venerdì 29 novembre 2019

il caso " Falsetto" ( Ascendenze montaliane )


Ascendenze monta liane ( Il caso” Falsetto”)

Se per quanto concerne il mottetto delle Occasioni “ Addii, fischi nel buio, cenni, tosse” dalla critica letteraria è stato evidenziato l ‘implicito richiamo e rimando alla ode barbara carducciana “ Alla stazione in una mattina d’autunno” ( significative, in proposito, come ha messo in luce l’analisi variantistica di Dante Isella, la sostituzione di “suoni di tromba”, nel primo verso, con “fischi nel buio”, trasmutazione dei versi 31-32 dell’Ode carducciana . “immane pe’l buio / gitta il fischio che sfida lo spazio, o “gli sportelli abbassati” in Montale, variazione minima degli “sportelli sbattuti” carducciani , per non tacere la ripresa nel mottetto del tema degli altri viaggiatori resi estranei, al Carducci dall’inerzia dolorosa dell’accidia, per entrambi dall’ennesima frustrazione del distacco e del farsi assente della persona amata), invece non mi risulta che sia stato finora riportato in luce che già un antecedente testo illustre di Montale è la metamorfosi superiore di un altro testo carducciano; e mi riferisco a “Falsetto”, del 1924, che se sfogliamo anche solo le “ Poesie scelte “ di Carducci negli Oscar Classici Mondadori, e a pagina 213 la poniamo a diretto raffronto, del 1881, con un’altra pur meno insigne “ barbara”, ossia “ Saluto d’Autunno”, vi ha luogo l’agnizione inequivocabile del suo archetipo.
Falsetto

Esterina, i vent’anni ti minacciano,
grigiorosea nube
che a poco a poco in sé ti chiude.
Ciò intendi e non paventi.
Sommersa ti vedremo
nella fumea che il vento
lacera o addensa, violento.
Poi dal fiotto di cenere uscirai
adusta più che mai,
proteso a un’avventura più lontana
l’intento viso che assembra
l’arciera Diana.
Salgono i venti autunni,
t’avviluppano andate primavere;
ecco per te rintocca
un presagio nell’elisie sfere.
Un suono non ti renda
qual d’incrinata brocca
percossa!; io prego sia
per te concerto ineffabile
di sonagliere.

La dubbia dimane non t’impaura.
Leggiadra ti distendi
sullo scoglio lucente di sale
e al sole bruci le membra.
Ricordi la lucertola
ferma sul masso brullo;
te insidia giovinezza,
quella il lacciòlo d’erba del fanciullo.
L’acqua’ è la forza che ti tempra,
nell’acqua ti ritrovi e ti rinnovi:
noi ti pensiamo come un’alga, un ciottolo
come un’equorea creatura
che la salsedine non intacca
ma torna al lito più pura.

Hai ben ragione tu!
Non turbare
di ubbie il sorridente presente.
La tua gaiezza impegna già il futuro
ed un crollar di spalle
dirocca i fortilizî
del tuo domani oscuro.
T’alzi e t’avanzi sul ponticello
esiguo, sopra il gorgo che stride:
il tuo profilo s’incide
contro uno sfondo di perla.
Esiti a sommo del tremulo asse,
poi ridi, e come spiccata da un vento
t’abbatti fra le braccia
del tuo divino amico che t’afferra.

Ti guardiamo noi, della razza
di chi rimane a terra.


Ossi di seppia (Mondadori, 2001)

Saluto d’autunno
Pe' verdi colli, da' cieli splendidi,
e ne' fiorenti campi de l'anima,
Delia, a voi tutto è una festa
di primavera: lungi le tombe!

Voi dolce madre chiaman due parvole,
voi dolce suora le rose chiamano,
e il sol vi corona di lume,
divino amico, la bruna chioma.

Lungi le tombe! Lontana favola
per voi la morte! Salite il tramite
de gli anni, e con citara d'oro
Ebe serena v'accenna a l'alto.

Giú ne la valle, freddi dal turbine,
noi vi miriamo ridente ascendere;
e un raggio del vostro sorriso
frange le nebbie pigre a l'autunno.




Innanzitutto pressoché lo stesso si disvela il tema di fondo: ossia il poeta che celebra la vitalità che gli è preclusa in una giovane donna, Delia/ Esterina alias Ester Rossi, impavida ed imperturbata dall’idea della morte e del tempo a venire. E comuni risultano ugualmente determinati motivi essenziali che costituiscono il tema principale: la disinvoltura con cui la giovane donna può rimuovere l’idea della propria sorte mortale e del suo futuro incerto; la sua virtù di sventare l’insidia che le recano gli anni; l’atteggiamento di contemplazione inerte della vitalità di lei che è riservato al poeta, che ne figura ugualmente impartecipe in posizione contrapposta, giù nel fondovalle mentre lei sale in altura, il Carducci, ( “giù nella valle, freddi dal turbine, noi vi miriamo ridenti ascendere), a permanere a riva mentre ella si tuffa nel mare, analogamente Montale ( “ ti guardiamo, noi della razza/ di chi rimane a terra!).
E c’è altro di testamentario: a certificare l’origine da “ Saluto d’autunno” di “Falsetto” corroborano l’autentifica le ulteriori evidenze di metafore simillime: la fiducia nel futuro che prevale sugli oscuri presagi, infatti , è espressa da entrambi i poeti ricorrendo all’immagine di un risuonare favorevole di strumenti celestiali ( “Salite il tramite/ degli anni e con citara d’oro/Ebe serena v’accenna a l’alto..”( Carducci), “ Un suono non ti renda / qual d’incrinata brocca/ percossa; io prego sia/ per te concerto ineffabile di sonagliere…”( Montale); mentre le difficoltà e le inquietudini che si addensano e che la giovane donna agevolmente travalica sono espresse dalle immagini affini “ delle nebbie pigre a l’autunno” e della fumea che il vento lacera o addensa”. E in entrambi i testi v’è un corso e ricorso di primavere e d’autunni.
Alfine, suggello ingeminato di “Saluto d’autunno”, incastonato ancora più a rifulgere in “ Falsetto”, (voilà, che) a sgominare le tenebre residue di ogni infugato dubbio, ci si offre il prezioso che costituisce il debito più alto e più esaltante di Montale, nei confronti di saluto d’autunno: ossia , ancorpiù magnifico nella risignificazione assuntavi, lo splendido sintagma del “divino amico”, che in Carducci è il sole che inaureola la bruna chioma di Delia, in Montale il mare nel cui abbraccio Esterina si tuffa. lla luce di tali evidenze clamanti, a differenza di quanto ha di recente scritto Ettore Bonora ( a pagina 47 di La poesia di Montale. Ossi di seppia Padova, Liviana, 1982), Carducci non risulta più affatto estraneo, pertanto, al neoclassicismo giovanile di Montale, di cui “Falsetto” è indubbiamente l’esempio più alto, e si fa invitante la ricerca di quanto l ulteriore opera poetica di Montale gli sia debitoria, oltre i casi già scoperti . A parte “ Falsetto”e “Addi, fischi nel buio, cenni, tosse”, già Pier Vincenzo Mengaldo ha riconnesso l’espressione “ t’attedia”ricorrente nei versi “ e t’attedia la ruota/ che in ombra sul piano dispieghi” di Fuscello di Montale, a “ o Miramare, a le tue bianche torri/ attediate per lo ciel piovorno… “ del secondo verso di Miramare., ed il “se ne illustra” del verso montaliano “il cavo cielo se ne illustra ed estua” di “Marezzo” al verso 37 carducciano di “ Pe’l Chiarone di Civitavecchia” , “ il sole illustra le cime”; mentre l’Isella , nel commento già citato dei Mottetti”, dai lombi dell’ “Inno a Satana “, verso 170, “ Un bello e orribile mostro si sferra”, ha fatto discendere del mottetto “ Il fiore che si ripete” il si sferra” del verso “un cigolio si sferra, ci discosta”. Tali e tante e così schiaccianti sono le prove che di “Falsetto” “Saluto d’autunno” fu la matrice, che si potrebbe considerare l’affare di tale filiazione un caso con archiviato. Ma a precludere ogni acquiescenza è l insegnamento del pensiero genealogico che un’ origine ultima non esiste mai; tantomeno in letteratura. Se Delia di “Saluto d’autunno “ è la genitrice certa di Esterina di “Falsetto”, ha dunque da sussistere già un’immediata avola comune, pur sempre progenie a sua volta di ulteriori stirpi, cui forse è ora senz’altro facilissimo pervenire , per sentieri tut’altro che interrotti, bensì disseminati di spie e clamorosi indizi, tanto la pagina canta; innanzitutto a quel “ Salite il tramite degli anni”, che ci rimanda ad un salire assai prima terminato, “ sul limitare/ di gioventù” e a “ la bruna chioma di Delia”, come inanellata pria a più famose “negre Chiome”. Eppoi le tombe, pur anco, che Silvia, lei , appunto, addita morta da lontano, mentre delia, nella natura contrastiva che appare assumere il loro rapporto, quale “ lontana favola” ne distoglie da sé il pensiero remoto, “ lungi le tombe”, iterato per due volte, a significare quanto Delia, come Esterina, le anti-Silvie della nostra letteratura, in conformità con il mito superstite della loro incoscienza si disimpegnino con tutte le forze della loro vitalità dal farsi coinvolgere letalmente nella cadute delle speranze del poeta, protese a non divenirne affatto, con la loro morte fisica, prematura l’allegoria defunta.
Sintomi incalzanti che neo-leopardiano è anche il solidale contesto di “falsetto” in cui tali spie segnaletiche si inseriscono, a loro volta si disvelano leopardiani nel timbro i congruenti stilemi montaliani , a ricorrervi, de “ la dubbia dimane” e del “ sorridente presente”. E sempre ostinandoci, se non accanendo, nella ricerca di antenate di Esterina immanenti nel testo, ”l’intento viso che assembra l’arciera Diana” in lei, 8 forse nel suo disdegno di ludi sessuali, a tutto vantaggio di quelli natatori, che appagandola ne preservano l integrità), non ne richiama forse, altresì, più remore e pur sempre illustri ascendenze liguri? Nell’aspraLiguria già avendo avuto la sua natal patria altra giovane già assembrata alla casta figlia di Latona, se a Simonetta nata Cattanei di Marco Vespucci, alla di lui teda legittima poi soggiogata in Etruria, tali sono gli accenti che nelle Stanze del Poliziano proferisce Julio già sconvolto d’amore: “ O qual che tu sia, vergin sovrana, / o ninfa o dea, ma dea m’assembri certo; / se dea, forse se’ tu la mia Diana”.
“ hai ben ragione tu…”, commenta Montale il “crollar di spalle” di Esterina, che a lei basta per rimuovere ogni molesta incertezza d’avvenire; così come “ Forse/ gli automi hanno ragione” nelle loro esistenze murate negli scompartimenti dei treni, secondo il suo sentenziare poetico nel mottetto di cui è ugualmente in debito con il Carducci.
Il che ci fa indulgere a un ultimo ulteriore sospetto conclusivo: che dove Montale riesuma Carducci sia in particolare laddove ha di che ben dare ragione a esistenze meccaniche e incoscienti; laddove si auto denigra spiritualmente; come già in “Davanti San Guido “ o in “ Idillio Maremmano “ Il Carducci, nel rimpiangersi pur anche buttero, piuttosto che ” pover uom” “sudar dietro il piccoletto verso”; anti-artifex, o anti-vate, insomma.

