Lungo la grande
via alberata che da Lalitpur reca a Deogarh,
quando non mancano che otto chilometri al villaggio del gran tempio gupta delle Dieci
Incarnazioni di Vishnu, o se si è di
ritorno a tale indicazione stradale perché il tempio non si è resistito a rivederlo, ancora una volta volta, nello splendore dei suoi grandi rilievi, proprio dove inizia
l’area forestale una strada si profila a sinistra , venendo da Lalitpur, che va
percorsa nel suo addentrarsi nella boscaglia della giungla, sino a che curva
verso un passaggio a livello. Inutile sperare di trovarlo aperto, è
all’altezza di una delle vie ferroviarie di maggiore scorrimento dell'India. Ma
dopo che le sbarre siano state rialzate, in capo ad almeno una decina di minuti,
sostando in attesa con gli autorickshaw ed i carri stracolmi di ragazzi e uomini
del posto, basterà continuare il percorso per qualche centinaio di metri, fino
a che non compare a sinistra una strada sterrata, che ci porterà in capo a poco
più di qualche chilometro alla nostra stupefacente meta a sorpresa,
sparpagliata oltre i binari della stessa
rete ferroviaria, mentre resta al di qua della loro massicciata la manciata sparsa
di casolari, che è il tutto della Chandpur dei nostri giorni.
Avvistato a
sorpresa da chissà quanti milioni e milioni di viaggiatori sui treni di corsa, tra Delhi e Mumbai, Varanasi o
Ahmedabad, magari stupiti e incuriositi della meravigliosa apparizione, all'improvviso, di quale mai sito archeologico a loro del tutto sconosciuto, fatta salva chissà quale eccezione, se è ignorato o negletto dalle stesse indicazioni ed illustrazioni turistiche
delle località monumentali di questa area remota del
Bundelkand, e non è visitato di conseguenza pressoché da nessuno, in realtà che vi si profila di magnifico nella giungla boschiva, al di la dei binari, è il complesso
templare dell’antica Chandpur dei signori di Khajuraho, i Chandella, edificato a centinaia e centinaia di chilometri di
distanza dalla capitale del regno, come più a Sud, a qualche decina di
chilometri da Chandpur, le ancor più grandiose rovine in altura di Dudhai.
Una volta superate
le scarpate de binari della barriera ferroviaria, facendo la massima
attenzione ai treni in arrivo a tutta velocità, tra gli ultimi coltivi prima
della boscaglia è rapidamente
accessibile il primo complesso del sito, ingraziato dalla deliziosa levità di ciò che a prima
vista sembrerebbe la sala di un mahamandapa, ed
invece, sopraelevato di poco su di una piattaforma, è la sala del portico d’accesso a tutta ampiezza di un
tempio franato nelle parti restanti, senza sovrastrutture sopra un tetto piatto.
Ne costituiscono
l’incanto l’ariosità della loggia , forse un tempo conclusa dalla svasatura del
tipico schienale di pietra dei balconi dei templi Chandella, come lasciano
supporre dei fori di incastro,- del resto è lignea la natura originaria di
tali davanzali,- non che il ripetersi dei motivi ornamentali dei pilastri
interni al vano d’accesso, e di quelli corti lungo la parete esterna,
nella profusione di mensole in cui si profilano atlanti, e nella trama luministica del contrappunto a scacchiera che ne è l’ornato interno ed esterno delle trabeazioni, tra fasce sottostanti e sovrastanti di dischi e rombi, che semplificano rosette e diamanti, replicati più macroscopicamente, oltre un fregio di triangoli.
nella profusione di mensole in cui si profilano atlanti, e nella trama luministica del contrappunto a scacchiera che ne è l’ornato interno ed esterno delle trabeazioni, tra fasce sottostanti e sovrastanti di dischi e rombi, che semplificano rosette e diamanti, replicati più macroscopicamente, oltre un fregio di triangoli.
Ai fianchi
ricorre una serie di volute stampigliate
tra pilastrini conclusi con vasi fogliari, sopra una fascia di rombi
diamantini.
Niente di nuovo sotto il sole dell’arte dei Chandella, eppure con quanta rinnovata eleganza di grazia.
Niente di nuovo sotto il sole dell’arte dei Chandella, eppure con quanta rinnovata eleganza di grazia.
Ma l’attrazione
centrale del primo gruppo di templi, non deve oscurare la umile bellezza del tempietto che sorge ai margini,
che lascia incantati o deliziati e commossi, per come in povertà di mezzi ed elementarità di stile, si è voluto ripetervi su scala ridotta,e tangibile con mano, l’iconologia essenziale dei grandi templi di Khajuraho.
che lascia incantati o deliziati e commossi, per come in povertà di mezzi ed elementarità di stile, si è voluto ripetervi su scala ridotta,e tangibile con mano, l’iconologia essenziale dei grandi templi di Khajuraho.
