domenica 26 marzo 2023
Orribile a dirsi, ma vero
E' orribile a dirsi, ma vero
E’ orribile a dirsi, ma vero: l essere i cittadini servili di una società signorile parassitaria di massa fondata nel suo esclusivismo sul paraschiavismo, incapace di vedere il futuro in ciò che costa e comporta , dato il riequilibrio dell’ordine del mondo che tagliandoci l erba sotto i piedi ci sottrae ricchezza, privilegi e vantaggi, e ci obbliga a fare affidamento proprio negli ultimi della terra che più temiamo ed odiamo, indifferenti come siamo a ogni tragica sorte del loro avventurarsi tra di noi, nel non volere vedere la realtà che in ciò si impone ci sta rendendo a dir poco mostruosi. Basta inoltrarsi nei social per vedere che siamo diventati in reazione dei cultori del passato e dei morti: la vita d un tempo, le campagne di rasdore e bugandere e bergamini, le città d i negozi di vicinato e delle chiacchiere sotto i portici così infamanti, divi attori e cantanti d’opera famosi, idealizzati cimiterialmente per quello che non furono mai, come insuperati e insuperabili, al punto che forti di essere diventati un mito nella loro longevità decrepita, le superstiti star riversano in rete ogni sorta di schifezza sul proprio e altrui passato, inattaccabili, inossidabili cariatidi, mummificandosi in una sorta di autocelebrazione ossessiva, con i giovani talenti quali suoi officianti. E quanto più si è aggrappati alla salvaguardia del proprio benessere residuo tanto più se ne celebra la miseria dei fasti, il proprio cane e la propria gatta cos’ carinucci che non hanno più nulla di animale, ogni santa festa ridotta a un ingluvie mangereccia dei buoni cibi sani e casalini di un tempo, mogli e buoi e influencer dei paesi tuoi ... Libri? Indagini? Scoperte? la Grande Arte in musica e le arti figurative? Scienze e Saperi filosofico-scientifci o Spienziali e religiosi? Quando mai, semmai in pillole addolcite. quando refrigerati o termo autonomi, a non pensarci su più di tanto si sta così bene nel rinchiudersi e basta dentro le asettiche proprie villette introverse, recintate a difesa strenua da ogni ingerenza da fuori, di ciò che sia alieno o l’altro perturbante . E questo nostro piccolo io, senza più orizzonti di gloria e avventure di sorta, che rosica e più non risica ed osa, come un riccio spinoso è suscettibile a tutto, si irrita e s’adonta, incapace di ogni superiore ilarità ed ironia, permaloso e infiammabile ad ogni minima punzecchiatura, arroccato, anche se già ottuagenario, nella presunzione della propria immacolata concezione immune da colpe od errori, o difetti, se è proprio il caso di ammetterli santificati anche quelli, Così si spiega, poi, nei post e nelle lettere al direttore, insieme al rimpianto delle maniere forti, contro gli incivili che minacciano la nostra bella reclusione domestica tra innaffiatoi e cani e motori, la sollecitazione al ricorso alle sane sberle di un tempo, alla nostra antica bruta ignoranza, l' incapacità di pensare il futuro che come un ritorno al passato e ai modi che furono. NO, signori miei, lasciamo la nostalgia e il culto dei Sepolcri o delle glorie nazionali ai letterati e poeti e al nostro intimo vissuto, non facciamone un antagonismo politico reazionario, la ricommercializzazione della città con salumieri e merciaioli è irrealistica quanto il ripopolamento delle campagne, il futuro è l estinzione nella città compatta dell’auto privata, non la ricomparsa della Topolino, siamo già con ambo i piedi di fatto nell’ e-commerce e nella grande distribuzione di iper e supermercati, con i loro centri logistici, sono i loro logaritmi e la loro compressione della produzione che dobbiamo contrastare, affidiamoci senza cuore infido e contrito al pizzaiolo egiziano, al negoziante o agente di cambio bengalese, alla kebaberia e al ristorante indo pakistano, al sarto nigeriano, o all’idraulico rumeno, all intraprendenza in bar e ipercommercio dei cinesi, alla piccola e media imprenditoria straniera, accogliamo che rivitalizzino da fuori i nostri borghi perduti dell interno in alternativa alla loro presepificazione turistica, poiché solo se accettiamo l immigrazione straniera, nel bene e nel male che ordiscono ogni trama storica, la società si fa contemporanea e vitalmente produttiva, l Europa torna in avanti ad essere Europa, e l emigrazione non sarà a sua volta che più libera circolazione in un mondo più che mai interconnesso nella sua diversità cosmopolita.