1983

giovedì 28 novembre 2019

Al voto( risale all'agosto 2019)


La nostra Costituzione è di una chiarezza assoluta quanto ad elezioni anticipate. In Italia esse sono un’extrema ratio, ci si può ricorrere solo se da parte del Presidente della Repubblica non è componibile alcuna maggioranza diversa da quella che ha cessato di esistere. Sostenere che una volta che una formazione politica ha deciso di andare alle elezioni bisogna concedergliele, per il largo favore di cui gode nel paese, altrimenti chissà che cosa succede, e che nelle attuali contingenze è meglio che si paghi l’onere dell’ aumento dell ‘ Iva che fare di tutto per sventarlo, così l’aggravio delle nostre condizioni di vita sarà messo in conto di chi la crisi l’ha voluta, mi sembra la resa anticipata anziché la resistenza nei confronti di chi pretende come un nuovo Hitler i pieni poteri, e nei confronti del Presidente della Repubblica ha lo stesso atteggiamento di Mussolini verso re Vittorio Emanuele III all’atto della marcia su Roma, ed è l’esatto contrario di una politica di responsabilità nazionale. Mossa geniale del cavallo è stata invece quella di Renzi, che ha sparigliato i giochi e ha rimesso in moto l opposizione. E non dimentichiamo, per quanto localmente ci interessa, che una delle ragioni per le quale Salvini si è deciso ad andare al voto è il rifiuto degli inceneritori espresso dal Ministro dell’Ambiente Costa, del M5S.
Odorico Bergamaschi

Arte e desiderio


Signor Direttore, l’intero programma delle celebrazioni giuliesche si prefigura come davvero allettante e magnificamente orchestrato, non fosse per la mostra “Giulio Romano, Arte e Desiderio , tanto più dopo il suo lancio come “ la mostra più sexy dell’anno”. L’assunto, dato il titolo, avrebbe dovuto far tremare le vene e i polsi, se preso sul serio. Nell’arte sia occidentale che orientale, certamente nella fabella di Amore e Psiche da cui dovrebbe trarre origine la mostra, il desiderio rimanda a Dio ed all’unione dell’anima con Dio, per partecipazione o per fusione. Per lo stesso Raffaello, maestro di Giulio, ogni altra espressione del Desiderio la si vuole una manifestazione insufficiente e votata all’ insoddisfazione dell’Amore di Dio, e comunque sia, per tale sua radice, o non, tale desiderio è presente in ogni nostra intensità ed attaccamento, sia esso sensoriale o intellettuale, nello stesso mondo animale e vegetale, o altrimenti è in tensione agonistica contro ogni nostra brama, se l’unione a Dio la si persegue per distacco o per rinuncia, nella mortificazione fino al sacrificio volontario della stessa esistenza. Così era o avrebbe dovuto essere per Apuleio nelle sue Metamorfosi in conformità con il culto di Iside dei cui misteri è il risvolto essoterico la storia di Amore e Psiche a cui è ispirata la stanza omonima di Giulio Romano, e così avrebbe dovuto essere per lo stesso Giulio Romano, sempre che l’assunto non sia stato per il Pippi un mero pretesto, come sembra esserlo per gli organizzatori della mostra. E’ oramai indubbio, infatti, come hanno inteso la cosa lor signori, in vista di un facile e certo successo, quale sia, in esclusiva, l’ oggetto per niente oscuro di Desiderio ed arte che è il loro target, in sintonia prestabilita con i visitatori di massa che si attendono a frotte, riconducendoci alla solita Mantova tra delizie e malizie. Solo che anche il vedere il desiderio solo sotto quel lato, ci rimanda sempre ad Altro, senza essere per questo dei Lacan: all’energia espressiva che è infusa nella sua manifestazione artistica, ai maestri del fare figurativo da cui la si è attinta, poiché di per sé anche la più esplicita della scene erotiche ben poco accalora, o suscita, in noi , nel sentire estetico che è di più del nostro io pornografico, se non è emozionante in virtù di linea o colore o matericità e imprimitura, etc. etc Senza di che sai che gran risultato , direbbe il poeta, cosi uscirne dal Te come da a un “Eldorado banal de tous les vieux garcons “. Chi poi ci dice che non ci sia più desiderio in una marina di Monet o in un notturno di Van Gogh, nelle stesse mele di Cezanne, che nei “modi” sessuali del duo Giulio Romano- Marco Antonio Raimondi? O per privazione sublime nello stesso ascetismo delle bottiglie fantasmatiche di Giorgio Morandi? E comunque sia non c’è , di fatto, discorso su Arte e Desiderio come esplicitazione espressiva proprio della sessualità, che non debba fare i conti come terzo incomodo con il Potere, le cui divagazioni sessuali principesche si vollero sdoganare con i fasti degli Amori degli Dei e di Giove che furono dipinti dal Correggio e da Perino del Vaga e che saranno in mostra, un felice ritorno di certo quello del Bonaccorsi, nelle stanze del , ma guarda caso sempre sotto le insegne dell’ Electa. Il Potere, è beninteso, da intendersi non solo come l’istanza che consentiva in Roma tutto quello che al Pippi o al Raimondi era rappresentabile solo in una Mantova od in una Venezia, ma pur anche come l’ abuso di posizione dominante che sollecitava al nostro “genio” e “ gigante” l’infamia di anticipare per il marito della Boschetti, Francesco Cauzzi Gonzaga, quale terzo incomodo tra lei e il duca Federico secondo, di lei amante, nell’artigliatura dell’ occhio del coniuge da parte di un Giove duca già in procinto di penetrarne la moglie Olimpia-Isabella , l’assassinio non tanto oscuro di cui il Cauzzi sarebbe stato vittima nel 1528. Ed a tal punto della licenza per accortezza e delicatezza taccio

Esclusivi ed escludenti


Non credo che dagli scontri tra la maggioranza che governa Mantova e l’opposizione di centro destra , pur se a potenza di fuoco assai limitata, possa nascere nient’altro che la delegittimazione reciproca, fintantoché il centro destra non riconoscerà i meriti e i pregi indiscussi di questa amministrazione, e al contempo non ne risalirà ai limiti che sono assai maggiori di quelli che discerne , e se il centro sinistra, ossia il sindaco Palazzi e il suo trigol magico, non riconosceranno alcun errore possibile che sia stato da loro commesso, e almeno le attenuanti generiche alla precedente giunta Sodano, per aver essa operato in stato di emergenza a causa del terremoto e dei limiti di spesa allora imposti ai bilanci comunali , il che certo non toglie che tale governo locale sia stato di una tale desolazione da non lasciare rimpianti. Nessuna autocritica significa per me ben poca credibilità politica degli uni e degli altri in quello che asseriscono. A rendere paradossale tale negazionismo dell’altrui operato ed a spiegare perché al contempo tra tali duellanti non c’è mai stata alcuna sciabolata d’affondo, è il dato di fatto che i presunti contendenti condividono lo stesso modo di far politica e la stessa idea di città, che altro non è che un derivato tossico del suo paradigma virtuoso, di città dell’accoglienza e partecipativa, d’arte, di gusto, di cultura e della conoscenza, fondata su un’economia territoriale verde tecnologicamente avanzata. In realtà i due schieramenti sono l’amalgama fluido di uno stesso magma di potere, come attesta il fatto che l’opposizione di centrodestra più che un’ antagonista è parsa una copertura assicurativa per questa giunta, nei momenti critici in cui sembrava che dovesse venire giù tutto . Centro destra e il sindaco Palazzi e i suoi alleati vari sono infatti portatori tutti quanti di un’idea identica di democrazia esecutiva , escludente ed esclusiva, per cui chi vince si prende tutto , decide tutto e non vuole saperne niente delle ragioni altrui, in una rivalsa continua tra chi vince e chi perde, tutta giocata a brutto muso e niente “acceptance” della cittadinanza, che è tutt’uno con la condanna della nostra città a eleggere maggioranze che debbono disfare i magoni lasciati dalle precedenti intanto che ne edificano di nuovi, più mostruosi. Con tale governance e dispersi dentro la nebulosa del suo futuro ch’è implicita in tale prassi politica, sempre più Mantova è destinata, di fatto, ad essere una borgata in cui periferie e centro storico, cultura, lavoro ed ambiente, i bisogni dei vecchi e dei lavoratori della conoscenza, di artigianato e commercio finiscono subordinati all’ ipersviluppo turistico acritico e velleitario della zona Ztl, un blob di Airbnb, negozi di asporto e fatturato alle stelle di pochi eletti, contrassegnato dal predomino concomitante di una cultura festivaliera di corte e del suo mostrificio, acchiappa turisti, su di un pensiero critico diffuso e sulla funzione civica del patrimonio storico, che è di formazione educativa della soggettività dei cittadini . Insomma Mantova quale Outlet turistico, secondo le aspirazioni di entrambi i contendenti, anziché il suo comporsi in un Distretto umanistico e tecnologico della conoscenza, in sintonia con il grado di sviluppo industriale del territorio limitrofo. E cosa non meno grave , nel frangente attuale, se tra tali due schieramenti si risolve la partita, la loro alternanza è la strettoia di un vicolo cieco che ci nega , insieme con le istanze di partecipazione vera dei cittadini ai processi decisionali e alla loro attuazione, che è il solo vero antidoto ai magoni seriali, qualsiasi alternativa di scelta sulle questioni oggi fondamentali per la nostra città: penso alla Grande Mantova, boicottata ignominiosamente sia da centro sinistra che da centrodestra, con larghe intese da marpioni, e all’ inceneritore, al cui insediamento in città entrambi i presunti contendenti sono di fatto a favore, checché ne dicano con infingimenti tattici, e con loro lo sono i loro accoliti al seguito, in grande spregio o noncuranza dello stato di apprensione diffuso per i danni che l’inceneritore potrebbe arrecare alla nostra salute. Quanto poi al M5s, quale terzo incomodo, se quello che ha da offrire è l’” In work poverty”, 54O euro al mese di reddito medio del lavoro di cittadinanza, per 16 ore alla settimana di corvèe verde, il cielo e la fuga all’estero ne scampino i nostri giovani.
Odorico Bergamaschi

L'arte di Giuseppe Bazzani


Signor direttore,
quanto alla bellissima mostra che grazie soprattutto ad Augusto Morari fino al 6 gennaio del 2020 nel Museo Diocesano consente di ammirare l’opera pittorica e i disegni del più grande pittore nativo di Mantova, Giuseppe Bazzani, a 250 anni dalla sua morte, qui vorrei dire che cosa ritrovo di grande nei dipinti e nei disegni che vi sono esposti , onde sollecitare ad andare a vederla, chi mi legga. Mi terrò dunque alla larga dalle diatribe su ascendenze e influenze delle opere di Bazzani, e sulle periodizzazioni controverse inflazionate dal poco o nulla che si sa sulla sua vita, per cercare invece di far luce su come un pittore marginale quanto poteva essere ai suoi tempi la stessa città di Mantova dopo la caduta dei Gonzaga e la sua relegazione alla periferia estrema dell’impero austriaco, sia riuscito a convertire il suo isolamento nella più intima e libera adesione della sua arte al suo sentire interiore, sino a diventare un artista assolutamente universale , almeno il primo nostro pittore di vaglia europea Difficilmente sulle sue tele si schiarisce l’ imprimitura cupa, di fondo, del suo senso della vita come trepidante sofferenza senza quiete, di cui la fede cristiana sembra addensare più che fugare le angosce più profonde, innanzitutto quanto alla realtà ineludibile della nostra morte terrena Così i suoi fondali, abbandonati i trascorsi giovanili di scene e tele di palazzo allegoriche e magniloquenti, e con essi l’ostentazione della sua assoluta pienezza di mezzi formali e compositivi, tendono a farsi un mero contrasto di chiaroscuri agitati, da cui al più emergono solo colonne come quinte storiche, fronde squassate da turbini. Da tali meri paesaggi dell’anima le figure devozionali e dei personaggi biblici o dell’ antichità pagana sono evocate ora come le comparse di larve appena individuabili, ora in una corposità di protagonisti raramente soffusa e morbida, dal tormentato profilo tortuoso continuamente frangentesi, nei panneggi di inquieti balenii zigzaganti, e questo perché sia la luce , in una spiritualizzazione geniale del suo ravvivare il colore, a disvelarvi i nodi sentimentali e drammatici che avvincono le figure , illuminando il protendersi e il ritrarsi o l’abbandono dei corpi, l inclinazione espressiva delle teste nella loro gola, siano rappresentate scene della Sacra Famiglia allargata, la Vergine e il Cristo compianto, i santi in adorazione ed estasi. E la luce si addensa abrasiva, corrodente sino all’ incandescenza, in filamenti bianchi o in grumi di colore, che contrastano con la stesura più piana delle parti ove regna l ombra. e nei tuoi guizzi la pittura di tocco raggiunge certi estri estremi, come nei pizzi dell’abate Petrozzani di Santa Barbara o nel velo della figlia di Jefte. Sottostante, una semplicità compositiva di sbalorditiva bravura, nel disporre le figure in “ strutture piramidali attuate per incroci di assi obliqui” ( Chiara Tellini Perina) , lungo diagonali che non pregiudicano mai l equilibrio e la ponderazione visiva delle parti rispetto all’ asse mediano del dipinto o del disegno, Al centro assoluto di tale intensità drammatica, la cui tragicità non è più drammaturgia, come lo era ancora nei dipinti di palazzo d’ Arco, il dibattersi di luce ed ombra, di fragile grevità terrena e di esaltazione divina , l una compartecipe dell’altra, nella dolorosissima figura del Cristo, la cui rappresentazione è l’acme dell’arte del Bazzani . Egli è Gesu Bambino che sguscia in una vitalità ancora inconsapevole tra le braccia di una madre che sa del destino del figlio, e poi, già nel Battesimo, nei suoi atti miracolosi, nella sua Passione, alfine nella cena di Emmaus e al confronto ultimo in Tommaso con la debolezza umana , Egli è fondamentalmente l’incarnazione nel dolore estremo del servo sofferente di Isaia. Per Bazzani Egli è venuto nel mondo sostanzialmente per farsi portatore di tutta la sofferenza degli uomini, per patire e compatire, come nel suo sguardo volto all emorroissa, per bere fino in fondo il calice dell’angoscia dell’uomo per la propria mortalità. Nell’adorazione dell ‘ orto, soccorso Egli da un angelo, sotto la croce che lo strema, il Gesù di Bazzani ha già davvero la morte nel volto, e nulla più che le sembianze livide o sbiancanti del Cristo deposto dalla croce, con il viso disfacentesi in un grumo terreo d’ombra ,mentre la luce rivela solo già il procedere del suo decomporsi, nulla più che il disfacimento cadaverico proprio di chi alla morte avrebbe tolto il suo pungiglione, rivela l angoscia e i dubbi di fede del pittore, tanto che nel miracolo del bambino che S. Mauro resuscita disattende ogni rianimazione pittorica del piccolo, nel transito di Giuseppe protende a Cristo il proprio stesso corpo consunto. Nel suo essere vero uomo e vero Dio, nel grado più alto possibile, il Cristo di Bazzani è vero cadavere ai piedi della Croce prima ancora che vero risorto, luce di gloria proprio nelle tenebre del patimento estremo,- sicché non è un caso che Bazzani, distoltosi dalle mondanità dei palazzi per le sole committenze di chiese di città e di campagna del mantovano, non realizzi alcuna immagine pasquale del trionfo di Cristo risorto sulla morte . Con i dipinti delle Deposizioni del Museo Diocesano, del Cristo nel Getsemani sorretto dall angelo , sono un culmine, in sintonia, del Bazzani grafico che la mostra opportunamente esalta, sublimi per intensità tragica non meno che per virtù compositive e degli scorci di volti e di corpi, i disegni altissimi delle scene di via Crucis della Fondazione d’Arco, di una remissività del Cristo al dolore morale dell ‘ingiusto giudizio e a quello fisico del patimento sfinente della Croce, la cui apprensione emotiva è quanto meno straziante. Indimenticabile il solo sguardo che può rivolgere alla madre nel loro incontro lungo il calvario, per comunicarle il senso di tutta la propria Passione, di cui uando era tra le sue braccia lei poteva avere solo il presagio. E a significare l’indifferenza del mondo al suo Salvatore, ecco comparire come nelle scene di Alessandro, già in Vulcano ed Eros, o nel proprio autoritratto, lungo la stessa strada di Emmaus, la figura di un meraviglioso cane, che dal Mantegna, a Rubens, al Fetti, è insieme con il cavallo, la cui equinità ha un così grande risalto giuliesco, l'altro animale mirabile dell’arte figurativa di Mantova

