Dall’India in cui ancora mi trovo, la lettura in rete del commento di don Ulisse Bresciani alla Genesi e alle Lettere di Paolo, negli incontri che teneva ogni martedì nelle sale canonicali della basilica di Sant'Andrea , puntualmente quanto implacabilmente vi arrivavo in ritardo, era rimasto fino a questi giorni il mio solo legame continuativo con la realtà di Mantova più propriamente culturale e spirituale. Avrei voluto prima o poi un giorno o l’altro scrivergli, a riguardo, e rendergli grazie di quanto nel corpo a corpo dell’esercizio sanguinante dell’amore reale, in tutte la vulnerabilità cieca e le fragilità umilianti della mia carnalità spirituale, avessi trovato sostegno e conforto decisivo nelle sue riletture illuminanti dei sacri testi che sono l‘alfa e l’ omega della spiritualità cristiana, in particolare,ad esempio, sulle orme esegetiche del biblista Andrè Wenin, di come la cupidigia sia il peccato alla radice di ogni altro, quando il desiderio non sa accettare il limite che consente il ritmo dell’essere, e la " bestia, che in noi è accovacciata" si fa distruttiva di ogni alterità umana e naturale che ci è affidata in dono perché se ne sia responsabile, o di come per Paolo la potenza e sapienza di Dio nel suo splendore di gloria, si manifesti proprio nella vulnerabilità fragile per cui per il mondo siamo solo debolezza e follia, sua spazzatura e rifiuto di tutti.
Con che luminosità annuente mi aveva manifestato come fossi proprio nel vero, che avevo inteso al volo, quando gli ebbi timidamente a chiedere se nelle loro candide vesti lavate con il sangue dell’agnello, i 144 mila eletti dell’Apocalisse , riscattati dalla terra, non fossero gli stessi eunuchi evangelici,.
Invece per un’ispirazione che non è pura casualità naturale, dopo innumerevoli giorni ho aperto in internet questo martedi 16 aprile la Gazzetta di Mantova, per ritrovarvi la notizia dolorosissima della sua morte il giorno avanti, senza più alcuna possibilità di alcuna ripresa con egli di alcun discorso ad un mio futuro rientro. Non lo ritroverò dunque più nella sala della colonna di Sant’Andrea,o in quella d’attesa del nostro comune medico personale, senza che potessi supporre la gravità del male che ve lo recava, per la stessa serenità imperturbata e gioiosa con cui mi salutava e poi, in sincronia, si reimmergeva nelle letture dei libri che vi recavamo per leggerli in attesa, e fin che avrò vita terrena resterà così consegnato solo alla riesumazione della mia grata memoria, il ritrovarvi in questo mondo l’unico volto e l’unica voce in cui nelle ore estreme del dolore e della disperazione, dei miei ultimi tempi, ho confidato e che ho ritrovato immancabilmente pronta ad ascoltarmi, per accompagnarmi nella remissione o a riavviarmi alla speranza fiduciosa . Così è stato , per la sua indefettibilità spiurituale, quando a lui si è rivolto in lacrime il mio Io affranto per la morte del mio piccolo Sumit, o quando con la dignità ed il lavoro, ogni prospettiva di vita e di futuro sembrava andata distrutta.-
In tal modo egli si assimilava a Dio, nel suo debole per i deboli di cui parlava nelle sue omelie mirabili, autentici improvvisi del Suo Spirito.
Allo stesso modo, si è assimilato alla Sua passione per la libertà di ogni uomo, quando con fermezza assoluta mi ha categoricamente invitato a lasciare affidata alla autonoma scelta del mio amico indiano, e della moglie, il compimento della gravidanza da cui sarebbe nato il nostro adorato Chandu , pur dopo averli consigliati nella loro fede hindu secondo quanto mi dettava la mia ispirazione cristiana.
Resta ora compito di chi a differenza di me è dentro la comunione di vita parrocchiale della Chiesa cattolica, che non vada disperso l'insegnamento del suo Cristianesimo, così radicalmente fedele alla Parola del Verbo e così eversivo al contempo della vulgata devozionale religiosa, nel farsi flagello sferzante, di domenica in domenica, di chi annuendo tra i banchi sapeva benissimo, in conformità di fede a questo mondo, come essere assolutamente cattolico senza essere per niente cristiano.
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