venerdì 14 marzo 2014

last days

Quale vista può rallegrarmi di più, che mi rallegri, più che quella di Chandu nel sole mattutino di marzo, che accorre dal lattaio ambulante  a prendere il latte per  le vicine di casa, alla cui porta bussa chiamandole per nome? O che mi raggiunge in stanza e mi chiede " money!", alla mia richiesta di un perché ribadendomi " Mela..", la grande fiera in cui comprare ancora un giocatolo. E quale riscontro per me può essere più intenerente e rattristante nei riguardi di Kailash, che ritrovare il  notes in cui annota giorno per giorno le rupie che può mettere da parte del conto in banca per la dote di Poorti, confidando che fra cinque anni, quando  la bambina di anni ne avrà ancora solo tredici, saranno già due laks e 28.000 rupie.
“ Kailash dobbiamo preoccuparci piuttosto della sua felicità, che sia libera di maritarsi se vuole, e con chi vuole”.
“ Non è possibile qui in Khajuraho”
“ Ed allora  dobbiamo pensare ad andarcene via, visto che non ci offre altro futuro. Tempo due anni”
Sul libercolo vi è annotata anche la ricevuta di 10.000 rupie da parte del brahmino del suo villaggio, grazie ai soldi che ho iniziato a dare a Kailash perchè ripiani i suoi debiti ,  un ammontare chera registrato  nella sua mente nei caratteri cubitali di 47.000 rupie fino a pochi giorni or sono, ora discese già  a 33.000 al netto degli interessi, importi che non lo facevano dormire la notte quanto  la sua insonnia cagionata dalla schizofrenia,  non sapendo egli come altro fare per sanarli, che iniziare a liberarsi dei suoi poveri averi.
E temeva che ad incrementare l’ammanco fosse l’operazione chirurgica  che aveva messo in conto per  rimediare all’ingrossamento di quelle che non dovrebbero essere altro  che emorroidi, per il suo consumo di chilly anche con il latte e chappati
Ma non è venuto con me a Chattarpur,  quando mi ci sono recato martedì scorso, ( 11 marzo), per l’impianto di un ponte dentario, quando era l’occasione  per richiedere nuovi farmaci mentali al Christian Hospital. Dopo mesi aveva fatto ritorno al villaggio di Bhyatal, obbedendo al richiamo del padre che voleva che si celebrasse una puja in comune presso il vicino tempio di Durga, per fugare un triste sogno premonitore. Era stata la circostanza opportuna anche per sanare il debito con il giovane brahmino,  suo compagno di scuola, che a differenza di Kailash che aveva trovato scarsa fortuna al seguito dei turisti in  Khajuraho, si era arricchito con la dabbenaggine della gente locale, particolarmente gli adivasi di Kundharpurah,  i meno avveduti.di cui si era approfittato.
La sera era così sopraggiunta senza che Kailash avesse provveduto a rientrare i  tempo per quel pomeriggio, come si era convenuto , né i bambini che erano rimasti appresso, Poorti o Chandu, volevano saperne di fare ritorno a casa , benchè in Khajuraho da oltre due settimane sia accampata la fiera.
Al ritorno da Chhatarpur avrei così ritrovato in casa solo Ajay e il cugino Baju., entrambi a me carissimi, non fosse per la mia infermità mentale che è astiosa con Ajay perché non ricerca il mio insegnamento, elude e delude ogni intento di porlo al passo con i suoi anni reali, (e) tranne che nel cricket è molle e tardivo in tutto ciò che esegue più che intraprendere. Ciononostante, non ho avvertito l’insidia o l'inopportunità della sua richiesta, quando mi ha domandato se avevo un portafoglio da cedergli, anzi, la mia ottusità pretenziosamente  magnanima è stata tale, che gli ho assicurato per l indomani l'acquisto di un portafoglio nuovo, se non gli fosse piaciuto quello che gli riservavo.
L’apparente malasorte ha voluto che prima che mi recassi a cenare al ristorante,  mi dessi da fare per reperire il portafoglio che intendevo lasciargli, di cui la richiesta di Ajay mi offriva l opportunità di disfarmene, essendo inestetico e di materiale sintetico, e che nel rovistare nel trolley dove ho sistemato quanto dovrò portare con me in Italia, vi poggiassi gli occhiali,  di cui al richiudersi del bagaglio una lente finiva rotta. Andava così in frantumi il compimento stesso  dello sforzo che sostengo da settimane, di riparare ogni cerniera o cintura scucita o incorniciatura,  di  sostituire  lenti o integrare i denti che mi mancanti, di acquistare  occhiali e orologi o portafogli e cinture, sino ad averne collezioni,  perchè i  costi di
