domenica 19 giugno 2011

amico fragile

“Il corpo è stato bruciato ieri a mezzogiorno” , presso la dimora nel villaggio di Srinagar , vicino a Mahoba, dove lo zio di Ashesh viveva poveramente.
E’ deceduto improvvisamente la notte dell’ eclisse, a poco più di quarant’anni di età, in prossimità di Rajnagar, mentre era in viaggio.
Dei conati di vomito, e di li a poco la sua vita è finita.
Kailash ha presenziato alle scene di cordoglio l’altro giorno in Rajnagar, ieri nella casa del morto alle esequie e alla cremazione, senza che nessuno lo distogliesse da tale ufficio, per salvaguardarlo dal trauma che ha inevitabilmente originato in lui.
Si era astenuto dal vedere il cadavere, per non esserne turbato nei sogni, gli era di sollievo pensare che l’uomo fosse morto pur giovane senza lasciare figli, ma lo strazio del cordoglio, del pianto della moglie e delle donne, l’aveva fatto ritornare a quei giorni, nella sua casa.
“ C’erano molti che piangevano, piangevano, o che restavano in silenzio, come nella mia casa, quando è successo ciò che sai che è successo, o alla morte di mio nonno “.
Mi aveva telefonato non appena si era ritrovato a casa, al rientro, perché lo aiutassi a pensare ad altro, parlandogli del nostro dukan, del mio ritorno in India, di dove avremmo potuto recarci in viaggio.
“ Mentre do l’intonaco, e mi preoccupo dei lavori, la mia mente ha da fare e pensa ad altro…”
Abbiamo così discorso di Sanchi, di Bimbekta e Pachmari, dove potremmo andare con Poorti ed Ajay, gli ho prospettato Hyderabad, Bijapur, Bidar, quali località in cui recarci nel Sud dell’India, per poi rientrare via Hampi e Goa, o Kolkata e Darjieling, oppure il Rajashtan e il Gujarat, o di risalire il Gange nell’Uttaranchal.
Nell’attesa che mi ricontattasse, da giovedì sera, da che mi aveva chiamato solo dopo che era rientrato da Rajnagar, perché non restassi sconvolto al sentire le grida di pianto di chi vegliava la salma, la mia apprensione per la sua sorte mentale si era tramutata nella desolazione dell’attesa che mi telefonasse, nell’esasperazione di non poterlo contattare, che il risparmio del costo di una telefonata o della sua recezione, da un altro stato dell’India che il madhya Pradesh, contasse per lui più del risparmio della sofferenza in cui aveva trasformato la durata dei giorni, al punto che meditavo di recedere da tutto, da tutto, finchè come l ho risentito eogni malumore si è dissolto all’ istante nella compassione del suo stato mentale, della sua fragilità vulnerabile che tornava a cercare il mio soccorso.
Ajay ora è nel villaggio dove lo raggiungerà domani, di domenica, per seguitare l intonacatura delle pareti del dukan, in attesa che a giorni sopraggiunga Ashesh, per i rangooli, i disegni parietali di cui ornamenterà il negozio, una volta che gli sia stata praticata una seconda rasatura dei capelli, dopo quella per la morte della nonna..
Meglio distoglierlo dall’afflizione in cui è ricaduto nel suo ambiente famigliare, da un villaggio in cui i suoi coetanei si ritrovano presso le pompe d’acqua per consumare marijuana con pipe di creta.
Quanto alle nostre attività in corso d’interruzione costante, che Kailash provveda almeno a finire i lavori di intonacatura e di tinteggiatura delle pareti, che provveda alla vendita del grano, per disporre già delle migliaia di rupie che potrebbe spendere per le forniture del negozio, e depositi il ricavato in banca, insieme al mio acconto che è già accreditato, potrebbe così disporre di un bancomat per pagare gli acquisti delle merci senza impiegare e rischiare di perdere contante.
Comunque sia, comunque si decida, devo accettare il mio amico in ciò che è capace e in grado di fare, in ciò che ritiene o teme di fare, quali che siano le inavvedutezze, gli stati di soggezione o le paure che dettano le sue scelte, devo aprirmi con i sensi del cuore a tutto ciò che ha da darmi, per contraccambiarmi, scongiurando che si tramuti in una tortura per entrambi, quando sarò in India, il mio rifiuto del suo modo di essere e di fare perché non si attiene a ciò che reputo il suo bene, e così alimenta il mio senso di colpa, in odio a me stesso, la mia autocondanna che l’aiuto fallimentare del mio attaccamento sia la sua distruzione umana.

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