sabato 15 ottobre 2011
Albert Camus e Dietrich Bonhoeffer Due visioni dell' uomo recensione
Arnaud Corbic Albert Camus e Dietrich Bonhoeffer Due visioni dell' uomo “ senza Dio” a confronto. Introduzione di Ugo Sartorio Edizioni Messaggero Padova 2011, pagine 91, 8 euro.
Nel suo ammirevole scritto breve “Albert Camus et Dietrich Bonhoeffer, Due visioni dell’uomo senza Dio a confronto”, risalente al 2002 e tradotto e pubblicato in Italia da Edizioni messaggero, Padova, nel 2011, con introduzione di Ugo Sartorio, Arnaud Corbic, ancor giovane filosofo e teologo francese,- è nato nel 1969-, già professore di filosofia contemporanea alla Pontificia Università Antonianum di Roma, pone a raffronto l’umanesimo dell’ateismo dello scrittore esistenzialista francese e l’umanesimo della fede del grande pastore protestante, morto impiccato dai nazisti nel 1945, e per illuminazione reciproca perviene ad un incontro inatteso - ( “Rencontres de deux humanismes” è il sottotitolo originario in francese ),- almeno per chi non è persuaso, o non ha presente, che l'ateismo moderno possa essere un'eresia cristiana1
L'incontro tra due pensatori, “che, per più motivi, taluni potrebbero ritenere opposti a priori”, ha in radice che l’ateismo dell'uno e la fede cristiana dell’altro sono originati dal rifiuto e dalla ricusazione di una concezione “religiosa”di Dio che, per lo stesso Corbic, non è l’ interpretazione autentica della fede cristiana confessata nel Credo.
Secondo Camus il cristianesimo è la fede in un Dio il cui Essere è al di fuori di questo mondo, in un “retro-mondo” che è radicalmente altro rispetto ad esso, è la speranza in un’altra vita, la vera vita , cui si ha accesso solo alla fine di quella terrena, per meritare la quale occorre negare la vita presente e disistimarne i beni, fuggire il mondo e disprezzarlo
Per Camus l’affermazione della dignità dell’uomo, della giustizia e della “fedeltà alla terra” che è insegnata dallo Zarathustra di Nietzsche, l'adesione alla realtà concreta e finita di uomini e cose, significa necessariamente il rifiuto del Dio del Cristianesimo, che è la negazione e la svalutazione assoluta di questa vita, in cui consiste per Camus la nostra realtà originaria ed ultima
Per Bonhoeffer, invece, lo stesso Dio dell’ Antico Testamento benedice questo mondo, ha pronunciato “un sì profondo “ nei suoi confronti, e chiunque “ fugge il mondo non trova Dio, un altro mondo, cioè il proprio mondo, migliore, più bello, più tranquillo, un “retro-mondo”. Chi fugge la terra per trovare Dio troverà solo se stesso” (pg 27), “ è al centro della nostra vita che Dio è al di là” (pg. 28, in nota).
Dio e Mondo, amore di Dio e della sua eternità e amore terreno, ancor più in virtù del vincolo dell’Incarnazione sono “ indivisi eppure distinti”, come lo sono in Cristo natura umana e natura divina , sono cantus firmus e contrappunto di una unica polifonia, asserisce Bonhoeffer mirabilmente( vedi a pg 35)2. “ La terra rimane la nostra madre, come Dio rimane il nostro Padre, e soltanto colui che rimane fedele alla propria madre, verrà da questa riconsegnato nelle braccia del Padre” ( pg.27).
“Già nell’al di quà si vive l’al di là e la vittoria sulla morte , (pg,26) , si impara a credere quanto si è più fedeli alla terra, e agli esseri terreni, (vedi anche a pg 62: “ Più tardi ho appreso - e continuo ad apprenderlo anche ora- che si impara a credere solo nel pieno essere-aldiquà della vità”), appunto come esige l’umanesimo di Camus.
Al credente è richiesto di amare e trovare Dio “precisamente in ciò che egli ci dà,3” ( pg.35), nelle cose penultime cui ci rinvia sempre la realtà ultima di Dio4, grazie alle quali soltanto si accede alla vita eterna e al Regno di Dio.
“Solo quando si amano la vita e la terra, al punto tale che sembra che con esse tutto sia perduto e finito, si può credere alla resurrezione dei morti e a un mondo nuovo…”( pg. 29).
L’uomo, secondo l’ateo Camus, nella sua fedeltà alla terra tuttavia non va riconciliato con l’assurdo del’esistenza terrena, tanto meno si può fare dell’assurdo “il trampolino per l’eternità,” nella conversione che è il salto- kierkegaardiano- della fede che sacrifica la ragione e la rivolta umana contro l’assurdo, contro il male del dolore innocente.
