“Che gioia sarebbe essere qui ad Helsinki in attesa del volo per Delhi, se questo fosse ancora il mondo di Sumit. Penso, e sento invece con disperazione, che al mio arrivo a Khajuraho non ci sarà più egli ad attendermi, per giocare, e fare festa insieme, come anticipavamo in sogno io e Kailash, ed io non voglio più vivere in un mondo di cui non fa più parte il mio amato bambino “
Sull'aereo tra Helsinki e Delhi, l'indomani, la vigilia di Natale, nella cattedrale indiana del Sacro Cuore, mi sono ripetuto più volte il canto di Zaccaria, riacquistata da lui la Parola," E tu , bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo, ...Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall'alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace".... Ma il nostro bambino ci aveva preceduto davanti al Signore, con lui era precipitato nelle tenebre, e nella morte lo splendore dei giorni ch'era lo spettacolo della sua gioia vivente, e di fronte al fuoco che nel rito della Vigilia di Natale, sul sagrato della cattedrale, ardeva gli sterpi nel braciere ardente, rivelando la Croce con la loro consunzione, la mia preghiera era che il fuoco che di Sumit aveva divorato le carni, fosse il fuoco medesimo nella cui rigenerazione potessimo noi ritrovarlo.
L'indomani, in Chattarpur, quando vi ho raggiunto Kailash, Ajay e Purti, i nostri bambini più grandi, e poi la mamma e la nonna con Chandu, nell'ospedale cristiano in cui il nostro ultimo nato era in osservazione, e non ho ritrovato più tra loro Sumit, nel risollevare il corpo di Chandu e nel sentire, in quell'abbraccio, il calore trepidante ch'era stato quello delle stesse sue carni che non avrei mai più portato al mio petto, il dolore si è sciolto in un pianto della stessa dolcezza straziante del lume del' inverno indiano che ci intiepidiva.
Con il mio ritorno, avveniva lo stesso rientro di tutta la famiglia per la prima volta, dopo la disgrazia, nella casa di Khajuraho dove essa era avvenuta e dove tutto ce lo ricordava, il nostro bambino, ne evocava il sopraggiungere ad ogni istante da una altra stanza, dal battente della porta aperta che pareva sempre annunciarlo. Con il cuore che batteva trepidante,insieme a Kailash e Ajay mi sono precipitato verso il sonno nella stanza dei nostri giochi incantevoli, dove credevo che il dolore avrebbe toccato il suo acme, dove la presenza tutelare di Sumit sembrava invece sedarlo e fugare, per configurarvi un'oasi protetta di quiete serena.
Delle copie delle mie guide lasciatevi quest'estate, vi sfogliavo le immagini estasianti e le promesse di felicità delle località in cui eravamo stati io e Kailash, e da Leh sino al Tamil Nadu, nei palazzi di Orcha e Datia o nei templi di Pattadakal, lungo i ghat di Varanasi, si schiudevano le immagini di un sogno di felicità che per entrambi non sarà più possibile, di un paradiso perduto di cui non avevamo saputo godere l'infinita bellezza, prima che la sventura calasse sulla sua radiosità..
L' indomani, la visita della dabha, della locanda che avrebbe dovuto costituire il secondo gradino dell'ascesa di Kailash e della sua intera famiglia verso il benessere, si rivelava l'estrema desolazione di ogni mia velleità di poter progettare a loro una vita migliore, lo sconforto di essere entrato come una maledizione nella loro vita. Vi avevo forzato in un inutile sforzo Kailash, per perseguire il quale forse aveva trascurato la cura del nostro bambino,- al piccolo Sumit, come a suo padre, infliggendo quell' infimo ritrovo di vite perdute durante gli ultimi suoi giorni di vita.
Quanto vi era da modificare e da rifare a nostre spese, dal tetto al giardino ai tralicci parietali di bambu, vi mancavano anche bagno e lavabo, mentre nulla riscoprivo di attraente nella posizione della locanda, di cui non più che qualche luminaria era la segnalazione dell'ubicazione, a ridosso di un capannone agricolo- e il proprietario, che vi diguazzava nell'alcool,dietro il più infido assenso ad ogni nostra richiesta celava i suoi intenti, i propositi di scaricare su di noi i costi del rifacimento dell'intero edificio, per poi intimarci di andarsaene e rilevare tutto...Ma io seguitavo a volerci credere e a volere indurre Kailash, ancora straziato del ricordo dell'ultimo sabato pomeriggio che vi aveva trascorso con il nostro sventurato bambino, seguitavo a scattare immagini lusinghevoli di quell ambiente desolato di gente desolata, a ricercare che cosa apportarvi e innovarvi, consentendo che Kailash vi depositasse, come se fosse un pegno, le statue del presepe che gli avevo recato.
Sembrava che della serietà delle mie intenzioni avessi persuaso lo stesso proprietario, che vi era in contatto con altri candidati locali del Congress Party di cui è un esponente, - concorrevano alla carica di sindaco per cui egli non poteva competere nel suo villaggio, poiché per sorteggio elettorale era stata destinata a un dalit, mentr'egli era brahmino,- e lo convincevo dei miei propositi fattivi al punto che rinunciava ad una riunione del suo partito per accompagnarmi insieme a Kailash nella tenuta oltre il fiume Betwa dell ex Maraja di Panna, ove il mio amico avrebbe prescelto i fusti di bambù da tagliare per recintare la locanda.
Ma al rientro crollava tutto di schianto, quando io e Kailash e Purti ed Adjay ci sedevamo per pranzare, e due turisti si rifiutavano di seguire il loro autista nella sosta presso la dabha, talmente ripugnava loro mettervi a piede.
Io manifestavo al proprietario, certo, la perseveranza a parole nei miei intenti, ma per bocca di Kailash gli palesavo che in definitiva poco o nulla ci andava bene, tutto era da modificare perchè la locanda potesse aspirare ad un qualche successo, compreso il servizio insussistente e lo stesso cibo che ci era stato imbandito.. Ed egli, quale pronta replica, per quelle insipide pietanze ci presentava il più salato e rincarato dei conti..
Anche dopo che Kailash aveva sollevato le sue rimostranze, e ci erano state porte le scuse più formali e vilmente deferenti, entrambi seguitavamo a comportarci come se ancora resistesse la trattativa, anzi, finivamo la giornata presso una riserva di bambù del villaggio del mio amico, a predisporvi per il ristorante il taglio dei fusti, ad un prezzo assai più conveniente di quello pattuito dal proprietario con l' esponente del maraja di Panna.
Tra i fuochi del villaggio in cui ci si riscaldava nel freddo invernale, mi ritrovavo ancora una volta nella casa natale di Kailash, eravamo quindi a sera inoltrata in Khajuraho, ove nulla, tra quelle care stanze, mi rimetteva dal sentirmici il più immane portatore del male, l' infestatore della vita di Kailash e della sua povera famiglia, nella sua presunzione delirante di farla felice, io ch'ero invece colui stesso che vi aveva funestato, con le loro sorti, l'esistenza e gli ultimi giorni del nostro bambino. No, non sarebbe morto, forse, se non avessi distolto Kailash dalla cura della sua salute, perché si dannasse l'anima per lo squallido miraggio di quella locanda. incalzato dalla mia cieca insistenza, che mi si rivelava quanto fosse stata presuntuosamente sorda ad ogni sua legittima perplessità, ad ogni suo più ragionevole dubbio, per la mia intima persuasione, a migliaia di chilometri di distanza fisica e a un'infinità di leghe di lontananza mentale dalla sua dignità, che il mio amico insistesse a parassitare il mio aiuto, anziché darsi veramente da fare...
Eppure quante volte avevo potuto accertare al telefono che vi era convenuto, “ with the tuctuc to take report”, a ore diurne e notturne, nei giorni feriali e festivi, col sole, sotto la pioggia, a verificare, con i suoi occhi, di primo mattino, nel pomeriggio avanzato, o alle ore più tarde della sera e prima di mezzanotte, se vi si recassero o vi sostassero avventori o clienti di transito, se a notte fonda vi stazionassero camion, lungo l'arteria stradale di grande traffico tra Chattarpur e Panna, o di domenica vi affluisse gente dal vicino villaggio per la cena del giorno di festa prima di ritornare al lavoro dei campi o dei negozi, quante volte ve l'avevo ritrovato per telefono, che vi indugiava appostato da ore, sentendo nelle cuffie il rombo dei camion che transitavano senza arrestarsi.
