martedì 25 febbraio 2014

settanta volte sette

Settanta volte sette
Quante volte ancora dovrò perdonare loro l’imperdonabile, e credere e confidare oltre ogni lecito dubbio, negarmi al sentire degli uomini e mio più naturale, e così, soltanto, evitare la rovina di tutto e non solo salvare il salvabile, ma conseguire la mia pienezza di vita, consentendo il suo schiudersi ai più ampi orizzonti.
E’ stato Chandu venerdi scorso, il 21 febbraio, a provocare il nuovo precipitare della situazione, rovistando incautamente nel trolley dove custodisco quanto ho da riportare in Italia. Egli era contento e mi era grato di avervi trovato il gioco di blocchi componibili che vi avevo nascosto al mio rientro da Delhi, per non essere ridondante nel dono già di un altro gioco del genere, mentr’io ero preoccupato che si fosse spinto troppo oltre nel suo divertimento di rovistarmi le tasche, e i bagagli, per catturarmi i portafogli come trofeo, al grido “ money! “di vittoria. Nell'accertare alla rinfusa se vi fossero ammanchi, rinvenivo a il portafoglio dove tengo le banconote di rupie indiane, di uso corrente, che ritrovavo a terra svuotato di ogni rupia, ma non reperivo il denaro in euro che nel trolley tenevo riposto in disparte, in un altro portamonete.
Così ancora una volta e non da Chandu, in quella che non sentivo più la mia casa, da quella che avevo ripulsa a definire la mia famiglia d’adozione, mi ritrovavo derubato dei miei denari che avevo affidato a loro in custodia, o che confidavo non mi venisse sottratto tra le loro pareti, e ancora una volta ero a chiedermi “ Ma chi sono io per loro?”, mentre una cortina di disprezzo sprezzante calava nei riguardi personali e generali della gente indiana tra cui vivo.
Non era bastato quanto mi fossi abbuiato l'estate scorsa, dopo avere eluso per due volte gli anni precedenti la resa dei conti, fingendo di lasciare loro il denaro che avevano in deposito, e che presagivo l'avessero già speso a mia insaputa?
Interrompevo da allora ogni contatto telefonico con Kailash, che restava invano ad attendermi con Chandu al festival dance, mi facevo aspro con Vimala sua complice, di cui ricusavo ogni servizio, e per strada davo sfogo alla mia ira indignata inveendo contro il venditore di cianfrusaglie che con le sue pretese di rifilargliele assillava l’ulteriore turista in cui incappava, appartandomi al rientro del festival, e i giorni seguenti, nella sola cura dei miei interessi e piaceri culturali, la proposizione scritta degli itinerari di viaggio che avevo appena esperito in Gyaraspur e lungo il circuito buddhista in Sanchi, Satdhara, Sonari, nel tribal art Museum di Bhopal, la riconsiderazione della periodizzazione cronologica dell’edificazione dei templi di Khajuraho, o più sensibilmente, cercavo un sollievo nelle cose belle che mi attorniassero, abbellendo ancor più il mio studio di giocattoli e meravigliosi arredi in giunco e bambu, di nuovi e sempre più costosi dipinti tribali, mentre tra le pareti domestiche o conducendolo al mio seguito per acquistargli un paio nuovo di pantaloncini e riparare quelli già in uso, cercavo conforto d’affetti in un Chandu che baloccavo sempre di più. Finivo così solo per abboccare alla fittizia ingenuità genuina di chi, per il candore apparente dei giocattoli più semplici al mondo che vendeva, il caleidoscopio, l’arco di frecce, la spada di legno foderata di carta stagnola, ero credulo che serbasse in se l innocenza delle cose che vendeva, e quant'ero felice di avere ritrovato nel silpgram di Khajuraho, come l'anno scorso, i venditori di Gwalior che addirittura avevo pensato di raggiungere a domicilio, pur di entrare nell’antro fatato delle loro invenzioni , il cobra che ti insegue, la ballerina che piroetta, l’uccellino che ti dispiega le ali o l’atleta che si esercita alle sbarre, ai loro congegni azionati a mano, e che avrei scoperto, in capo a due giorni, che mi stavano sempre di più derubando ad ogni acquisto ulteriore, vendendomi dapprima per cinquanta rupie, poi ora per cinquanta, ora per cento, quindi soltanto per cento, quanto per gli acquirenti comuni era in vendita a sole venti rupie... L’avrei acclarato del tutto per il tramite di Mohammad, il mio giovane, e solo allievo, dal meraviglioso volto d’incanto, che per il suo ricercarmi assillante, il suo condividere con me le sue serate al festival dance e al silpgram, sotto le mentite spoglie anche a se stesso di chi ricusa di essere un “lapka”, ossia un cacciatore e procacciatore di stranieri, avevo in sospetto che ne stia diventando piuttosto la variante più pericolosa, quella di chi entra nelle tue buone grazie lasciandoti credere e credendo egli stesso di esserti solo discepolo e amico, che nulla lo motivi di meno di ciò a cui solo ambisce , e che è alla riprova invece il solo dio in cui crede e che venera e di cui ha rispetto, in tutto il proprio essere e agire, il money God, o dio Rupia, a cui finisce asservito ogni rapporto con lo straniero ed ogni interesse per il proprio patrimonio di civiltà spirituale.
Per questo ieri sera , ( la sera di lunedì 24 febbraio), prima di incontrarlo mio malgrado al silpgram, nei riguardi di Mohammad avevo interrotto il suo contattarmi al cellulare spegnendolo, in tal modo risolvendo con una cesura la contraddizione interna al nostro rapporto, pur dopo che , solo che sappia sopportare e portare( avere) pazienza, lasciare che gli eventi si dipanino da soli, avevo compreso, nel pomeriggio di ieri, quante prospettive ulteriori di vita qui in India mi si aprono ancora, nel momento stesso in cui tutto sembra finire sommerso nel disincanto più incrudelito, allorchè mi sono recato dal principal della mia scuola d'insegnamento ed egli si è detto pienamente disponibile a far insegnare come modellare l’argilla all’artigiano che ho contattato al festival, è parso consenziente a che organizzi visite guidate al museo archeologico e a quello adivart di Khajuraho, e mi ha condotto in automobile a visitare i suoi appezzamenti di terreno in un luogo incantevole,. Forse con l’intento di cedermi alcuni campi in affitto? Lavorare nei campi non sarebbe forse il lavoro ideale per Kailash, che potrebbe regolarvi la veglia e il sonno come meglio crede, limitandosi a guidare l'autorisciò solo per dei giri turistici?
Non era dunque che per la mia immaginativa un evento premonitore, l’incontro Venerdì scorso con la giovane donna italiana , di una dolce mestizia, che risiede qui in Khajuraho con un uomo violento e volgare, cui è accompagnata, da cui ha avuto una splendida bambina e che non fa che tradirla, la quale ricusava anche solo il pensiero, che le vagheggiavo, di potere acquistare dei " Kilona" per la piccola al silpgram, dato che intende lasciare la sua vita in Khajuraho per trasferirsi in Varanasi, e le sono già fin troppo d'intralcio tutte le cose della sua attuale dimora che già deve trasportare con sé.