Ma anche per Bonhoeffer non è l’assurdo , la sventura, il luogo obbligato dell’incontro con Dio, come se soltanto e soprattutto aprendosi una via nella fragilità dell‘uomo, in relazione alla morte e alla colpa, Dio potesse essere introdotto nell’esistenza umana, piegandola all’ incomprensibilità consolatoria dei suoi disegni imperscrutabili.
“ Io vorrei parlare di Dio non ai limiti, ma al centro, non nelle debolezze, ma nella forza, non dunque in relazione alla morte e alla colpa, ma nella vita e nel bene dell'uomo. Giunti ai limiti mi pare meglio tacere e lasciare risolto l'irrisolvibile”(pg.45)
C’è una via positiva che conduce a Dio, se Dio donatore di vita è al centro della realtà creata pur essendone al di là.
“ Io voglio però arrivare a questo, che Dio non venga relegato di contrabbando in qualche ultimo spazio segreto, ma che si riconosca semplicemente la maggior età del mondo e dell'uomo, che non “si taglino i panni addosso “ all'uomo nella sua mondanità, ma che lo si metta a confronto con Dio nelle sue posizioni più forti,....”(pg 47).
Il Dio che è chiamato a rispondere e a risolvere l’assurdità del mondo, nella concezione ateistica di Camus è il Dio che è chiamato in causa perché è ritenuto onnipotente, responsabile inevitabilmente del male nella sua onnipotenza. Ma il Dio che è amore trinitario, onnipotente creatore del mondo e resuscitatore, secondo la rivelazione cristiana disvelata da Bonhoeffer è l’onnipotenza dell’amore, e l’onnipotenza del suo amore, perché l’uomo possa amare Dio gratuitamente, dello stesso amore con cui preventivamente è amato da Dio, rispondendo “ liberamente con amore al proprio amore”, e non sia costretto a riamarlo, assume liberamente l’impotenza nel Figlio, e lascia libero il mondo e l’ uomo di non riconoscerlo, lascia che a immagine e somiglianza del Figlio l’uomo ne patisca anche lo stesso dolore innocente, che conosca l’abbandono del Padre, e grazie a questo Suo ritiro dal mondo diventi così capace dell’amore gratuito divino,che vince la morte e in cui dal Padre siamo resuscitati
“ Dio si lascia scacciare fuori dal mondo sulla croce, Dio è impotente e debole nel mondo e appunto solo così egli sta al nostro fianco e ci aiuta. E' assolutamente evidente in Matteo 8,17, che Cristo non aiuta nella forza della sua onnipotenza, ma in forza della debolezza della sua sofferenza! ...solo il Dio sofferente può aiutare. In questo senso si può dire che la descritta evoluzione verso la maggior età del mondo, con la quale si fa piazza pulita di una falsa immagine di Dio, apre lo sguardo dell'uomo verso il Dio della Bibbia, che ottiene potenza e spazio nel mondo grazie alla sua impotenza”(pg 56). “Dio ci dà a conoscere che dobbiamo vivere come persone che senza Dio fanno fronte alla vita. Il Dio che è con noi è il Dio che ci abbandona.... Il Dio che ci fa vivere nel mondo senza l'ipotesi Dio è il Dio davanti al quale permanentemente stiamo” (pgg.57-58).
Ma così siamo chiamati a vivere come secondo l’umanesimo ateistico di Camus deve vivere l’uomo restituito a se stesso, di quell’amore gratuito, e disinteressato, che nella sua prospettiva senza fede e disperatamente solidale contro l’assurdo, secondo lo scrittore esistenzialista francese è garantito solo dall’inesistenza di qualsiasi Dio giudice e castigatore, per il timore dei cui castighi o per la speranza della cui ricompensa, in vista della propria salvezza i cristiani si presterebbero per interesse a praticare opere di carità.
Ma per Bonhoeffer tale religiosità, che finalizza individualisticamente alla salvezza dell’anima le opere di carità, non è conforme alla fede nella rivelazione attestata dalle Scritture, che raccomanda invece la gratuità disinteressata dell’amore verso il prossimo, cui è analoga la solidarietà fraterna degli uomini propugnata da Camus, come in Matteo 10, 8 “ Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (o in Matteo 25, 31-40, ove solo perchè gratuitamente abbiamo fatto ciò che abbiamo fatto per i fratelli più piccoli, senza cercare la nostra salvezza, inconsapevoli di farlo a Cristo, Egli può dire che salvificamente: “ ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”).5
Tale servizio disinteressato del prossimo secondo Camus deve essere assunto unicamente perchè è il solo atteggiamento autenticamente umano, per sola simpatia, semplicemente per essere un uomo, non già per realizzare la figura ideale, del tutto speciale, di un santo o di un eroe.
E' forse in opposizione al cristianesimo tale ripulsa del perseguimento di modelli di santità e di eroismo?