L' indomani, l'acquisizione delle prescrizioni per Sumit del più rinomato pediatra del circondario, talmente Kailash era stato sollecito a prendersene cura, serviva a quietare in questo rovello il mio strazio, che ogni circostanza quotidiana sollecitava alle lacrime: le bizze dei cagnolini del proprietario di casa, ch'erano stati un giorno i compagni di gioco del nostro bambino, l'accorrere a frotte dei piccoli del vicinato senza che mai egli vi apparisse mischiato, l'angolo di ogni porta di casa da cui l'attendevo sopraggiungere senza che fosse più possibile, i vicoli deserti della sua presenza, fino all'albero del pipal fra i tempietti hindu e la tank in secca, sotto la cui ombra non avrei più potuto sentirlo trepidare, o volgersi curioso, tra le mie braccia, a un uccello che tra le foglie si levasse in volo
Quando sopraggiungeva il giovane insegnante di Ajay, e ci ritrovavamo a discorrere in disparte sul terrazzo assolato, coglievo l'occasione per chiedergli quali fossero state le circostanze della morte di Sumit, quello che non avevo l'animo di chiedere a Kailash.
" E stato bruciato dopo la sua morte?"
Si, mi confermava tra le mie lacrime, al vedervi dissolvere nel fuoco la meraviglia incantevole del suo corpo adorato. E a suo avviso, per quanto ne sapeva, come se ne spiegava la morte improvvisa?
Erano state tante le congetture dei medici che gli erano state riferite, le voci che si erano sparse. - lui era altrove quando è avvenuta la morte, mi parlava di improbabile " ensufilia", mentre la sua opinione, secondo il dire di molti, era che il bambino fosse stato avvelenato.
" Quel che è certo è che qualcuno ha visto una persona dieci minuti prima dargli da mangiare qualcosa. E dieci minuti dopo è morto soffocato. Questo è tutto"
Ero più incredulo che sgomento.
" Ma chi poteva volere la morte del bambino?
" Il padre è molto odiato"
" Kailash? Come può essere odiato? E ' un uomo povero, non ha nulla, è senza potere."
" Si tratta di odi di casta..."
Ma il sopraggiungere di Kailash, che dal tono di voce alta tenuto dal giovane maestro, nonostante le mie esortazioni a che parlasse sottovoce, aveva compreso di che cosa stavamo parlando, stroncava ogni seguito al nostro discorso.
Se volevo proprio sapere come fosse morto il nostro bambino, mi avrebbe condotto da ogni medico da cui lo aveva inutilmente portato, quand'era già cadavere tra le sue braccia, in Khajuraho, Rajnagar, Chattarpur, ma quel giovane maestro, ch'era altrove quando era avvenuto il decesso, che non aveva assistito a quanto era successo, non aveva titolo di parlarmene, secondo le sole dicerie che aveva raccolto.
Non so quanto Kailash stesse deviando verso il maestro di Ajay la sua irritazione contrariata innanzitutto nei miei riguardi, ma quel giovane insegnante, nel seguitare a fronteggiarlo a voce alta, insensibile o inavveduto di come stesse esasperando il dolore del mio amico, su di sé stava così focalizzando il furore di entrambi..
" Se volete, potete parlare al mio amico italiano di Purti e di Ajay, ma vi impedisco di parlargli ancora dei miei altri bambini!"
Kailash scendeva dal terrazzo e ne risaliva in lacrime, con il te e il latte che ci imbandiva, lo serviva anche a un vicino della sua stessa casta di barbiere, ch'era sopraggiunto, indurendo la sua agitazione nelle contrazioni del dolore che lo squarciava
" Ho perso ogni cosa perdendo il mio bambino. Era il mio re, il mio leone..."
Io lo abbracciavo con tutto l'amore di cui ero capace, ed egli mi confidava tutto quanto era in lui intervenuto.
" Ma ora Sumit è la mia forza, in me, che mi parla."
"Lo so, Kallu, che non lo abbiamo perduto. E ora è più grande di te e di me".
Il mio amico ha alluso allora a cinque divinità con cui è in contatto, che lo aiutano e gli appaiono in sogno.
Poi, mi ha rievocato le circostanze, di cui mi ricordavo benissimo, in cui il suo Sè era divenuto l'istanza sovrapersonale in cui ora egli si ricomponeva, ritrovando la quiete e la calma esteriori, finanche la luce del sorriso, e mi ha riesumato pertanto le circostanze della notte tremenda in cui aveva fatto ritorno con Ajay per la prima volta in quella casa, e da cui era uscito ritrovandosi "a poverful man", come al telefono mi aveva comunicato il mattino seguente in uno stato di trance.
Cronache Indiane Seconda parte
Quella sera io e Kailash saremmo partiti verso Chhattarpur con la nostra Purti ed Adjay, per raggiungere via Tikamghar, Lalitpur, le località storico-archeologiche di Chanderi, Deoghar, Udayapur, nel Madhya e Uttar Pradesh.
Ora la meraviglia di mattini e tramonti, tra nebbie e brume evaporanti, fascina d'incanto le memorie di quei siti, ma in essi abbiamo seguitato continuamente a sanguinare strazio, ed io sono stato capace di farvi finanche a brandelli le resistenze al dolore che Kailash aveva arginato in sé, precipitandolo in un fine d'anno terrificante.
Non ricordo se sia stato nell'hotel con vista sul forte di Tikanghar, o se sia avvenuto la nostra prima notte in Chanderi, che Kailash per l'unica volta ha voluto parlarmi delle circostanze della morte di Sumit.
Nessun dottore ha saputo spiegargli come sia successa la sua morte improvvisa di fronte a Vimala, rimanendo strozzato nel suo respiro, dopo aver bevuto un sorso d'acqua.
No, nessuno, sospettabile, lo aveva avvicinato negli ultimi frangenti della sua vita.
Dava credito piuttosto al timore che il respiro gli fosse mancato perchè da un'altra vita lo aveva serrato alla gola la mano di una vicina di casa morta ancora giovane, alcuni mesi fà, una defunta islamica ancora disperata e bramosa di vendicarsi sui vivi per essere morta precocemente.
In ogni casa del vicinato si era verificata una disgrazia.
Ciò che lo aveva più sorpreso, nel cadavere del suo bambino, era quanto fosse diventato blu, cianotico nella sua carnagione.
Ma tutto voleva e poteva credere il dolore del suo amore, che ora il Suo bambino era in lui, più grande di lui, o che la sua reincarnazione fosse già avvenuta, che il suo spirito ora fosse quello dello stesso Chandu.
" Sorride come lui..."
E' stato di ritorno dal fulgore del tempio shivaita di Udayapur, che approssimandoci a Bina, nell'avventurarci sul taxi nella giungla che infestano banditi, la sera del plenilunio di Capodanno ho trascinato Kailash nel mio baratro mentale.
Non sentivo, nel mio agitarmi egocentrico? quanto dilaceravo la sua dolcezza, la sua tenerezza conciliante di amico, nell'evocargli l'apertura gioiosa di Sumit nei miei riguardi, pronto a seguirmi in ogni dove e a giocare in ogni modo che inventavo con lui, ,ogni volta che mi lamentavo di quanto si infastidisse Purti, anche soltanto a dovermi stare vicino? Non avvertivo quale schianto interiore dovesse arginare, quando nella giungla mi rassicurava che i suoi spiriti tutelari, la stessa presenza interiore di Sumit, gli garantivano che nessun brigante o nessuna forza dell'ordine avrebbero arrestato o violato la nostra vettura?
Erano le stesse entità che gli avevano assicurato che in India nulla avrei perduto o mi sarebbe stato sottratto, fino al cinque di gennaio, al cui manifestarsi sentiva il corpo raffreddarsi.
Ma nel mio stato angosciato, all'idea che nessuna foto ci avesse fissato insieme, delle tante da me scattate in Chanderi, Deoghar, Udayapur, così come nelle foto era visualizzata nella mia memoria indelebilmente la memoria del nostro bambino, del perchè fosse potuto accadere, mentre i soli fantasmi che ritornavano erano i miei incubi scolastici, che vanificavano che fossi in India li con lui, e i nostri cari bambini “ I m not more here, I m already in Italy, now”, mormoravo stravolto al rientro nel ristorante di Lalitpur, ingoiando senza cortesia reale quanto aveva ordinato per la nostra cena di fine d'Anno, intanto che il mio ego ferito da Purti, come dai miei studenti evocati, seguitava ad averlo di fronte vulnerabile e dolce e a ferirlo a morte.
Seguitavano le messe in scena della mia alterazione mentale, finchè non ritornavo in stanza e di fronte a lui rivoltavo su Purti la coperta ,in cui poc'anzi, si era sottratta anche al mio augurio di " Happy New Year": Era contro di lui stesso ch'era diretto il mio atto, contro di lui che nulla faceva, come padre, perchè per gelosia, o che altro, Purti non fosse come una scimmia intrattabile nei miei riguardi. Era un atto di disperazione sottaciuta nei figli rimastici, alla vista di come lo stesso Ajay vagolasse tra templi e palazzi, e boschi e grotte sacre presso i corsi d'acqua, senza che apparentemente nulla lo incantasse o interessasse, si tramutasse in stimolo per la sua mente disabile, mentre Sumit, solo che sentisse il canto di un uccello fra le fronde di un pipal...
