sabato 18 gennaio 2014

17 gennaio, cronaca di una tranquilla giornata indiana

17 gennaio cronaca di una tranquilla giornata indiana

Mi sveglio tardivamente, mentre di fuori sta ancora piovendo, i lampi e i tuoni, il “boom bom” come li traduce in inglese Kailash, dell’imperversare di un temporale nel corso di queste piogge monsoniche fuori stagione, non hanno perturbato più di tanto il mio sonno profondo, talmente me lo concilia il tremendo terribile che dopo che a kailash è stato prescritto a me ugualmente dai medici del Christian hospital di Chhatarpur, al termine della mia breve degenza, la settimana scorsa, che ha fatto seguito ad una comune diagnosi di dementia precox, come avrebbero sentenziato degli psichiatri ottocenteschi, di schizofrenia secondo la psichiatria contemporanea. Una caligine grigia seguita a gravare su Khajuraho, precludendone lo splendore invernale, Kailash lo ritrovo a letto, e comprende benissimo che è a lui che muovo i miei addebiti, quando gli chiedo come mai Ajay e Poorti non siano a scuola, mentre sottaccio che egli non è al lavoro Per il gran temporale scrosciato in mattinata i bambini tutti non sono andati a scuola, si è protratto quindi ulteriormente il regime vacanziero indiano, che feste islamiche a parte, dura oramai da lunedì corso, a seguito del freddo per il quale le scuole indiane restano chiuse in gran parte del paese, in mancanza di qualsiasi impianto o forma di riscaldamento. Per me ha dell’incredibile come un così mite tiepido fresco possa indurre gli indiani a un imbacuccamento con sciarpe e paraorecchi, come io stesso ne abbia patito il rigore e la diffusività di virus e batteri, quando alla mia partenza per Delhi ho patito un gran freddo e mi sono ritrovato all'addiaccio nel vagone sleepers, e ne rabbrividissi al ritorno in stato influenzale, oppresso di nuova da una tosse che mi si accaniva nel petto ogni qual volta tentavo di emettere parole. Ieri, l’occasione o le circostanze impellenti a seguito delle quali Kailash ha dovuto disattendere il lavoro in autorickshaw, è stato il gran riassetto dell ufficio in un vano adiacente, risistemandovi l’arredo e l impianto elettrico, un lavoro che si è protratto unintera giornata, per il venir meno dell energia elettrica fino alle cinque del pomeriggio, a seguito dei lavori in corso in Chattarpur per l'installazione della nuova rete ferroviaria, non che per il gran numero di perforazioni e di chiodi da sistemarvi, da parte del balai, il falegname, perchè sulle pareti vi riapparisse in un ritrovato ordine tutto l’apparato decorativo inter-religioso e del più multicolore artigianato indiano, incluse miniature del rajasthan e dipinti Madhubani o Gondi. Nella mattinata odierna, sono le undici e Kailash è ancora attardato in casa per cucinarmi il breakfast, dopo di che si mette a letto in uno stato di torpida sonnolenza e di indisposizione indisponibile a qualsiasi darsi da fare, accusando il suo cronico bruciore agli occhi, per tutta la polvere che aveva dovuto spazzare ieri n ufficio a seguito del trapanio dei buchi per sistemarvi i chiodi cui appendere quadri e ninnnoli. Già nel decorso del risveglio la mia mente aveva conosciuto i suoi propri travagli, perché la soddisfazione di come il giorno avanti ero riuscito a far risorgere il mio ufficio ancora più bello e più incantevole che nel suo corredo precedente, era stata perturbata dalla pretesa del brahmino Balbil, che del vano del mio ufficio è il proprietario, un ordine richiesta più che una domanda, che dall'indomani mi mettessi a servizio delle due donne che gestiscono il suo ritrovo d'infanzia assistenziale. Non era dunque servito a nulla che oramai due settimane fa, alla partenza per Delhi, avessi rintuzzato il suo esercizio abusivo della propria autorità di brahmino e di proprietario dell’ufficio che è il cuore delle mie attività in India, con l’ordine che mi facessi l’insegnante personale del