturali, quel distacco che sanno affrontare i tanti dalit che vanno  a in Delhi a farsi muratori,  di cui Kailash resta incapace,  da Khajuraho e dai  suoi obblighi castali cui sarebbe piegato il futuro dei figli, di matrimonio in matrimonio cui si presta a partecipare,  dalla sua inciviltà modernizzatrice che tanto ci adonta e ci offende, nel dovere riasciugare un ufficio che ci è così caro e prezioso, per le perdite d’acqua dalle nuove stanze sovrastanti di  un hotel concepito in risparmio di tubature metalliche dal brahmino che ne è  il proprietario,.
 Vi ritrovavo, nelle sue  parole,  l’inconscio sociale orripilante di Khajuraho, dei lapka che smerciano di tutto al turista tranne le sue bellezze naturali e spirituali, per farne una preda il rispetto della quale è funzionale allo scopo di prelevargli quanto è possibile, tutto se si dà il caso, come il mio,  vita natural durante.
E quanto al fatto che non mi abbia mai sottratto nulla, che dire della sua impossibilità di rendere conto per due volte di seguito degli euro che gli avevo lasciato in deposito,  della perdita in casa della loro somma, alcuni mesi or sono, senza che me ne desse ragione o spiegazione, che si desse la pena di alcuna ricerca.
E perché solo due giorni prima, quando si è manifestata ed è presto rientrata l’ ultima crisi della nostra convivenza, non aveva telefonato a Vimala di rendermi le 500 rupie di cui Chandu si era appropriato e che gli avevo ritrovato tra le mani  con sua grande gioia, restando io confuso se provenissero dal mio portafoglio o glieli avesse anticipato per un poco Vimala, traendoli dal loro essere a lei  affidati temporaneamente in custodia, in vista dell’acquisto che gli prospettavano di un abitino? Non capacitandomi che stesse accadendo quanto effettivamente era in corso, di cui lui sapeva benissimo l' effettivo andamento, se quando ho constato l'ammanco delle 500 rupie nel portafoglio, e gli ho gridato al telefono la mia protesta, insultandolo, senza più la luce del cuore a soccorrermi, lui ha intimato a vimala immediatamente di rendermeli.
Ma Kailash era così luminosamente pieno di vita, così radioso dell’amore per i suoi bambini che si erano ritrovati e che avevamo ritrovati di nuovo insieme nella nostra casa, dopo che il giorno avanti eravamo andati a riprendere finalmente Porti ed Ayai in Bhyatal, recedendo dal richiuderci nel culto familiare del solo Chandu, il solo dei nostri piccoli che sia conforme alle nostre aspettative, nella sua richiesta ogni mattina di ritrovarsi con l’insegnante, nel suo riprendere in mano ogni giorno per conto proprio colori e matite e libri e quaderni, per invasivo che sia ritornato ad essere nella sua mente l'universo televisivo, che ho soprasseduto, per tutta la gioia e il piacere dell’essere insieme, senza ulteriori discordie, felice della credibilità che mi riserva Kailash, nonostante .la follia che con me è entrata nella sua casa.
Ma guadagni zero, in giornata, come di solito ogni martedì e sabato,  i giorni del monkey god, Hanuman, per cui  mi prospettava di recarci al suo tempio per propiziarcelo, martedì prossimo,  riservando il lunedì al  suo recarsi  a Rajnagar,  per  reperire tutti i dati che servono per  la certificazione della data di nascita di Ayay e Poorti ,  che risultava falsificata di due anni e di uno in meno per Ajay e Poorti nella loro pagelle, che i giorni avanti eravamo andati a ritirare dal principal della scuola, versando l’importo che rimaneva da corrispondergli ed ottenendone il rinnovo del mio contratto di assunzione, per insegnare ancora italiano a degli eventuali outsiders.
In Rajnagar Kailash avrebbe provveduto anche alla certificazione della propria nascita, per ottenere finalmente un passaporto, come l’avevo sollecitato di nuovo.
Kailash nel madras cafe mi stava di fronte in tutta la sua vitale bellezza di uomo risollevato nei  suoi affanni,  anche perché gli era appena stato possibile con il mio contributo sanare di 6.000 rupie il debito che aveva contratto con un raja di Khajuraho. Poteva attendere ancora una settimana per la quota restante , e le 7.000 rupie che ancora servivano ad estinguere il debito potevano essere riservate ad anticipare alle suore il contributo annuale per  l'istruzione prescolastica di Chandu, il caro Chandu, che da che sono intristito più che mai per la morte  di Sumit, di cui mi si rinnovava la memoria e il dolore agli albori della settimana scorsa, per la sua perdita della possibilità di adempiere la sua natura umana, come se il fratellino in lui vivesse e l ispirasse, a mio conforto,  più che mai mi ricerca per  infliggermi per gioco di tutti con graziosissimi schiaffi e pugnetti, di cui assaporo la felicità e già il rimpianto, nel succedersi sempre più veloce dei giorni verso la fine anche di questa mia permanenza in India.
Ed intanto, sulle preziosissime pagine di Temples di Khajuraho di Krishna Devia, reperito provvidenzialmente le settimane scorse presso l’Asi di Delhi,  con arguzia di stile sono venuto correggendo e dettagliando di dati descrittivi ed ampliando di richiami alle interpretazioni simboliche i miei scritti sui templi orientali e meridionali di Khajuraho, rivisitandoli ancora una volta, nel piacere indescrivibile di farne la riscoperta,  con occhi cosi potenziati ed assottigliati e arricchiti nello sguardo a loro concesso.