Solo le grida di Kailash e la mia volontà di scusarmi mi rinsavivano e mi riconducevano indietro, ad assistere in stanza a quanto si stesse sbranando, e tutto avrebbe fatto a brandelli, per il dolore che riesplodeva urlante di avere perso Sumit.
Povere le sue parole, che nulla dicevano del suo dolore" I ve lost more than money, life is more than money", povere le sue sembianze, che lo rendevano ridicolo nell'espressione di un dolore infinito.
Facesse della mia indegnità ciò che meglio credeva, imploravo ai suoi piedi, rimettevo la mia amicizia al suo volere, nel trattenerlo fra le mie braccia per contenerne la distruttività.
Placarsi, come a poco a poco avveniva, mentre i bambini lasciavano in lacrime la stanza, era nel mio amico l' uscire dalle spoglie del povero K.Sen, e farsi a me freddo e superiore e distante.
" In certi momenti posso mancare di qualsiasi rispetto e diventare capace di tutto".
Ma non ero io che avevo colpa, ora mi diceva, la responsabilità era sua, se la sua mente era esplosa, ciò che succedeva stava accadendo perchè egli non si era purificato, non aveva fatto alcuna doccia, o bagno, nel giorno di sabato sacro ad Hanumah.
Mi domandava di scendere alla reception a chiedere incenso, mentre con mio terrore sgomento, si rinchiudeva nel bagno per fare la doccia.
Quando risalivo, ottenuto l'incenso dal compassionevole anziano che vi era addetto, aveva indosso il solo asciugamano come un lungi, e stava già predisponendosi per la puja, per la quale richiedeva a un inserviente accorso un'ambrata bevanda, che il giorno seguente accertavo essere della birra che ristagnava in un boccale, di cui a suo dire il dio era voglioso.
" Se tu vuoi, gli dicevo l' indomani, nel lasciare la stanza dell Aryan hotel di Lalitpur, puoi fare di me quello che meglio credi, ma quello che accaduto è successo perchè soffriamo entrambi per le stesse ragioni, e allo stesso modo"
Eppure sono stati giorni di splendore nel dolore, quelli in viaggio con Kailash, Purti ed Ajay, alla vista nella notte, in Chanderi, dei carri della processione islamica, i tazia avanzanti nelle vie come sfavillanti dimore celesti, o nello scorrere del pomeriggio radioso sulle anse del fiume Betwa, tra i declivi boscosi in cui si stagliavano le pareti a picco di grotte e rilievi rupestri di Deoghar.
Dalle nebbie del primo mattino ne sono emerse, nella stessa Deoghar, le incantevoli sculture gupta .del Tempio visnuita delle dieci incarnazioni del dio, ove gli individui celesti ali ostentavano la più splendida sovrannaturalità dei loro corpi spirituali, nella più naturalistica ( e vivida )assunzione di pose e gesti,
in Udayapur il fulgore sivaita del tempio Nilikantesvara ,
le innumerevoli vestigia, in Chanderi, di porte fortificazioni e moschee e palazzi, sugli specchi delle acque o in solitaria imponenza, quale il Koshak Mahal, nello stile afgano delle edificazioni di Mandu.
Nello strazio della vita che continuava interminabile nel suo spettacolo, di quale crudeltà insostenibile da che ne è scomparsa .la gioia di esserci del nostro Sumit, la più viva luminosità solare splendeva poi dolente sull' integrità ritrovata della nostra amicizia, lungo la via del rientro a Khajuraho, tramite Tikamghar, Lalitpur.
Ma Purti, ancora Purti, ricusando alle stazioni degli autobus che la tenessi per mano, per consentire a Kailash di allontanarsi per urinare, quella sera stessa avrebbe provocato di nuovo la mia pusillanimità e l'esacerbazione di me e Kailash, Purti, sempre Purti, anche l'ultima sera, rifiutando la mano che le porgevo,verso casa, al rientro dal ristorante in cui avevo offerto la cena finale, avrebbe provocato il precipitare della situazione verso il più pauroso crinale, dopo che Kailash non mi aveva nemmeno ringraziato per tutto il denaro che gli avevo appena lasciato, a seguito di quello che era andato distrutto o che era andato speso senza costrutto. Glielo lasciavo perché si riavviasse con i proventi del latte prodotto da una bufala per la sua bufalina,- di cui si prenderà cura suo padre, nella stalla che possiede nel suo villaggio,- e lui accoglieva l aiuto come se gli fosse naturalmente dovuto, come se fosse naturale che insieme con il mio denaro, per lui e la sua famiglia stessi perdendo la mente e la vita...
Nel letto di quella che rimarrà per sempre la mia sola stanza, per nostra fortuna è rimasto solo un vaneggiamento che si è acquietato nel sonno, l intento che in me è insorto di abbandonare quella casa per recarmi in hotel con le valigie già fatte, abbandonando per sempre al suo destino, in quella dimora, la miseria di Kailash e della sua famiglia fallimentare, e farmi dal giorno seguente solo turista tra i turisti, che solo veda e senta senza più amare e soffrire...
Nel suo dolore immenso, ero consapevole che avrei così inflitto la ferita più letale, a chi mi aveva riconfermato un membro della sua famiglia distrutta, benché solo poco sere prima lo avessi devastato senza umano riguardo, sordo alla sua voce che mi rammentava teneramente che sarebbero state poco più che carta, quand'anche fossero state stampate, le nostre immagini digitali che rimpiangevo di non avere impresso, mentre noi due eravamo oramai " one only body", che un solo corpo anche a infinita distanza...
Respiro ancor oggi di avere evitato il crimine in cui con la mia dignità di uomo vero mi sarei giocato la mia intera esistenza, equivocando come la mia perdizione, quanto è la salvezza del mio destino , la vocazione che reca il mio nome..
" E' un dono di Dio la famiglia indiana che assisti", giorni or sono mi ha ricordato qui in Italia un confessore, ridandomi la vista con gli occhi del suo cuore profetico.
E' donandomi ad essa fino alla consunzione dei miei giorni, che i miei giorni potranno trovare con la loro salvezza, il loro stesso compimento finale, che io potrò declinare il nome per me prescelto da Dio, senza che mi sembri l' abominio di un nome di oltraggio, come quando risuona inaudito nel ludibrio e nel chiasso delle mie classi d'insegnamento, nella scrittura vana della mia parola umana..
Anche a Kailash il nome che porta, il suo nome che ci lega e che per lui hanno scelto i suoi dei, è un termine che gli si è fatto insostenibile, da che vi avverte che ha assunto il significato che egli non avrà più niente, quando con la morte del nostro bambino sente che ha perso ogni cosa, perchè più niente può significare qualcosa.
" Non ho niente, se non i miei auguri da farti"
Quando mi parla in tal senso, gli taccio che la nostra vera miseria è che disponevamo di un tesoro immenso ed è andato perduto, il bene irrecuperabile della nostra integrità familiare, di cui ignoravamo o sprecavamo (tutto) il pregio mentre lo possedevamo.
Cio che soltanto vale ora la pena di dirgli, è che perchè non ha niente (che) è vicino agli dei, che è tutt'uno con me nel suo grande valore (di uomo) .
Cronache Indiane
Seconda parte
Quella sera io e Kailash saremmo partiti per Chhattarpur con Purti ed Adjay, per raggiungere via Tikamghar, Lalitpur, le località storico-archeologiche di Chanderi, Deoghar, Udayapur, nel Madhya e Uttar Pradesh.
Ora la meraviglia di mattini e tramonti, tra nebbie e brume evaporanti, fascina d'incanto le memorie di quei siti, ma in essi abbiamo seguitato continuamente a sanguinare strazio, ed io sono stato capace di farvi finanche a brandelli le resistenze al dolore che Kailash aveva arginato in sé, precipitandolo in un fine d'anno terrificante.
Non ricordo se sia stato nell'hotel con vista sul forte di Tikanghar, o se sia avvenuto la nostra prima notte in Chanderi, che Kailash per l'unica volta ha voluto parlarmi delle circostanze della morte di Sumit.
Nessun dottore ha saputo spiegargli come sia successa la sua morte improvvisa di fronte a Vimala, rimanendo strozzato nel suo respiro, dopo aver bevuto un sorso d'acqua.
No, nessuno, sospettabile, lo aveva avvicinato negli ultimi frangenti della sua vita.
Dava credito piuttosto al timore che il respiro gli fosse mancato perchè da un'altra vita lo aveva serrato alla gola la mano di una vicina di casa morta ancora giovane, alcuni mesi fà, una defunta islamica ancora disperata e bramosa di vendicarsi sui vivi per essere morta precocemente.
In ogni casa del vicinato si era verificata una disgrazia.
Ciò che lo aveva più sorpreso, nel cadavere del suo bambino, era quanto fosse diventato blu, cianotico nella sua carnagione.
Ma tutto voleva e poteva credere il dolore del suo amore, che ora il Suo bambino era in lui, più grande di lui, o che la sua reincarnazione fosse già avvenuta, che il suo spirito ora fosse quello dello stesso Chandu.