domenica 17 novembre 2019

Concertone di capodanno


Signor Direttore
ci mancava solo il Concertone di Capodanno del costo di 130.000 euro + Iva, e voci varie, il gran botto elettorale di fine mandato di questa nostra giunta comunale, ovviamente a spese di noi tutti cittadini di Mantova. E’ quanto basta e avanza per levare di tasca a chi di noi è avanti negli anni l’aumento annuale delle pensioni voluto dal governo congiunto. Una trovata da far scancherare tutti i santi, con buona pace o desistenza rock-rap di Sinistra italiana e ultrasinistre varie. Ma invece di unirmi in una sola voce al coro degli angeli che imprechi su in cielo, qui propongo più ponderatamente: se il fine eminente del nostro fare amministrativo è far divertire il popolo e farlo spendere ancora di più, come vuole la leggenda del “mostro mite “di A. de Tocqueville, che “vuole che i cittadini se la godano, purché non pensino ad altro che a godersela», perché non limitarsi all’ opzione più economica della lista concertistica, di 13.500 euro+ Iva , che tanto il popolo in piazza balla e canta ed è contento ugualmente, e trattenendo in cassa l’ammontare del Concertone per far fronte ai mancati introiti corrispondenti di quanto propongo, non destinare tale risparmio a fare propria la proposta caldeggiata dal consigliere Pierluigi Baschieri , di Forza Italia, di concedere a chi venga da fuori il parcheggio gratuito la domenica e durante gli altri giorni festivi nella nostra città, almeno per il sollievo delle tasche dei nostri commercianti, invece che per la felicità di quelle dei soli Subsonica ( e altro non aggiungo)?
Odorico Bergamaschi.

ultime news dall India


Un mio scritto personale Le ultime news dall India

Domenica scorsa, mentre stavo rigirando la chiave per uscire dal mio appartamento e recarmi a leggere i giornali in un caffè del centro città, l’anziana signora che abita nell’appartamento di front e che ha la stessa età di mia madre, si è affacciata alla porta per rendermi la copia delle mie chiavi che le avevo affidato,“ “visto che adesso per provvedere a sua madre non può più partire per l India”
L’ho pregata comunque di conservarle, per ogni possibile emergenza.
“Non si sa mai, se per l’aumento della pressione o qualche incidente in bicicletta mi capita ancora di finire in ospedale”
Nel primo pomeriggio una volta tanto mi ha risposto dall’ India il ragazzo Mohamnmad.
“Quando vieni?” si è affrettato a chiedermi nel suo anelito.
Gli ho detto delle ragioni che mi trattengono in Italia, dell’appartamento di cui a 67 anni sono costretto ad andare in cerca fuori città, delle richieste di denaro esorbitanti che per l’assistenza a mia madre mi inoltrano i miei familiari in Italia, le sole che sanno avanzare a me che di tutti loro sono chi è in stato di povertà e di precarietà, chiedendomi proprio ciò che sono meno in grado di offrire. Tant’è che qualora si appellino ai giudici io non mi difenderò e non mi presenterò in tribunale, perché né in Italia né in India trova riconoscimento o è legale l’amore che mi lega a chi ho adottato.
“ dunque per quest’anno non torni in India…” il ragazzo ha concluso con tristezza mortificata.
“ Mohammad dimmi comunque come ora posso aiutarti…”
I need you, not your help”
“ Io ho bisogno di te, non del tuo aiuto”
La linea è quindi caduta , ed io ho contattato allora Kailash perché aiutasse il ragazzo a farsene una ragione, come Kailash se l 'è fatta già a sua volta, essendo io inquietato ancora una volta dallo sconforto del mio caro ragazzo.
Kailash ha potuto risollevarmi dicendomi,qualche ora più tardi, per quel che aveva saputo dal padre di Mohammad, che non era prostrato da uno stato di inedia, ma che si trovava con un businessman in Rampur, un villaggio nei pressi di Panna.
Quanto al figlio Ajay, non avevo motivo di dolermi che non mi avesse ancora inviato le pagine degli ultimi argomento di studio di biologia perché lo aiutassi nell’apprendimento,con test o lezioni via skype, in quanto che in India erano sospesi social e network, per evitare che tramite il loro uso si infiammassero gli animi e si aizzassero rivolte, dopo la sentenza emessa il giorno avanti sul caso plurisecolare di Ayodhya. Il sito dove sorgeva la Babri Masjid, che nel 1992 era stata demolita da migliaia di fanatici hindu perché era il sito dove sarebbe nato il presunto dio Rama, e dove anticamente sarebbe stato eretto un tempio hindu commemotativo abbattuto dall’imperatore moghul Babur proprio per edificarvi la moschea che i facinorosi hindu avevano abbattuta a sua volta, era stato riconosciuto come di spettanza agli hindu, e i musulmani erano stati risarciti assegnando loro 5 acri di terreno dove avrebbero potuto far risorgere la moschea Babri. A riprova del fatto che un tempio hindu preesisteva alla moschea demolita nel 1992, Kailash mi adduceva le testimonianze di archeologi dell’Archaelogical Survey of India che avevano accertato che una struttura sorgeva in precedenza, un tempio hindu , sicuramente, come confermavano i resti ritrovativi di un amalaka e di un pranala, che sussistono solo nei luoghi di culto dell induismo. Un altro archeologo aveva addirittura sostenuto che risaliva ad Ayodhya la statua del dio Rama che io e Kailash avevamo onorato a suoi tempo in Orccha, nel tempio edificatovi in onore del dio Rama in cui sarebbe stata traslata. A onore del vero suffragava tale ipotesi anche un archeologo islamico, i cui accertamenti a suo tempo, negli anni settanta del secolo scorso, non avevano trovato seguito, a suo dire, per la prevalenza di orientamenti di sinistra nell’Archaelogical Survey of India. Ad ogni buon conto , come avrei concluso e detto solo l’ indomani a Kailash, trovando un suo consenso, l’area sacra contesa non si sarebbe dovuta assegnare né agli hindu né ai musulmani, perché né i musulmani avrebbero dovuto erigere una moschea proprio dove gli hindu immaginavano che fosse nato il dio Rama, né tanto meno, quattro secoli dopo, neanche trent’ anni fa, gli hindu avrebbero dovuto distruggere tale moschea, guarda caso individuando il luogo dove sarebbe nato il dio Rama proprio al centro del vano sottostante alla sua cupola centrale. Si sarebbe così emessa una sentenza che sarebbe stata di perpetuo monito a chi, hindu o muslim, intendesse usurpare i siti religiosi di culto per l’altrui fede. La preoccupazione delle autorità indiane per possibili reazioni di rivolta, che data la sentenza della corte suprema era da paventarsi che fossero soprattutto di matrice islamica, era tale che in tutta l’India per lì intera giornata della sentenza erano rimaste chiuse tutte le scuole, le quali nell ‘Uttar Pradesh, dove sorge Ayodhya e dove numerosi sono i mussulmani che vivono nei grandi centri urbani, sarebbero dovute restare chiuse anche di lunedì. La preoccupazione pubblica aveva oscurato negli animi anche la gioia e la soddisfazione per l’evento, di natura opposta, dell ‘apertura del corridoio di Kartapur, che nel 550 anniversario della nascita del guru Nanak, il fondatore della religione sik, aveva ricongiunto i due luoghi di culto sik negli opposti Punjab, dell India e del Pakistan, di Dera Baba Nanak Sahib, in India, e del gurudwara Darbar Sahib, in Pakistan, consentendo agli indiani sik di transitare senza un visto il fiume Raw di confine e di raggiungere nel Pakistan il gurudwara Darbar Sahib*. Un corridoio di neanche 4 chilometri, ma che allevia di molto la tensione riaccesasi tra India e Pakistan e che ne smorza i recenti venti di guerra , dopo la revoca dell’articolo 72 che concedeva al Jammu Khasmir uno statuto speciale.
Kailash trovava modo invece di dilungarsi su quanto i documentari in rete gli avevano consentito di apprendere sui diversi luoghi dove avrebbe sostato il dio Rama, nel suo tragitto d’esilio da Ayodhya e poi sulle tracce dell’amata Sita rapitagli dal demone Ravana, signore dello Sri Lanka.
Oltre a Citrakoot dove con il mio amico o da solo mi sono recato più volte, con Mathura e Vrindavan il solo sito in cui Kailash abbia potuto condurre in pellegrinaggio l' intera famiglia, quando era ancora in vita il nostro Sumit, che Dio l’abbia nella sua gloria, i luoghi di soggiorno del dio sarebbero stati il parco di Bandhavgarh, Nasik, nel Maharastra, Rameshwaram nel Tamil Nadu, che io e Kailash abbiamo visitato insieme indimenticabilmente. Kailash si ricordava ancora che da Rameshvaram avevamo preso l’autobus per Madurai, prima di raggiungere al termine dell’ India KanyaKumari, anziché pervenirvi direttamente da Rameshwaram, A diciassette ( in realtà ventidue) miglia dal suo abitato sorge un tempio, mi ha detto,( quello di Sethu Karai) , nel punto preciso a iniziare dal quale con l’aiuto di Hanuman e della sua armata di scimmie Rama avrebbe costruito il ponte di pietre, ( corrispondente effettivamente alle secche dell’Adam Bridge ), su cui avrebbe raggiunto lo Sri Lanka, intrattenendosi in un’isola , (quella di Mannar), che precede lo Sri Lanka di soli sette chilometri, Poi di ritorno , una volta che ebbe ucciso Ravana e recuperato Sita, ad una ad una avrebbe ritirato le pietre del ponte, su consiglio di Vibheeshanan, il fratello di Ravana, che nello scontro cruciale si era schierato dalla sua parte. Kailash mi raccontava ciò come se le sue credenze corrispondessero ad eventi reali, ed io lo lasciavo dire senza sollevare alcun dubbio, ben felice di assecondarlo.
Ho invece cercato di indurlo a fornirmi solo informazioni, senza che io avessi a fare né egli a chiedermi commenti, quando durante le settimane scorse ha voluto parlarmi dell’arroventarsi dei rapporti tra India e Pakistan, a seguito dell’abrogazione dell’articolo 72, delle minacce e degli attacchi terroristici che in risposta provenivano dal Pakistan, e delle contromisure dell’ India che irrigidivano il controllo di internet e delle telecomunicazioni,e insieme limitavano i flussi di denaro che provenivano in India, rendendo sempre più difficoltoso e per vie traverse, mediante il ricambio degli agenti del cambio che si facevano titolari, i miei stessi versamenti di denaro. Kailash mi ha parlato di invio d’armi mediante droni da parte di terroristi pakistani a guerriglieri islamici stanziati in India, appena oltre il confine, di reiterate uccisioni di camionisti che rifornivano il Kashmir o se ne allontanavano con i loro carichi di merci, dei finanziamenti di guerriglieri infiltratisi in India dal Pakistan attraverso Dubai. Da un ricco commerciante pakistano e da un suo addetto musulmano indiano, originario del Gujarat, nella stessa Dubai era stato organizzato l’attacco del commando che in Lahore aveva ucciso un leader politico hindu, reo di parole per loro offensive del Profeta Maometto, la pace sia con lui. Kailash provava un sentimento di pietà sconfinato per le vittime, soprattutto se erano povera gente che aveva visto pianto compiangere la morte di un proprio caro, ed ha avversato con calore solo un leader musulmano di Hyderabad dal quale anche i musulmani avevano preso le distanze, quando aveva paragonato una missione della Comunità europea nel Khasmir a chi, come il mio amico si era ricordato, in sua presenza avevo deplorato che un negozio fosse intitolato in Reva, con tanto di baffetti, ah, Hitler, come finalmente capivo dalla sua formulazione approssimativa del cognome del fuhrer nazista.
Sono stati questi i discorsi che hanno contrappuntato i lunghi giorni in cui in Kailash si sono acutizzate di nuovo le emorroidi, con sanguinamenti che gli hanno fanno temere di non avere più una lunga vita davanti, per le infezioni cancerogene che potevano causare. Di esse mi faceva sapere dolorosamente che era morto il conducente d’auto Bishmillah cui ci eravamo a suo tempo rivolti, quando credevamo che un’agenzia di viaggi culturale potesse arrecarci un minimo di fortuna. Della propria morte addolorava il mio amico soprattutto che avrebbe lasciato orfani e senza sostegno Poorti e Chandu, mentre quanto alla moglie Vimala e ad Ajay non dubitava che fossero già in grado comunque di cavarsela. Ma il terrore della morte l’ha convinto finalmente a farsi operare, vincendo la paura che aveva delle stesse iniezioni, e con la solidarietà del mio aiuto e del mio sostegno ho potuto persuaderlo a recarsi di nuovo dallo specialista di Chhatarpur con cui aveva già dimestichezza, e senza doversi recare al più rinomato centro specializzato di Nagpur, assai più distante, dopo due settimane a farsi operare con il laser nella più vicina Damoh, giorno dopo giorno consigliandolo sul meglio da farsi, nello stabilire i contatti con il medico di Damoh, nel preventivare l’arrivo e la degenza, nell’ indicargli il modo migliore per giungere a Damoh. L’ho confortato e incoraggiato quando sembrava recedere in preda alla paura, ne ho raccolto emozioni e impressioni prima e dopo l' intervento, ho seguitato a tranquillizzarlo durante una convalescenza che si prolunga tutt’ora, con il dirgli come corrispondesse a quanto da Damoh, a cui ha fatto ritorno per gli accertamenti, il medico gli faceva presente che era contemplato nel decorso degli eventi. Kailash ha dovuto dispiacersi solo di non avermi dato retta quando insistendo più di tanto avrei finito per scongiurarlo senza lasciarlo libero di decidere , nell’ invitarlo a fare ritorno in treno da Damoh, lungo un tragitto ferroviario ben più lungo ma assai più agevole di quello che gli avrebbe riservato il ritorno in pullman, la cui cuccetta non gli ha evitato i continui sobbalzi che hanno pregiudicato il decorso post- operatorio. Contrappuntava l’angoscia per il suo stato di salute il destino catastrofico che si prefigurava per il suo lavoro in hotel e per la Khajuraho turistica, ora che da Delhi i tour operator più che mai tra di loro in competizione, quanto allenell‘ inoltrare offerte di itinerari che siano le più economiche possibili che inviano alle agenzie di viaggio dei paesi di inbound, eliminano Khajuraho dagli itinerari proposti, per limitarsi alle località raggiungibili in un più breve raggio, Agra, Jaipur, o con costi di volo inferiori, come Varanasi, anche se in tal modo pregiudicano al turista ogni acquisizione dell’arte hindu, del che non può importare a loro di meno. E il mio amico ha avuto modo di comprendere e di farmi comprendere mia volta che i turisti indiani sono sempre di meno per l'incremento dei costi che morde i consumi e gli stili di vita di un consolidatosi regime signorile di massa, affine a quello instauratosi in Italia negli ultimi decenni, anche per quanto si viene erodendo la possibilità dei figli di vivere senza un lavoro del patrimonio accumulato dai loro genitori, che in India come in Italia spesso è la tesaurizzazione di anni e anni di proficua corruzione. Così il mio amico si è persuaso ad accogliere il prossimo anno l ‘invito di altri membri della sua stessa casta, ora che il suo fisico è riabilitato, a trasferirsi da solo a lavorare in hotel o al ristorante nella lontana Goa, dove le retribuzioni sono almeno il doppio che in Khajuraho, si spera non anche il lavoro ai tavoli in sala. Ho accolto tale sua risoluzione con una gioia immensa, perché liberava la sua figura d’uomo dai vincoli del mio aiuto, e agli occhi dei suoi cari e dei suoi amici poteva farlo comparire sempre di più come uno che realizza se stesso mediante se stesso. Era per me una gioia altrettanto grande di quella che mi aveva recato , settimane prima, dicendomi che oramai tutti in Khajuraho chiedono di me come del babbà in famiglia, il nonno in cui tutti loro confidano, facendomi avvertire quanto mi sia oramai naturalizzato presso di loro come un indiano, che a tutto deve provvedere, di tutto deve tenere il conto quanto alla propria vera famiglia, a partire dal dato che in un paese dove i poveri vivono per lo di verdure e chappati, ed è così a pranzo e cena per la famiglia di Kailash al bazar i costi delle verdure stanno intanto aumentando vertiginosamente Le patate e i pomodori soltanto costano meno di 80 rupie al chilo, ed è ben difficile, come mi esemplificava Kailash cucinare pietanze, fossero anche il dhal di lenticchie, l’ aloo gobi, il mattar o il palak paneer, ogni curry masala , senza insaporirli con le cipolle che ciclicamente tornano a farsi in India costosissime. Ancor più, mi ha fatto sapere Kailash, la interruzione dei rapporti tra India e Pakistan in ogni loro forma commerciale, con lo stop a treni, autobus, autocarri, sta intanto prostrando soprattutto le possibilità di consumo dei pakistani. “ Un chilo di pomodori costa in Pakistan 200 loro rupie, adesso. E le cose vanno ancora peggio per le medicine”, di cui l’ India è il produttore di avanguardia per i paesi non sviluppati, e di cui i pakistani debbono ora rifornirsi altrove.“ Una medicina contro i morsi dei cani, che in India costa 950 rupie, in Pakistan ora ne costa 4.000”. Ma ieri sera aveva di che dire contro lo stesso Narendra Modi, per i controlli divenuti asfissianti sulle nostre stesse transazioni di denaro e sul flusso delle comunicazioni, al fine delle autorità indiane di non lasciarsi sfuggire ogni finanziamento e ogni contatto possibile del terrorismo internazionale con agenti operanti in India, dopo l’ acuirsi della minacciosità del terrorismo a seguito dell’abrogazione dell’articolo 72 per il Jammu Kashmir. Il che obbliga Kallu a cercare prestanomi diversi per le donazioni che gli faccio, volta mi costringe a dei loro frazionamenti, ola successiva a scaglionarle in più lunghi lassi di tempo, pur di fargliele pervenire. Che giudizio politico si possa trarre da tali vicende lo dirò a Kailash quando mi sarà mai possibile ritornare in India, e parlargli di nuovo faccia a faccia, sempre che l intensificarsi dei nostri colloqui a distanza non mi abbia fatto finire in una black list, In termini di teologia politica universale di certo si riafferma anche in tali vicissitudini il principio di fede fondamentale, calcedoniano, che nella realtà , come per la natura umana e divina di Gesù, per i rapporti tra uomo, Dio e cosmo, è sempre fonte di errori, della interminabilità dei conflitti, pretendere di separare ciò che è in unità, così trasformando ciò che è complementare in polarità opposte, quanto nel verso contrario il confondere ciò che permane distinto. Ossia ogni dualità secondo il pensiero advaita.