Sta di fatto che
volgendo intorno al prasad della sua cella, sovrastata da ciò che resta del
sikkara in cui culminava, preceduta da un portico a pilastri, a copertura piatta, in cui ricorre il
motivo canonico del rilievo a t che termina in un vaso dell’abbondanza da cui
tracimano foglie,
si possono toccare con mano, accarezzandoli senza paura, nel senso orario di percorrenza della pradakshina, i rilievi di Gaya Laxmi irrorata da due elefanti,
poi del primo degli dei guardiani nelle otto direzioni principali, Khubera, quindi la proiezione centrale di un presumibile Surya, con attributi e poteri propri tanto di Brahma che di Vishnu e Shiva, dato che è rigido e impettito tra due fiori di loto nelle mani che si ergono all’altezza del volto,
poi Agni ed Indra quali successivi Lord protettori dell’Est e Sud Est del tempio , Ganesha danzante rubicondo al centro della parete Sud,
quindi Yama, Dio della morte, come gli spetta data la posizione angolare, Nirriti sull’altra faccia del pilastrino, Varaha nella proiezione centrale della parete Ovest,
seguito da Saravasvati con tanto di vina,
in perfetta corrispondenza
sulla parte opposta con la dea Laxmi.
si possono toccare con mano, accarezzandoli senza paura, nel senso orario di percorrenza della pradakshina, i rilievi di Gaya Laxmi irrorata da due elefanti,
poi del primo degli dei guardiani nelle otto direzioni principali, Khubera, quindi la proiezione centrale di un presumibile Surya, con attributi e poteri propri tanto di Brahma che di Vishnu e Shiva, dato che è rigido e impettito tra due fiori di loto nelle mani che si ergono all’altezza del volto,
poi Agni ed Indra quali successivi Lord protettori dell’Est e Sud Est del tempio , Ganesha danzante rubicondo al centro della parete Sud,
quindi Yama, Dio della morte, come gli spetta data la posizione angolare, Nirriti sull’altra faccia del pilastrino, Varaha nella proiezione centrale della parete Ovest,
Sovrastano gli
dei una fascia di oculi solari, i gavaksha, o chaitya, e due modanature in guisa di kapota con un fregio intermedio
di cerchi e rombi, alias diamanti e rosette.
E’ una tale
rarità un simile tempietto nei domini Chandella, che abbia la intraprendenza di
osare di ripetere, con scolarità di mezzi, ciò che dicono con assai più
complessità di intenti le sculture templari della capitale, in un insieme di edifici di
culto non meno numerosi di quelli che in essa sopravvivono ancora, che al cuore
detta di getto( l’assunto) l'assunzione di Chandpur (come) a una piccola Khajuraho.
Basta, a esaltare l'assunto, inoltrarsi
di poco nella radura per raggiungere un altro gruppo di templi, tre i
superstiti,
tra altri di cui sopravvivono solo i resti delle fondamenta.
tra altri di cui sopravvivono solo i resti delle fondamenta.
E’ shivaita
quello principale, come non è difficile
intendere,
visto il bravo e buon torello Nandi che lo precede sotto una edicola, tra yoni e linga in profusione. Di un certo interesse le yoni che recano cinque sfere, in luogo dei quattro volti laterali e di quello superiore del dio, come Isana, immanifesto e simbolizzato dallo stesso lingam, che caratterizzano i lingam a quattro volti o chaturmukka.
visto il bravo e buon torello Nandi che lo precede sotto una edicola, tra yoni e linga in profusione. Di un certo interesse le yoni che recano cinque sfere, in luogo dei quattro volti laterali e di quello superiore del dio, come Isana, immanifesto e simbolizzato dallo stesso lingam, che caratterizzano i lingam a quattro volti o chaturmukka.
Secondo la pianta
unanime dei templi superstiti di Chandpur, anche questo tempio è costituito da portico d’accesso con copertura piatta e santuario
del dio, sovrastato un tempo da un sikkara caduto in rovina, esso reca ancora i
resti di un davanzale svasato, che possono ritrovarsi nello loro interezza, nel tempio Ranchhoreji di
Dhaujari,
distante una decina di chilometri,
per altri snervanti o riposanti passaggi ferroviari,oltre Dawra e la giungla collinare, in un luogo di pellegrinaggio in prossimità delle rive del fiume Betwa.