Mohammad, con il quale mi sono poi inoltrato in gran dispetto e sospetto nel mio paese dei balocchi di un'India acchiappacitrulli, si è invece pur anche sorbito le più male parole volgari della venditrice di giochi che ha smascherato, e dopo l’acquisto da parte mia del meraviglioso dipinto Gondi che vagheggiavo da un intero pomeriggio, mi ha chiesto se poteva tenersi le 100 rupie che aveva intascato dal pittore, non già come procacciatore ma perché è un così bravo ragazzo.
Ma nonostante tale riprova, il mio amore per lui è rimasto tuttora di un’austerità severa, perché egli sia luce, che splenda, del giusto che ho trovato in Sodoma- e che del suo popolo evita la distruzione interiore del mio pensiero giudicante-, come prima delle sue confidenze, nel mio ritorcermi iracondo pur risplendeva l’anziano che distogliendosi dalle sue attività , la settimana scorsa mi è stato compagno di viaggio per un intero pomeriggio lungo le pietraie che recano agli stupa di Sonari e ne discendono scoscese, rimuovendo ogni sasso e sterpo che fosse d’intralcio al mio cammino, sopportando e sorbendosi pur anche la malagrazia con cui mi distoglievo dal supporto del suo braccio ogni volta che il suo aiuto mi era d’intralcio alla ricerca del punto di appoggio del piede, tra i sassi e le rocce, che mi evitasse la storta o la fitta artrosica, e che quando ho inteso ricambiarlo di 200 rupie, only, si è schermito più volte prima di accettarli suo malgrado. O il guardiano degli stupa di Satdhara, che dopo avermi accompagnato nella visita mi ha dissuaso dal fare ritorno a piedi, fino a Salamatpur, per farsi carico, al termine del suo turno di servizio, del mio fardello umano disagevole sulla sua bicicletta, lungo i sette chilometri più ardui dei venti che deve farsi ogni giorno, all’andata e al ritorno, da e fino a Sanchi dove dimora.