mercoledì 6 novembre 2019

VITA E MORTE


Vita e morte, la loro desiderabilità o temibilità, gli affetti, o ch’io tenti ancora di vivere , per me sono oramai soltanto ed esclusivamente entità e pulsioni economiche .Mia madre è per me l incubo anche di notte di quanto dovrò corrisponderle fino alla morte, dei costi da dividere tra noi consanguinei fino a quelli della sua sepoltura , è l’angoscia che quanto dovrò versare per lei mese dopo mese, sempre di più , in una voragine di cui non posso chiedere conto o ragione, è quanto mese dopo mese verrà a mancare per me e per la sola famiglia che per me conti a questo mondo, Kailash e i nostri cari. Lei e i miei consanguinei che si accaniscono contro di me , loro che a differenza di me hanno una casa, un’auto, chi assicura il loro futuro, non avendo altri a cui provvedere, come se io facessi resistenza non per altro che per seguitare dare soccorso anche alla mia famiglia dì adozione, per la qual cosa non posso accampare ragione e diritti di sorta, che mi considerano un’obbrobrio vivente per tale mia strenua difesa che mi priva di tutto, loro non fanno che togliermi vita e autostima sino all’asfissia, quant’è la vita che mi danno ed alimentano in me Kailash e l India cui non posso così fare ritorno, lasciandovi i miei campi d’indagine e di ricerca abbandonati. E quanto vengo spendendo per chi ho più cari al mondo in perdita continua, per me si fraziona negli anni che posso avere ancora davanti secondo le comune aspettative di vita, che per me diventano tanto più orribili quanto si allungano, sapendo che nel tempo potrò provvedere sempre meno a se stesso, e che non posso fare affidamento che su una pensione che sarà insufficiente anche al solo ricovero diurno . Abbandonassi al loro destino Kailash e i suoi cari, Mohammad, nella loro indigenza e impossibilità di risollevarsi onestamente, non potessi affrontare i loro osti di matrimoni e studi ulteriori, della loro salute,in un’India dove tutto costa di meno ma tutto costa, per me sarebbe tradire con le sole persone che a questo mondo amo davvero, che mi danno linfa di vita e mi mantengono in vita, e per le quali non valgo solo il denaro che vero, mancare alla mia esistenza in ciò che la riscatta dal suo fallimento, riconsegnandomi al senso di me stesso che coltivano i miei consanguinei, ch’io sia mera immondizia umana. Anche tutte le cose che scrivo e che pubblico non sarebbero per me di riscatto da tale giudizio di infamia, pur nel loro valore, né lo sarebbe il mio passato di insegnante che ho rimosso e consegnato all oblio, come i detenuti il loro trascorso- il mio per decenni- in campi di concentramento cui facevo ritorno ogni giorno come la pecora al macello. Che mi tiene in vita in tale stato di cose, è che non potendo contare sull’uomo , meno che mai in chi mi è amico e mi stima, ma soltanto in Ciò che si intende per Dio, io seguiti a scrivere e scrivere ancora, a pubblicare opere su opere sulle mie passioni estetiche e culturali, siano Rubens o l’arte indiana, ch’io cerchi di trasmutare ciò che leggo e che sento e sperimento in poesie e narrazione, a dispetto di chi interpello e si dice sempre puntualmente troppo impegnato per darmi una mano, che legge o cataloga di tutto tranne che un solo rigo di quello che gli trasmetta gratuitamente. Che persona assai gentile, dicono che io sia, come se non fossi per questo un soccombente nato. Jeunesse, oisive jeunesse, par (trop de) delicatesse, j’ai perdu ma vie. Que les temps viennent que les coeurs s’éprennnent. E con la lettura e la scrittura perenne, mi salva pur sempre Kailash,l’ amico del mio cuore, quando dice che come gli ho raccomandato ha chiesto a Chandu di fargli vedere i quaderni di scuola, di fargli sapere che cosa stia studiando , perché ha compreso che è lui che più di ogni altro può fargli da maestro. O Ajay che finalmente mi invia mediante what aps lo svolgimento del test di biologia che gli ho inviato,e mi chiede per conferma se si legge bene quello che ha scritto.. £Come fai a non venire più in India, nei tuoi viaggi che ti interessano tanto, anche i tuk tuk driver tra Chanderi e Kadwaha mi telefonano chiedendo di te…!”

