Riprendiamo freschi di nuove energie la nostra visita, ed eccoci pervenuti , preso un tuk tuk,
a quanto di più bello, a non più
quattro chilometri di distanza dal centro, in direzione nord ovest, v’ è
in Chanderi nell'ambito dell'architettura civile: il Koshak Mahal, eretto da
Mahmud Kalj in onore della moglie Koshak che vi ebbe il terzogenito.
Sette avrebbero dovuto essere forse i suoi piani, di cui
tre soltanto sono giunti a termine, più un quarto semifinito, sopravvivendo a
ogni tentativo di distruzione, ultimo quello del British dopo l’uprising, l’insorgenza indiana del 1857: sette
piani quanti furono sette i giorni celebrativi la vittoria di Mahmud Shah Kilji
su Mahmud di Jaunpur a Kalpi nel 1445.
Come un Char bag pietrificato, è un enorme edificio
cubico, di 35 metri per lato, in cui quattro archi preludono a quattro passaggi
arcuati che s’incrociano al centro dell’ edificio, originando quattro quadranti
a più piani, inflessi anch'essi in serie di archi e gallerie arcuate.
Scalinate raccordano i piani, finestre balconate si aprono all’esterno
immettendo luce. L’ornamentazione è ridotta ai minimi termini, al solo
apparato di medaglioni di loto, di marcapiani dentellati e di trafori di
jali al culmine degli archi inferiori, per lasciare il campo
architettonico alla nuda potenza immane delle masse murarie voltate e
dell’incurvarsi degli archi, nel rilancio del loro slancio di piano in piano,
di campata in campata, senza che la perfezione espressiva della tensione
che si è sprigionata si risolva nel suo sedarsi. Il tutto nel calore inesausto
dell’ardore vibrante di una pietra incensa.
Di rientro in Chanderi, lungo il tragitto è possibile soffermarsi,
a poca distanza, presso il Museo
archeologico dell'Archaeological Survey of India, inaugurato nel 2007 e di
concezione contemporanea.
E' imprescindibile per una rievocazione, sin dalla preistoria, del
passato della regione circostante, mentre di Chanderi sono ricostruite le varie fasi, a iniziare
dall'insediamento originario di Budhi Chanderi, in altura, di cui sono esposti
i reperti . Al pari delle rovine templari del sito, distanti 18 km, attestano
come fosse un grande centro Jain, al pari di Thuvanji, Sironji, Deoghar nel
circondario più prossimo.
Le immagini di tali siti, come delle meravigliose ornamentazioni della sala
ipostila del tempio Gupta di Beathi, possono essere un invito da non lasciar
perdere a visitarli, insieme con le località archeologiche che ricorrono in
prossimità della strada per Mughawli, Nanon in particolare, le cui pitture rupestri figurano sulle
pareti delle cavità rocciose, di riparo, che sovrastano la confluenza tra due
rivi in altura.
E ' poco distante dal Musero il Ram Nagar Mahal, il più rilevante monumento
hindu di Chanderi, un Palazzo che fu fatto edificare nel 1698 dal Maharaja
Durjan Singh Bundhela, e restaurato nel 1925 da Madhao Rao Scindia.
Disposto su tre piani, serviva da buon ritiro per la caccia dei marahaja hindu,
ed ospita ora il Museo del MP State Archaeology Department, di cui i reperti
più significativi sono le pietre celebrative delle immolazioni muliebri della
sati.
La sala interna che le ospita, cosi come il cortile, per il tramite di tre
porte che immettono al balcone che vi si affaccia, consente di accedere alla
vista del lago, il Ram Nagar, che già si era offerto alla nostra vista
dall'alto della fortezza di Chanderi. Fu nell'imminenza della cattura del
forte, che Babur trascorse la notte su queste rive.