E la valuta che ti affidai e di cui non mi rendesti conto,
le 500 rupie tra le mani di Chandu
di cui mi lasciati confuso,
come ben sapevi,

che la provenienza diretta ne era il mio portafoglio...

venerdì 9 maggio 2014

tre itinerari in delhi

Lungo la linea metroplitana gialla, è dalla stazione di Jor Bagh, la più prossima alla tomba di Safdarjung, che  ha inizio il nostro itinerario. Basta seguitare all’uscita per alcune centinaia di metri *,  per ritrovarsi allìingresso del  recinto  del monumento sepolcrale, all’altro lato dell’incrocio con la  lodi Road.
Un portale d’accesso infrescato di fiori dipinti  immette nelle delizie della tomba giardino, che al termine della Lodi Road è situata all’estremo opposto rispetto alla tomba di Humayun, il grande prototipo originario  di tale forma monumentale di sepoltura moghul,  di cui la tomba di safdarjung costituisce  l’ estrema realizzazione grandiosa.
In conformità con tale ideazione, la tomba ci apparirà sopraelevata su una piattaforma al  centro di un ampio giardino  cinto da una cortina  muraria con con al centro di ogni lato quattro edifici d’accesso bei quattro punti cardinali, dove si intersecano i quadranti  articolati in quadranti minori per il tramite di canalizzazioni e sentieri, che costituiscono il chahar bagh, l’impianto scenico che evoca i quattro giardini e i loro rivoli celesti  del paradiso coranico.
Fu essa  costruita nel 173-54, per ospitare le spoglie del padre Mirza Muqim Abu’l Mansur  khan, detto Safdar Jang, vicerè dell’Oud ( 1739-1753 )sotto Muhammad Shah,  dal figlio Shuja’u’d –Daula.
Mothi mahal, palazzo di Perle, Badshah-Psand, “Favorita del re” e Jangli-Mahal, Palazzo Forestale”, i nomi dei padiglioni al centro dei lati del muro di cinta,  in luogo del portale di due piani da cui si ha accesso ad oriente, che ci prelude, prefigura e schiude gradualmente   la vista favolosa della tomba.
Ma sarebbe lesivo del suo incanto figurarla con  in controcampo la Tomba di Humayun ne sortirebbe uno sviamento deludente, in una ricerca di proporzioni e armonie di forme corrispondenti che nel miraggio di un riprodursi della stessa bellezza stupefacente della tomba di Humayun, indurrebbe a trinvenirvi lo  sbilanciamento di una debole concezione architetturale, “lacking of  a pyramidal feeling” , a ritenere  che un edificio definito come “ the last flicker  in the lamp of Mughal architecture  at Delhi”, dell’arte moghul sia lestremo tremolio più che l ultimo balenio, sino a rimpiangere che per il suo rivestimento in arenaria e marmo sia stato spogliato del proprio la pregevole tomba in Nizamuddin di  Abdu’r  Rahim  Khan Khan-i-Khanan.
La tomba di Safdar Janng non è un trono di gloria del Clemente, del Misericordioso, dispiegato in altitudine quanto in latitudine, è a due piani un palazzo fatato ultraterreno,  le cui torrette poligonali agli angoli, terminanti in chattri, in luogo di sfaccettature, ne recepiscono, e ne rinviano alle origini ogni tensione espansiva laterale per un rilancio verso l’alto, dove  su un tamburo di sedici lati ne  raccoglie l’anelito la cupola a forma di bulbo.
Salendo alla tomba tramite le scalinate che vi ascendono dalle aperture inarcate della veranda , sino ad accedere nella camera centrale quadrata del cenotafio, vi perverremo sotto le archeggiature incorniciate  di marmo delli’wan principale, tra l’efflorescenza e Il laminarsi foliare degli stucchi decorativi e dei cespiti delle colonnine che l’affiancano, ingentilendolo quanto il bengaldar della sua apertura superiore.
Giunti nella camera centrale, in una stanza sotterranea sottostante la quale stanno gli effettivi  sepocri di Safdar.jang e della moglie, come nelle antecedenti tombe giardino ci ritroveremo  nel vano di convergenza di quattro celle ottagonali agli angoli dell’edificio, tra le quali sono comprese quattro stanze intermedi e rettangolari.
Solo che solleviamo lo sguardo, a  trasporci in una sua trascendenza che pare quasi rococò, dato lo spirito dei tempi  che vi è come precorso, saranno gli stucchi floreali, quali nuvole di petali, che decorano le volte della sala,  dei vani d’accesso intermedi in cui si transita tra le salette  ottagonali agli angoli: Tutto vi si fa  delicatezza languida di grazia.