martedì 5 novembre 2019

vita e morte


Vita e morte, la loro desiderabilità o temibilità, gli affetti, o ch’io tenti ancora di vivere , per me sono oramai soltanto ed esclusivamente entità economiche .Mia madre è per l incubo anche di notte di quanto dovrò corrisponderle fino alla morte, dei costi da dividere tra noi consanguinei della sua sepoltura , e l’angoscia che quanto dovrò versare per lei mese dopo mese è quanto mese dopo mese verrà a mancare per me e per la sola famiglia che per me conti, Kailash e i nostri cari. E quanto vengo spendendo per loro in perdita continua, per me si fraziona negli anni che posso avere ancora davanti, secondo le comune aspettative di vita, che per me diventano tanto più orribili quanto si allungano, sapendo che nel tempo potrò provvedere sempre meno a se stesso, e che non posso fare affidamento che su una pensione che sarà insufficiente al solo ricovero. Abbandonassi al loro destino Kailash e i suoi cari, Mohammad, che sono a loro volte l incubo della loro indigenza e possibilità di risollevarsi onestamente, i costi di matrimoni e studi ulteriori, della loro salute,in unìiNdia dove tutto costa di meno ma tutto costa, per me sarebbe tradire le sole persone che a questo mondo amo davvero, e con loro tradire la mia esistenza, in ciò che la riscatta dal suo fallimento, riconsegnandomi al senso di me stesso che coltivano i miei consanguinei, ch’io sia mera immondizia umana. TED ora anche il cambiar casa, con tutto quel che ne segue nella mia precarietà…utto quanto scrivo e pubblico non sarebbe per me di riscatto da tale giudizio di infamia, pur nel loro valore, né lo sarebbe il mio passato di insegnante che ho rimosso e consegnato all oblio, come i detenuti il loro trascorso- il mio per decenni- in campi di concentramento. Che mi tiene in vita in tale stato di cose, è che non potendo contare sull’uomo ,meno che mai in chi mi è amico e mi stima, ma soltanto in Ciò che si intende per Dio, io seguiti a scrivere e scrivere ancora, a pubblicare opere su opere sulle mie passioni estetiche e culturali, siano Rubens o l’arte indiana, ch’io cerchi di trasmutare ciò che leggo e che sento e sperimento in poesie e narrazione, a dispetto di chi interpello e si dice sempre puntualmente troppo impegnato per darmi una mano, o leggono o catalogano di tutto tranne che un solo rigo di quello che gli trasmetta gratuitamente. Che persona assai gentile, dicono che io sia, come se non fossi per questo un soccombente nato. Jeunesse, oisive jeunesse, par (trop de) delicatesse, j’ai perdu ma vie. Que les temps viennent que les coeurs s’èprennnent. E con la lettura e la scrittura perenne, mi salva Kailash,l’ amico del mio cuore, quando dice che come gli ho raccomandato ha chiesto a Chandu di fargli vedere i quaderni di scuola, di fargli sapere checosa stia studiando , perch ha compreso, che è lui che più di ogni altro può fargli da maestro. O Ajay che finalmente mi invia mediante what aps lo svolgimento del test di biologia che gli ho inviato,e mi chiede per conferma se si legge bene quello che ha scritto

mercoledì 23 ottobre 2019

Mantova Hub e il rabbinato internazionale


Credo che si debba innanzitutto solidarizzare con il Sindaco Palazzi e la giunta tutta della nostra città, quando li si accusa ingiustamente da parte delle autorità del rabbinato internazionale di un antisemitismo che ispirerebbe il progetto di Mantova Hub. Niente di più falso. Al contempo come non condividere il senso profondo del loro richiamo al rispetto delle tradizioni e dei morti, delle grandi anime del passato, tanto più di chi è stato in tutta la sua dignità e grandezza cittadino ebreo di Mantova. Ottima, in tal senso, è la proposta che è sopraggiunta di istituire un Museo della Qabbalah che ebbe a rifulgere nella nostra città. In realtà è un rispetto che andrebbe riconosciuto dalle stesse autorità ebraiche a tutti i morti, di tutte le tradizioni religiose e di pensiero. Immaginiamoci se personalmente non mi tocca tale principio, avendo sempre auspicato e sollecitato invano che Mantova anziché trarre ispirazione solo da ciò che di festante e presente e vivo si illude che possa far sopraggiungevi overtourism, e invece che inseguire, anche nel festival letteratura, sempre e solo ciò che è voce di successo e di mercato, in convegni e congressi si richiamasse nelle sue istituzioni ai grandi uomini del suo passato prossimo e remoto, o ai forestieri e agli stranieri che vi vissero e la onorarono e che ne sono stati insigniti della cittadinanza onoraria, siano essi Virgilio, o Teofilo Folengo, Giorgio Bernardi Perini o Seamus Heaney, Francesco Verri, Learco Guerra, Tazio Nuvolari o Vasco Bergamaschi, Claudio Monteverdi o Enzo Dara, i nostri grandi del pensiero filosofico e scientifico , Pomponazzi, Bettinelli, Ardigò, non meno degli artisti figurativi che vi operarono. Ciò detto, l’obiezione che avanzano a tal punto i nostri amministratori, che di fatto rigetta nell‘irrilevanza tali nobili mozioni di principio, è che devono essi attenersi solo alle norme e agli interessi che sono in atto, che sono essi obbligati innanzitutto al rispetto ai vivi e dei loro bisogni, sicché per loro tali norme, in nome della suprema laicità dello stato, valgono non più o di meno che il richiamo di Gesù a lasciare che i morti seppelliscano i morti. Del resto la subordinazione di ogni diritto canonico e religioso a quello civile e l’affermazione dello jus in omnia dello stato politico ha uno dei primi e più grandi assertori nel filosofo ebraico Baruch Spinoza, che per la sua libertà di pensiero fu scomunicato dalla Comunità ebraica di Amsterdam, mediante il bando del cherem che lo malediceva di giorno come di notte, ammonendo tutti i membri della Comunità di non avere più nessuna sorta di contatto con lui, né fisico né mentale. Lo snodo cruciale a tal punto è che è proprio tale rivendicazione a ritorcersi contro i nostri amministratori, e inesorabilmente, non solo in quanto i patti sono da rispettare, pacta sunt servanda, data l’inviolabilità del sito di San Nicolò contemplata dagli accordi del febbraio 1852 tra Stato austriaco e comunità ebraica, ribaditi nell’aprile 1923, ma tanto più perché la legge 101 del 1989 dello Stato Italiano repubblicano, che vale erga omnes , nei confronti di tutti, richiamata dal rabbino capo Abraham Ginsberg, impone tassativamente la perpetuità inviolabile delle sepolture ebraiche, avvalorata per giunta dal paragrafo 5 della risoluzione 1883 risalente al 2012 dell’Assemblea parlamentare del Consiglio di Europa.Ne consegue dunque ineludibilmente che il progetto Mantova Hub è da rivedere in altro sito, e che quello di san Nicolò è da lasciare all’erba che vi cresca folta. E’ una vicenda che dovrebbe restare di monito a chi in nome del proprio verbo manageriale e tecnocratico, succube del presente e dei suoi diktat, crede di poter rottamare con uno schiocco di dita o un sorvolìo leggero le grande tradizioni spirituali e di pensiero. Così vorrebbe infatti il dettame inviolabile di ciò che è di principio, secondo ragione e diritto. Ma ho usato i condizionale “ dovrebbe” e “ vorrebbe” perché per tutto ciò ed il resto c’è già il ministro ad hoc che può consentire di agire in deroga e far rifulgere che Palazzi fa solo cose buone. Post scriptum Se Nicola Sodano queste cose le sapeva già, come ha confidato alla stampa,, perché non è intervenuto a suo tempo?
Odorico Bergamaschi

Sul Fenomeno Greta T.


Signor direttore,
E’ vero che la giovane svedese Greta T., assurta non serve dire come a influencer globale, soffre di una sindrome che davvero impietosisce, ma è pur vero che tale sindrome per i suoi fidelizzati è un alibi per non rilevarne certi aspetti caratteriali più che perturbanti, e quanto inquietante sia il fenomeno planetario che surriscalda con i suoi modi. "Come osate?" inveisce la ragazzina scagliandosi oltre che all’ indirizzo degli attuali governanti del mondo, contro una generazione che nell’est che fu sovietico e in quello asiatico, in Africa e in India o nell’America andina è stato soprattutto una generazione di morti di fame, ma dei cui figli si è pur tuttavia dimezzata la mortalità infantile ( e parlo di quella fame e di quella miseria che grazie alla ricchezza prodotta ed estorta a chi di costoro è stata gente di nessuno la signorina svedese e gli scioperanti per il clima non hanno mai conosciuto per loro fortuna). Un “come osate”, un’accusa “ voi non avete fatto nulla per l’ ambiente”, pardon “per il clima”, che la giovane svedese inscena guatando con tutto l’odio che è immaginabile e possibile solo in una piccola dea Kali E i suoi fans nostrani non sembrano di meno quando inveleniti inveiscono al suo seguito, nel dire, ad esempio, “come osa chi non è che un filosofo, (Massimo Cacciari) , sostenere che siamo tutti fritti se stiamo ai discorsi Greta T, e che invece dei friday for future è meglio invitare degli scienziati in classe” ? Mi spiace, per tutti costoro, ma invece che nelle ragazzine infiammate e infiammanti gli animi tutti io credo nei tardi leader miti, i resistenti intrepidi, che hanno insegnato come Mandela, Luther King e Malcom X ad amare o a rispettare i propri nemici e che nel loro nome hanno unificato le diverse generazioni. In realtà con Greta e i friday for future l’ecologia da scienza critica fondamentale quale l’ ho insegnata e praticata secolarmente nei miei stili di vita, sta finendo sacralizzata nella religione civica di un sovranismo dell’ Occidente, con la sua mini-papessa di Svezia, i suoi dogmi, a volte assurdi quanto ridicoli, la teologia atea di una scienza dogmatizzata ed usata senza discernimento secondo il principio di autorità, in virtù del presunto consenso unanime dei climatisti tutti così assurti a conclave. Sono già in canna gli anatemi destinati a colpire chi solo dubita nel credo in un riscaldamento globale che viene dall’uomo e non è prima dell’ uomo, parola di Greta, in primis i negazionisti scismatici, che quali negazionisti come degli empi reprobi sono assimilati ai negatori della shoah e nazificati a dovere, senza che al tutto così santificato non manchi il suo bravo fariseismo, per cui essere sporchi e sporcare è ben più grave e imperdonabile che essere crudeli. Per ogni evenienza sono già previste le sanzioni più abnormi anche ai trasgressori più veniali, com’ è già contemplato dai suoi integralisti di turno amministrativi, ora i nostri berretti gialli e rossi. Non a caso, evocando lo spettro di un'Apocalisse climatica che incombe, con Greta si sciopera proprio contro il clima, sai che antagonista sistemico e di classe, e non già contro ogni concreta forma di inquinamento, o contro l ‘uso predatorio anziché moltiplicatore di risorse del nostro pianeta, e insieme contro lo sfruttamento dell’ uomo sull’uomo che vi sia connesso, né è un caso che si invochi regressivamente al seguito di Greta la più fantomatica naturalezza, quando solo le scienze e le tecnologie più avanzate sono il farmaco delle tecnologie più arretrate che sono state veleno. Tantomeno è un caso che si impieghino al suo seguito slogan terroristici e millenaristici, religiosissimi appunto, per uno obiettivo di fede, l'abbassamento del clima, che se il global warming, il nuovo Anticristo, fosse vero come lo si paventa, sarebbe irraggiungibile da qualsiasi sforzo congiunto, almeno quanto lo è il Regno dei cieli. Con il solo bel risultato prevedibile di una rottamazione ulteriore di noi vecchi in nome dell’equità generazionale, a seguito del riacuirsi per i predicamenti di Greta T. di un conflitto tra generazioni invece che per la giustizia sociale. Tant’è che dei giovani di Cina, India, Africa che sono la immensa maggioranza , coloro che più patiscono inquinamento e sfruttamento, che gliene importa ai loro coetanei scesi in piazza che sono i privilegiati del pianeta, vestiti e attrezzati di tutto punto di ciò che spesso è frutto dello schiavismo minorile dei loro coetanei meno fortunati? Si rifletta infine da parte di chi crede che sia io il visionario su che reazioni d’ intolleranza tossica scatena in loro ogni discorso critico sulla venerabile Greta che ci illumina tutti, neanche fosse un atto di blasfemia, che è la prima conferma di quanto vedo e sostengo.
Odorico Bergamaschi