E' del tutto consigliabile inoltrare con piacere il nostro itinerario raggiungendone il sito, magari per dilungarlo fino alle grotte del Santo Muchkund ,
ed esserne di ritorno in un percorso circolare lungo un’agevole pista nel folto di una giungla di piante di tek, dove, pur se le ha lasciate da tempo Lord Khrishna che secondo la leggenda vi trovò sosta, è possibile ritrovare in loro povertà lieta alcuni sadhu, tra miriadi di scimmie che ne condividono la scelta di vita
.
distante una decina di chilometri,
per altri snervanti o riposanti passaggi ferroviari,oltre Dawra e la giungla collinare, in un luogo di pellegrinaggio in prossimità delle rive del fiume Betwa.
E' del tutto consigliabile inoltrare con piacere il nostro itinerario raggiungendone il sito, magari per dilungarlo fino alle grotte del Santo Muchkund ,
ed esserne di ritorno in un percorso circolare lungo un’agevole pista nel folto di una giungla di piante di tek, dove, pur se le ha lasciate da tempo Lord Khrishna che secondo la leggenda vi trovò sosta, è possibile ritrovare in loro povertà lieta alcuni sadhu, tra miriadi di scimmie che ne condividono la scelta di vita
.
Qui invece nel nostro
tempio in Chandpur, portico e balaustra ripetono i motivi a noi ben conosciuti
del rilievo a T maiuscola, tra coppe con volute di foglie, le trabeazioni presentano palmette, fregi triangolari, rombi e dardi,
mentre sono delle variazione
interessanti Shiva danzante al centro dell’architrave del portale d’accesso al
garbagriha,
il deambulatorio che corre al suo interno.
il deambulatorio che corre al suo interno.
E’ shivaita, sviluppato
secondo la solita pianta, ma in tutta lunghezza più che in larghezza, e in tutta piattitudine della sovrastruttura del mandap (o sala) del portico , e nell’architrave
d’accesso al garbagriha, tra la Trimurti esibisce le nove divinità
planetarie
.
.
Il registro di
viaggio che tenni quel giorno, annota pilastri con statue di guardiani,
volute stampigliate nelle mensole che sormontano i capitelli
motivi decorativi di chaityia e di rombi diamantini ai lati,
,
volute stampigliate nelle mensole che sormontano i capitelli
motivi decorativi di chaityia e di rombi diamantini ai lati,
prima di rilevare
i dati più significativi, un richiamo, ch’è una citazione, dello stile gupta
fiorito ai massimi livelli nella regione circostante, attestato dalla decorazione di
colonne e pilastri, per come le coppe dell’abbondanza e il fogliame che ne
tracima vi hanno un risalto naturalistico, e non vi sono piattamente stilizzati in
profili geometrici..
E quindi vi si pongono in risalto musici e danzatori nella trabeazione interna del
portico d’accesso , nonché, per chi se ne compiaccia, scene di accoppiamenti
più o meno amorosi sul suo lato destro, il
che, se finisce per venire finanche a noia in Khajuraho, è così infrequente nei
templi Chandella fuori del suo ambito, da giustificare, una volta di più, che sia avvenuto un ammaliante ritrovamento di Khajuraho in Chandpur.
Ed è tutta altro
che finita.
Si seguiti tra la
boscaglia, ed ad una distanza di
centinaia di metri apparirà il gruppo di rovine più vasto, di non meno di una decina di templi, stando
alle piattaforme e ai basamenti di cui restano le immense rovine,
mentre ancora si sopraelevano il tempio più grande che ancora sopravvive dell’antica Chandpur, il Laxmi Narayan, e quello accanto, anch'esso su piattaforma, di cui rimangono solo il portico e il portale.
mentre ancora si sopraelevano il tempio più grande che ancora sopravvive dell’antica Chandpur, il Laxmi Narayan, e quello accanto, anch'esso su piattaforma, di cui rimangono solo il portico e il portale.
E non fosse che
sono solo ammassi di resti franati, altri gruppi ancora di rovine templari
resterebbero da visitare, stando a quel che diranno gli immancabili
accompagnatori locali del
visitatore alieno, che qui mai capiti un
giorno quanto mai insolito.
Il tempio Laxmi Narayan,
Il tempio Laxmi Narayan,
con le immagini di Varaha, Vamana, Narashima nelle proiezioni centrali
delle pareti del prasad, il corpo murario della cella del tempio,
pur nella suabrevità dimensione non monumentale è sviluppato in altezza ed in lunghezza, secondo
la coesione verticalizzata “sattvica”che richiede l’ideazione statuaria dei
templi Chandela, pena una dispersione
centrifuga della loro concezione iconografica, se prevale l’ampiezza, tanto più
se non vi successione lineare di
componenti, -portici e sale e celle, secondo un’unica entrata-, ma si danno
accessi laterali, o pluralità di
garbagriha, come in Dudhai o Makarbai.
pur nella sua
Esso consiste
come al solito, in Chandpur, come i
vicini templi Pratihara nel distretto di Tikanghar, di portico d’ingresso con copertura piatta e
garbagriha, su piattaforma rilevante e con sikkara, e conserva una vistosa
antefissa, da cui due volti divini fissano l’osservante.