tali interventi od accessori si farebbero per me insostenibili al mio rientro sempre più prossimo in Italia.
La rottura della lente, che mi obbligava ad essere l'indomani di ritorno a Chhatarpur, qualora non ci fosse un ottico in grado di sostituirla nella vicina Rajnagar,   mi faceva al contempo infuriare contro Ajay,  mentre non serviva a niente che  mi ripetessi invano che egli non c'entrava affatto,  con che aria da piccolo raja indisponente, inveivo, poteva permettersi di dirmi,  prima che accertassi quel che era successo, che se quello era il portafoglio che gli riservavo domani avrei dovuto acquistargliene uno nuovo?  Eccola di nuovo insorta la mia iracondia schizofrenica, di cui tanto lungamente avevo parlato inutilmente solo poche ore avanti con la dottoressa cristiana di Chhatarpur, la mia violenza distruttiva di tutto quello che di più incantevole mi è stato riservato  in dono,  cui potevo porre rimedio solo andandomene via, al ristorante ancora aperto, dove mi rinsaviva provvisoriamente//temporaneamente la telefonata di Kailash “ Un portafoglio? E perchè mai? Va a scuola e non lavora! Te l'ha forse chiesto per metterci i soldi che ruberebbe di tasca a me, a te, o alla madre Vimala?".
L'indomani, nella luce indiana che invasava i viali e le piante, i bazar e le vie di Rajnagar,  avrei pur retto alla delusione di rinvenire chiuso ogni negozio di oculista od ottico in Rajnagar, erano tutti convenuti alla fiera di Khajuraho, dove certo non disponevano di un laboratorio,  mi sarei avviato senza scalpitare verso  l'autostazione di Khajuraho per essere di rientro in Chhatarpur, non fosse stato che al rientro a casa, avrei trovato Kailash  disteso addormentato nel letto, anzichè al lavoro che aveva disatteso già per un giorno e mezzo.
Dall'autostazione gli avrei telefonato solo per allarmarlo e porlo in cerca delle mie tracce, che avrebbe rinvenuto nella bicicletta che vi avevo lasciata chiusa  a chiave, prima di salire su una camionetta per essere a Chhatarpur quanto prima.
“ Era da mesi che non facevo ritorno al villaggio. I bambini volevano restare fino all''indomani. Ho dormito male e poco durante la notte....”
Non gli ho risposto, per rappacificarmi.
Non gli ho replicato, come avrei voluto, che i medici indiani da cui  ci siamo recati insieme la settimana scorsa,  obbligandoci ad un tour de force perché osservano gli stessi orari  di servizio, lavorano ogni giorno feriale dalle dieci del mattino fino alle due pomeridiane, per riprendere dalle 17, 30 fino alle otto di sera, e che anche di domenica sono al lavoro, sempre dalle dieci del mattino sino alle tre pomeridiane, mentre  la sua condotta era per me una riprova che quanto più gli è dato e concesso, sanandone i debiti dopo che tra le sue mura domestiche mi sono venuti a mancare nuovamente  i soldi in deposito, tanto più ricade nel sonno e meno si da da fare al lavoro.

Esageravo la portata degli eventi ancora una volta, ancora una volta l’ira mi aveva reso inconsulto, e  in ogni volto e corpo di indiani che trovassi amabile e bello o caloroso nella gran luce pomeridiana, nell'acquisto per poche centinaia di rupie di altri orologi singolari, cercavo un lenimento sensoriale e consumista alle mie convulsioni interiori che si venivano così lentamente quietando, dopo avermi stremato, una fraternità carnale , anche solo  al sentore, che sanasse  il rigetto del ribrezzo con cui  mi ero allontanato dalla mia famiglia indiana due sere avanti, nel sorprenderli, Kailash, Ajay, Vimala, accovacciati al suolo che tagliavano le verdure del condimento del riso riservatomi, radenti con i loro taglieri il piano di calpestio , su cui Ajay, splendido quanto è sporco, aveva deposto il coltello da cucina...

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