" Sorride come lui..."
E' stato di ritorno dal fulgore del tempio shivaita di Udayapur, che approssimandoci a Bina, nell'avventurarci sul taxi nella giungla che infestano banditi, la sera del plenilunio di Capodanno ho trascinato Kailash nel mio baratro mentale.
Non sentivo, nel mio agitarmi egocentrico?quanto dilaceravo la sua dolcezza, la sua tenerezza conciliante di amico, nell'evocargli l'apertura gioiosa di Sumit nei miei riguardi, pronto a seguirmi in ogni dove e a giocare in ogni modo che inventavo con lui ,ogni volta che mi lamentavo di quanto si infastidisse Purti, anche soltanto a dovermi stare vicino? Non avvertivo quale schianto interiore dovesse arginare, quando nella giungla mi rassicurava che i suoi spiriti tutelari, la stessa presenza interiore di Sumit, gli garantivano che nessun brigante o nessuna forza dell'ordine avrebbero arrestato o violato la nostra vettura?
Erano le stesse entità che gli avevano assicurato che in India nulla avrei perduto o mi sarebbe stato sottratto, fino al 5 gennaio, al cui manifestarsi sentiva il corpo raffreddarsi.
Ma nel mio stato angosciato, all'idea che nessuna foto ci avesse fissato insieme, delle tante da me scattate in Chanderi, Deoghar, Udayapur, così come nelle foto era fissata nella mia memoria indelebilmente la memoria del nostro bambino, del perchè fosse potuto accadere, mentre i soli fantasmi che ritornavano erano i miei incubi scolastici, che vanificavano che fossi in India li con lui, e i nostri cari bambini “ I m not more here, I m already in Italy, now”, mormoravo stravolto al rientro nel ristorante di Lalitpur, ingoiando per pura cortesia quanto aveva ordinato per la nostra cena di fine d'Anno, intanto che il mio ego ferito da Purti, come dai miei studenti evocati, seguitava ad averlo di fronte vulnerabile e dolce e a ferirlo a morte.
Seguitavano le messe in scena della mia alterazione mentale, finchè non ritornavo in stanza e di fronte a lui rivoltavo su Purti la coperta ,in cui poc'anzi, si era sottratta anche al mio augurio di " Happy New Year".
Solo le sue grida e la mia volontà di scusarmi mi rinsavivano e mi riconducevano indietro, ad assistere in stanza a quanto si stesse sbranando, e tutto avrebbe fatto a brandelli, per il dolore che riesplodeva urlante di avere perso Sumit.
Povere le sue parole, che nulla dicevano del suo dolore" I ve lost more than money, life is more than money", povere le sue sembianze, che lo rendevano ridicolo nell'espressione di un dolore infinito.
Facesse della mia indegnità ciò che meglio credeva, imploravo ai suoi piedi, rimettevo la mia amicizia al suo volere, nel trattenerlo fra le mie braccia per contenerne la distruttività.
Placarsi, come a poco a poco avveniva, mentre i bambini lasciavano in lacrime la stanza, era nel mio amico l' uscire dalle spoglie del povero Kailash Sen, e farsi a me freddo e superiore e distante.
" In certi momenti posso mancare di qualsiasi rispetto e diventare capace di tutto".
Ma non ero io che avevo colpa, ora mi diceva, la responsabilità era sua, se la sua mente era esplosa, ciò che succedeva stava accadendo perchè egli non si era purificato, non aveva fatto alcuna doccia, o bagno, nel giorno di sabato sacro ad Hanumah.
Mi domandava di scendere alla reception a chiedere incenso, mentre con mio terrore sgomento, si rinchiudeva nel bagno per fare la doccia.
Quando risalivo, ottenuto l'incenso dal compassionevole anziano che vi era addetto, aveva indosso il solo asciugamano come un lungi, e stava già predisponendosi per la puja, per la quale richiedeva a un inserviente accorso un'ambrata bevanda, che il giorno seguente accertavo essere della birra che ristagnava in un boccale, di cui a suo dire il dio era voglioso.
" Se tu vuoi, gli dicevo l' indomani, nel lasciare la stanza dell Aryan hotel di Lalitpur, puoi fare di me quello che meglio credi, ma quello che accaduto è successo perchè soffriamo entrambi per le stesse ragioni, e allo stesso modo"
Eppure sono stati giorni di splendore nel dolore, quelli in viaggio con Kailash, Purti ed Ajay, alla vista nella notte, in Chanderi, dei carri della processione islamica, in forme hindu,avanzanti nelle vie come sfavillanti dimore celesti, o nello scorrere del pomeriggio radioso sulle anse del fiume Betwa, tra i declivi boscosi in cui si stagliavano le pareti a picco di grotte e rilievi rupestri di Deoghar.
Dalle nebbie del primo mattino ne sono emerse, nella stessa Deoghar, le incantevoli sculture gupta .del Tempio visnuita delle dieci incarnazioni del dio, ove gli individui celesti ali ostentavano la più splendida sovrannaturalità dei loro corpi spirituali, nella più naturalistica ( e vivida )assunzione di pose e gesti,
in Udayapur il fulgore sivaita del tempio Nilikantesvara ,
le innumerevoli vestigia, in Chanderi, di porte fortificazioni e moschee e palazzi, sugli specchi delle acque o in solitaria imponenza, quale il Koshak Mahal, nello stile afgano delle edificazioni di Mandu.
Nello strazio della vita che continuava interminabile nel suo spettacolo, senza alcuna nostra gioia di farne ancora parte, da che ne è scomparsa .la gioia di esserci del nostro Sumit, la più viva luminosità solare splendeva poi dolente sull' integrità ritrovata della nostra amicizia, lungo la via del rientro a Khajuraho, tramite Tikamghar, Lalitpur.
Ma Purti, ancora Purti, ricusando alle stazioni degli autobus che la tenessi per mano, per consentire a Kailash di allontanarsi per urinare, quella sera stessa avrebbe provocato di nuovo la mia pusillanimità e l'esacerbazione di me e Kailash, Purti, sempre Purti, anche l'ultima sera, rifiutando la mano che le porgevo,verso casa, al rientro dal ristorante in cui avevo offerto la cena finale, avrebbe provocato il precipitare della situazione verso il più pauroso crinale, dopo che Kailash non mi aveva nemmeno ringraziato per tutto il denaro che gli avevo appena lasciato, a seguito di quello che era andato distrutto o che era andato speso senza costrutto. Glielo lasciavo perché si riavviasse con i proventi del latte prodotto da una bufala per la sua bufalina,- di cui si prenderà cura suo padre, nella stalla che possiede nel suo villaggio,-e lui accoglieva l aiuto come se gli fosse naturalmente dovuto, come se fosse naturale che insieme con il mio denaro, per lui e la sua famiglia stessi perdendo la mente e la vita...
Nel letto di quella che rimarrà per sempre la mia sola stanza, per nostra fortuna è rimasto solo un vaneggiamento che si è acquietato nel sonno, l intento che in me è insorto di abbandonare quella casa per recarmi in hotel con le valigie già fatte, abbandonando per sempre al suo destino, in quella dimora, la miseria di Kailash e della sua famiglia fallimentare, e farmi dal giorno seguente solo turista tra i turisti, che solo veda e senta senza più amare e soffrire...
Nel suo dolore immenso, ero consapevole che avrei così inflitto la ferita più letale, a chi mi aveva riconfermato un membro della sua famiglia distrutta, benché solo poco sere prima lo avessi devastato senza umano riguardo, sordo alla sua voce che mi rammentava teneramente che sarebbero state poco più che carta, quand'anche fossero state stampate, le nostre immagini digitali che rimpiangevo di non avere impresso, mentre noi due eravamo oramai " one only body", che un solo corpo anche a infinita distanza...
Respiro ancor oggi di avere evitato il crimine in cui con la mia dignità di uomo vero mi sarei giocato la mia intera esistenza, equivocando come la mia perdizione, quanto è la salvezza del mio destino , la vocazione che reca il mio nome..
" E' un dono di Dio la famiglia indiana che assisti", giorni or sono mi ha ricordato un confessore, ridandomi la vista con gli occhi del suo cuore profetico.
E' donandomi ad essa fino alla consunzione dei miei giorni, che i miei giorni potranno trovare con la loro salvezza, il loro stesso compimento finale, che io potrò declinare il nome per me prescelto da Dio, senza che mi sembri l' abominio di un nome di oltraggio, come quando risuona inaudito nel ludibrio e nel chiasso delle mie classi d'insegnamento, nella scrittura vana della mia parola umana..
Anche a Kailash il nome che porta, il suo nome che ci lega e che per lui hanno scelto i suoi dei, è un termine che gli si è fatto insostenibile, da che vi avverte che ha assunto il significato che egli non avrà più niente, quando con la morte del nostro bambino sente che ha perso ogni cosa, perchè più niente può significare qualcosa.
