mercoledì 9 maggio 2007

Lettera a Don Ulisse Bresciani

Caro don Ulisse,
sono il professor Odorico. Le scrivo per invitarla ad uno degli incontri che la signora Luigina de Biasi, fondatrice in India, a Sarnat e a Bodhgaya, insieme con Valentino Giacomin delle Scuole dell'Alice Project, con le quali cerco di collaborare, terrà con gli studenti dell'Itis e con la citadinanza mantovana. Tali incontri si svolgeranno all' Itis nelle mattinate di giovedì 17 e Venerdi 18 maggio, in aula magna, dalle 9, 35 alle 11,2 , e nella sala del palazzo del plenipotenziario di Piazza Sordello, venerdi 18 maggio dalle 21 alle 23.
Credo che la sua presenza sia davvero importante per vagliare l' interreligiosità effettiva della ricerca educativa che vi è in atto, e per valutare anche tale albero dai suoi frutti, che mi sono parsi davvero meravigliosi.
Quanto a ciò che anima il mio spirito non solo al dialogo, ma all'incarnazione nella verità del mondo di vita di chi ho cari in India, o nell'Iran sciita, ho ragione , secondo Lei, a credere che sia nella verità del mistero di Cristo, e si salvi, anche
se ignora il nome di Gesù, chi per riuscire ad amare convertendosi nel dono agli altri di sé, donandosi in tutto quanto ci è stato donato, confidi nella Realtà che ci trascende e di cui siamo parte, la nomini pure Allah , o Lord Siva? Io lo credo.
Per quanto concerne l' impeccabilità, suppongo che la presunzione di salvarsi da soli , il peccato per l'apppunto della impeccabilità, possa albergare in chi è credente nella misura stessa in cui egli identifica ciò che ci è chiesto con la sola legge, ossia con l'amore come contraccambio, sulla base dell'esigenza di reciprocità., anzichè con il dono gratuito di sè, al proprio stesso nemico, innanzitutto ( per cui, "Qualunque cosa io dia, o faccia, per te, tu non mi devi niente")
Purtroppo credo che invece l' islam ed il cattolicesimo politici si riflettano specularmente in una spirale cieca, in quanto si contrappongono appunto, come lei ha detto benissimo, qualche martedi fa, -commentando la lavnda dei piedi degli apostoli da parte di Gesù, -in nome di un dio religiosissimo che chiede assoluto rispetto e di farsi rispettare istituzionalmente, e nei suoi adepti,, anziché essere partecipato come la stessa vita in ciò che vi ferve servendo, dando continuamente la vita , dando continuamente la propria stessa vita per dare vita al mondo. In un atto di Kenosi eterna trinitaria , di "consegna sacrificale" dell'una all altra Persona (così François Varillon,

Francois Varillon tra i suoi studenti

o Pakikkar, in arcana sintonia,
che forse rivela le comuni ascenden=ze dal monachesimo induista di padre Le Saux)
Per questo occorre essere cauti, per parte nostra, nell'identificare l 'islam con l' immagine che ne offre la sua politicizzazione, per cui la sua rivelazione viene fossilizzata nella lettera del Corano, così com' era rivolta, al pari della legge mosaica, alla durezza del cuore delle genti di allora.
Le cito in fine quello che ho scritto a don Matteo su ciò che vengo traendo dalla spiritualità indiana.
"E' poi verissimo quanto lei suppone del mondo e della meditazione orientale, che la sua comprensione non può esserne solo una forma di conoscenza, ma una esperienza che ne verifichi la realizzabilità salvifica internandosi nella sua vivente realtà spirituale.Ciò che posso dirle è che i minimi avanzamenti che ho intrapreso in tal senso, mi hanno distaccato solo dall' involucro legalitario e moralistico del Cristianesimo.Come nel Cristianesimo si deve ugualmente morire in quanto "io", per entrare nella vera vita ed "essere uno-con..."
Aggiungerei che in comune con la spiritualità cristiana c'è il senso del mistero come di una dimensione cui si accede solo realizzandola, attuando l amore del prossimo, o il dharma, facendosi quanto è più possibile l 'uomo nuovo paolino, o, detto altrimenti, acquisendo la buddità di un nuovo corpo sottile, mediante preghiera, ritualità, meditazione, che ci aiutino a fare sì che sia fatta in noi la Sua volontà.

A presto
odorico

(A don Ulisse non ho detto, per non incorrere anch'io in ciò che addebito all'autore eminentisssimo di quanto segue, che purtroppo, Egli citando di seconda mano, come se fosse di per sé un' istanza inferiore. un certo Ibn Hazn, filosofo islamico, quale fautore da screditare del volontarismo della natura divina, ha proscritto al tempo stesso chissà quale e quanta sublime teologia cristiana, non solo il Dio isolato di Duns Scoto





,











ma lo stesso Dio del razionalista mistico Descartes ,

ove a Mersenne dal 1630 , il 15 di aprile, precisa : " le verità matematiche considerate eterne, sono state stabilite d Dio e ne dipendono interamente, come tutte le restanti creature...E' Dio che ha stabilito queste leggi in natura , cosi come un re stabilisce delle leggi in un reame";































un reame del cui re Cristo ci ha rivelato in Gesù che " nella sua beatitudine , non vuole fare a meno di noi. E' vulnerabile perchè vuole esserlo. Ma per lui voler essere è essere", ( pg 75 dell'opera così citata e non ancora disvelata), appunto, come dispiace che sia, a chi ne contesta la deriva volontaristica. Solo che il "fatto è che in Dio vi è una Gloria al di là della gloria: la gloria del non voler essere che amore. Lì si radica, come dice Eckart, l'umiltà " di Dio (pg.80), al punto da essere propenso anch'io a pensare, come l'autore di cui riprendo la parola " che la decisione di amare, che è Dio stesso, sia il fondo, o meglio il senza- fondo -primordiale", come asserisce il sublime ed umile François Varillon, ove in piena sintonia con essa magnifica e celebra " L' umiltà di Dio".
"Umilmente nascosto, perchè non potremmo vederlo e restare liberi. L'invisibilità di Dio è la sua umiltà rispettosa della nostra libettà".(pg. 62),

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