Sullo Stato di Isreale
Credo che l età che ho raggiunto e ciò che si sta perpetrando e perpetuando in Israele e nei territori occupati mi consentano di poter dire e consegnare al fuoco della polemica ciò che è mio irriducibile convincimento storico: ossia che la costruzione dello Stato di Israele, insieme con la partizione di i india e Pakistan sia stato l errore più catastrofico del secondo dopoguerra mondiale. E spero di poterlo finalmente dire senza essere destinato all accusa bolsa e scontata di essere antisemita e di volere la distruzione di Israele alla stregua di Hamas. Non voglio la distruzione di Israele così come non voglio quella del Pakistan, quando condanno la Partizione avvenuta nel 1947 del Subcontinente indiano. Affatto, in alternativa a ciò che fu allora tragicamente diviso c’è pur sempre la ricomposizione di ciò che era e resta inseparabile in una superiore Confederazione unitaria. E con la Partizione e la fondazione dello s Stato di Israele condanno l ideologia che vi soggiace, che è foriera a tutt’oggi di incubi bellici, l ‘idea che si possano rimestare popoli e i loro averi, e affetti e destini, i in nome del ritorno alla casa dei propri padri e antenati o patriarchi d un tempo oramai mitico, a una terra promessa che ripurifichi ispirandosi ai soli propri valori religiosi o ideali rivoluzionari, all arrivo dei nostri di ogni tempo che è quanto fu lo spirito del sionismo, della Lega Musulmana pakistana, come delle pulizie etniche titine o della Kampoucea cambogiana, della sottomissione forzata alla Serbia del Kosovo, culla della sua ortodossia, dell’invasione dell ucraina da parte di Putin, rivendicando il reintegro nella Madre russa della piccola Rus della Kiev di un passato medioevale. E al tempo stesso condanno di ogni immigrazione che come quelle australiane o americane e ora lo stato di Israele comporti deportazione, segregazione, sterminio o apartherd dei nativi.L'imbarbarimento apparentemente senza più vie di scampo dello Stato di Israele è l’ inevitabile contrappasso di un exodus che intese dare una dimora ai superstiti della Shoah togliendola a un altro popolo, che era tra l’altro del tutto estraneo al genocidio perpetrato degli ebrei, nulla ne sapeva lo stesso Mufti di Gerusalemme, in nome delle proprie ragioni superiori decidendone le sorti ogni qualvolta non collimassero con le proprie. L’orrore della tragedia della Shoah non giustifica affatto che il popolo che a essa è scampato o sopravvissuto posa sentirsi superiore al diritto comune e alle leggi della storia umana, che comportano che un popolo che abbia subito un genocidio non debba rifarsi di esso su di un altro, ma come nella ex Jugoslavia, in Cambogia, nel Ruanda Burundi, in India, in Pakistan, nel Bangladesh, debba passare per la dolorosa coesistenza e coabitazione con coloro che furono i propri sterminatori, la sola porta stretta di una possibile riconciliazione almeno delle generazioni che verranno. Tant e che è l ostilità nemica fino all ultimo sangue dei millenials dei campi profughi palestinesi che nulla hanno vissuto del passato delle guerre arabo-israeliane, la condanna a risorgere di ciò che è e rimane lo Stato di Israele
sabato 25 marzo 2023
Ancora su Chandu
Purtroppo quando si parla a se stessi scrivendo pagine che un tempo erano fogli di diario, ogni auto-confessione è diventa un’auto-confessione “social”, non solo sotto i pubblici riflettori con tutte le riserve e le censure di ciò che non è esprimibile in un social network, ma forzati a tenere conto di un pubblico che non è più quello ideale della propria autocoscienza immedesimata con il cospetto di Dio, giudice ed arbitro, ma di ciò che si sa che è tollerabile e non ripugna sapere di noi alla propria corte di amici, che non ne disintegra la considerazione che hanno della nostra persona e ne preserva l’audience ed il rispettoso riguardo. Quanti aspetti della propria vita diventano latebre incomunicabili prima ancora che insondabili. Ma a dispetto di tutto quello che si può ritenere e pensare voglio parlare a chiunque possa leggermi e comunque ne pensi del mio amore per Chandu, ora divenuto mio figlio adottivo particolare, un amore assoluto, incondizionato, per quanto può esserlo un amore ispirato dalla bellezza incredibile dell’essere che si ama in tutto il suo splendore. Non