" Non ho niente, se non i miei auguri da farti"
Quando mi parla in tal senso, gli taccio che la nostra vera miseria è che disponevamo di un tesoro immenso ed è andato perduto, il bene irrecuperabile della nostra integrità familiare, di cui ignoravamo o sprecavamo (tutto) il pregio mentre lo possedevamo.Ciò che soltanto vale ora la pena di dirgli, è che perché non ha niente egli è vicino agli dei, ed è tutt'uno con me nel suo grande valore..
martedì 22 dicembre 2009
prima di partire
Tra me e don Ulisse Bresciani
Caro don Ulisse, sono Odorico, il professor Bergamaschi.
Le scrivo per chiederle se può leggere quanto ho scritto dal 15 novembre scorso nel mio blog,
all indirizzo
http://www.odoricoamico.blogspot.com/
per orientarmi, e darmi dei consigli su come posso aiutare il mio amico indiano che ha perduto il suo bambino, stretto come me nella morsa di un lutto che non sa tollerare l'accaduto.
" Ho perduto ogni cosa " stasera il mio amico piangeva al telefono.
Entrambi soffriamo inoltre che non si rispetti o non si consideri il nostro dolore.
Tra due settimane sarò in India, come avevamo già organizzato, e lui ripone nel mio arrivo ogni aspettativa di conforto.
Infinite care cose, caro don Ulisse, con la semplice richiesta di una preghiera per le nostre povere anime.
Odorico Bergamaschi
In Risposta
Caro Odorico,
ho letto e partecipato quanto lei ha scritto con profondità e acuto senso di un dolore immenso e partecipato. Probabilmente la difficoltà maggiore nell'affrontare un'esperienza di accompagnamento per un caso di lutto così drammatico risiede nella differenza di cultura. La cultura non è riconducibile solo al mondo delle idee e ai riferimenti mentali, ma incarna una sensibilità alla quale non ci è possibile avvicinarci per comprensione intellettiva e/o affettiva. Forse l'unica strada è quella di "stare accanto", di "esserci", in modalità inerme. Spero che la sua sensibilità sappia superare tutte queste distanze, anzi ne sono sicuro. L'accompagno con la mia modesta preghiera, d. Ulisse
Caro don Ulisse,
La ringrazio immensamente della sua risposta, cosi avvertita delle difficoltà del mio cimento nell'accompagnare con amore compartecipe il lutto del mio amico indiano. La sua certezza che ce la farò e la confidenza nella sua preghiera si sono rivelate a loro volta un suo accompagnamento preziosissimo del mio sforzo.
Oggi il mio caro amico mi ha telefonato come è rientrato alle nove di sera da un pellegrinaggio diurno nel tempio di Hanumah, il Monkey God, presso il quale ha trascorso l' intera giornata per fortificarsi nel suo dolore.
Purtroppo la difesa in cui ancora deve trovare un sostegno è il potere di dimenticare.. E tra una settimana dovrò condividere a mia volta la permanenza in una casa di dolore in cui il mio amico ha appena cominciato il rientro, mentre sua moglie non ne è ancora capace.
Confidando nel Suo soccorso e concorso
con gratitudine
Odorico
Tra me e Valentino
Caro Valentino,
sono Odorico.
Come potresti avere appreso leggendo il mio blog, dovrei essere in India, a giorni.
Sarà difficile trovare il tempo per venire a Sarnat, dal Progetto Alice, anche se limiterò i miei viaggi ad una circospezione di due località poco distanti da Khajuraho, Deoghar e Udayapur.
Dovrò evitare il frantumarsi in due gruppi della mia amata famiglia, che Vimala si separi con Chandu da Kailash e dai due bambini più grandi, dovrò ricomporne il rientro, e riavviare Kallu al lavoro, nel ristorante di cui deve farsi gestore...
Puoi seguirmi a distanza nel blog e mediante le mail.
Prega che trovi così la forza di riavvivare ciò che si è schiantato con la fine del nostro amato Sumit.
Love
Odorico.
Ciao. Ti mando la lettera aperta scritta dai nostri chakma tornati alla scuola di Bodhgaya. Se puoi, passa parola...Sono certo che riuscirai a ricucire gli strappi causati dal karma dei tuoi amici e tuo. La vita scorre in India, come l'acqua del Gange. Lenta, porta via il marcio, le cose brutte, i rifiuti delle citta' e quelli della nostra mente. Un bagno, e i peccati vengono lavati. Con i peccati anche la memoria viene pulita. Memoria di un bimbo che non c'e' piu', ma vive, appunto, identificato con tutto cio' che e' bello e sacro di questo Paese. Il bimbo era bello. Lo ritroverete in ogni tempio, in ogni sorriso, in ogni fiore, in ogni bastoncino di incenso profumato offerto a Dio. Perche' queste sono le cose "belle" dell'India.Forse il tuo amico capira'. Vedere il figlio nella bellezza del creato, nella Luce della mente pura. Scoprire che questa Luce brilla, da sempre, nel profondo del nostro cuore. Li' c'e' la bellezza, l'amore, la pace. Li' puo' ritrovare suo figlio.E tornare a sorridere.Love Valentino
Caro don Ulisse, sono Odorico, il professor Bergamaschi.
Le scrivo per chiederle se può leggere quanto ho scritto dal 15 novembre scorso nel mio blog,
all indirizzo
http://www.odoricoamico.blogspot.com/
per orientarmi, e darmi dei consigli su come posso aiutare il mio amico indiano che ha perduto il suo bambino, stretto come me nella morsa di un lutto che non sa tollerare l'accaduto.
" Ho perduto ogni cosa " stasera il mio amico piangeva al telefono.
Entrambi soffriamo inoltre che non si rispetti o non si consideri il nostro dolore.
Tra due settimane sarò in India, come avevamo già organizzato, e lui ripone nel mio arrivo ogni aspettativa di conforto.
Infinite care cose, caro don Ulisse, con la semplice richiesta di una preghiera per le nostre povere anime.
Odorico Bergamaschi
In Risposta
Caro Odorico,
ho letto e partecipato quanto lei ha scritto con profondità e acuto senso di un dolore immenso e partecipato. Probabilmente la difficoltà maggiore nell'affrontare un'esperienza di accompagnamento per un caso di lutto così drammatico risiede nella differenza di cultura. La cultura non è riconducibile solo al mondo delle idee e ai riferimenti mentali, ma incarna una sensibilità alla quale non ci è possibile avvicinarci per comprensione intellettiva e/o affettiva. Forse l'unica strada è quella di "stare accanto", di "esserci", in modalità inerme. Spero che la sua sensibilità sappia superare tutte queste distanze, anzi ne sono sicuro. L'accompagno con la mia modesta preghiera, d. Ulisse
Caro don Ulisse,
La ringrazio immensamente della sua risposta, cosi avvertita delle difficoltà del mio cimento nell'accompagnare con amore compartecipe il lutto del mio amico indiano. La sua certezza che ce la farò e la confidenza nella sua preghiera si sono rivelate a loro volta un suo accompagnamento preziosissimo del mio sforzo.
Oggi il mio caro amico mi ha telefonato come è rientrato alle nove di sera da un pellegrinaggio diurno nel tempio di Hanumah, il Monkey God, presso il quale ha trascorso l' intera giornata per fortificarsi nel suo dolore.
Purtroppo la difesa in cui ancora deve trovare un sostegno è il potere di dimenticare.. E tra una settimana dovrò condividere a mia volta la permanenza in una casa di dolore in cui il mio amico ha appena cominciato il rientro, mentre sua moglie non ne è ancora capace.
Confidando nel Suo soccorso e concorso
con gratitudine
Odorico
Tra me e Valentino
Caro Valentino,
sono Odorico.
Come potresti avere appreso leggendo il mio blog, dovrei essere in India, a giorni.
Sarà difficile trovare il tempo per venire a Sarnat, dal Progetto Alice, anche se limiterò i miei viaggi ad una circospezione di due località poco distanti da Khajuraho, Deoghar e Udayapur.
Dovrò evitare il frantumarsi in due gruppi della mia amata famiglia, che Vimala si separi con Chandu da Kailash e dai due bambini più grandi, dovrò ricomporne il rientro, e riavviare Kallu al lavoro, nel ristorante di cui deve farsi gestore...
Puoi seguirmi a distanza nel blog e mediante le mail.
Prega che trovi così la forza di riavvivare ciò che si è schiantato con la fine del nostro amato Sumit.
Love
Odorico.
