Lettera non ( ancora) ( o mai) inviata a Valentino Giacomin
“Hanno fissato un prezzo troppo alto per l'armonia; non possiamo permetterci di pagare tanto per accedervi. Pertanto mi affretto a restituire il biglietto d'entrata. E se sono un uomo onesto, sono tenuto a farlo al più presto. E lo sto facendo. Non che non accetti Dio, Alëša, gli sto solo restituendo, con la massima deferenza, il suo biglietto».( Ivan, nei I fratelli Karamazov)
Caro Valentino,
quanto alla mia vita, nei suoi orientamenti, è tuttora intricata tra il suo secondo e terzo stadio secondo la dottrina hindu degli asrama.
Mi sento “oltrepassato, oltrepassato, e qui rimasto”, come dice il mantra del sutra del loto, a dover ancora assumermi doveri e responsabilità sempre più insostenibili nell'insegnamento, quando la mia mente ed il mio cuore si sono resi sempre più distanti e morti, e solo l' India e la mia famiglia indiana rianimano ancora la danza, solo l'amore per essi può farmi aderire ancora alla vita, dopo che per l'amore stesso che avevo e che ho ancora del bambino Sumit,ch'era il nostro Spirito Santo, è andato distrutto ogni senso della meraviglia della vita infinita e perpetua. con la sua morte in cui come la Trinità in croce ho sofferto al contempo la mia perdita di lui, la sua perdita della sua vita e del suo compimento di uomo, insieme con il dolore della perdita del nostro bambino ch'era lo strazio del cuore di Kailash, esasperato dal timore e tremore che lui stesso vi soccombesse. E quand'anche dopo l' insegnamento potessi vivere sempre più in India o nel Nepal, e sempre meno in Italia, per anni e anni, se avrò ancora così tanta vita da vivere, dovrò dividere il ritiro dal mondo dell'eremitaggio del vanaprasthan con la cura dei bambini miei e del mio amico indiano, prima di poter dire come Simeone “ Ora lascia , o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola”, e lasciarmi morire, d'inedia o metodicamente, praticando il sallekhana, benchè fin d'ora , da che sono entrato nella Sua notte oscura con la morte del mio bambino, a seguito della potatura di tutto operata con tale evento dalla presunta Sua volontà, solo l'abbandono e la rinuncia a tutto possa alleviare il fardello di cui devo sostenere il peso ogni giorno
Caro Valentino, anche così, ed anche ora, dunque, senza affrettarmi, come Ivan Karamazov, ma con la stessa deferenza, giorno dopo giorno sto già restituendo a Dio il biglietto d'entrata,distaccandomi da tutto ciò che ha avuto per me valore nella mia formazione umanistica, -non leggo più libri di fiction, rifuggo ogni musica che oda o ciò che è poesia, tutto ciò la cui la forma e il cui valore mi preservava un tempo dal nichilismo -
Ma ciononostante, nonostante così tanto abbandono, non so ancora accettare ciò che è stata la mia vita, che sempre più si vanifica ad ogni giorno che passa, in una dissipazione del mio talento che si fa sempre più imperdonabile, vivendola come un fallimento per cui mi disprezzo e manco per primo a me stesso di rispetto, per il mio destino mancato di scrittore, e per ciò che è stata invece la mia vita orrenda d'insegnante. L'unica mia passione restano l'India e la mia famiglia, permanendo quale mio unico pensiero consolatorio l'idea che se fossi diventato ricco ed illustre sarei andato oltre con lo sguardo, e nel passo, qualora avessi incontrato nel suo sguardo da un'altra vita il mio amico Kailash.Nel distacco non so pertanto riconciliarmi con Dio, cosi' come mi ha voluto a sua immagine e somiglianza, nelle mia capacità d'amare e nell'impotenza che l'esprime, di cui non so accettare oltre ogni umana considerazione il compiersi in Dio. Credo, che detto altrimenti, in termini buddistici, a tal punto resti decisiva la scelta di accettare o di non accettare l'accettazione stessa, la sofferenza,l' impermanenza e l'insostanzialità, che sia determinante se la risoluzione operante, nel proprio distacco, sia di tenersi in tasca o di rifiutare il biglietto d'ingresso nell'esistenza ( vedasi sempre Ivan Karamazov). Ossia, quale che sia l'orizzonte di fede della mia adesione al vivere ancora, la questione che vengo vivendo è se la rinuncia, il lasciar andare, il non attaccamento sia adesione alla vera vita sostanziale, il farsi Amore di Dio nelle sue concrete parvenze, o il suo rifiuto fino alle estreme conseguenze.
Così ti valgano le mie parole, caro Valentino, che io stia preservando o
restituendo, con la massima deferenza, il suo biglietto».
Nota Di tali considerazioni sono debitore in particolare a Bulgakov “ Sofiologia della morte” in L'altro di Dio di Piero Coda.
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Così il 18 dicembre mi ha scritto Valentino Giacomin
Ciao. Come stai? Qui tutto bene. I chakma sono ok. I pomodori crescono a vista d'occhio. Mi sono accorto che alcune piante avevano le foglie accartocciate. Ho dovuto rinunciare alla mia coerenza ecologica, dando il consenso al ragazzo responsabile del progetto di usare delle medicine. "Sono vitamine!" mi ha detto, per consolarmi e alleggerire i miei sensi di colpa. Ho pensato che se le foglie di tutte le piante fossero finite nel ... bardo, i chakma avrebbero dovuto mangiare ... principi, belle idee e disegni di pomodori! Così, ho peccato. Mi sento meno colpevole pensando che non ho visto insetti nelle foglie.Infatti, mi hanno assicurato che la malattia e' in relazione alle nebbie. Lo scorso anno era successo alle patate.
Ma non avevo intenzione di parlare del nostro orto. Volevo segnalarti la lettera riveduta e corretta pubblicata sul blog/
http://www.aliceproject.org/blog/?p=1468
Un abbraccio
Valentino
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