Lasciando il Ram Nagar Mahal, siamo oramai prossimi più a sud, a Shri
Digambar Atishay Khandagiri, il più rilevante sito jain di Chanderi, a
ridosso di un'altura verdeggiante,
Le grotte che vi sono state scavate sono ancora più remote delle statue che
vi vennero scolpite all'interno, tali rilevi risalgono al dodicesimo,
tredicesimo secolo della nostra era, e si sono preservati senza patire sfregi o
dissacrazioni. Primeggia tra essi la statua imponente di Rishabhnath, che
fronteggia impavida nel tempo i 14 metri della propria altitudine abrasa dal
tempointatta.
Due templi sottostanti, una foresteria, un training centre completano il
complesso.
Inoltriamoci ancora più a sud, e sarà di li a poco raggiungibile un altro
suggestivo monumento del circondario di Chanderi, avvistabile anch' esso in
miniatura dall'altezza del forte: é la Kati Ghati, la porta intagliata nella
roccia di un colle che immette in Chanderi dal Malwa e dallo stesso Bundelkand.
In funzione dal 1495, si offre ora al transito di armenti, e dei fuori
strada, così come sarebbe stata edificata in una notte, per l'arrivo in
Chanderi di Ghiyassuddin Khiliji, da un artefice altrettanto portentoso quanto
disgraziato.Il lurco governatore locale, a dispetto del suo meravigliato
stupore per l’impresa, ebbe la micragnosità di rilevare che vi era la porta, ma
non i battenti, e dunque rifiutò di pagare il capomastro, che tanto ne fu
scornato che si suicidò- Presso la porta si può ancora vederne la presunta
tomba.
Un'altra leggenda vuole che sia stato invece Babur a volere che una porta
disostruisse l'ostacolo che il colle, in cui fu ricavata, frapponeva
all'assalto del forte di Chanderi, Un minuto mirhab intagliato nella roccia,
presso lo scavo della porta, e tutt'ora ben visibile, gli avrebbe consentito di
pregare per il fin troppo facile esito della battaglia per la cattura del
forte, ed è all'origine di questa storia ulteriore.
Altre leggende infioreranno il nostro percorso ulteriore e conclusivo nei
paraggi di Chanderi.
Esso ha la sua prima meta nel romantico e incantevole Parmeshwar tal, uno
specchio d'acqua dall'accesso sconnesso e oltraggioso della sua bellezza,
irredento, nell’ultimo tratto, dai resti poco distanti di un antichissimo
tempietto hindu shivaita e sfinito dal tempo, in stile remotoPratihara. Sul
lago si affacciano, fronteggiandiosi, il biancore dei santuari del tempio
Lakshman e i resti imponenti di alcuni chattris hindu di Re Bundela,
Bharath Shah e Devi Singh. Fu in queste acque che il mitico re fondatore
Kirti Pal, della dinastia Pratihara, glorioso e lebbroso, essendovi reduce
dalla caccia nella giungla più profonda, trovò una cura miracolosa che lo
depurò della sua lebbra. Gli apparve allora la dea Jageshwari, chiedendogli,
come il lettore potrà facilmente supporre, alla luce degli innumerevoli altri
tramandi dello stesso canovaccio leggendario, di costruirle un tempio sulla
vicina collina, con il solito annesso divieto inderogabile, che nel tal caso era
l’intimazione di mantenerne chiuse le porte per nove giorni, a frustrazione della sua curiosità.
Immancabilmente il re venne meno all'interdetto, e di nuovo fu afflitto dalla lebbra. Era
allora la vecchia ( Budhi) Chanderi la capitale, d un tremendo terremoto di lì
a poco la distrusse, obbligando re Kirti Pal a trasferirne il sito dove ora
sorge Chanderi.
Obbligo di completezza ci impone di riferire, a gloria del tempio
Laksman, la consueta storia di un idolo
del Dio che non ne vuole sapere di starsene dove i devoti l 'hanno sistemato,
in tal caso l'ombra confortevole di un peepal, e che non s' acquieta fin
che non lo dispongono nel luogo richiesto, per l'appunto dove ora sorge il
tempio Laksman.
Il devoto vi può onorare anche il dio Shiva e Radha Khrishna, in annessi
tempietti, mentre la kutya,
ossia una capanna, è la stanza adibita al culto singolare di Vibhishan, il
fratello virtuoso del demone Ravan.