Ciao. Ti mando la lettera aperta scritta dai nostri chakma tornati alla scuola di Bodhgaya. Se puoi, passa parola...Sono certo che riuscirai a ricucire gli strappi causati dal karma dei tuoi amici e tuo. La vita scorre in India, come l'acqua del Gange. Lenta, porta via il marcio, le cose brutte, i rifiuti delle citta' e quelli della nostra mente. Un bagno, e i peccati vengono lavati. Con i peccati anche la memoria viene pulita. Memoria di un bimbo che non c'e' piu', ma vive, appunto, identificato con tutto cio' che e' bello e sacro di questo Paese. Il bimbo era bello. Lo ritroverete in ogni tempio, in ogni sorriso, in ogni fiore, in ogni bastoncino di incenso profumato offerto a Dio. Perche' queste sono le cose "belle" dell'India.Forse il tuo amico capira'. Vedere il figlio nella bellezza del creato, nella Luce della mente pura. Scoprire che questa Luce brilla, da sempre, nel profondo del nostro cuore. Li' c'e' la bellezza, l'amore, la pace. Li' puo' ritrovare suo figlio.E tornare a sorridere.Love Valentino
domenica 20 dicembre 2009
Con la morte nel cuore
Con la morte nel cuore, dalle tenebre della casa del villaggio in cui ancora sostano Kallu e i suoi cari, in attesa che Vimala si senta di fare ritorno nel loro più confortevole alloggio in Khajuraho, nel cuore della notte sentivo risvegliarsi e nel pianto tossire Chandu, esposto a un'India dove fa sempre più freddo, come già avevo sentito tossire Sumit, gli ultimi suoi giorni di vita....
E Kailash mi veniva pregando di finire di telefonargli, perchè la luce del cellulare gli serviva per ritrovare lo sciroppo da dare al bambino.
Ha capito poi fino in fondo, in ciò che venivo squarciando, le ragioni per le quali sono tornato a telefonargli e a scongiurarlo di obbligare Vimala al rientro, quale che sia il dolore che le costa ritrovarsi tra quelle mura,. la stessa Vimala, cuore cieco e buio di madre, della quale avevo visto tra le lacrime trapelare i lineamenti nel volto di Maria, quando remissivamente lascia ogni cosa a lei cara all'0Annuncio dell'Angelo che la fa errante in Egitto, con la sua sacra famiglia, nel Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini che la scorsa mattina avevo visto con una mia classe.
Stamane, quando è stato lui a richiamarmi, così mi ha detto, a suggello dell impegno che hanno assunto di essere di ritorno domani in Khajuraho, Vimala e Chandu, che da lei prende ancora il latte, al seguito di Kailash, con Purti, ed Adjay,
"Chandu sta tossendo, come tossiva Sumit"
Ed io per due volte, le prime volte da che " è avvenuto ciò che è avvenuto a Sumit", gliel'ho nominato, ma per sbaglio, in luogo di Chandu.
Ma Kailash è sembrato accogliere l'errore come il caro segno di quanto anch'io il nostro angioletto lo abbia sempre nel cuore.
Mi sono avventurato in tali tenebre perché lui stesso me lo ha consentito, con la forza della lucidità che il dolore ieri notte sembrava imprimere nelle sue parole, quando evocava tutti i disagi e i rischi cui rimangono sottoposti i suoi bambini nel villaggio in cui si sono ritirati, costretti, Purti ed Ajay, a bagnarsi e a lavarsi nel freddo presso le acque del suo specchio d'acqua, nel freddo a fare i loro bisogni nei campi, a disporre soltanto di acqua fredda di pozzo, a recarsi e a fare rientro da scuola per decine di chilometri in motocicletta od in tuctu.
Lo stesso prosciugato dolore era la lama di gelo delle parole con cui Kailash mi ha fatto intendere che è andato oltre la forma più acuta di sofferenza, oltre la prostrazione per il rientro da cui Vimala non è ancora in grado di rimettersi.
" I primi due giorni ho sofferto, ma poi mi sono ripreso. E stato così anche per Adjay, una volta che ha riportato la bicicletta in casa, ed è tornato alle cose di sempre..."
Il rientro nel mio paradiso perduto, che mi sgomenta a giorni di affrontare a mia volta.
E Kailash mi veniva pregando di finire di telefonargli, perchè la luce del cellulare gli serviva per ritrovare lo sciroppo da dare al bambino.
Ha capito poi fino in fondo, in ciò che venivo squarciando, le ragioni per le quali sono tornato a telefonargli e a scongiurarlo di obbligare Vimala al rientro, quale che sia il dolore che le costa ritrovarsi tra quelle mura,. la stessa Vimala, cuore cieco e buio di madre, della quale avevo visto tra le lacrime trapelare i lineamenti nel volto di Maria, quando remissivamente lascia ogni cosa a lei cara all'0Annuncio dell'Angelo che la fa errante in Egitto, con la sua sacra famiglia, nel Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini che la scorsa mattina avevo visto con una mia classe.
Stamane, quando è stato lui a richiamarmi, così mi ha detto, a suggello dell impegno che hanno assunto di essere di ritorno domani in Khajuraho, Vimala e Chandu, che da lei prende ancora il latte, al seguito di Kailash, con Purti, ed Adjay,
"Chandu sta tossendo, come tossiva Sumit"
Ed io per due volte, le prime volte da che " è avvenuto ciò che è avvenuto a Sumit", gliel'ho nominato, ma per sbaglio, in luogo di Chandu.
Ma Kailash è sembrato accogliere l'errore come il caro segno di quanto anch'io il nostro angioletto lo abbia sempre nel cuore.
Mi sono avventurato in tali tenebre perché lui stesso me lo ha consentito, con la forza della lucidità che il dolore ieri notte sembrava imprimere nelle sue parole, quando evocava tutti i disagi e i rischi cui rimangono sottoposti i suoi bambini nel villaggio in cui si sono ritirati, costretti, Purti ed Ajay, a bagnarsi e a lavarsi nel freddo presso le acque del suo specchio d'acqua, nel freddo a fare i loro bisogni nei campi, a disporre soltanto di acqua fredda di pozzo, a recarsi e a fare rientro da scuola per decine di chilometri in motocicletta od in tuctu.
Lo stesso prosciugato dolore era la lama di gelo delle parole con cui Kailash mi ha fatto intendere che è andato oltre la forma più acuta di sofferenza, oltre la prostrazione per il rientro da cui Vimala non è ancora in grado di rimettersi.
" I primi due giorni ho sofferto, ma poi mi sono ripreso. E stato così anche per Adjay, una volta che ha riportato la bicicletta in casa, ed è tornato alle cose di sempre..."
Il rientro nel mio paradiso perduto, che mi sgomenta a giorni di affrontare a mia volta.
lunedì 14 dicembre 2009
Quanto dolore
" I'm powerful man, now, sono un uomo potente, ora"
"Non sei tu Kallu, Kallu Kailash Sen, il mio caro amico?
" Si, sono io, Kallu Kailash Sen, un uomo forte ora"
Con stupito sgomento mi sono chiesto da quale prova tremenda potessero uscire quelle sue parole, all' alba della sua prima notte di rientro, solo con i suoi bambini più grandi, nella casa desolata dalla mancanza di Sumit, mi sono chiesto da quali risvegli notturni , nel cuore della tenebra del suo dolore, fosse emersa la forza che mi ostentava.
" Ora so, che quello che mi resta è pur sempre di più di quanto ho perduto...", mi diceca appuntellandosi a tali parole, quando alcuni giorni avanti " Ho perduto ogni cosa" tornava a ripetermi disperato.
" Vai a scuola, e vedrai che i tuoi studenti ora ti rispetteranno", aveva ora l'audacia di prevedermi, quasi che tutto il suo dolore si fosse commutato in un contatto illuminante col divino, in una com-presenza certa.
"Ho sofferto e ho pianto nel vedere e nel toccare i suoi abiti, le sue scarpe, ma sono riuscito a sopportare tutto.".
Vimala l'aveva lasciato solo nel sostenere la prova, incapace di reggere tale prova del rientro, timorosa che la morte di Sumit fosse dovuto a un jantar mantar, a un malocchio che avrebbe potuto ricadere anche sul piccolo Chandu che accudiva in disparte.
No, non un jantar mantar,come gli ha smentito un pandit - era d'accordo in questo Kailash, ma la volontà di Dio gli ha tolto Sumit, qualcosa che i tanti dottori da cui è andato, ai quali ha chiesto, non sono riusciti a spiegargli, di quanto è accaduto e ha infranto tutto, mentre come immumerevoli altre volte era ad un internet center .
La sera dello stesso sabato l'avrei ritrovato in Chattarpur con i suoi due bambini più grandi, dapprima sull 'autobus che lo recava con Purti ed Adjay a duna festa di matrimonio familiare, poi nello stesso hotel dove io avevo dormito con i suoi due bambini la notte che è nato Chandu.
La vista dei bambini festanti l' aveva indotto ad affrettarvi il rientro dal party.
Poi non l ho più udito sino a stamane, il cellulare aveva scaricato le sue batterie, e nel villaggio, in cui ha fatto rientro, è mancata l'energia elettrica per poterlo riattivare.
Ciò che ha temuto il mio cuore in angoscia, la nuova disgrazia certa che sembrava preannunciarmi tale prolungato distacco, solo al riudirne la voce si è istantaneamente dissolto.
