lunedì 30 agosto 2010

nei templi hindu

Mercoledì 28 luglio
Nel raggiungere il tempio di Ramappa dal punto in cui mi aveva lasciato il microbus che proveniva da Mulug, dove appariva sullo sfondo di tenui rilievi, in uno scenario incantevole di risaie e di palme- l'Orissa non è certo distante-, più che alle sue preziosità scultoree ed architettoniche mi predisponevo al senso del divino che il tempio Kakkatya potesse rivelarmi, in unità shivaita di spirito con i templi di Alampur, che ho lasciato il giorno avanti, oramai a oltre quattrocento chilometri di distanza.
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I templi di Alampur li ho visitati una prima volta la domenica scorsa, nell'oscurità della sera che incombeva dopo il temporale monsonico che si era scatenato quando mi ritrovavo già in prossimità del villaggio. sull'autorisciò che vi conduceva dall incrocio in cui mi aveva lasciato l'autobus diretto a Kornul. Più che sulla spiritualità degli interni, rievocativi dei templi primevi di Ahihole, in ragione della inclusione della cella dentro la spaziosità schermata della sala del mandapa, che l'involveva come un sacello nel deambulatorio della pradakshina, mi ero soffermato sulle ornamentazioni fluttuanti e i rilievi dei pilastri, , sulle saptàmatrikas, i ganeshas e la mahishasuramardini del più semplice dei templi brahmanici, il Kumara, sui dikpalas e le figure femminili in intimità con le proli del Vishva Brahma.
Sotto la pioggia ch'era di nuovo ripresa, mi sono avviato ai templi di Brahma retrostanti- in realtà shivaiti anch'essi-, il Bala, il Garuda, lo Svarga., soffermandomi nel primo ancora aperto al culto per un'offerta rituale. Vi ero incantato dalla profusione di ori e colori, dalla salmodia dell'invocazione reiterata del nome del dio, dallo spettacolo nella sera corrusca dei sikkara che curvavano nel cielo le loro dorsali pietrose, desunta dai templi nagara del nord, sullo sfondo delle bianche torri gremite di statue variopinte dei gopura di un tempio dravidico.
Se volevo procedere oltre, dovevo levarmi le calzature e procedere a piedi nudi nei camminamenti del recinto dei templi, dove il percorso obbligato tra i templi antichi e quelli più recenti era stato mutato dal monsone in un fangoso decorrere d'acque.
Mi ci avventuravo in prossimità del Garuda Brahma, dello Svarga Brahma che appariva intralicciato tra i ponteggi e le impalcature del restauro, e già mi cimentavo , sotto la pioggia a dirotto, a fotografarne i dvarapalas, che sopraggiungevano tra l'erba maiali allo stato brado, che s'inoltravano nell'acqua che rifkluiva ai miei piedi, seguitati da branchi di capre. Il mio spirito ammirativo non defletteva tra i maiali che mi stavano intorno, più forte che l'angoscia della contaminazione in cui erano immersi i miei piedi, esaltato e tremante che la mia vitalità presente si fosse fatta tutt'una, nell'avventarmi nel rischio, con la realtà dell India nella sua paurosa natura animale, che sopraggiungeva ad adocchiarmi dal portico del tempio percolante di pioggia,nel branco di scimmie ch'era sopraggiunto...
Giungevo invece nella solarità di Palampet alle soglie recintate del tempio kakatya, ma di nuovo l'accesso al dio, intenebrato nell oscurità più profonda, era il ritrarsi dalla luce viva del giorno, per addentrarsi nella penombra crescente di portali e mandapa, fino al cospetto del linga o dell'icona sacra, differito dal vestibolo più ancora in ombra. Nella numinosità degli interni shivaiti, l'immancabile Nandi era l'eterno devoto in adorazione fedele, di fronte a Che si stagliava oltre gli stipiti della cella che lo prospettavano, emergendo invincibile, dal buio alla luce, come l'eterna origine prima, l' ingerminante unità di ogni vivente, nel suo fulgere vibrante anche nel grembo più notturno," shining more in the darkness, shining in the deepest darkness above all," come avrei tentato di dire, l'indomani, a quel banchiere locale nel tempio dei mille pilastri di Hanamkonda
emergendo invincibile dal buio alla luce come l'eterna origine prima , ingerminante unità di ogni vivente, nel suo fulgere vibrante, anche nel grembo più notturno, shining more in the darkness, shining in the deepest darkness above all, come l indomani avrei tentato di dire a quel banchiere locale nel tempio dei mille pilastri di Hanamkonda

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