All’uscita dalla tomba giardino di Safdarjung, la Lodi road è da intraprendere al sinistra lungo la quale già si affianca l’oasi urbana degli incantevoli Lodi garden. 
E’  la denominazione invalsa dell’originario Lady Willingdon Park,  cosi intitolato perchè fu disegnato dall’allora moglie del Governatore generale dell India sotto l’Impero britannico, intorno aiquattro  monumenti sepolcrali dei dinasti Sayd e Lodi che vi sono ora compresi.
L’architetto Joseph  Allen Stein ebbe poi lincarico di ridisegnarli insieme a Garett Eckbo insieme all intera zona,  quando una Glass House venne aggiunta ai giardini, presso una porta d’ ingresso depoca britannica.
L’accesso secondario che vi si apre da Lodi Road ci permette di visionare le tombe in ordine cronologico, a iniziare dalla tomba che già si intravede nel parco di  Mohammed Shad , il  terzo sovrano Sayyid( 1434-44).
La sua importanza è dovuta anche al dato che  uno dei pochi edifici superstiti di epoca Sayyd, in ragione anche dal fatto che tali sultani dovettero soprattutto contenere la violenza distruttiva delle campagne di conquista dei timuridi.
Essa è a pianta ottogonale,  nella sala centrale e nella verandah che vi dà accesso, con tre arcate ad ogni lato,  dei quali solo quello ad ovest è tamponato all’interno, per  fungere da mirhab di una moschea interna.
Agli angoli sono di supporto dei contrafforti inclinati, mentre una cornice o Chkhajjia ricorre intorno alla verandah, mentre al centro di ogni suo lato dal soffitto emerge uno chattri, a contornare la cupola centrale che si erge su un tamburo di sedici lati, con una torretta ad ogni vertice d’angolo.
Tale tipo di edificio sepolcrale ha un suo antecedente in Delhi nell’ora  dimessa  tomba Khani-Jahan Tilangani, pressocché irrintracciabile nel Kot dellenclave islamica di Nizamuddin, e  nella tomba di Mubarak shah, precedessore Sayyd di Mohammd Shah, e troverà un seguito in Delhi, nella ultime tomba del periodo lodi che ospitano i giardini,  la tomba di Sikandar Lodi, e in epoca moghul  nella magnifica Isa Khan tomb compresa nella recinzione muraria esterna della tomba di Humayun, nella Adham khan tomb in merhauli , che ospita la salma del fratello di latte del grande sovrano moghul Akbhar, che ve lo fece seppellire insieme alla madre, morta di crepcuore per la tragica fine del figlio, dopo averlo egli fatto da uccidere a capofitto per avere ordito la morte del suo consigliere atagha Khan,  marito di un’altra balia di corte.