mercoledì 5 febbraio 2014

frantumi di un'Ecloga X

kandarya mahadeva
come i vostri picchi

Come i vostri picchi
Ed è un’ascesa, un  precipizio, una rinnovata ascesa,
in frantumi e rotoli di un’impervia quiete

(come i vostri picchi ed è un’ascesa e una discesa
e rinnovata ascesa
il precipizio in frantumi e rotoli
per ritrovarsi ad una più alta quiete

(che risale a una più alta quiete
si ritrova a una più alta /elevata qiete


sempre, mio Dio,
che la colluttazione tra le nostre follie non sia
la fine di tutto, che nell’essergli amico
non debba ridurmi ai divenire i  resti umani 
 di chi (mi) ha accalappiato nella sua  assenza di scampo,
dove che squarci di luce infinita
 sono nel  farmi il mastro Geppetto del mio incantevole Chandu,

egli ch'è solo un  ladro del mio cuore.


Sulle rive del Brahmaputra,  in un gothul tribale
ma in quale India mai sprofondare in un sogno
Dove non sia più
Che settanta volte sette,
perdoni sanando debiti e 
Per il furto inflittomi,
sia io che ne sani Io( ne)sani ogni suo debito,
dal suo fondo ancestrale
come da un’infanzia ancor viva// risorta
donde sopraggiungendo //giunse// in Khajuraho
chi vagheggia l’apsara che ad uno specchio
sembra che usi a scrivere un pennello
e pur intenta ella al bello gli  rammemori
che vivere bene  è più che scrivere meglio
.................
modificata il 1 marzo 2014

"Tiger ! Tiger “ addita Chandu,
nel gioco continuo di farmi paura

e tutto l’amore per lui di cui sono ispirato,
a lui di ritorno, al loro conforto di voci,

dall'impeto del Gange alla schiusa dei monti,

non una delle aarti,
intrepide luci,
superstite al varco dei flutti,

alla loro fede nella mia luce del cuore
sentendo che  l'amarli sino alla fine



è tutto quanto di cui la mente è  ancora capace.



martedì 4 febbraio 2014

nella casa che amo delle persone che amo.

