lunedì 13 giugno 2011

la giovane bufala

Ieri, di domenica, la giovane bufala di Kailash non aveva fatto rientro nella stalla con il resto della famiglia, se ne erano perse le tracce nella giungla, presso il fiume, nelle vicinanze dello specchio d’acqua lacustre, il talab, dove invano la si è cercata, si era smarrita perché nella siccità generale campi e coltivi sono diventati un’uniforme distesa brulla. Il mio amico con il padre si stava recando nel villaggio ch’è presso l’aeroporto di Khajuraho, dove un branco di bufali era stato avvistato.
Avrebbe usato la motorbike mi ha enfatizzato, richiamandosi esplicitamente al monito di cui così non teneva conto, del sadu che in un tempio gli aveva detto domenica scorsa di guardarsi dal dio Shani, il Saturno indiano, che in odio alle iniziali del suo nome per almeno otto mesi avrebbe fatto fallire ogni suo intento economico, stesse attento soprattutto a non fare uso di motociclette, si era raccomandato-, che le guidasse personalmente o che lo facesse salire in sella qualche guidatore suo amico che gli desse un passaggio.
Sulle prime Kailash era intenzionato a non salire più che su degli autobus, dove il dio Shani non poteva, per colpirlo, mettere a repentaglio la vita degli altri passeggeri, poi aveva consultato anche il pandit del villaggio, ed aveva risolto di lasciar perdere anche le predizioni infauste di costui, vincendo il mio stesso sconforto, quando al telefono ono sono precipitato in lacrime, nell’avvertire che i sant’uomini a cui lo avevo indirizzato perché ne sanassero la mente, gliela stavano paralizzando in una letargia d’intenti disperante.“Non sono che uomini, pandit e sadhu, non sono Dio, mi aveva detto l’altro ieri, stanno bene attenti a non predire ciò in cui possono sbagliarsi, non ti dicono se il bimbo che nascerà sarà maschio o femmina, vogliono soltanto il tuo denaro.”
“La mia bufala l’anno prossima - ha soggiunto stamane-, potrà avere dei piccoli, e da allora varrà venti. venticinquemila rupie, che perderò se non la ritrovo”
Lui e i suoi avevano già smarriti altri bufali, ma ogni volta erano stati ritrovati. Ciò lo rincuorava, anche se di questi tempi, in cui non c’è il lavoro nei campi, imperversano i "cior", i ladri anche di bestiame.
Il mio solo timore, quando l’ho lasciato per recarmi a mia volta a uno scrutinio scolastico, era che nella battuta in corso potesse venire a diverbio con il padre, contro il quale l’ultima volta che ci eravamo sentiti aveva inveito sino a volere da lui la separazione nella vita e negli averi, talmente gli serbava rancore, e odio letale, perché per il fratello Manoi, che non gli recava alcun aiuto, era disposto a prelevare ventimila rupie in banca, per aiutarlo a farsi una casa, laddove non si era mai prodigato in alcuna elargizione ed aiuto per il mio amico, che sentiva di esserne il figlio meritevole.
Ed aveva inveito contro il fratello, contro il proprietario della casa di questi, contro il padre della moglie, contrapponendomi ad essi come se fossi il suo dio, dicendomi che non aspettava che la mia venuta in India, Ma nel frattempo avrebbero visto coloro, chi fosse il vero Kailash…
Non ero dio, gli ho gridato, ringraziasse i miei familiari, che accettavano che recassi a lui ed alla sua famiglia l’aiuto che non avevo a loro concesso in tale misura, forse suo padre veniva incontro al fratello perché in me vedeva che Kailash aveva trovato chi ne faceva le veci…
A Kailash, tacendogli quanto avessi sofferto nell’averne perso i contatti dopo tali vaneggiamenti, che mi facevano temere qualche suo sproposito, comunque ho chiesto la ragione di tali invettive parossistiche. La sua acredine per il padre era forse dovuta solo al favore indebito fatto al fratello, o non risaliva a qualche altro motivo, al fatto che come gli altri contro i quali aveva inveito, avessero profittato di lui per risalire al mio denaro. Si, era vero che aveva prestato denaro, senza richiedere "extramoney", ma gli era stato restituito, non aveva dilapidato il mio aiuto.