Ma di tale forma di tomba è al di fuori di Delhi che si può ritrovare la realizzazione più alta, nell’edificio sepolcrale del grande governatore afghano Sher Shah Sur in Sasaram, nellattuale Bihar,
.
E in tale   magnificazione di tale sua ripresa ad opera dell’architetto Aliwal Khan,  in rottura di continuità con gli antagonisti moghul, che la tomba ottaedra che fu privilegiata dai sultani Sayyd, rivela le sue origini estreme dal mausoleo greco- romano,   per il tramite della sua riproposizione nel Santo Sepolcro di Cristo, e secondo tale modello esemplare in Gerusalemme, della sua  trasposizione nel mondo islamico nella edificazione della moschea della cupola della roccia.
E’ essa concepita per il concorso da ogni direzione nella venerazione di spoglie eroiche e sante, di cui la cupola tra i chattri esalta la traslazione nei cieli della realtà divina.
Ben diverso è lo spirito religioso del tipo di tomba che rinveniamo nei Lodi garden seguitando il cammino, nelle  Badha e Shesh Gumbad che  si fronteggiano.
Esse sono a pressocchè coeve e risalgono ai primi anni del regno di Sikandar Lodi( 1489-1517)
A pianta quadrata, anzichè ottogonale, Nelle simulate  vestigia di palazzi a due piani esse appaiono come una prefigurazione terrena della dimora celeste dei  dignitari che vi furono sepolti durante il sultanato di Sikandar lodi, (a differenza dei mausolei  celebrativi ottogonali che si sono considerati,  o dei troni di gloria divini,.delle successive più sublimi  tombe giardino moghul)
Agli apparenti due piani corrispondono arcate di cui sono aperte, e ammettono luce, solo quelle adiacenti al’entrata , costituita da portali trabeati con mensoloni ,ovrastati da aperture di luce ed entro archi incorniciati rettangolarmente , che enfatizzano i pinnacoli delle guldastas.
Similari torrette agli angoli esaltano invece la cupola centrale.
La austerità dele due tombe così  sublimemente ponderate è rianimata dagli inserti di  pietra rossa e bianca che ravvivano quella verde di fondo.
La Shesh Gunbad trae il suo nome dall’essere stata un tempo rivestita da piastrelle blu,  soltanto labili tracce di tale ornamentazione sopravvivono ancora.
Motivi floreali e iscrizioni coraniche ne adornano la volta interna. Una moschea vi è desunta  dal tamponamento della parete ovest .

La tomba Badha Gumbad  , sulla piattaforma che la sopraeleva, é affiancata da due edici , delimitando  con essi tali edifici un  cortile, oltrechè ad est da una presumibile foresteria, o mihman-khana,  da una moschea a ovest, edificata nel 1494, (come riporta l’iscrizione di un mirhab,) che riveste grande importanza nella trasmissione di forme architetturali della Delhi dei sultanati e dei primi tempi moghul.
In essa ci si rifece alla moschea a cinque arcate, le tre  centrali sormontate da altrettante cupole, con torrettte laterali posteriori  a guisa di minareti, inclinate  secondo lo stile che invalse con i sovrani tugluquidi antecedenti, e sporti di jaroka ai lati  e nella proiezione retrostante del mirhab.
Ne è un esempio coevo la Moth Masjid, e la  ritroveremo ripresa nei primordi moghul e durante l interregno di Ser Shah Sur,  nelle moschee  Kamali Jamali in Merhauli,  e nella Qal’a a-i-Kunha , situata nella Purana Qila.
(Per il tramite di queste moschee,  e inoltre della tomba di Atagha in  Nizamuddin, si trasmise altresì all’arte  moghul il motivo ornamentale  della combinazione  di arenaria rossa e marmo bianco, già presente nell’Ala’i-Darwaza della remota architettura Kaliji,   mentre nella moschea Bara Gumbad ad essere utilizzata è pietra di  concio).
Procendo verso nord, tra i frequentatori del parco intenti a ricercarvi un benessere fisico immanentemente terreno più che la trascendenza di un’altra vita cui elevano le tombe, in prossimità del ponte Athpula fatto erigere durante il regno di Akbar da un Nawab bahadur,  con sette arcate decrescenti dal centro alla riva, per un totale di otto piloni, p pula, da cui il ponte trae il nome,  si perviene alla tomba di Sikandar Lodi, racchiusa in un giardino tra alte mura. Essa è similare alla tomba di Mohammad Shah, eccettuato l’ammanco dei chhattri.
Una moschea murale  è ricavata nella parete ovest del muro di cinta, in un ompound che  richiama più le fortificazioni difensive delle tombe tugluqidi, quali quella di Ghiyathud-Din , di quanto non preluda alle tombe giardino moghul nel suo oscuro recesso.