si tratta solo della luce che emana il suo sguardo, il sorriso che ti è perennemente rivolto, irradiando dai suoi lineamenti meravigliosi racchiusi nel suo piccolo ovale come in un perfetto chicco di caffè. E’ lo scintillare di tutta l innocenza della sua irresistibile astuzia maliziosa così candidamente confidata, lo yes della sua possibile disponibilità, è tutta la serietà della sua perfetta onestà e sincerità, il suo essere compiutamente contento del dì presente e il suo vivere in esso, certo coltivando intenti e piani, ma quelli che dettano le circostanze in atto , il diventare uno you tuber perché era vincente nei play games cui si dedicavano tutti gli abitanti del villaggio in tempo di covid, un giocatore di cricket perché si è scoperto un battitore più bravo di tanti suoi amici, aspirando ad accedere all’accademia di indore . Mi è irresistibilmente adorabile proprio quanto più è il mio Pinocchio, come quando nel dirgli di che cosa poteva comportare che diventassi un suo secondo padre, “ Only your responsability” , mi ha risposto semiserio, precisando meglio , consapevole di tale enormità” What I want you have to give me”. Di fatto tutto finora si è risolto nell’ impegno reciproco , di cui è rispettosissimo, che per ogni 50 rupie deve leggere mentalmente in hindi una favola dei panchatantra che gli recito a voce in inglese. In realtà ciò che lo angustia, e che mi rivela in forme indirette, è che con una mia paternità a pieno titolo egli possa dover perdere con i propri genitori naturali il proprio cognome e con esso la sua identità di indiano hindu, anche se di puja e mandir non è praticante, e pur preferisce l’arte dei templi di Khajuraho a quella islamica dello stesso Taj Mahal perché quest’ultima è per lui troppo semplice. Così ieri mi ha chiesto dapprima se preferisco l islam o l induismo, poi se dovendo lasciare il cristianesimo preferirei diventare hindu o muslim. Sia pure hindu fino in fondo , il mio Chandu, nemmeno si pone il problema, purché lo sia come papà Kailash, che in una Chiesa si fa il segno di croce e si genuflette di fronte al mirab di una moschea, o prega in un gurudwara sikh o in un jain mandir, purché come lui faccia un offerta a ogni mendicante e storpio che incontra, nonostante la mia contrarietà se è una donna ancor giovane che usa per questo i bambini nel traffico stradale asfissiante, e non assecondi la dottrina del karma che mi illustrava oggi il dotto jain, che vuole che lo storpio cui nega ogni pietà sia tale perché deve espiare le colpe di una precedente incarnazione. Solo l uomo virtuoso vede Dio, mi ha replicato, quando gli ho chiesto perché le pareti esteriori del tempio rechino le immagini allettanti dei piaceri dei sensi da cui occorre conseguire il distacco : peccato che io Lo veda, Dio, nella realtà umana che aborrisce, quando non cado a mia volta in atti di durezza e crudeltà, come con il vecchio rickshawallah di Patna. Ed oggi ho alfine detto a lui ed a me stesso che cosa più mi strazia nel doverlo lasciare facendo rientro in italia. “ Ora tu sei il mio figlio bambino, che intanto finirà, e quando tornerò tu sarai il mio figlio ragazzo, my boy child. Per questo voglio salvare immagini e video di te. Per te è un problema tutto ciò? “ No, mi ha sorriso nuovamente. E’ per questo, gli ho confidato, che ogni occasione per me ora è buona per andare a cenare insieme al Lassi corner o al Raja cafe, come quando mi raggiunge in bici presso i due ragazzi samosa-wallah, per unirsi a me nel cibarmi di pokora e samosa.E questa sera è venuto in camera mia per leggere insieme la seconda favola dei Panchatantra. Io ho scelto la terza, perché la seconda era troppo lunga per solo 50 rupie.” Me ne puoi dare per questa’ altra cento, mi ha detto, accennando a una delle banconote da 100 rupie sul mio tavolino. Poi ha usato il mio smarthphone come calcolatrice, per sapere quante rupie in totale avrebbe ricavato dalle lettura di tutti quanti i panchatantra, 365 quanto i giorni all’incirca di un anno.
“ E dei due racconti finora letti, l Avvoltoio cieco e il gatto malefico, il cobra e il formicaio, quale ti è piaciuto di più?”
“Both” applicando in tutta sincerità la sua inscalfibile diplomazia, dei I don’t know, We will se, As You like, alla bisogna.
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