sabato 7 ottobre 2017

Quest estate



Mi spiace, per certe anime cortesi mantovane, ma quando in discussione non sono gli spacciatori o chi delinque facendo violenza o rubando, ma gli stranieri che incutono paura ed avversione per il solo loro aspetto, perché per il solo fatto di starsene senza far niente "fanno cattiva mostra di sé", quando basta che una siringa con del sangue sia ritrovata per terra o che avvenga un minimo screzio o alterco tra migranti e autoctoni perchè il fatto finisca in prima pagina come

un evento, che uno dorma su di una panchina perché lo si debba espellere immediatamente,- guai, allora, anche a fare ancora un picnic sull’erba?-, a tal punto il problema non sono tanto gli stranieri ma chi nutre certe fobie ossessive, che in termini clinici si chiamano disturbi paranoidi di personalità, in termini politici odio razziale o razzismo tout court. E i giornali che alimentano queste sindromi, anziché porle sotto razionale controllo, se ne rendono corresponsabili. Quando come nella Delhi della shining, risplendente India, dello scorso decennio, i poveri e i balordi vengono cacciati altrove, senza sapere dove, per il decoro urbano di una città che non vuole recare più tracce del dolore e della miseria del mondo, e si imbelletta e si rifa il trucco, ammantata che sia di Daspo o di dichiarazioni quali quelle di un alto giudice della Corte suprema indiana “«Chi non può permettersi di vivere in una metropoli non dovrebbe venirci», beh si merita proprio quello che Arundhati Roy ha scritto della sua e mia amatissima Delhi” “Era l’estate in cui la Nonna divenne una puttana".

L'incontro reale della Camera Picta



Era l’anno 1470, il 22 ottobre, ed il marchese Ludovico II( Gonzaga )aveva di che  dolersi che il rivestimento pittorico della Camera Picta da parte del Mantegna che aveva iniziato l opera ben  otto anni addietro, fosse stato portato a termine solo per metà,  nella sola  parete settentrionale in cui aveva affrescato  la scena della corte. Restava ancora da dipingere la parete ovest, in cui  avrebbe dovuto figurare l’evento dal cui accadimento erano ugualmente trascorsi oramai 8 anni, l’incontro ,  a Bozzolo, avvenuto il 1 gennaio del 1462, dello stesso Ludovico II con il secondogenito Francesco ,  reduce da  Milano  fresco della nomina cardinalizia conferitagli  il   18 dicembre 1461 , e di cui era andato a gratificarvi gli Sforza per gli uffici interposti. L’evento, da cui forse ebbe origine l’ideazione stessa  della Camera Picta,  sanciva la legittimazione da parte del papato dell’autorità e del potestà dei Gonzaga sui territori del proprio stato,  della cui sublimazione in una temporalità umanistica la scena di corte è la celebrazione evocativa,  quale che sia l’evento a cui allude.  L incontro di Bozzolo  preludeva ad una investitura dei Gonzaga della stessa autorità religiosa sulla città, con la nomina di Francesco a vescovo di Mantova nel 1466, dopo esserlo stato di Bressanone. Ma era un accadimento oramai stagionatosi agli inizi degli anni Settanta del Quattrocento   e  smuovere il pennello del Mantegna e a sollecitare la ripresa del progetto originario cadde a proposito l’occorrenza di un evento analogo al suo  precedente di Bozzolo,  e di esso più ancora elettivo e mirabile, perché faceva seguito alla nomina dello stesso Francesco a legato in Bologna nel 1471.  Trattasi dell’incontro con  Francesco che ebbe sempre lo stesso Ludovico II, in Bondanello sul Secchia, il 22 agosto 1472,  di cui parla la Cronaca di Mantova dal 1455 al 1484 dello Schivenoglia. Tale incontro aveva rinverdito  e altresì  implementato  quello di Bozzolo,  in virtù della maggiore pienezza di poteri religiosi di cui si vi salutava il conferimento a un Francesco Gonzaga non più solo diciassettenne, come ai tempi della nomina cardinalizia. Tutto ciò  consentiva di aggiornare la ripresa del vecchio soggetto nella messinscena dell’incontro di Bondanello, con l’inserimento  in esso,  che vi siano stati realmente presenti o meno, dei componenti in più tenera età della famiglia gonzaghesca, come Rodolfo Signorini ci ha consentito di identificarli, insieme agli altri personaggi inscenati  E’ il caso  del fratello minore  di Francesco Gonzaga,  Ludovico , che gli tiene una mano,  raffigurato come già  ragazzo, mentre all’ epoca dell incontro di Bozzolo aveva solo un anno. Egli subentrerà a Francesco  quale vescovo di Mantova, e nella scena dell incontro di Bondanello  senza alcun anacronismo prolettico appare già nelle vesti di protonotario apostolico , il titolo che gli aveva appena  garantito il fratello cardinale. Insieme a Ludovico possono fare la loro comparsa  l’ancor più infantile  Sigismondo, nato nel 1469 e  figlio secondogenito di Federico, il futuro terzo marchese di Mantova,  pertanto non solo nipote di Ludovico che ne tiene la manina che gli porge, ma predestinato ad una carriera ecclesiastica che ne farà il successore quale vescovo di Mantova, dal 1511, dopo essere stato nominato ugualmente cardinale nel 1506,  non che Francesco futuro quarto marchese di Mantova, posto accanto a Ludovico II,  due  fanciulli, Sigismondo e Francesco, che all’epoca dell’incontro di Bozzolo non erano ancora nati. La realizzazione dell’affresco si protrasse fino al  1474, anno in cui la permanenza nei territori gonzagheschi sia di re Cristiano I  di Danimarca ( cognato di Ludovico II, in quanto aveva sposato Dorotea di Brandeburgo, sorella di Barbara moglie del  marchese di Mantova)-in tale circostanza ebbe a insignire  Ludovico II dell’Ordine dell’Elefante-,  che  di Federico  III imperatore, impegnatosi a suo tempo per l’elezione a cardinale di Francesco Gonzaga, diede l’occasione al Mantegna di effigiarli a coronamento dell’ investitura universale del potere politico e religioso  dei Gonzaga in Mantova,  come a sottolineare il legame con l'impero e il vanto per la parentela regale.

Così desumo e presumo che siano andate le cose, in concordanza con il Crowe, il Cavalcaselle ( 1871) e l’ Yriarte( 1901), ma così non vuole che si siano svolte la tradizione interpretativa poi invalsa,  che nella scena dell’incontro vuole che risulti rappresentato quello di Bozzolo, con tutti gli anacronismi del caso che ne risultano, a iniziare dalla presentazione di Francesco nel suo pieno rigoglio di adulto, mentre all’epoca dell incontro di Bozzolo non era ancora ventenne, e via seguitando per  ogni personaggio inscenato. Lo stesso Ludovico II appare più solcato di rughe nel cipiglio della fronte, e agli occhi, e l’orecchio ne risulta più floscio, che nell’episodio antecedente della scena di corte, pressocché coevo dell’incontro anteriore in Bozzolo. A tal punto sarebbe davvero dirimente sapere se l’investitura a legato in Bologna pontificio spieghi la  tunica  cilestrina di Francesco, già cardinale e vescovo, o la mantellina purpurea che vi è sovrapposta. Le mie  interpretazioni così delucidate sono pur sempre  solo fondate congetture. Ai critici d’arte di me più emeriti confermarle  o smentirle riaprendo il dibattito.