Ora che è libero, inizi ad acquistare il bambu per il nostro ristorante, l' ho nuovamente pregato: il si, si, che ripete il proprietario tutto preso dalle elezioni in corso nel suo villaggio, si trasformerebbe in un pre-contratto effettivo.
E se Vimala non se la sente di mettere piede nella casa di Khajuraho, può alloggiare in una dimora vicina con Chandu, in quella del fratello di Kailash, Manoj, o di una sua amica, si prenda a cuore le sorti del bambino, che ha bisogno di un ambiente più salubre di quello del villaggio di origine di Kailash.
E a Kailash, sempre in nome delle sorti di Chandu, secondo quanto mi ha detto di prezioso mia madre, ho raccomandato di prendersi più a cuore anche le sorti di Vimala, dalla cui salute dipende la salute del bimbo, tramite il latte che gli somministra in cui si trasforma il suo sangue.
Domenica prossima anche lui e Vimala , mi ha assicurato Kailash, si recheranno nel Christian hospital per farsi visitare.
Resta incombente, per Kallu, il timore delle "injections" che gli è invincibile.
Ma è come la puntura di un insetto...- ho alluso scherzando
" Ma it s bigger..." la siringa, che il pungiglione di un insetto.
Parlando della mia prossima venuta in India, abbiamo trovato il modo di scherzare anche sulle ubiquità, in internet, di Lalitpur, Deoghar, e Udayapur, dove ci recheremo in un breve viaggio, di come Deoghar del Dashavatar temple, assommando i tratti delle varie Deoghar dell'India, figurasse tra le montagne di Lalitpur e nella provincia di Gwalior, al contempo che nel Jarkand e in prossimità dell Orissa, e Lalitpur vi risultasse l' incantevole città che avevamo visitato nel Nepal e lo scalo ferroviario in cui eravamo transitati tra Bhopal e Jhansi, come Udayapur sia situata nel Rajasthan e nel Madhya Pradesh...
Cosi' Sumit, caro Sumit, parlavo col papà di tutto quanto potesse svagarci, ma eri tu che tornavi sempre tra noi, nelle nostre parole, nei nostri pensieri, meravigliosa creatura mia, col tuo incantevole sorriso invitante, la tua infinita voglia di giocare e di avventurarti nel mondo con noi. Sumit, Sumit,Sumit!
Con che infinita nostalgia, con quanto affetto tornando a pensarti e a ricordarti, mio amore di bambino,
"Non sei tu Kallu, Kallu Kailash Sen, il mio caro amico?
" Si, sono io, Kallu Kailash Sen, un uomo forte ora"
Con stupito sgomento mi sono chiesto da quale prova tremenda potessero uscire quelle sue parole, all' alba della sua prima notte di rientro, solo con i suoi bambini più grandi, nella casa desolata dalla mancanza di Sumit, mi sono chiesto da quali risvegli notturni , nel cuore della tenebra del suo dolore, fosse emersa la forza che mi ostentava.
" Ora so, che quello che mi resta è pur sempre di più di quanto ho perduto...", mi diceca appuntellandosi a tali parole, quando alcuni giorni avanti " Ho perduto ogni cosa" tornava a ripetermi disperato.
" Vai a scuola, e vedrai che i tuoi studenti ora ti rispetteranno", aveva ora l'audacia di prevedermi, quasi che tutto il suo dolore si fosse commutato in un contatto illuminante col divino, in una com-presenza certa.
"Ho sofferto e ho pianto nel vedere e nel toccare i suoi abiti, le sue scarpe, ma sono riuscito a sopportare tutto.".
Vimala l'aveva lasciato solo nel sostenere la prova, incapace di reggere tale prova del rientro, timorosa che la morte di Sumit fosse dovuto a un jantar mantar, a un malocchio che avrebbe potuto ricadere anche sul piccolo Chandu che accudiva in disparte.
No, non un jantar mantar,come gli ha smentito un pandit - era d'accordo in questo Kailash, ma la volontà di Dio gli ha tolto Sumit, qualcosa che i tanti dottori da cui è andato, ai quali ha chiesto, non sono riusciti a spiegargli, di quanto è accaduto e ha infranto tutto, mentre come immumerevoli altre volte era ad un internet center .
La sera dello stesso sabato l'avrei ritrovato in Chattarpur con i suoi due bambini più grandi, dapprima sull 'autobus che lo recava con Purti ed Adjay a duna festa di matrimonio familiare, poi nello stesso hotel dove io avevo dormito con i suoi due bambini la notte che è nato Chandu.
La vista dei bambini festanti l' aveva indotto ad affrettarvi il rientro dal party.
Poi non l ho più udito sino a stamane, il cellulare aveva scaricato le sue batterie, e nel villaggio, in cui ha fatto rientro, è mancata l'energia elettrica per poterlo riattivare.
Ciò che ha temuto il mio cuore in angoscia, la nuova disgrazia certa che sembrava preannunciarmi tale prolungato distacco, solo al riudirne la voce si è istantaneamente dissolto.
Ora che è libero, inizi ad acquistare il bambu per il nostro ristorante, l' ho nuovamente pregato: il si, si, che ripete il proprietario tutto preso dalle elezioni in corso nel suo villaggio, si trasformerebbe in un pre-contratto effettivo.
E se Vimala non se la sente di mettere piede nella casa di Khajuraho, può alloggiare in una dimora vicina con Chandu, in quella del fratello di Kailash, Manoj, o di una sua amica, si prenda a cuore le sorti del bambino, che ha bisogno di un ambiente più salubre di quello del villaggio di origine di Kailash.
E a Kailash, sempre in nome delle sorti di Chandu, secondo quanto mi ha detto di prezioso mia madre, ho raccomandato di prendersi più a cuore anche le sorti di Vimala, dalla cui salute dipende la salute del bimbo, tramite il latte che gli somministra in cui si trasforma il suo sangue.
Domenica prossima anche lui e Vimala , mi ha assicurato Kailash, si recheranno nel Christian hospital per farsi visitare.
Resta incombente, per Kallu, il timore delle "injections" che gli è invincibile.
Ma è come la puntura di un insetto...- ho alluso scherzando
" Ma it s bigger..." la siringa, che il pungiglione di un insetto.
Parlando della mia prossima venuta in India, abbiamo trovato il modo di scherzare anche sulle ubiquità, in internet, di Lalitpur, Deoghar, e Udayapur, dove ci recheremo in un breve viaggio, di come Deoghar del Dashavatar temple, assommando i tratti delle varie Deoghar dell'India, figurasse tra le montagne di Lalitpur e nella provincia di Gwalior, al contempo che nel Jarkand e in prossimità dell Orissa, e Lalitpur vi risultasse l' incantevole città che avevamo visitato nel Nepal e lo scalo ferroviario in cui eravamo transitati tra Bhopal e Jhansi, come Udayapur sia situata nel Rajasthan e nel Madhya Pradesh...
Cosi' Sumit, caro Sumit, parlavo col papà di tutto quanto potesse svagarci, ma eri tu che tornavi sempre tra noi, nelle nostre parole, nei nostri pensieri, meravigliosa creatura mia, col tuo incantevole sorriso invitante, la tua infinita voglia di giocare e di avventurarti nel mondo con noi. Sumit, Sumit,Sumit!
Con che infinita nostalgia, con quanto affetto tornando a pensarti e a ricordarti, mio amore di bambino,
domenica 6 dicembre 2009
Tra noi due
Quando, tramutando la mia amicizia per Kailash nella partecipazione come un membro alla sua famiglia, ho iniziato a concepire che volevo incarnarmi nella realtà indiana, non immaginavo quanto mi sarebbe diventato realmente possibile, ed a che prezzo, che ne sarei diventato partecipe nel suo senso più teologico a imitazione di Cristo, fino a patire come il Padre, nella perdita del Figlio, il sacrificio divino del dolore umano più grande.
Quando ho inteso fare miei i valori e la vita familiare, purificandovi il mio eros in filìa ed agapè fraterna, nell'essere sempre di più solo (puro) amore, solo la mia paura poteva anticiparmene l'olocausto richiesto, la precipitazione nell' abisso di dolore della morte di Sumit.
La Luce del Suo Volto...
Io e Kallu avevamo riposto nella paternità condivisa della sua figliolanza meravigliosa il nostro futuro, il nostro lascito terreno, vi avevamo impegnato ogni cosa, Kailash, benchè in povertà estrema, assicurando la continuazione di ogni vita concepita nel grembo di Vimala, ed in cambio , quale esito della nostra donazione delle nostre vite per dare più vita, abbiamo ricevuto dalle Sue mani con la morte di Sumit la nostra stessa morte.
Nessun ariete si è impigliato tra i rami, a sostituire il sacrificio del nostro piccolo Iddio, così bello e incantevole, al punto che chiedevo la sua benedizione ridente, come se Sumit fosse un avatar di Lord Krishna.