giovedì 5 settembre 2019

Una squallida storia d'amore Racconto


Una squallida storia d’amore

Ale ore più disparate del giorno lui telefona al suo ragazzo. Vuoi perché la vecchiaia è una distrazione continua rispetto a tutto, vuoi perché è u caso insperato che dall india il ragazzo gli risponda.
Quando accade il ragazzo è come una folata fresca di vita che si dissolve in linea , in un invito a ritelefonargli più tardi quando il giovane non gli darà più risposta. Se la telefonata ha un seguito è perché il ragazzo vuole prendersi per un poco ancora gioco di lui, o nella sua miseria ha bisogno di soldi.
“ Come stai, makelodhe…?” in India un offesa tremenda, che neanche madarchod. Può pareggiare Lui fa per parlargli e il ragazzo in tono di scherzo “ eh, makelodhe… makelodhe”.
“Quando vieni quando vieni,makelodhe.. I miss You, mi manchi sai!
La voce del ragazzo nel suo appello accorato , che gli ricorda come per quel giovane egli sia sempre il suo “danda”, il suo bastone e la sua spina dorsale, lo intenerisce e lo commuove come sempre. Tutt intorno sembra farsi dolce, dolce, di una bellezza unica quale quella del ragazzo, non fosse in lui presente /nonostante/ il retro pensiero che al ragazzo lui manca tanto anche per quello che lui può pagargli e consentirgli
“ Anche il mio piccolo fratello è in attesa di te”
“ Thanks You, Thanks You very much”.
E dire che agli inizi il ragazzo lo temeva, che in seguito lo riteneva il suo guru, prima di scoprire quanto ,o amasse e potesse impunemente derubarlo ad ogni abbraccio.
Poi, fu a un capodanno precedente, sotto gli effetti dell’alcool aveva iniziato a schiaffeggiarsi nella canerata dell’albergo dove lavorava, confessandogli quanto fosse stato il suo ladro.
“ Lo sapevo, non disperarti di questo…”
“ Ed io lo sapevo che non avresti detto nulla perché non volevi perdermi”.
E dire che un tempo il ragazzo era sempre festoso e devoto, non si contrariava mai con lui e gli era in tutto obbediente, servizievole, mentre ora , come oggi, sa come bistrattarlo e intonare lo sconforto più tragico per ricattarlo. Invero è un gioco tra loro due allo scoperto, ma che per il ragazzo funziona sempre, perché lui gli crede ogni volta, ammaliato dai toni di voce incantevoli del ragazzo. Anche quando gli dica dei preta che ha visto sugli alberi di chi fosse appena morto, o delle sue sfide contro centurie di nemici hindu.
“ Come stai, boy”
“Non bene”.
Dimmi per quali ragioni nuove, in particolare”
Che domande che mi fai. Come se potesse essere felice un ragazzo che non ha niente, che non trova lavoro, che vorrebbe aiutare i suoi e sua sorella a sposarsi ma che riceve soltanto rimproveri in famiglia, che ha la morte nel cuore perché sa che la sua ragazza tra giorni andrà a sposarsi con un altro, anche se forse lo ama ancora, perché lui non ha niente da dargli, non ha ha neanche i soldi per ricaricare il mobile, per abiti nuovi invece di quelli che usa ogni giorno…”
“ Tutto questo non è una novità “
“ Ma è la mia vita di ogni giorno, ed ora mi ritrovo a ventitre anni senza futuro, senza più speranze, senza sapere come provvedere ai miei”
“ Mohammad è da anni che tu e la tua famiglia siete in questa situazione, eppure sopravvivete, non siete mai andati a fondo”
“ Io so soltanto che la vita è madarchod! Vale la pena seguitare a vivere così?
Già altee volte il ragazzo gli aveva prospettato il suicidio, nei toni cupi più drammatici, al colmo della disperazione del suo amore per una ragazza impossibile, o dopo una rottura in famiglia più dura del solito, esprimendosi nei toni più sconsolati che sapeva gli avrebbero sortito il suo conforto economico.
“ Questa sarà ò ultima notte della mia vita. Non so se domani potremo tornare a parlarci”

Ora come allora egli non voleva affatto risollevare il ragazzo con alcun discorso consolatorio, ma con la verità delle cose
“ M., te l ho già detto la vita è fare esperienza, e ha più valore se è più difficile”
“ bei discorsi che mi fai.. Che se ne fa di tutta l esperienza che vuoi , uno che ha bisogno di ossigeno per respirare…..
Mohammad, egli gli risponde in tono divertito, smascherandogli il gioco “ è forse denaro l ossigeno di cui parli?”
Per un poco il ragazzo ha un trepido sorriso, un altro “makelodhe…” affiora sulle sue labbra, come riconoscendosi scoperto nel gioco che trama,
“ M, Shakespeare che tu conosci, fa dire a un suo personaggio, “ Ripness is all “ La maturita per cui un frutto è paripak è tutto”
“anche così è come se uno ti chiedesse acqua e tu in cambio gli offrissi spezie piccanti. E’ questo che lui vuole? Tu dici bene perché vivi bene..”
“ M, se non mi prendessi cura di te , e di altri nel mondo, la mia vita sarebbe davvero facile, ma vuota.
E prendermi cura di te, e degli altri nel mondo mi costringe in casa tutto il giorno, perché non mi restano i soldi che altrimenti potrei spendere viaggiando, andando al cinema o al ristorante, …
“ Makelodhe, ripete il ragazzo, intenerito,
“ Moham mad , a che ti serve il denaro?
“ Devo tornare a Kanpur a cercare ancora un lavoro, dopo Moharram”
“ E ti servono ancora tanti soldi quanti quelli che ti ho già inviato, quando sei andato per il lavoro ed hai fatto ritorno dopo solo tre giorni?
“ No, stavolta me ne servono di meno, 1.100 rupie. Presso il negozio mi hanno già stampato l identity card.
Lo dirò a oncle Kailash e lui te li farà avere , ma non prima di lunedi, dopo che a lui glieli avrò inviati.
“ E 200 rupie per la ricarica del mobile”
Gli dirò di farleli avere in precedenza
“ Lavoro finito! Work complete ! “ grida il ragazzo dismettendo ogni tono di voce funereo, da giocatore a giocatore esperto del suo gioco.
E …”
“Te l ho già detto che un giorno ti compererò una Ferrari, ma di seconda mano”
Ogni contatto già perso in linea.

lunedì 2 settembre 2019

l'Oltraggio


"Grazie dei soldi che mi hai inviato, mi servono già domani per il dottore.”
“ Qualcuno di voi che sta male, Kailash?”
“Sono io che ne ho bisogno.”
Temevo che accusasse di nuovo disturbi allo stomaco. E’ successo invece che il padrone per il quale lavora in hotel, vi sia sopraggiunto stamattina che erano ancora le cinque, incattivito dai pochi customers che ora vi soggiornano , da che mesi or sono si è acuita la crisi turistica di Khajuraho, che allora con malo garbo lo abbia svegliato, e che gli abbia chiesto di sfalciare all istante il giardino.
“There were many mosquitos in the chara”, troppi erano gli insetti a quell’ ora che infestavano le erbacce, perché Kallu non ne restasse infettato in tutto il corpo, e non sopraggiungesse la febbre, che con i medicinali che ha assunto lo ha assopito nel sonno tutt’oggi fino a tardi.
Ma mentre mi parlava non aveva più febbre, anche se domani andrà a farsi controllare dal dottore.
“ E’ la malaria, che temo”, mi confidava.
“ Mi ha fatto lavorare come un masjdur”, Kallu-Kailash aveva faticato come un muratore, senza per questo alcun compenso aggiuntivo, mentre il padrone si era ben guardato dal chiamare in causa il cooperante notturno di Kailash, il bel giovane scansafatiche , di Jata Shankar, che non sa muovere che le labbra per dire al mio amico quanto sia stupido, “murk”, così facendo.
“ Non l’ha incomodato perché è brahmino?”
“ Anche, ma credo sia stato anche per altro. Il mio padrone crede che l’abbia fatto per guadagnarci, che ieri ho portato un turista e la sua compagna a visitare casa mia e gli offerto un pranzo. Tutti per questo mi attaccano in hotel”
“ Che miserabil, sono meno che animali”
“Sono Io che sono stupido, “ i m murk “ a prendermi a cuore l hote”l.
Ieri notte, come ogni notte, era rimasto sveglio di guardia in strada, e gli era stato così possibile, quando erano già quasi le tre, avvistare una vettura , proveniente da Damoh, che stava già parcheggiando presso l hotel Buddha. Li aveva avvicinati e li aveva indotti a recarsi invece al suo hotel , per oltre due mila rupie per due stanze. Un guadagno per il suo padrone di cui a lui non era toccato nulla, di cui aveva ricevuto in cambio solo maltrattamento e una ferita inferta alla sua dignità così sensibile-,
“ Kallu tu sai tutto quello che penso di te, come vorrei che tutto fosse diverso”
Purtroppo le sole 3.500 rupie che riceve ogni mese , delle 5.000 che gli spetterebbero, decurtate delle domeniche e delle ore in cui non può essere di servizio, senza che gli venga riconosciuto nulla di quello che fa realmente di straordinario, sono la sola sua chance di lavoro, che pur gli conferisce una dignità e rispettabilità sociale e in famiglia, in quel covo corrotto di rapaci e di mostri che è Khajuraho.
Se solo penso che per giorni, quando gli chiedevo come stessero le cose, invece di parlarmi dei bambini e della loro educazione scolastica, per dirmi in breve che le cose non volgevano al meglio in questa stagione monsonica , mi annunciava “ Today?’ No room, no rain “.
“E Mohammad”, mi ha poi chiesto stasera?
Non mi era stato possibile oggi contattare il ragazzo, ora un giovane uomo , a onore del vero, in Kanpur dove è da ieri, e dove lo immaginavo una buona volta immensamente felice, oggi come ieri, quando mi aveva detto di ritrovarcisi in Paradiso, insieme al più caro dei suoi amici d’infanzia.
E ieri in Paradiso vi ero anch’io nel saperlo felice, nel sapere quanto gioisse Kailash nel dare ospitalità e sentirsi rispettato e importante.
Ma che il padre Mohammad non lo facesse tornare anzitempo, per accompagnare in visita qualche parente femminile, il ragazzo aveva bisogno di sostare quanto più a lungo in Kanpur non solo per il lavoro ripromessogli dallo zio, ma per restare distante dalla celebrazione del matrimonio della ragazza che è ancora il vero e unico amore della sua vita.
Che il sonno, ora che è notte qui in italia, e ancora là in india, assopisca ora il dolore di Kailash per la sua dignità ferita, con le mie lacrime per l oltraggio arrecatogli.