L’ uscita a cui volgere , nelle vicinanze, è quella che immette in Max Muller Marg,  che ci avvia a una conclusione dell itinerario tra eccellenti opere di architettura contemporanee.
La prima che si ravvisa sulla sinistra  è l’india international centre di J. Allen Stein,  risalente al 1962.
Concepita come un centro di simposi e conferenze, di attività artistische e di studio,  è di una luminosita e leggerezza distensiva che incanta.
Pannelli  grigliati  di mattoni frangisole e tettoie ondulate ne modulano le parteti e portici e verande dei complessi in cui si articola,  nel verde  dell’accesso e dei cortili che tra il gettito dacqua di una fontana saprono alla vista dei lodi gardens,  con il lonuge e la dinner rooms degli ospiti.
Un’ oasi cosmica , intensificata dalla biblioteca e dalla sala di lettura a vista, sullaltro lato dell’edificio,  da cui  difficile il distacco.
Lo alleviano la Ghandi Kingh memorial plaza, ora ri-landscaped,  a ideale ricongiungimento, alla luce degli ideali di non violenza del mahatma Ghandi e di Martin Luther King,66 dello spirito dell Icc e della  Ford foundation, ideata anchessa da Joserph allen stein. .
 Seguitando  lungo la MaxMuller Marg ci si ritrova alla confluenza della Birla Marg a destra., lungo la quale sorgono ledificio dellalliance fracaise , , arioso e leggero  con la copertura a pergola di pannelli solari, 158,  risalente al 2004,li intach  132,  le cui pareti irretiscoono lo sguardo con lassumere un decorso flessuoso ,  il World Bank regional mission,124,  ( 1994), di Raj real, dove pietra arenaria beige  e rosa e cemento si  integrano ad aggraziare l’eleganza ritmica di sporti e avancorpi laterali rispetto allarcone sopraelevato centrale.
Di riitorno a max Muller Marg,  p ercorrendo la via fino al termine ci si ritrova al suo incrocio con Lodi road: e ‘sul la to opposto della strada che sorge  lindia habitat center di J. Allen Stein, risalente al 1994.
I vari blocchi ammattonati del complesso ,132  in scala e volume superiore a quella degli altri edifici ideati da Stein  nel  lodi estate,ripetitivamente delle stesse serie di forme  anzichè simmetrici, sono interconnessi da giganteschi  raccordi , ( lineari e trasversali) articolandosi allinterno in altissimi cortili ricoperti da pergole frangisole,  altrettanto austeri quanto ariosi e ospitali nella libera circolazione che consentono,  tra terrazze, le gradinate di un auditorium  e le piante vertiginose di unoasi botanica al riparo della protezione che offrono dai disagi climatici di  Delhi.


Conclude il tratto di lodi Road a cui si è risaliti, ed il nostro itinerario, la tibet house disegnata per il Dalai Lama da Shiv Nath  Prasad. Meno dirompente nel suo brutalismo che il Sri ram center for performing art è pur sempre anchesso un cuboide sopraelevato e sospeso sopra una  base cilindrica,.
Al riparo dei frangisole ispirati a lecorbusier delle sale superiori, così come la rientranza delle finestrature rispetto alla superficie parietale in cui si aprono a nord, in difformita c on la tendenza prelevante nellarchitettura indigena a farle rientrare in proiezioni e sporti aggettanti,  vi si può accedere a un piccolo museo reliquiario tibetano e a una ospitale biblioteca, che del tibet  raccoglie e trasmette la memoria buddhista.
                                                              2