figlioletto di una donna musulmana che vagheggiava,- come lord Krishna ha mille giopi, one thousand amanti vaccare, a detta di Kailash- in questo caso la moglie del driver Anklet , che a tanto l’aveva istigata, sapendo del debole del brahmino per la sua signora, e con il quale ho un conto da lungo in sospeso, per avere egli scaricato su due piedi con un “ Madar chod” in quel gran intrico di vie che è la vecchia Varanasi, a oltre due chilometri di distanza dal loro hotel, il cliente italiano e la sua famiglia di cui io e Kailash gli avevamo commissionato il trasporto sino a Varanasi da Khajuraho, per essergli essi venuti in gran dispetto in quanto non gli avevano elargito alcuna bakshhesh. E mitigatasi tale mia inquietudine angosciata, grazie anche al lenitivo dei farmaci, ora la letargia di Kailash, il riacutizzarsi della gravità che assumeva per lui la lacrimazione degli occhi, pur se il sole è diuturnamente schermato da una grigia foschia, la sua collericità con Vimala, nel persistere del mio parossismo mi mettevano in stato di estremo allarme, era forse finito, temevo, l’effetto della sua cura farmacologica, mentre nessuno dei familiari sembrava avvertire la situazione di rischio, nè Vimala canora nei suoi lavaggi e rilavaggi, nè Ajay come sempre irreperibile nella sua incoscienza esasperante. Sicché mi limitavo a tenermi daccanto al ragazzo mentre assisteva alla sfuriata del padre, e nel puntargli il dito contro, con foga iraconda, riuscivo a contenere l’aggressività del mio astio per la sua volatilità mentale, per essere egli ancora “chotan” più nella sua incoscienza della gravità delle cose e della pesantezza della nostra situazione che nella statura del corpo.
Per via, avvertivo tutta l’alterazione in corso del mio stato mentale, che i farmaci possono sedare solo nelle sue reazioni, per l’odiosità che assumevano i volti e i corpi della popolazione locale, in specie i giovani che bighellonano in tre in sella alle loro moto, senza prefiggersi niente da fare, alcun vero mestiere da intraprendere, o alcunché da leggere o studiarsi, i lapka e i bimbi già in cerca di turisti da accalappiare, o al loro seguito incalliti, come demoni custodi che se ne sono impossessati di un lascito in rupie per essersene impossessati della fiducia o della incapacità di farne a meno, o di cacciarli via, tale e tanta è di costoro l’ottusa incultura o insicurezza, o pochezza di mete, che fanno si che per un “misto di insolenza, di capriccio e vanità”, non credano o diffidino di chi parla loro in tutta sincerità e onestà, e cadano invece inevitabilmente nelle sporche grinfie di chi non sa pratica re altra arte o parte che il raggirarli, come ben loro sta, sia pure a dispetto di chi studia ogni pietra templare o usanza o vestigia locale, cerca di venire a conoscenza dogni organic farming o organizzazione effettivamente no profit con cui sia fecondo l’incontro del viaggiatore o turista. Era stato il ricadere in tale retaggio locale, al mio rientro da Delhi, quando mi si è irriso al saluto o mentre in bicicletta faticavo nellerta che conduce al tempio Chaturbuja, o neanche nel negozio del balai , il falegname a cui stavo affidando le mie miniature da incorniciare, mi sono trovato al riparo dalla altrui indiscrezione assoluta, alla richiesta del farmacista di quanto mai mi pagasse il "principal" per le mie lezioni di italiano, e dopo che certe bambine si sono unite alle loro compagne che erano i soli allievi delle mie ultime lezioni di italiano, solo per chiacchierare con loro e sottrarsi agli insegnanti e alle sberle che da loro avrebbero ricevuto se si fossero comportate nello stesso modo , che la mia mente ritrovandosi per mia libera scelta, o per vocazione d’amore, in un contesto dinferno simile a quello delle scuola dItalia a cui mi sono ritrovato libero, è entrata in depressione ed ha ripreso a vacillare, è crollata e precipitata nelle sue patologie aberranti.