Nel portale
d’accesso al sanctum,
Ganga e Yamuna appaiono sotto un torana, come nel tempietto accanto due attendenti con chaura scacciamosche, il che fa di Chandpur un trait-d’union tra la ricorrenza del motivo nel Tempio Javari di Khajuraho, e nei templi non remoti di Udaypur, o nel circondario di Gwalior.
Ganga e Yamuna appaiono sotto un torana, come nel tempietto accanto due attendenti con chaura scacciamosche, il che fa di Chandpur un trait-d’union tra la ricorrenza del motivo nel Tempio Javari di Khajuraho, e nei templi non remoti di Udaypur, o nel circondario di Gwalior.
Non più che un
reportage degli appunti presi, il rilievo del motivo delle coppe con esubero di
foglie nei pilastri, delle nove divinità
planetarie tra la Trimurti del portale d’accesso al santuario, l’annotazione
per quanto attiene a ciò che resta del tempio accanto,
del richiamo allo stile gupta che evidenzia il fogliame in vivido rilievo dei pilastri interni del portico d’accesso.
del richiamo allo stile gupta che evidenzia il fogliame in vivido rilievo dei pilastri interni del portico d’accesso.
Resta ancora uno
sforzo, che è richiesto dalla ripidità
della scarpata ferroviaria da affrontare, per pervenire alla ragione ulteriore
che fa di Chandpur la nostra piccola Khajuraho, a tutti gli effetti ed affetti.
Occorre infatti
ritrovarsi di là dalla linea ferroviaria, rispetto all'area archeologica che
si è concluso di visitare, ossia nell’al
di qua della Chandpur di oggi e di questo mondo da cui siamo pervenuti,
nell’imminenza, che fatalmente incombe, di un altro treno merci o passeggeri in arrivo,- per una tranciante mancanza di
riguardo tutta indo-britannica nei confronti
delle vestigia che si dovrebbero tutelare, che ha il suo più illustre
esempio di scempio nella linea ferroviaria che divide in Agra il Forte Rosso dalla Jama Masjd -, se trafelati si vuole pervenire ai resti di due templi
Jain, che in Chandpur, come in Khajuraho, attestano la promozione del loro culto assicurata dai
sovrani Chandella.
Nel primo,
sottostanno ugualmente a dei torana, le figure di profeti Tirthinkhara, o attendenti Jain, che ricorrono in luogo delle dee del fiume Ganga e del confluente Yamuna, così come dei Tirtinkara sostituiscono la trimurti hindu nell’architrave, dove non si è invece mancato di onorare le nove divinità planetarie.
sottostanno ugualmente a dei torana, le figure di profeti Tirthinkhara, o attendenti Jain, che ricorrono in luogo delle dee del fiume Ganga e del confluente Yamuna, così come dei Tirtinkara sostituiscono la trimurti hindu nell’architrave, dove non si è invece mancato di onorare le nove divinità planetarie.
Come è consuetudine nei templi Jain, ristretta e bassa è la soglia ch'è la porta e la via
del cielo della liberazione, ma su di essa, a rendere già sensibile conforto alla vista, è scolpita una
dea con un piccolo in braccio,
sotto cespi di mango, e reca uno di tali frutti deliziosi in una mano.
sotto cespi di mango, e reca uno di tali frutti deliziosi in una mano.
Le mie note non
mancano di annotare gli omaggi all’arte gupta nel portico d'accesso, anch'esso piatto, i reticoli
di scacchi sulle pareti ai lati.
Conclusa la
visita, e detta la mia, non resta che l’abbondanza delle scelta tra le restanti opzioni possibili , se il sole è ancora
alto nel cielo dell India: il rientro in Lalitpur o nei comforts o le penurie di una diversa città
di partenza, Jhansi, Orchha, Chanderi, tanto più se si è d’estate e
già stremati dal caldo torrido, oppure una puntata a Deogarh,
di nuovo, per visitare i suoi templi Jain, e le incisioni rupestri lungo i bordi
rocciosi tra cui decorre il fiume Betwa, o altrimenti, sempre in tema, il tempio
Chandella Ranchhoreji di Dhaujari e le
grotte Mukund, di cui si già detto. E per
l ‘indomani, se non ci si è ancora recati,
Pali e le meraviglie di Dudhai. Un' emula rivale possibile, nel fregiarsi della nomea di essere una seconda Khajuraho .
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