venerdì 4 febbraio 2011

Il suo pianto di ringraziamento

“ My mind now is crying for principes, not for what happened”, era per la nostra amicizia, non per il ricordo di Sumit, che piangendo di gratitudine per l'aiuto che gli assicuravo, Kailash aveva seguitato a parlarmi dei suoi intenti di costruire l'edificio di un negozietto accanto alla stalla dei bufali, di come intendesse lasciarlo ai suoi genitori, una volta che vivendo io con lui più in India che in Italia, dopo il mio futuro pensionamento, si sia acquistato il terreno per edificare una dabha lungo una strada di grande traffico, e quindi si sia costruita la locanda, avviandone l'esercizio, egli commosso alle mie parole che gli chiedevano quale attività preferisse per davvero che io lo aiuti a intraprendere, senza che lui creda di starmi aiutando ancora di più, dandomi la forza di seguitare a subire il tormento dell'insegnamento .
Per questo poteva continuare a parlarmi senza mettere giù il telefono, come gli accade di fare quando viene a luyi meno la capacità di dimenticare la morte di Sumit, se qualcuno con le sue parole gli apre la mente al ricordo del bambino che giace in fondo alla sua mente.
Potrebbe allora uccidere chi lo faccia talmente soffrire, mi aveva detto l'altra settimana, in astio con Vimala che parlando di Sumit con Ajay , ne aveva incautamente schiuso la memoria. Era stato lo stesso rientro in famiglia di Ashesh, dal lutto per la morte della nonna la cui celebrazione, con la rasatura del capo e il lavaggio di ogni suo indumento, l'aveva trattenuto per quasi due settimane presso il villaggio di sua madre, la sorella di Kailash , che ne aveva rinnovato il dolore, al ritrovare riuniti tutti quanti in famiglia, “ ma non Sumit”, “ my Sumit”, come con il pianto nella voce mi aveva gridato al telefono. Mi aveva confortato che gli accadeva di piangerlo ancora, per ore, soltanton in concomitanza con le festività indiane, allorché vede tutti quanti felici i bambini piccoli. Ma già il martedi seguente di nuovo non era stato in grado di telefonarmi, quando qualcuno,forse il fratello di Vimala che era venuto per ricondurla per qualche giorno in famiglia, in comcomitanza con la nascita di un loro bambino, gli aveva detto di nuovo di Sumit.
Nell'angosciarmi, l'intensità immutata dell'amore di Kailash per il nostro sventurato bambino me lo rendeva ancora più caro e grato al mio cuore, accomunato al suo dall'incapacità di tollerare quanto è accaduto, di qualsiasi accettazione o rassegnazione che preluda ad una qualsiasi riconciliazione con la realtà della vita, nonostante le preghiere di consenso alla volontà divina che formuliamo nelle nostre credenze.
Dall'esumazione dell'orrore di ciò che è successo, Kailash può distogliere la mente solo in forza della rimozione, che è il dimenticare ,“ to forget”, che lo riconduce poi alla vita dei nostri giorni, a prendersi cura ancora dei campi, a cercare invano in Chattarpur, come la settimana scorsa, se sia possibile aprire un negozio nei quartieri ove l'affitto sia calmierato dal situarsi lontano dal bazar o dall'autostazione, pur nell'afflusso di gente alle avvocature dei vakil o negli ospedali. Così è stato finchè al rientro di Chandu e di Vimala dalla permanenza per alcuni giorni nel villaggio nativo della donna, il piccolo( il nostro ultimo bambino) ha accusato i sintomi del vomito e della diarrea, e ha seguitato a defecare tutto ciò di cui era nutrito fino alle deiezioni liquide, incespicando nei passi e perdendo ogni vitalità del fare e del giocare. Kailash si è ottenebrato nell'angoscia che Chandu potesse morirgli come Sumit, e con il suo rifiutarsi al telefono mi ha trascinato nella sua disperazione di perderlo, nel nudo terrore di quanto possa succedere ad ogni momento, di ciò che potesse comunicarmi la disperazione senza più scampo della sua voce al telefono, dopo che tutta la sua apprensione si era espressa, domenica scorsa, nel dirmi che non era niente se avesse perso il suo denaro, lasciando sottinteso che tutto avrebbe invece perduto con la perdita anche di Chandu.
La ripresa del bambino, che mi si annunciava nel sollievo della voce di Kailash al telefono, che si rianimava di potermi ripetere che Chandu stava di nuovo giocando, che per il trenta, per il cinquanta per cento stava recuperando le sue energie, dopo che gli era parso morto in ogni parte del corpo che non fossero le sue manine, era la mia stessa ripresa dallo sconvolgimento, per ciò che significa per me riprendermi, nella consapevolezza sempre più ferma che la vita che ho ritrovato in India, ve l'ho lasciata alla morte di Sumit.
La tensione così addensatasi ha stremato la mia sensibilità, il cui sfinimento mi ha inaridito a tal punto che le mie preghiere si sono tramutate in biascicature, e che la sola confidenza da parte di Kailash di quanto il padre sia felice che lo aiuti a far costruire un negozio, si è trasmutata in rigetto, nello schifo dell'avversione al solo pensiero che il padre ne fosse contento perchè lo felicitava che Ajay e Purti debbano sottostare in futuro allo stesso sacrificio tribale che si è consumato quando Kailash è stato maritato all'età di quattordici anni.
No, mi ha rassicurato Kailash, la sua vita e quella dei bambini e di Ashesh non si sarebbero ridotte al grado zero dell'esistenza nel villaggio, che coinvolgerà lui soltanto nel solo lavoro.
Quando già le sue parole, tra invisibili lacrime, mi venivano rassicurando della bontà dell'intento di aprire un negozio nel suo villaggio, confortandomi che olio, zucchero, sementi, sarebbero state fonti sicure di guadagno, che non erano esposte alla aleatorietà della perdita come la coltivazione dei campi , se fosse flagellata dalla grandine, l'hola, allora soltanto Kailash ha intrapreso a parlarmi dell'amico australiano, a sua volta, del fratello Manoj.
Ma scherzando su quanto me ne diceva, sul fatto che l'amico di Manoj di me fosse più vecchio ma più giovane alle apparenze perchè era meno ingente la sua mole fisica, gli ho chiesto se fosse lo stesso amico del fratello che gli aveva assicurato il terreno fuori Khajuraho, su cui poteva ora far sorgere una casa.
No, mi ha ribadito Kailash, “ now my brother is using his second friend . Come egli, Kailash, mi sono chiesto, già stava usando me come amico?
Mentre il mio cuore lo temeva, le parole di Kailash, a sua insaputa, mi stavano sincerando che non era così.
E' accaduto quando è venuto dicendomi della inaccoglienza che Chandu, i bambini del fratello, avevano riservato al suo amico australiano. Si erano messi a piangere al suo comparire, non era accaduto che lo accettassero e con lui familiariuzzasserocome si è verificato nei miei riguardi, con me con cui amano uscire Porti e Ajay, o Ashesh, che Sumit aveva accolto ridendo e giocando, come poi Chandu.
“ You are not only my friend, you are like a member of my family”come mi sincerava il pianto che ne aveva già interrotto le parole , al dirmi “ my dear”, di cui tornavo a rendergli grazie, nel suo eloquente silenzio all'altro capo del telefono.

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