lunedì 30 agosto 2010

la videochiamata


" I will die, io voglio morire , se accade ancora per un altro mio bambino, per Chandu"
Che Kailash mi chiamasse vedendomi al computer,a migliaia e migliaia di chilometri di distanza, nel clamore e tra le risa dei conoscenti, anzichè inibirne le parole, ieri gli dava modo di dirmi ciò che mai in mia presenza ero giunto a esprimermi del sentire del suo cuore, ciò che ( quanto) sapevo ch'egli pensava e provava, ma la cui espressione diretta mi sconvolgeva ora in ogni mia fibra in ascolto.
" Anche Sumit, prima di ciò che è successo, aveva la tosse di(come) Chandu, in questi giorni", per questo, temendo ugualmente la morte di Chandu, sentendo di non potergli sopravvivere se Chandu avesse fatto la stessa fine di Sumit, in questi giorni Kailash è corso disperato dall'uno all' altro medico, in Bamita, dallo specialista di Chhattarpur, ed era disposto anche al ricovero del bambino in ospedale, come la tosse di Chandu si è fatta insistente, al punto da risvegliare e fare piangere il piccolo, di continuo, nel corso della notte.
Ed io sapendo ogni cosa, gli ho detto che facesse di tutto, ch'ero disponibile a recargli ogni aiuto possibile e che si rendesse necessario, benchè non temessi che la malattia di Chandu fosse grave, pur avendo ben presente come anche a Sumit i medici avessero diagnosticato che si trattava soltanto di un lieve malore stagionale.
(E' come se Sumit e Chandu fossero lo stesso bambino, nella sua versione morta e in quella che ci è stato concessa una seconda volta, sicchè perdere anche Chandu sarebbe l'ulteriore tragica perdita dello stesso Sumit, l' annientamento definitivodi un irripetibile miracolo nella catastrofe, per una nostra irredimibile colpa o insufficienza.)
Ma così, in capo a neanche dieci giorni da che ho lasciato l' India, si era esaurita ogni riserva utile di quanto a Kailash avevo lasciato, rispetto all incombere delle spese per la scuola, per l'affitto di casa e negozio, e l'angoscia del cuore del mio amico, così riverberatasi nel mio, prefigura che la salute dei suoi bambini divenga un'emergenza continua, cui si dovrà sopperire ad ogni sentore di allarme con i rimedi estremi, l'abisso della tragedia che incombe sul nostro destino, giorno dopo giorno, che il mio sconforto evoca ogni volta che penso che Kailash ha ancora solo trentatre anni, così segnati( pregiudicati) dalla sventura per tutto il tempo a venire.
( Nella consapevolezza che non mi dà tregua, che benchè la sua sorte sia così addentro al mio cuore, la mia mente resta votata nei suoi riguardi all'aggressione e all'attacco, a minarne felicità e difese rispetto all' (nell')insostenibile. Kailash, adorato amico mio, termine sacro di una mia compassione infinita, mio intollerabile limite, compimento e negazione della mia libertà ultima, di tutto quanto io voglio e posso ancora fare di me stesso e della vita che ancora mi resta.)

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