Ed il mio amico adorato mi confidava di non essere più quello di un tempo, di arrivare a dire finanche che voleva uccidere suo padre, da che era avvenuta la morte di Sumit.
Gli tacevo del mio corrispettivo disastro interiore, per cui nella mia vita non esiste più l’arte, che non sopporto più alcuna forma di musica e canto, raccomandandogli, prima che ci congedassimo, che se si fosse profilata qualche situazione in cui potesse entrare in alterco con il padre, l’affrontasse per telefono.
E il dukan, il negozio, vi aveva continuato i lavori ultimi di intonacatura, ieri e l‘altro ieri?
“Impossible“, talmente era stato preso da angoscia per la scomparsa della piccola bufala, per la perdita di rupie che poteva rappresentare la sua sottrazione.
Al mio rientro, via via che le ore passavano e che Kailash non si rifaceva vivo, l’assillo è diventata ansia, angoscia rabbiosa, costernazione di ciò che poteva significare il fatto che non mi richiamasse, se corrispondeva al mancato ritrovamento della bufala, all’accadimento di un incidente in motocicletta nella sua vana ricerca.
Sarebbe stato dunque vero che era sotto attacco del dio Shani, che ogni suo sforzo ed intento era maledetto all’origine dal suo bad kharma, che non restava più niente da fare, per cui potessi scuoterlo, che solo la sua rapida fine era il suo destino auspicabile. Che bisogno ci sarebbe stato ancora di conferme, dopo la perdita della bufala e l’incidente occorsogli..
Ma quando in uno stato di agitazione febbrile, rientrato a casa dal secondo scrutinio, ho riudito finalmente la sua voce, ciò che aveva da dirmi era la più confortante della notizie. Mentre lui e suo padre erano intenti invano a ricercarla, sua madre aveva telefonato a loro dal villaggio che la bufala era rientrata da sola nella stalla insieme alla sua famiglia.
Che dolce, dolce lenimento delle mie angosce, mi era poi sentire Kailash parlarmi con tale soavita infantile del mondo animale, alle mie domande che lo intrattenevano in linea , che lo trattenevano dal sonno quando in India era già prossima la mezzanotte.
Esprimeva la stessa tenerezza spietata che aveva messo in conto, la settimana scorsa, che Lalosha, il bufalino maschio a cui tutti vogliono così tanto bene, perché da tutti si lascia avvicinare, che come un suo bambino è talmente intelligente, nell’ottenere dalla madre tutto il latte che le può succhiare, tra due anni possa essere venduto a un muslim che lo faccia a pezzi per cucinarlo.
Aveva saputo di come gli hotel del Madhya Pradesh imbandiscano carne di bufalo invece di quella di montone, per servire magari “Lalosha byriani”. Ma aveva convenuto che era meglio venderlo a chi ne facesse un animale da traino, magari nelle risaie del Chhatisgarh dove dei bufali si fa largo uso.
E per fare festa alla bufala ritrovata non conveniva di darle un nome, poteva andare bene “ Ananda”?
Non serviva più a niente, mi replicava, si sarebbe dovuto attribuirglielo fin dalla nascita, allora anche un cucciolo di tigre, se lo sottrai alla madre e alla giungla “ he fellow you”, ti segue ed impara ogni cosa che gli insegni, ma in seguito no , con nessun animale non è più possibile ottenere niente.
E lui, il caro amico, era disposto domani a riprendere l’intonacatura del nostro dukan?
“ I take rest”mi ha risposto, ed ora voleva godersi il sonno che gli sarebbe stato impossibile, se non avesse ritrovato la giovane bufala e le venticinque mila rupie che significava la sua vendita.
Poteva pur sempre incaricare il padre di far eseguire il lavoro ad un masdur o a un karigar.
Buona idea, ha apprezzato, a quanto pare farà così procedere i lavori, mi ha assicurato, dicendosi very happy, prima di lasciarmi per il sollievo mentale del sonno.
E al Monkey god, che gliela aveva fatta riavere,domani non mancherà di offrire una prasad.

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