Hyderabad, Venerdi 26 luglio
Che tristezza, ora al mio risveglio nella stanza d'albergo di Hyderabad, ritrovarmi nella terra dei moghul bianchi con la sola copia accanto del libro omonimo di Dalrymple, in luogo della presenza fisica di Kailash, ritrovarmici di nuovo in India senza di lui.
Dopo che si era tramutato in tempesta il vento che credevo che fosse il solo frutto del concepimento del mio aiuto per lui ( Isaia, 16-19), al farsi ombra nella mia mente della luce delle terre dell' India, e che io ero divenuto nella sua casa il leone ruggente che vi stazionava cercando di divorarlo ( 1, Pietro, 5,8), se egli insisteva a trattenermici ancora, impedendomi di avventurarmi nel viaggio, il fatto che non mi rispondesse più al telefono, si è aggravato nell'indizio che l'avessi perduto per sempre, e che l'India fosse divenuto un luogo dove non avesse più senso restare e tornare, smarritovi per mia imperdonabile colpa il suo tesoro a me caro.
Tale era stata la mia profanazione del tempio dei nostri affetti familiari, della memoria vivente di Sumit, che presagivo che Kailash oramai preferisse tornare alla miserabile vita del suo villaggio, che permanere con il mio aiuto intollerabile in quella più confortevole casa.
In attesa dell'autobus per il Charminar, che gioia esultante, poi, quando ho sentito pulsare il cellulare, e alla mia felicità che si appigliava alla sua voce, come se al riudirla avessi ritrovato la ragione della mia intera esistenza, lui si è rivolto di slancio dicendosi felice di sentirmi così tanto felice, che la sua mente potesse ritrovare la sua quiete se l'aveva ritrovata la mia. Nessuna separazione poteva più renderci infelici, nel permanere in India lui a Khajuraho, io in Hyderabad, durante i pochi giorni all'anno in cui ci sarebbe stato possibile altrimenti stare insieme.
In Khajuraho, mi riferiva Kailash, durante la notte due dimore era state visitate dai ladri, che vi erano penetrati nel cortile dal terrazzo, dei cior che la polizia ora schiaffeggiava, e questa vicenda rendeva necessario che assumesse delle misure cautelari, prima che per raggiungermi in Hyderabad potesse lasciare Khajuraho, dove la sua casa non poteva restare affidata custodita solo da donne, al rientro ritardato di Vimala con Chandu, che sembra stia ora bene. Assumeva così una giustificazione postuma il fatto che non avessi prorogato la mia partenza per l Andra Pradesh, per consentirgli di accompagnarmici, tali e tanti sono i vincoli e gli imperdimenti insorti nel trattenerlo.
I contatti telefonici tra me e Kailash, assordati dal traffico anche sull'autobus che mi conduceva al Charminar, sono stati la clausola felicemente risoltasi della mia felicità in Hyderabad,ar, tra i vicoli del bazar che vi è sorto intorno, dove in una cabina di uno speziale islamico ho potuto chiarirmi meglio, lungo la via che ho intrapreso a piedi verso il forte di Golconda.
Tinteggiati di chiaro nella calcinatura, laboratori artigianali vi si succedevano a officine meccaniche, negozi e scuole e ambulatori pediatrici, tra le rovine di moschee e di tombe di santi sciiti, sin oltre il ponte sul Musi.
Le acque, che erano state fonte della vita rigogliosa della Hyderabad dei nizam, vi stagnavano nauseolente tra lavatoi e immondezzai rovistati dai porci.
Estenuato interrompevo a un certo punto il percorso a piedi, per concluderlo in autorisciò ai piedi del forte. La vista che vi godevo dal barahadar, era meravigliosa dal lato che volgeva ai serpenteggiamenti tra i declivi incolti della cinta muraria dei bastioni sottostanti, prima che ne emergessero dal passato le cupole delle tombe dei Qutub Shah, le cupole proiettate al futuro di una fantasmatica Cyberabad.
Era sorprendente come tuttora, quanto nelle memorie di Philip Meadows, raccolte da Dalrymple, di com'era Hyderabad al tempo dei nizam, la città giacesse ancora alla vista in una coltre di verde, pur se è divenuta nel frattempo una megalopoli di milioni di abitanti, ne emergevano solo alcune aggloimerazioni “ di tutte quelle strade cosi affollate di gente e stipate di abitazioni”, le arterie pulsanti di un traffico immenso di veicoli ed uomini che la sera rendeva sfolgorante delle luminarie e insegne di negozi e grandi magazzini e supermarket, , in cui mi sarei ritrovato immerso in autobus, a piedi, al mio rientro fortunato nel Troop bazar.
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