Restare umani


“ No, non è possibile continuare così.” Ora minacciano di suicidarsi i migranti che in vista della costa dopo settimane di attesa non sono fatti sbarcare. “ Tutta la mia solidarietà” scrive in facebok , a sostegno del capitano che forzando il blocco entra nel porto di Pozzallo affiancato dalle guardia di finanza che gli ha appena sequestrato il peschereccio.
Il tempo si è fatto incerto, Un piovasco ha appena rinfrescato la città. L indomani dopo settimane e settimane si recherà a trovare sua madre. Sempre che possa darle la conferma stasera per telefono.
Sul fatto che sia Lei a chiamarlo, una buona volta, non è certo il caso di confidarci. Non c’ è volta che la contatti che lei non gli riservi sempre le solite frasi dolci d’occasione “ Mio caro, tesoro, ti penso sempre sai…” nel chiudere al più presto la conversazione.
“ Qui stiamo tutti bene, sai, “, la sintesi di tutto, come se per lui fosse un lieto annuncio.
Oramai lei è sulla soglia dei 90 anni, svaporata e sempre più inconsapevole, ma il diabete non pregiudica la sua salute, e negli occhi traluce l’identica vitalità vogliosa di vivere. Incurante di quel che costi a lui e agli altri suoi figli quello che oramai è solo un interminabile sopravvivere a se stessa.
“ Io qui sono riverita, sono servita”, e tanto le basta e tanto la appaga del suo essere ancora nel mondo.
“ Non c’è possibilità che mia madre arrivi a chiedersi che sacrificio importi per mia sorella essere al suo servizio ogni giorno, non potere lasciare per lei la città in cui vivono.” Non posso dire nulla di lei. Ogni giorno viene a farmi la spesa. Mi assiste in tutto”
“ Vecchia scimunita, gli viene voglia di gridarle, come se a mia sorella per la tua decrepita vecchiaia non buttasse via la sua vita. Meglio passare ai saluti e al congedo di sempre, pensando, maledizione, che solo la saggezza indiana riserva ai vecchi di finire senza più niente in un bosco”
Le sembra la più ovvia delle cose che una badante sia ogni giorno al suo servizio, mattino e sera, che per sovvenire in questo a lei immobilizzata in appartamento lui che le gambe ancora lo sorreggono non possa più muoversi dalla città in cui vive, talmente l onere grava sulle sue risorse.
“Bella cosa ora si dice, rimproverandosi di tardare ancora nel prendere il depressivo quotidiano, ogni giorno dovere fare il bilancio tra ciò che mi resta in banca e gli anni che possono restarmi da vivere”.
“ Restiamo umani” è il grido in rete che intanto rilancia, contro chi si ostina a tenere ancora chiusi i porti alle organizzazioni che soccorrono i profughi.
Né la ” signora” , come gli vien detto di chiamare ora sua madre, sembra avvertire o volere rendersi conto di avere reso i suoi figli l uno ostile a ogni altro, che nemmeno più si parlano o può vederli insieme, nel ripartire i costi e le cure da prestarle per mantenerla.
Ora a tutto lei fa spallucce, tranne al novero degli anni se ne fa il conto
“ Ma sai che sono tanti 89 anni?”
Al che quando glielo dice è lui a consigliarle di fare spallucce, dicendole” pensa soltanto a guardare avanti. Nessuno può sapere quanto gli resta”
Al che lei si rasserena e torna ai suoi giorni passati,alla immagini ancora vive nella sua memoria dei suoi nonni, così belli e decenti, di quanto da bambina le piacesse correre scalza.
O sospira “ potessi ancora vivere altri dieci, vent’anni così”.
Vorrebbe tanto allora una buona volta poterle dire “ Ma ci pensi almeno, che se vivrai ancora a lungo ci dovrai seppellire tutti noi quanti, dopo averci spolpato di tutto ” ma tace, anche di questo, anche perché sa bene quanto lei sia di fatto insensibile al dolore altrui, fosse la morte stessa dei suoi figli. pur di vivere più del suo tempo,
Il fratello di lei è gravemente malato, di dieci anni più giovane, un’operazione per rimuovergli un cancro l’ha talmente debilitato che è già molto sperare che possa lasciare il letto di degenza per morire nella sua casa, ne è stata in qualche modo informata, ma più di qualche sospiro e sperare per il meglio lei non concepisce, prima di passare al più presto ad altro.
“ io non voglio vivere più a lungo di chi ho caro nel mondo, del mio amico e dei suoi figli, rispetto a loro sono il primo a cui tocca per età, e così sia assolutamente “ ripete a se stesso quando l’essere di sua madre ancora così determinato a vivere gli fa ribrezzo”.
Sa benissimo quanto le deve, e come ricordarselo a nulla serva a che possa togliersi di dosso tanta avversione nel sacrificarsi per lei, come solo il richiamo dei suoi amici nel mondo che le chiedono di sua madre, per giovani che siano, che gli dicono come per loro una madre sia come dio, e più di dio” può sommuoverlo e toccarlo più di tanto.
“Da lei con la vita ho avuto in dono la malformazione alle mie gambe che già mi pesano tanto e mi limitano nel muovermi, ma non fosse per lei sarei ancora più sciancato,
Fu lei, non suo padre, pavido e succube dellasua vecchia madre onnipotente, a condurlo in città dall ortopedico, a sostenere la sua disperazione da piccolo quando si ritrovò con gli arti ingessato che sapeva già camminare, fu lei a volere che seguitasse i suoi studi per i suoi risultati eccellenti, quando il destino che gli riservavano gli altri in famiglia era di essere un bottegaio come suo padre, come a dire, nella sua inettitudine pratica, di finire per essere un idiota di villaggio.
Ma poi …non fu più sua madre da che anche da lui ebbe a fuggire, come l’ aveva lui stesso sobillata, in rivolta contro l’avola di casa, e quel voler essere la sua padrona come lei era stata tenuta sotto padrona e comandata nella casa del marito, asfissiante… intollerabile… finchè non aveva perso le capacità di comandare prima di tutto a se stessa, e nello svanire a se stessa si era addolcita…
Egli firma intanto la petizione per i bimbi affamati e malnutriti dello Yemen ove si combatte, condivide lo sdegno per i 98 morti sul lavoro della sua regione solo dall inizio dell’anno, e si grida infine no, no, devo ridurre il mio contributo per lei, non ho nessuno come lei su cui contare, quando avrò i suoi anni e la mia pensione non basterà a mantenermi. o ad assicurarmi un ricovero. Già ora niente ristoranti, niente viaggi, niente più libri cartacei, cinema, concerti o teatro, la casa dismessa e malmessa di cui non può riparare niente, la sola biancheria intima cui può provvedere, e non può fare altrimenti, altrimenti puzzerebbe come un Calibano di pesce marcio come si inoltri tra gli altri per le sue micosi..
Bisogna che sappiano farseli bastare i miei soldi, mia sorella e chi accudisce mia madre, come io me li faccio bastare giorno dopo giorno.
Non una, ma due badanti, ha visto aggirasi per la casa della madre, ora vogliono anche ritinteggiarla, rimediarle una doccia a se stante antiscivolo in luogo della vascam, mentr’egli deve defecare senza nemmeno il piano d’appoggio
E l ultimatum è inviato, da ora per sua madre fratello e sorella non potranno più oltre contare su di lui come prima.
Almeno ha il sollievo, ritornando a face book dopo avere inviato l’email ultimativa, di leggere che anche gli ultimi profughi rimasti sulla nave al largo sono stati fatti sbarcare.
“ Cominci da loro scrive, chi vuole un nuovo umanesimo”-

Pagina di diario ( 2018) circa
Stasera mi ha chiamato al telefono quando erano già passate le 22.
Sei tu che mi hai chiamato al telefono?
No, non ti ho chiamato questa sera.
In ogni caso ti do la buona notte, caro
Poi le solite parole e domande sul tempo, che facessi, se stessi bene.
Per i suoi dolori mia sorella ogni tre giorni deve ripresentarsi al Policlinico.
Per il resto tutto come al solito, quanto la mia cordialità.
Rimettevo giù la cornetta del telefono al solito scambio di ciao e facevo un respiro profondo.
La messinscena era per fortuna finita e potevo tornare a leggere il raguvamsa.
Poi. Col tardare del sonno si è risvegliato di dentro ciò che covo per lei.
In un sentimento che si è fatto di pietà per mia sorella, per la sua eistenza di cui deve privarsi per lei, come io devo privarmi di tutto ciò che non sia lo strettamente indispensabile per la mia vita mentale e materiale. La miseria di vita cui mi riduce il suo mantenerla ai piani alti con bella vista sulla sua città, un alibi per la mia depressione divenuta refrattaria a tutto, che ha il perso il senso e il gusto di tutto ciò che deve farsi mancare per lei.
Per lei, che inebetita non si rende conto di niente , che sopravvive a se stessa a discapito di noi tutti.
In una longevità che è diventata un mio incubo., come la mia mente ripete e ravviva a se stessa, da che ha il coraggio di ammettere quel che pensa,
Ieri, cercando di rinfrescarne la mente , ho provato a leggerle una sirudela dell’immediato dopoguerra, nei versi dove mio zio Renè aveva intuito il sorgere di un primo legame tra lei e mio padre.
Al Carlu al se mis anca lu in la festa
ma al na ga ninsuna idea par la testa
da catàr la signurina par so cont
al sta da par lu come un cagnin ont
però o saù adès par cas
cla invità la Niva ad Malavàse
Non avrebbe potuto rispondermi con minore calore mentale, e più convenzionalità di parole., le stesse che ripete ad ogni buon uso.
Come quando mi ha detto di come ha visto male in salute F., l’amico di mio fratello, o del timore di morire di mia sorella, paventando che fossero metastasi a farla soffrire.
Lei resta sempre al di qua di noi tutti, Ed è così, e così pensando vorrei maleledirla , perché Lei ci seppellirà tutti, tutti, ritrovandosi sopravvissuta ai suoi figli, sola e centenaria con mio nipote.
E dire che potrei ancora usarle le mie gambe per artrosiche che siano e sofferenti ad ogni scendere e salire le scale, per conoscere il mondo viaggiando e vedendo dal vero Borobodur, Angkhor, Bagan. Ma niente, solo qualche tragitto a piedi e in città con la bicicletta malandata, l’altra che non mi attento a ripararla, per mantenerla nel suo immobilismo letargico domestico,
Non fosse per i miei studi e le mie ricerche, per chi ho caro in india e devo obbligare ai miei stessi stenti per mantenerla, riducendomi a non avere niente da lasciare loro, con cui provvedere alla mia vecchiaia quando sarò ridotto nello suo stato, non fosse per quanto mi resta da scrivere, vorrei farla finita qui e ridarle la vita che non mi lascia più vivere, dopo che ho penato di tutto per ottenere un distacco dal suo insopportabile amore.
Forse che io vorrei vivere un istante di più e non mi toglierei da solo la vita, se sapessi di dover pesare su chi ho caro in India quanto lei pesa sulla nostra vita restante?
La finisse, una buona volta morendo, di spogliarmi giorno dopo giorno di tutto quello che voglio lasciare a chi davvero ho caro nel mondo, ed ha ancora tutta una vita davanti da vivere! Di consegnarmi senza tutta l’assistenza di cui gode come fosse un diritto assoluto, alla più orrida vecchiaia terminale.



Fosco futuro del subcontinente


Fin che il padre di Kailash per la febbre cerebrale non è caduto i giorni scorsi in stato confusionale, per mesi i nostri discorsi si sono appuntati sulle piogge monsoniche e i turisti che tardavano a venire in Khajuraho, sulle minacce di guerra del Pakistan dopo che al Khashmir ai primi di agosto è stata tolta l’ autonomia dal governo di Modi. Temeva per la mia vita al ritorno ad ottobre o novembre, che tutta l india finisse distrutta, se il Pakistan avesse fatto uso dei suoi ordigni nucleari.“ Non devi temere più di tanto E’ come i cani che sento abbaiare davanti all’hotel, Kailash, devono gridare, ma non attaccano ogni volta che abbaiano” “ Te lo dirò quando sarò in india che cosa penso di ciò che ha fatto Modi. I nostri telefoni possono essere controllati ed io finire in qualche black list”.Solo nella seconda metà di agosto i monsoni hanno cessato di disertare Khajuraho e i territori del Bundelkand, e più volte, più giorni, è caduta un’insistente pioggia., certo non abbastanza a colmare il bacino della diga da cui dipende , per chi non ha un pozzo nei campi, che quest’anno sia un anno di siccità. Non demorde invece la crisi turistica, preannunciata dall’assenza di prenotazioni per i mesi a venire. “ no raining, no rooms, il ritornello che mi ripeteva quando gli chiedevo di aggiornarmi su come stessero le cose. “ Kailash lo pregavo, dimmi piuttosto di come stanno i nostri piccoli, di Chandu, Poorti,, dI Ajay, l’hotel è del tuo padrone”
Del Grande padrone, il più vecchio, per giorni avevo dovuto subire le sfuriate rancorose, il rivalersi su di lui come su tutto lo staff dell’apprensione angosciata, in insulti, sovraccarichi di lavoro, in rinvio alle loro famiglie e ai loro villaggi di quelli che erano divenuti in eccesso . “ Kailash quanto fai è già troppo, sveglio di notte fino alle tre per intercettare turisti allora in arrivo “.
Certo è una nemesi più che giustificata dalla indisponenza indisponibile delle sue guide e dalla aggressività rapace dei lapkas, i giovani procacciatori in stato d’assedio di ogni turista straniero che vi metta piede, ma le ragioni sono altre, i locali, anche le famiglie più facoltose non usano l’aereo per Delhi, la rotta è solo turistica ed è divenuta troppo dispendiosa per le compagnie e agenzie di viaggio, perché inseriscano ancora Khajuraho nei loro itinerari, che sii limitano ora a triangolare Delhi Agra Varanasi . E benché pervenire a Khajuraho sia molto meno disagevole di un tempo, siano aumentati i collegamenti stradali e ferroviari , i treni attuali o i bus sono più insostenibili per i backpackers contemporanei che quelli di un tempo. E per essi è più irrinunciabile il sesso o il cracker che l arte dei templi hindu. Per quanto anche Khajuraho offra di tutto, non è certo Goa o Manali o lo stesso Daramsalah, con buona pace del Dalai Lama.