Ora, nella nostra notte, mentre intorno sferza l'incomprensione od il dileggio, meno abbiamo lacrime per piangere più sentiamo dolore, più parliamo di chi ci è rimasto e più evochiamo il vuoto del nostro amore di bambino nel cuore morto delle nostre vite.
Cercavo ieri sera di confortare Kailash alla luce della crescita umana che palesa Adjay, con gli interrogativi e gli atteggiamenti che assume " Tu hai in lui ora un piccolo uomo", gli dicevo, e così gli tramavo lo strazio di chi non lo sarebbe mai diventato, nel suo splendore, il suo ulteriore piccolo uomo.
Anche il mio prossimo viaggio in India, di cui discorriamo ogni volta, gli evoca lo strazio che ieri sera mi veniva dicendo, ricordandomi che" a giorni tu ci sarai in India, ma lui non c' è più.. E quando ti penso ricordo le sue lotte, i suoi giochi, con te, le sue "marna", le sberle che ti dava..."
Quando ho inteso fare miei i valori e la vita familiare, purificandovi il mio eros in filìa ed agapè fraterna, nell'essere sempre di più solo (puro) amore, solo la mia paura poteva anticiparmene l'olocausto richiesto, la precipitazione nell' abisso di dolore della morte di Sumit.
La Luce del Suo Volto...
Io e Kallu avevamo riposto nella paternità condivisa della sua figliolanza meravigliosa il nostro futuro, il nostro lascito terreno, vi avevamo impegnato ogni cosa, Kailash, benchè in povertà estrema, assicurando la continuazione di ogni vita concepita nel grembo di Vimala, ed in cambio , quale esito della nostra donazione delle nostre vite per dare più vita, abbiamo ricevuto dalle Sue mani con la morte di Sumit la nostra stessa morte.
Nessun ariete si è impigliato tra i rami, a sostituire il sacrificio del nostro piccolo Iddio, così bello e incantevole, al punto che chiedevo la sua benedizione ridente, come se Sumit fosse un avatar di Lord Krishna.
Ora, nella nostra notte, mentre intorno sferza l'incomprensione od il dileggio, meno abbiamo lacrime per piangere più sentiamo dolore, più parliamo di chi ci è rimasto e più evochiamo il vuoto del nostro amore di bambino nel cuore morto delle nostre vite.
Cercavo ieri sera di confortare Kailash alla luce della crescita umana che palesa Adjay, con gli interrogativi e gli atteggiamenti che assume " Tu hai in lui ora un piccolo uomo", gli dicevo, e così gli tramavo lo strazio di chi non lo sarebbe mai diventato, nel suo splendore, il suo ulteriore piccolo uomo.
Anche il mio prossimo viaggio in India, di cui discorriamo ogni volta, gli evoca lo strazio che ieri sera mi veniva dicendo, ricordandomi che" a giorni tu ci sarai in India, ma lui non c' è più.. E quando ti penso ricordo le sue lotte, i suoi giochi, con te, le sue "marna", le sberle che ti dava..."
in memoria di Don Andrea Santoro
IN MEMORIA DI DON ANDREA SANTORO
E' don Andrea Santoro, il sacerdote ucciso in Trabzon, il " prete romano" di cui parlano i brani seguenti della pagina di cronaca che scrissi a Dyarbakir il 16 luglio del 2003, agli inizi del viaggio che dal Kurdistan turco, attraverso la Georgia, mi avrebbe condotto in Armenia ed in Iran. Vi racconto come ebbi modo di incontrarlo alcuni giorni prima in Urfa, nella Casa di Abramo che vi aveva fondato.
Come la domenica scorsa ho appreso la notizia, il pensiero è corso immediatamente a lui, pur ignorando ancora l'identità della vittima, poco prima che nei filmati dei servizi televisivi mi turbasse di rivederlo, nella sua alta figura dal nobile profilo fine, in cui avvertii vibrare trepidante la tensione del suo spirito di missione permanentemente attivo, animato dal fervore dell'apertura al dialogo di chi intende lasciarsi permeare da ogni ragione possibile del proprio interlocutore.
Nonostante tutte le limitazioni all'esercizio del sacerdozio che egli subiva in Turchia, non stentava a credere che l'Islam in Siria o in Libano fosse invece la religione tollerante che gli accreditavo.
Dell'Islam, il solo limite di cui si venne al più rincrescendo, è che comunque non riuscisse ancora a fare a meno del supporto del potere politico.
Ma la camicia di forza imposta all'esercizio della fede cristiana dal laicismo dello stato turco, sembrava averla assunta per conformarsi ancora più rigorosamente ai propri dettami, che facendosi ancora più rigorosamente laici, ancora più decontaminati dalle scoria del potere, gli imponevano di attestare la verità del cristianesimo in virtù della sola testimonianza resa dalla propria condotta e dal proprio operato solidale con la gente turca.
Forse la Turchia costituiva per questo la sua terra d'elezione, perché più di altri Paesi poteva elevarlo ad affidarsi a tali forme precipue di evangelizzazione.
Lascio ai lacerti della mia cronaca, la riesumazione dei momenti più emozionali del nostro incontro.
Nel tempo, ciò che nel ricordo è rimasto più ricorrente di quanto egli mi disse, fu il suo interrogativo, sul seguito del mio viaggio in Iran, dove difficilmente mi sarei ritrovato in ambienti cristiani:
" E puoi stare una domenica senza la Messa'?"
Anche questo contribuisce a spiegare perché in quelle pagine supponga che fosse per un diniego della volontà divina, che non lo dovessi rivedere il giorno avanti,.
Ora credo che la motivazione di questa mia supposizione stesse nel fatto che la mia poca fede si sentiva del tutto impari alla sua, se tuttora debbo chiedere a Dio di concedermi la fede di cui non dispongo, e che avessi ritegno di figurarne al cospetto, sentendomene immeritevole, quasi che vi ricomparissi abusandone sotto mentite spoglie.
(Scritto il 16 luglio 2002 in Dyarbakir)
Solo per l' insistenza con la quale alcuni artigiani e negozianti locali hanno seguitato a battere alla porta d' accesso, ho avuto adito alla microcomunità cattolica della casa d'Abramo, al tempo stesso in cui sono venuto a conoscenza della sua esistenza in Urfa.
Quegli uomini hanno voluto guidarmici quando ho detto loro di che nazionalità fossi, allorché mi hanno interpellato per avere notato che intendevo addentrarmi nella vicina moschea.
Un prete romano, insieme con il diacono rumeno che l'anno scorso avevo già incontrato in Trebisonda, ne compongono l'esiguo cenacolo, tra le mura della casa dismessa che erano intenti a riscialbare , perché divenga una sede d'incontro con degli altri credenti nelle religioni abramiche
E' così che oggi si rigenera in Urfa l'antica Edessa, quale crogiuolo di fedi nella loro ibridazione reciproca, per cui la città pullulò un tempo di eresie, e (allorchè) l'aramaico vi fu la lingua delle iscrizioni dei culti lunari, quanto della prima trascrizione lapidea della adesione alla fede in Cristo fuori di Palestina .
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L' indomani, ch'era domenica, mi sono aggirato invano per ritrovare la sede della casa d' Abramo, nel dedalo di vicoli in cui ci si addentra come si lasciano le arterie moderne della città.
Si era fatto troppo tardi, oramai, per la Messa a cui il prete romano mi aveva esortato a partecipare, -a quell'ora si stava terminando di celebrarla, se non si era già conclusa, nella chiesa sotterranea in cui egli aveva trasformato lo scantinato della casa di Abramo, trasmutando in altare una rientranza nel muro.
Era dunque Volontà dei cieli che non potessi- o non dovessi -partecipare al compiersi del rito, nella celeste navatella, ove la sera avanti quel prete mi aveva affidato a Dio perché vigilasse ed ispirasse il mio viaggio, Egli fosse la mia ombra diurna tutelare, la mia luce nella notte.
(Salmo 120
Il Signore è il tuo custode,
Il Signore è come ombra che ti copre
e sta alla tua destra ,
Di giorno non ti colpirà il Sole,
né la Luna di notte.
Il Signore ti proteggerà da ogni male,
egli proteggerà la tua vita.
Egli veglierà su di te,
quando esci e quando entri,
da ora e per sempre.)
La fiammella della mia trepida fede tremava e vacillava intanto come una menzogna, di fronte all' intensità fervente che ne ispirava le parole.
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sabato 5 dicembre 2009
Due Haiku per il mio Sumit
Sumit,
Sumit, bimbo mio
cuore della mia vita,
senza più vita
Che miracolo, nella mia desolazione, potere ancora intendere l'incanto dell'Adagio della Trauersinfonie op. 44 di Haydn, nell esecuzione mirabile del'Orchestra da Camera di Mantova ( Amadeus, numero ultimo del dicembre 09 )
Sumit, mio Sumit!
miei spenti occhi di sole,
mia stessa morte.
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