Con il brahmino Balbil ho incrociato solo il saluto e lo sguardo, al ritorno nel market che ha il suo nome di famiglia, e ho serenamente trascorso l’intero pomeriggio a riordinare sugli alamari dell’ufficio le effigie delle divinità hindu e i loro apparati di culto, ad appendere ai muri i residui dipinti madubhani o gondi di cui disponevo, i pupazzi e le ghirlande rajasthani, o quant'altro lo ha reso per me un sito ameno di riparo e conforto, in cui è riapparso Kailash verso sera.
“ non ripetere ancora una volta quanto è bello il nosro ufficio, porta male” ha insistito. E pur nella sua inettitudine a complimentarsi e a rendere merito e grazie, mi è mostrato soddisfatto che non apparisse più come la congerie di uno show rom dell'artigianato liturgico indiano. Solo dovevo decongestionare l'intasamento di seggiole e tavoli e panche. Del mio amico ho in gran pregio ogni giudizio estetico, tanto più da quando ha biasimato la mia scelta di un dipinto madhubani perché conteneva solo l'immagine composita di un mandala di pesci beneauguranti, dicendomi laconicamente, in tutta franchezza quale motivo di scontento estetico.“ there is not subiect”

Insieme abbiamo mangiato delle frittelle di patate con ripieno di ceci e salse piccanti, prima che mi lasciasse solo e ch’io facessi ritorno a casa per depositarvi un quadro e un quadrettino devozionali islamici da riparare.
Dell ufficio non lo persuadeva ancora, mi ripeteva, l’ingombro che vi costituivano le giare di terracotta, la disposizione della panca per lezioni o conferenze, che andava per lui disposta invece lateralmente.
A un mio ulteriore rientro a casa, per prelevarvi decalcomanie e una coroncina del rosario indiano da sovrapporre all’immagine di Pope Francis , beneaugurante come quella di un Shiva o di un Buddha in abayamudra, ho chiesto ad Ajay se voleva cogliere l’occasione di riprendere il mio insegnamento dell italiano, per vedere il riordino dell’ufficio nel nuovo vano, e di sollecitare Poorti ad essere della partita. Sul l’istante si sono fatti ritrovare disponibili tutti quanti i fratellini, con me in bicicletta era pronto a venire anche Chandu, fresco e profumato e lieto nel suo incanto infantile.
Piovigginava, ma Kailash sarebbe venuto a prenderci con l’autorisciò se fosse piovuto a dirotto.
Che mi sia dimenticato di portare con me i libri di testo, è stata la circostanza che ha propiziato che tenessi solo una piccola lezione breve sul “ciao e il buon giorno o il buona notte o buonasera”, -con gli amici o con le persone di riguardo non familiari-, tra i più impertinenti schiaffeggii e pugnetti graziosissimi che mi infliggeva l’adorato chandu, il mio presunto e improvvisato assistente, di cui saltellante sul lettino dei massaggi sottostante la lavagnetta, dovevo fronteggiare tutta l impertinenza dei tentativi di cancellare quanto vi scrivessi con il pennarello.
Poi li ho lasciati disporre dei pennarelli e della lavagna a loro piacimento, di rientro a casa per prendervi la videofotocamera della cui card avevo recuperato i contenuti e le funzioni del dowload dei dati il giorno avanti, insieme con delle berrette per ripararci dalla pioggia al rientro di lì a mezz’ ora.in video e foto ho tentato di riprendere e fissare l incontenibile gioia dei miei bambini, sino a che è stata l'ora che si rimettessero le scarpe e si avviassero verso casa . Nemmeno il tempo di chiederci se fosse il caso o meno di rientrare in bicicletta, che per l''ffetto di noi tutti che sprigionava alla sua sola vista, è ricomparso Kailash che era venuto a prenderci con il tuk tuk.