Di poco a defilarsi tra i campi più a est, sorge in tutta la grazia delle
sue serpentinanti mensole il mausoleo Shehzadi ka Rauza. Le tettoie o chhajja
che esse sorreggono, lascerebbero supporre che l'interno sia a due piani:
duplice è invece solo l'ordine delle arcate, quello superiore di dimensioni più
ridotte, al pari di quello esterno rispetto all’ inferiore, su cui sfora
l'oculo celestiale della cupola franata, insieme con tre dei quattro chattris
che l'attorniavano.
Un fregio in ceramica blu che ricorre sopra la gronda superiore, accredita
che le calde pareti, ora fulgide di
luce, fossero un tempo ricoperte di mattonelle smaltate.
Il suo ingentilimento, come quello delle merlature in cui si apre lo
schiudersi del loto, ne attesta la natura muliebre, e prelude alla leggenda
dolente e funeraria che ora narrerò.
La principessa Mehrunisssa si era innamorata di un comune comandante
militare, senza gradi di nobiltà. Il padre, disapprovando la loro relazione,
cercò in tutti i modi di dissaduerla e di farla desistere, ma ogni suo sforzo
fu vano. Risolse pertanto di porre termine alla relazione facendo assassinare
l’amante della figlia. Il giovane uomo, benchè gravemente ferito, riuscì a
sottrarsi ai suoi carnefici e ad essere di ritorno in Chanderi, dove crollò di
schianto ed emise un gemito agonizzante. La principessa ne riconobbe la voce
morente e accorse dal suo amato, ma solo per essere in tempo a raccogliere
l’esalare del suo ultimo respiro. Sconvolta, e con il cuore infranto, ella pure
trovò allora la fine dei suoi giorni. Ove i due amanti spirarono accanto, due
lastre di pietra contigue, con scolpiti due nobili cavalli, indica presso la
Shehz adi Rouza che ivi i due amanti si riunirono nella morte trovando nel
mausoleo sepoltura.
Procedendo ancora più fra i campi, e più a est, sotto un monticello
su cui si erge il bianco Ali ji-ki-darghah, possiamo ritrovare la magnifica
Shahi Madarsa, risalente ai re Khilji di Mandu.
Sarebbe stato il solito Babur a violarne la natura di scuola, insediandovi
le false tombe all'interno, demolendone le cupole.
Foss'anche avvenuto, il presunto misfatto non ci impedisce di ammirarne lo
splendore delle jali scolpite, inserite, come un diaframma di luce nei loro
intagli, lungo i muri della parete in comune
della camera centrale e del portico maestoso che le volge intorno
Una camminata per il terreno roccioso, ci può condurre, più a sud,
all'ultima meta del nostro viaggio, il Battisi Baoli, ch’è il meglio preservato
dei 1.200 baoli di Chanderi, tanti quante erano
le 1.200 moschee che vi sarebbero sorte, di cui dice magnificandoli
l'Ain i Akbari.
Iperbolico il numero, quanto il fabbisogno d'acqua della Chanderi
Medioevale, in arida altura, a sei chilometri di distanza dallo scorrere delle
acque del Betwa, con una popolazione in aumento sino alle 100.000 anime.
Fatto sta che di baoli possiamo ancora ammirarne vari in Chanderi, il
Chakla Baoli e il Moosa Baoli nel centro attuale, oltre al Battisi Baoli presso
il quale volge al termine il nostro itinerario. E’ un grandioso
bacino quadrato della profondità
di quattro piani, con quattro scale (ad esso) d'accesso, che rappresenta
l'estrema sublimazione, in un edificio civile, della tendenza dell' arte
islamica di matrice afghana, diffusasi in India, all’astrazione di ogni
ornamentazione sino al supremo spoglio, affinché la nuda potenza in
tensione, o la sobrietà grandiosa delle pure volumetrie architettoniche,
cantino la gloria di Dio o dei benefici del potere civile
19 luglio 2013