In attesa dei monsoni


Ieri sera, finalmente quando in India era già notte, Kailash dalla reception dell hotel in cui si ritrovava di turno poteva dirmi che mi stava parlando mentre di fuori pioveva, non a dirotto, per verità, ma nemmeno poche gocce, piuttosto un piovasco continuo e regolare. Nei giorni scorsi avevamo presagito l’ avvicinarsi della stagione delle piogge da est, a poco a poco, sempre più verso l interno del Madhya Pradesh, oltre Indore prima in Vidisha, poi in Shivpuri, pur senza toccare Bhopal, mentre in Mumbay da giorni già pioveva a dirotto. La siccità era diventata implacabile, mentre i giornali indiani non parlavano che di mondanità e politicantismo. E’ da anni che in India i monsoni ritardano e non portano tutta la pioggia tanto attesa, che con i fiumi e i bacini d’acqua, i talab, calano le falde acquifere.
Kailash mi era venuto raccontando di come avesse dovuto differenziare e razionare l’acqua non potabile, assegnando ai bisogni igienici e alla pulizia della casa quella che si poteva attingere ancora vicino al talab, alla cottura degli alimenti l’acqua pompata a una fontana più interna.
E con gli uomini gli animali a patire l’arsura, che lasciavano la giungla o i loro recessi per avvicinarsi alle dimore dei villaggi. Era bastato un po’ di acquerugiola, nella siccità, perché due cobra avessero raggiunto la verzura dei giardini dell’ hotel, e per giorni le scimmie langur avevano fatto visita alle cucine del ristorante. “ Ti attaccano, avevo il bastone per affrontarle”. Ora Kailash era invece alle prese con i grilli che balzano e si infilano dappertutto, sin dentro la biancheria intima.
Pur nella gran calura le suore della scuola di Chandu sono state di una fermezza incrollabile nell’iniziare le lezioni ai primi di luglio seguitando a imporne lo svolgimento dalle sei e mezza del mattino fino alle due del pomeriggio, al che io ho invitato Kailash a consultare un dottore sullo stato di salute e di resistenza fisica del nostro scarno Chandu, ripetendogli che la scuola deve essere per i bambini e non i bambini per la scuola. Del resto le autorità stesse avevano invitato i dirigenti delle scuole a sospendere le attività se l inclemenza del caldo fosse stata proibitiva, nel timore che si possa ripetere la catastrofe del Bihar, dove oltre centro trenta bimbi sono stati le vittime di un’epidemia ancora in corso.
Per Poorti le scuole sono ugualmente iniziate ma mancano ancora i libri di testo, troppo ha tergiversato il principal nello scegliere quali adottare. Per Ajay se ne parlerà al suo ritorno da Daramsalah nella seconda metà del mese-
Quale che sia l'andamento delle piogge, ai primi di luglio è cessata dì incanto la stagione dei matrimoni tra i membri delle varie caste, e d'ora in poi sarà il tempo solo dei matrimoni di adivasi e dalit., la pioggia benedicendo i coltivi ma non gli sposalizi. Sarà anche il tempo che i sadu itineranti si pongono a riposo in un luogo prescelto per rimanervi fino a Diwali, nel quale potranno raggiungerli da ogni parte dell India i loro devoti.
Il sadu jain che l’ anno scorso ha miracolato economicamente Khajuraho ora si trova nei pressi di Jabalpur, e qualora anche se ne staccasse, pare che sia intenzionato a raggiungere piuttosto Baldeogarh presso Tikamgarh.
Per Kailash la buona notizia di questi giorni è stata, comunque sia.che finalmente il proprietario dell’hotel ha fatto pervenire da Jabalpur un impianto elettrico, e non più a legna, per il riscaldamento dell’acqua nelle stanze, sicché lìamico non dovrà più risvegliarsi tre, quattro volte per notte, per avvivare il fuoco nella vecchiaia caldaia.
Una gran fatica il sistemare il nuovo l impianto risalendo fino a al piano più alto, altri costi su costi , , quelli dei tecnici venuti da Indoore per metterlo in funzione, che hanno invelenito il proprietario
Nel frattempo mediante Whatsapp il mio amico l’ ho portato a spasso con me una prima volta tra i murales che adornano il quartiere di Lunetta della mia città, a dire il vero il suo ambiente più cosmopolita, che” a chota Chandigar è”, che è una sorta di piccola Chandigar, avrei potuto dirgli a commento, dato che è stata costruita secondo gli stessi stilemi architettonici e urbanistici con i quali LeCourbusier ha fatto edificare la capitale indiana di Chandigar. Una seconda volta si è invece ritrovato con me a Roncolo, Runckelstein, presso Bolzano, dove mi sono recato a vedervi gli affreschi che sono l unico antecedente reale che si sia conservato di quelli di Pisanello in Mantova, nel Palazzo Ducale. Dalla torre gli ho svariato le immagini delle pendici dei monti circostanti, di una pieve più in alto, prima di San Genesio, di un altro castello o “qila” più in basso, su uno sperone presso il corso del Talvera, di cui poi gli ho mostrato le acque schiumanti tra i massi, al termine della ripida discesa dal castello lungo tutta la quale mi ha accompagnato. “ Il verde che vedi tutt’intorno sono coltivazioni più in alto di uva, più in basso di mele”
“ Di mele come nel Kashmir, nell’Himachal Pradesh”
“ Si, come tra Simla e Manali”.
Kailash l’ho videochiamato di nuovo quando in aperta campagna mi trovavo già in prossimità di Mantova, perché vedesse l’arrivo in stazione tra i laghi.
L’ora era per lui tarda, ma l’amico ha voluto seguirmi in stazione, mentre raggiungevo casa. Gli piaceva il profilo lineare degli edifici, si meravigliava della quiete del nostro presunto traffico per le vie urbane, che in circolazione vedesse solo automobili e pedoni, quasi tutti stranieri.
“ Ma, è sbottato ad un punto, negativamente sorpreso- finora non ho visto nelle strade bufali e vacche”
“Kailash, gli ho sorriso, i soli animali che puoi vedere qui liberi sono le anatre lungo il corso d’acqua che ti mostro- era il Rio- e i piccioni che ne salgono al cielo lungo i muri della chiesa accanto” Gio dopo l’avrei condotto con me nella piazza della Basilica di Sant’Andrea.
Solo pedoni e ciclisti di transito, nella zona a traffico limitato, e lungo le scalinate della Basilica della gente locale e dei residenti stranieri a sedervi., un pakistano con cui ha interloquito, delle donne in salvar kamis sue coetanee con i loro bimbi.
“ E’ come il Durbar di Katmandhu, mi diceva, memore dei nepalesi che aveva visto raccogliersi a parlare e discutere lungo le gradinate delle pagode che poi sarebbero crollate nel corso del terremoto del 2015.
Ma quelle torri sono come il Qutab minar, c’è anche una chattri, mi diceva della cupola di Sant’Andrea, delle torri del Palazzo del Podestà e di quella dell’orologio
It s very nice, sei davvero fortunato a vivere in una città così bella.

Ieri, poi, di sabato, mi è giunta la richiesta di amicizia in face book di Chandu. Al mio amore di bambino ho inviato in risposta una sua fotografia in cui si eleva in preghiera sulle spalle di Mohammad, la richiesta se conosce Minecrafts, quale gioco gli piaccia di più, “ PUBG” mi rispondeva via Whatsapp, per comunicare con lui nel suo mondo virtuale. E la mia vita in lui ha ripreso a farsi un sogno colorato

UN MIO SCRITTO PERSONALE

In attesa dei monsoni


Ieri sera, finalmente quando in India era già notte, Kailash dalla reception dell hotel in cui si ritrovava di turno poteva dirmi che mi stava parlando mentre di fuori pioveva, non a dirotto, per verità, ma nemmeno poche gocce, piuttosto un piovasco continuo e regolare. Nei giorni scorsi avevamo presagito l’ avvicinarsi della stagione delle piogge da est, a poco a poco, sempre più verso l interno del Madhya Pradesh, oltre Indore prima in Vidisha, poi in Shivpuri, pur senza toccare Bhopal, mentre in Mumbay da giorni già pioveva a dirotto. La siccità era diventata implacabile, mentre i giornali indiani non parlavano che di mondanità e politicantismo. E’ da anni che in India i monsoni ritardano e non portano tutta la pioggia tanto attesa, che con i fiumi e i bacini d’acqua, i talab, calano le falde acquifere.
Kailash mi era venuto raccontando di come avesse dovuto differenziare e razionare l’acqua non potabile, assegnando ai bisogni igienici e alla pulizia della casa quella che si poteva attingere ancora vicino al talab, alla cottura degli alimenti l’acqua pompata alla fontana più interna.
E con gli uomini gli animali a patire l’arsura, che lasciavano la giungla o i loro recessi per avvicinarsi alle dimore dei villaggi. Era bastato un po’ di acquerugiola, nella siccità, perché due cobra avessero raggiunto la verzura dei giardini dell’ hotel, e per giorni le scimmie langur avevano fatto visita alle cucine del ristorante. “ Ti attaccano, avevo il bastone per affrontarle”. Ora Kailash era invece alle prese con i grilli che balzano e si infilano dappertutto, sin dentro la biancheria intima.
Pur nella gran calura le suore della scuola di Chandu sono state di una fermezza incrollabile nell’iniziare le lezioni ai primi di luglio seguitando a imporne lo svolgimento dalle sei e mezza del mattino fino alle due del pomeriggio, al che io ho invitato Kailash a consultare un dottore sullo stato di salute e di resistenza fisica del nostro scarno Chandu, ripetendogli che la scuola deve essere per i bambini e non i bambini per la scuola. Del resto le autorità stesse avevano invitato i dirigenti delle scuole a sospendere le attività se l inclemenza del caldo fosse stata proibitiva, nel timore che si possa ripetere la catastrofe del Bihar, dove oltre centro trenta bimbi sono stati le vittime di un’epidemia ancora in corso.
Per Poorti le scuole sono ugualmente iniziate ma mancano ancora i libri di testo, troppo ha tergiversato il principal nello scegliere quali adottare. Per Ajay se ne parlerà al suo ritorno da Daramsalah nella seconda metà del mese di luglio- uale che sia l'andamento  delle piogge, ai primi di luglio è cessata dì incanto  la stagione dei matrimoni  tra membri di caste, e d'ora in poi sarà il tempo solo  dei matrimoni di adivasi e dalit., la pioggia benedicendo i coltivi ma non gli sposalizi. E' anche il tempo che i sadu itineranti si pongono a riposo in un luogo prescelto  per rimanervi fino a Diwali,  nel quale potranno raggiungerli da ogni parte dell India i loro devoti
Per Kailash la buona notizia di questi giorni è stata, comunque sia
Per Kailash la buona notizia di questi giorni è stata che finalmente il proprietario dell’hotel ha fatto pervenire da Jabalpur un impianto elettrico, e non più a legna, per il riscaldamento dell’acqua nelle stanze, sicché non dovrà più risvegliarsi tre, quattro volte per notte, per avvivare il fuoco nella vecchiaia caldaia.
Una gran fatica il sistemare il nuovo l impianto risalendo fino al piano più alto, ed altri costi su costi , che hanno invelenito il proprietario, quelli dei tecnici venuti da Indoore per metterlo in funzione.
Nel frattempo mediante Whatsapp il mio amico l’ ho portato a spasso con me una prima volta tra i murales che adornano il quartiere di Lunetta della mia città, a dire il vero il suo ambiente più cosmopolita, che” chota Chandigar è”, che è una sorta di piccola Chandigar, avrei potuto dirgli a commento, dato che è stata costruita secondo gli stessi stilemi architettonici e urbanistici con i quali LeCourbusier ha fatto edificare la capitale indiana di Chandigar. Una seconda volta si è invece ritrovato con me a Roncolo, Runckelstein, presso Bolzano, dove mi sono recato a vedervi gli affreschi che sono l unico antecedente reale che si sia conservato di quelli di Pisanello in Mantova, nel Palazzo Ducale. Dalla torre gli ho svariato le immagini delle pendici dei monti circostanti, di una pieve più in alto, prima di San Genesio, di un altro castello o “qila” più in basso, su uno sperone presso il corso del Talvera, di cui poi gli ho mostrato le acque schiumanti tra i massi, al termine della ripida discesa dal castello lungo tutta la quale mi ha accompagnato. “ Il verde che vedi tutt’intorno sono coltivazioni più in alto di uva, più in basso di mele.”
“ Di mele come nel Kashmir, nell’Himachal Pradesh”
“ Si, come tra Simla e Manali”.
Kailash l’ho videochiamato di nuovo quando in aperta campagna mi trovavo già in prossimità di Mantova, perché vedesse l’arrivo in stazione tra i laghi.
L’ora era per lui tarda, ma l’amico ha voluto seguirmi in stazione, mentre raggiungevo casa, a poca distanza. Gli piaceva il profilo lineare degli edifici, si meravigliava della quiete del nostro presunto traffico per le vie urbane, che in circolazione vedesse solo automobili e pedoni, quasi tutti stranieri.
“ Ma, è sbottato ad un punto, negativamente sorpreso- finora non ho visto nelle strade bufali e vacche”
“Kailash, gli ho sorriso, i soli animali che puoi vedere qui liberi sono le anatre lungo il corso d’acqua che ti mostro- era il Rio- e i piccioni che ne salgono al cielo lungo i muri della chiesa accanto”.
Ieri, poi, di sabato, mi è giunta la richiesta di amicizia in face book di Chandu. Al mio amore di bambino ho inviato in risposta una sua fotografia in cui si eleva in preghiera sulle spalle di Mohammad, la richiesta se conosce Minecrafts, per comunicare con lui nel suo mondo virtuale. E la mia vita in lui ha ripreso a farsi un sogno colorato.Un mio scritto personale
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