Nel lettone grande dei bambini, ai loro piedi, Kailash era già ricaduto nel sonno più pesante quando con Ajay sono rientrato dall’ufficio che non erano ancora le 21, 30, l’ora concordata per il mio ritorno e la cena in comune. Ma sul fornello, stavolta un poco scotto, stava l’ulteriore riso che mi aveva cucinato, e che gli piace talmente tanto, come gli ho insegnato e riesce a trarre a cottura già benissimo, in un brodo vegetale e insaporito dai funghi con spezxie indiane, da avermelo riproposto ancora una volta.
Così , rinviato da una telefonata e un impegno all’altro, il dialogo tra noi si riduce a ciò che è imprescindibile, nei pochi frangenti che si schiudono ad entrambi, il rendiconto delle spese da sostenere e degli affitti e dei debiti da pagare indifferibilmente, salvo , come ora, interrotto lo scrivere, incrociarci nel buio, saltata la luce, lui di ritorno ed io avviato allo stanzino del gabinetto, senza che la sospensione della luce abbia però minimamente interrotto l’ossessione della musica a distanza di un matrimonio ulteriore tra botti e razzi.
Ma vale di per sé un’infinità di parole la gioia con cui lo rivedo e lo ritrovo per strada, con cui l’accolgo quale una mia festa vivente, come stamane di fronte al Premsagar, quando l’ho intravisto barbuto e limpido d’animo mentre parcheggiavo la bicicletta per le solite chips e una coca-cola, prima di avviarmi alla scuola dei nostri bambini per saperne i risultati scolastici che entrambi ci avevano taciuto.
"Quale che sia il garbuglio che resta da dipanarare, accomodati con me, ordina qualcosa da bere, amico mio caro, la solita seven up perchè non ti fidi del liquido oscuro della coca cola, tutta va bene e tu vai bene così come sei, è d’oro listante che viviamo e che ci ritrova insieme..."
Era oggi un dì di festa congiunta di Shiva e di Sarasvati, e Kailash era tutto impegnato a dislocare differentemente in Khajuraho l'autorisciò, per captare il diversificarsi, a seconda dell’ora, dei flussi in uscita dalle cerimonie e in arrivo per esse, e raggranellare un guadagno superiore alle magre della settimana scorsa.
Ieri sera era soddisfatto di non avere dovuto ricorrere a me per pagare il sacco di zero zero atta, di farina bianca, che aveva dovuto comperare all? improvviso perché Vimala era stata così sconsiderata, da non dirgli che era finita, e di potere così replicare al mio rendiconto delle spese di cui gli avevo anticipato le rupie e di quelle che dovevo ancora sobbarcarmi- la remunerazione dell’insegnante pomeridiana dei nostri bambini, la fornitura di un’altra bombola del gas, il canone televisivo, l’acconto per la dentista che deve fare il calco dei denti fittizi che andranno a sostituire quelli sporgenti di vimala che le sono stati levati, oramai un mese fa, dopo avere pagato il milkman e il conducente dell’autorisciò che porta i bambini a scuola, ed avere inutilmente fatto ritorno al negozio di cui ci si serve abitualmente, per versare le 2.700 rupie del debito mensile accumulato.a gennaio. Di pomeriggio, inoltre, l’avevo lasciato che stava ricadendo intorpidito nel sonno, per recarmi dal principal della scuola ad anticipargli 2.000 delle 6.000 rupie che solo in giornata Kailash mi aveva detto, a stento, temendo mi adirassi, che erano la retta che da mesi resta ancora da pagare, tutti oneri che devo ad ogni buon conto saldare, oltre a dovere anticipare le spese familiari dei prossimi giorni a venire, se voglio poter partire i prossimi giorni per Bhopal , per visitarvi i grandi musei e le opere architettoniche di Charles Correa, senza conti in sospeso o che a mia insaputa Kailash debba indebitarmi con il vicinato.
Sopraggiunto il sereno e ultimati i report dei miei ultimi viaggi, in Delhi e tra Bharhut e Maihar nei dintorni di Satna, oltre ai conti da ripianare, per sentirmi libero di recarmi a Bhopal e di essere di ritorno a Delhi, entro metà febbraio, mi restava inoltre da riprendere i capitoli eccelsi del volume di Devangana Desai sulla religious imagery del Lakhmana e del Kandarya Mahadeva, per una rivistazione proficua dei templi del western group e del Museo archeologico di Khajuraho, prima di riavventurarmi in viaggio ed in ulteriori esperienze del patrimonio artistico dell India Ma con l'impegno assuntomi con il direttore del Museo di tradurgli in un estratto un articolo di Emmanuele Anati sulla struttura dell''arte, data la sua passione competente per le pitture rupestri, era sopraggiunto l’accorgimento che troppi giorni erano passati dai test dicembrini dei nostri piccoli, perché i risultati non fossero stati ancora trasmessi, e non fosse stato ancora fissato un giorno d’incontro con le famiglie. Per fortuna e mio sollievo, in assenza de principal, la sua assistente mi ha comunicato risultanze eccellenti per Poorti, mentre per Ajay erano negative solo in sanscrito, in hindi e matematica.