Sommario
All’uscita dal metro,  appare in fondo allo slargo stradale il Jl Nehru stadium., dalle coperture a vela delle gradinate connesse da potenti tralicci.
Giunti alla sua altezza basta  volgersi a destra per vedere accamparsi allo sguado lo Scope Buiolding di Raj Rewal.
E come una fortificzione turrita,  ma tutt’altro che monolitica e compatta, movimentata da sporgenze e rientranze e raccorrdi trasversali .
La sua pietra arenaria rosa intarsiata nelle torrette e nei raccordi a quella ocra, è un richiamo  continuo ai colori dell’arte moghul
. Anzichè seguitare verso il vetro e laccaio del centro burocratico investigativo,
 bene essere di ritorno allla Lodi road, seguitarla fino all’aman hotel, ora Lodi hotel, e immettersi in Nizamuddin
Nell’enclave islamica ben presto gli odori e i fumi delle carni di pollo e di montone arrostite allo spiedo o sulle braci cedono ben presto alle fragranze dincenso e di petali di rosa che preludono al darghah del santo sufi Nizamuddin.
Sarà una confusione dei sensi e un evento di fraternità religiosa la sua visita, tra tanti miseri accoliti convenuti a ricercarvi la grazia di un santo che non vi è affatto sepolto, sotto i loro umuli di petali di rose e di offerte rituali, più di quanto essa  appagare la ricerca del bello spirituale architettonico,. Del resto sarà difficile  non trovare violate da pellegrine attendatevi i sepolcri moghul.
Per tale appagamento occorre ricercare di seguito nei pressi lAtaga tomb, un piccolo gioiello, intarsiato di marmo e d’arenaria rosa.
Irrintracciabile la tomba tilingani, la prima ottagonale in delhi,  non restano che una moschea tugluquide, la Kali-or-Kalan masjid, la tomba del figlio di ataga Khan, la Chuaunsat  tomb,  il recinto e la tomba adiacenti del poeta galib, la Bara Khamba in un giardino n stato di degrado nauseabondo.
La sabz Burj dal tamburo della cupola spropositato ci avverte della vicinanza dell humayun tomb.
La precedono, oltre l ingresso, la Isa Khan tomb ,  con relativa moschea, dei cui antecedenti esemplari si  è detto illustrando la visuta al lodi garden, i giardini bu halima, larab sarai, con la moschea e tomba Afsarrwala.
L’Humayun tomb quindi,  indianizzazione stupenda dellarte islamica persiana e timuride.
L indianizano al centro del meraviglioso chaharbagh , i meravigliosi chattri di raccordo tra la cupola e il dispiegamento delledificio fino alle sue sfaccettature dangolo, quanto la loro alternanza ritmica a diversi livelli, un tratto dellarte hindu che la caratterizza sin dalla disposizione alterna dei minisikkara nel loro appigliarsi a quello principale, nei templi di khajuraho, per riproporsi nella modulazione dei chattri nei palazzi rajput di Orchha e datia.
La tomba del barbiere, la nil Gumbad tra accampati e cani randagi, sempre che resti ancora tempo, talmente può sfiancare l’aggirare la cinta muraria intorno all complesso della tomba di humayun per  poterla visitare.

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Già prima di arrivare alla stazione di  Indraprasta, ci si offre dalla metropolitana in superficie una sintesi visiva del nostro itinerario: gli ottaedri dell’hall of nations di raj rewal, sullo sfondo delle porte che volgevano verso lo yamuna della purana qila.
Precede l’ingresso ai padiglioni del pragati maidan la visita del National Science centre, opera di konvinde 1992, una proliferazione di torricelle raccordate da traverse che vi convergono e ne dipartono, che non aassurge mai a monumentalità imponente.115
Oltre l’hall of nations e lhall of industries di Raj Rewal,  diventate un monumento di se stesse per quanto restano inutilizzate 4, e il nehru pavillion, sempre di raj reval, sempre tronco piramidale, pur tra tanto n nei suoi piani salienti  integrato nella natura che li riveste,  il craft   museum di charles correa,  connesso in padiglioni e cortili articolati come in un villaggio signorile.Il  purana qila infine,  la cui visita intreccia la memoria di Humayun che vi trovò la morte e di Sher sha sur, che vi fece edificare una delle più belle moschee di Delhi, la Qal’a-i-Kunha masjid., dellla cui tipologia già si  detto illustrando in un altro itinerario la Bara gumbad masjid .
Resta in programma, alluscita, la Khairu’l-manazil Masjd, voluta dalla balia di akbar cui uccise il figlio Adham Khan , e la porta di Sher shah che è quanto rimane della città da lui voluta , forse insieme con la khuna darwaza.