Le biciclette le avremmo lasciate dentro l’ufficio. Visto che era ancora aperta la pasticceria cui l’ufficio fa seguito, ho invitato i nostri bambini a cibarsi di qualche dolcetto. Di la dai vetri Kailash si è immancabilmente oscurato alla loro gioia, come supponevo, al pensiero di Sumit, che ne sarebbe potuto esserne gioiosamente ugualmente partecipe, “ My Sumit”, come non manca di dire le poche volte che ne ha modo di parlare. Al nostro povero caro Sumit era già corso anche il mio pensiero, quando per accertare linglese di Poorti, le ho chiesto di dirmi quanti fratelli avesse.
Due, certo, tra me ho pensato, ma se non si conta il fratellino che è già nel Nirvana.
Aveva cessato di piovere a dirotto quando ci siamo decisi a rientrare, sicché solo Poorti e Chandu sarebbero tornati a casa sull'autorisciò, mentre io ed Ajay avremmo riportato a casa le biciclette.
La caduta di tasca del portafoglio è stato poi il pretesto per avviare Ajay a precedermi mentre lo raccoglievo da terra, e per recarmi allo shop center di Agrawal per acquistare le colle che mi servivano per riparare la copertina di “ the religious imagery of Khajuraho” e il quadrettino devozionale muslim, per ritornare indietro al negozio di articoli per la casa di un negoziante jain, ed acquistare la cesta metallica che ancora occorreva, perché Vimala potesse disporvi rialzate dal suolo tutte le stoviglie e le posate in uso.
Ma mi illudevo ,se cosi credevo di completare la felicità domestica: “ E adesso, brontolava la costernante Vimala, perché non portare indietro quello che avevo acquistato il giorno avanti, che come avevo adocchiato in cucina ad un mio rientro a casa, non bastava per l’occorrenza. Una micragnosità che faceva il paio con la sua ostilità al paio di babbucce che si era provveduto ad acquistarle, perché stando con i piedi sempre in ammollo nel cortile, non seguitasse a contrarvi infezioni.
“ Cerchi piuttosto di salvare denaro acquistando meno gutka”, la rincalzavo.
“ E’ una old lady”, ribadiva esacerbato Kailash, mentre mi cucinava gli spaghetti, e lei assisteva come in atteggiamento di sfida e senza avere niente da voler apprendere, vista la sua ritrosia a muoversi oltre il raggio di duecento metri da casa e ad alimentarsi che di ciò che non fosse cucinato di vegano con le sue mani, a nessun altrove se non il suo villaggio d’origine,” le altre donne cambiano quando vanno in un nuovo posto, lei invece è rimasta tale e quale”, pronta a farsi beffe della mia eccessiva tema di versare nel condimento e sugli spghetti più timo del dovuto, dal vasetto dai cui fori non voleva saperne di uscire.
“ Con tutto il riguardo che ho nei suoi confronti”, commentavo con Kailash, mentre lei si allontanava, per la sua sguaiataggine che è il suo eloquio naturale, per il suo maneggiare la merda con cui sacramenta la porta di casa con la stessa naturalezza con cui prepara il cibo e le bevande, e recupera da terra ogni cosa che vi cade e non la rigetta o la usa di nuovo senza lavarla..
Ma il tragitto verso la quiete del sonno riservava ancora una reprimenda di kailash contro Ajay per la sua persistente irreperibilità, cui mi associavo con ferocia danimo , visto anche che Ajay si negava a una risposta, e un lungo indaffararmi al computer con le immagini di Ajay e Poorti e Chandu in ufficio, per scegliere quella da destinare a facebook, prima che sulla volontà di scrivere prevalesse il sonno, dopo quella di navigare in internet. Ma la pioggia si era fatta intanto talmente scrosciante, che mi correva il pensiero al rosmarino che restava esposto alla sua inclemenza, mentre un gattino mi si infilava nella camera senza che avessi alcun intento di osteggiarne il ricovero,. Salivo sul terrazzo a raccogliere il rosmarino di cui il vaso era divenuto una conca d’acqua,e lo ponevo al riparo in stanza, prendevo i medicinali di turno, l' oleanz incluso, e il sonno mi ghermiva all’istante.

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