E stasera, in ufficio, solo nella formazione dei plurali in italiano, mi ha suscitato un moto di sconforto ...quello a cui ho resistito, ieri, grazie al cielo, al cospetto del padre ancora immerso nel sonno quando erano già passate le 17,30. L’avevo lasciato, per recarmi dal principal, che accusava fotofobia, per la gran luce indiana che abbagliava abbacinante,- per me un incanto da perdere solo in ragione della lettura improcrastinabile dell opera di Devangana Desai, per lui una ricaduta in un oscuramento letargico che ottenebrava il futuro ad entrambi.
A che era servita la mia impennata la settimana scorsa, quando, lunedì sera, lo avevo fatto partecipe di come la mia esaltazione diurna senza più il soccorso farmacologico stesse già precipitando in un' iracondia rabbiosa pronta ad esplodere contro chiunque, così come senza più farmaci lui stesso stava già ricadendo nell' insonnia e nell’invalidazione a qualsiasi lavoro intraprenda, causate dalla sua stessa schizofrenia, e a che era valso che dopo che aveva ricusato di essere lui stesso sintomatico, di riconoscersi malato, dopo quanto di sconvolgente aveva inscenato una settimana prima, mi fossi ridotto a trascorrere la notte sull'autorisciò parcheggiato sulle soglie di casa, l'indomani avessi richiamato da scuola lo stesso Ajay perché dicesse ai dottori del Christian hospital se ero davvero io soltanto il folle in famiglia, pur di indurlo a venire in ospedale a Chhattarpur e a farsi prescrivere di nuovo il trattamento farmacologico.
Dunque era un altro velo di Maia che veniva a cadere, con l’illusione che bastasse il riconoscersi malato e l'assunzione di pillole, perché ad un profondo sonno notturno subentrasse in Kailash la lucidità fattiva e laboriosa del risveglio, e sparissero ogni presunto disturbo fisiologico indotto.
Un sonno notturno profondissimo lo conciliava ieri ad una ancor più profonda letargia pomeridiana, ed ai suoi di disturbi agli occhi, dallo stesso lunedì della settimana scorsa si erano aggiunti i miei : maculopatie di una cateratta che mi perturba la vista già ad entrambi gli occhi, cui non è estranea, forse, la disidratazxione che mi ha cagionato la dissenteria dei giorni in precedenti, per cui ciò che evacuavo era divenuto lo stesso che vomitavo.
Ma dolci ali ha la follia, nella depressione e nella schizofrenia che mi adombrano nella vivida luce di questi primi giorni di febbraio, conducendomi lontano dalle folle dei lapka, acchiappaturisti, dalle parate dell indipendence day e dai greggi di stranieri qui in visita, dalle loro fantasticherie di essere altrove, mentre si ritrovano in India senza nemmeno esserci di fatto, distaccandomene dove mi ricordava che” lucum” deriva da “lucere”, il boschetto, in riva al talab, che si addensava con le sue fronde e luminarie intorno ai tempietti di Hanuman e Shiva e la Devi, tra i campi in cui ora infoltiscono le ancor verdi spighe di grano e gli steli di colza dalle gialle infiorescenze, al suono di flauti e al canto di voci registrate che irresistibile mi ci conduceva, o facendomi cedere, a dispetto dei guardiani- Cerbero, al richiamo archeologico che mi inoltrava nella nuova sede museale ancora ben lungi dal giorno inaugurale, a ritrovarvi in deposito tutti i reperti visualizzati e trascritti metodicamente su un quaderno il giorno avanti, le are templari in onore al dio Syria o i capitelli più remoti
rinvenuti a Khajuraho , ancora traboccanti di naturalistico fogliame nei loro motivi ornamentali, o la sera inducendomi a differire l’arrivo alla Messa, pur di intravedere, dove lo segnalavano le mappe, i resti di mura più antichi di Khajuraho, rinvenendoli in quel cumulo di pietrame a cui infinite volte sono passato davanti credendo fosse uno dei ruderi di edifici caduti in disuso di cui  Khajuraho 
è fatiscente, non bastassero i quali a dissestarne i connotati, sovraggiungono ora le macerie a cielo aperto delle case dirupate ed abbattute per dare finalmente luogo a strade che non siano una mezza carreggiata scoscesa di buche.
Intanto, passata da tempo la mezzanotte, cessano anche le ultime ripercussioni della festa di matrimonio, ed è profondissima quiete, nella casa che amo delle persone che amo.