Non è così, secondo la ripresa di Bonhoeffer della fede cristiana: come il Cristo non si è rivelato in un sacerdote, ma si è fatto semplicemente uomo, pienamente uomo, secondo Bonhoeffer essere cristiani allora significa essere come Gesù non un tipo d’uomo religioso particolare, distaccato dagli altri nell’ambito del sacro, ma semplicemente uomini, pienamente uomini, “ con “ e “per gli altri“, anche nelle situazioni più inumane, così come in Gesù. Dio stesso si è rivelato in un uomo “con” e “per gli altri.”, svuotandosi di se stesso e prendendo forma di servo, in aspetto di uomo umiliando se stesso e facendosi obbediente al Padre fino alla morte, “ anzi alla morte di Croce”, come proclama l'inno cristologico della Lettera di Paolo ai Filippesi.
“Essere cristiano non significa essere religioso in un determinato modo, fare qualcosa di se stessi ( un peccatore, un penitente o un santo) in base a una certa metodica, ma significa essere uomini: Cristo crea in noi non un tipo d'uomo, ma l'uomo. Non è l'atto religioso a fare il cristiano, ma il prender parte alla sofferenza di Dio nella vita del mondo. Questa è la metanoia: non pensare anzitutto alle proprie tribolazioni, ai propri problemi, ai propri peccati, alle propre angosce, ma lasciarsi trascinare con Gesù Cristo sulla strada dell'evento messianico” (pg 61).
“ Così il nostro diventar adulti ci conduce a riconoscere in modo più veritiero la nostra condizione davanti a Dio. Dio ci dà a conoscere che dobbiamo vivere come persone che senza Dio fanno fronte alla vita...Davanti a Dio e con Dio noi viviamo senza Dio” (pg.64).
Non già dunque Dio o l’uomo, ma Dio e l’uomo, in Cristo, e con Cristo, senza separazione e confusione, indivisi, ma distinti. Come atei, o credenti, con gli uomini e per gli altri uomini, comunque.
Note
1 con gli altri, e per gli altri, che dall'amore di se, o philoautia, possono essere ignorati oppure sentiti come indifferenti, disprezzati, o avversati in quanto rivali, lasciati da noi separati e distanti, oppure vissuti in conflitto antagonistico, ed essere rimossi o sottomessi sino all'estremo della loro mortificazione o distruzione reale, ( invece di pensarli e di realizzarli come un altro polo di noi stessi, a noi complementare nella realtà totale in cui tutto è in relazione con tutto).
2)Come attesta la superbia , il peccato ch'è in ogni peccato è in incubazione in ogni forma di dualismo tra Dio e il mondo e l’uomo, tra l'eternità e il tempo, in ogni processo ideale e reale che li separa in luogo di mantenerli indivisi e distinti, interconnessi e reciprocamente inerenti, e induce a credere che ciò che vale per un ordine di realtà non debba valere per l’altro.
3 Nell’analisi di Bianchi l 'immaginazione è una facoltà mentale dal tremendo potere devastante, quando alimenta il peccato, la lussuria e la collera , particolarmente, secondo un potenziale malefico che ha indotto altri teologi contemporanei a sostenere che la più grande delle attività diaboliche è l’uso della nostra immaginazione divina per creare distruzione” (Matthew Fox, In principio era la gioia pg286), trasformando in una potenza di morte la creatività dell'immaginazione che è Spirito
“Demoniaco e diabolico sono molto vicini , li separa solo una linea sottile”( Matthew Fox, ididem)
E purtroppo le stesse parole e la stessa dinamica, se non c’è carità, possono essere espressione sia della autentica lotta spirituale che della glorificazione dell’ego della fede del diavolo
4 Tale lotta della vita spirituale del credente che sia volto a essere Cristo, ha innumerevoli analogie con la pratica del risveglio alla propria buddhità del buddismo, ne condivide il distacco dal proprio agire mediante l'acquisizione della consapevolezza che ci incentra nel proprio Se interiore- che corrisponde al cuore veterotestamentario, al Dio nel fondo dell’anima della mistica cristiana.
In un teste breve dell'” Arte della vita” Anselm Grun ha fatto corrispondere alla disamina ad opera di Evagrio Pontico dell'uso negativo delle anime concupiscibile, irascibile e razionale, i tre inquinanti fondamentali del buddismo, la brama, l'ira, l'ignoranza, le tre cose distruttive della vita secondo Maometto, l'ira, l'avidità e la presunzione
Parole come le seguenti di Abba Antonio, riprese da Enzo Bianchi per insegnarci come lottare contro le suggestioni delle tentazioni, potrebbero ricorrere in qualsiasi breviario buddista
“Quando appare una visione non si ceda al panico, ma di qualunque cosa essa sia, per prima cosa si domandi, pieni di coraggio: “ Chi sei e da dove vieni?” ( pg.48).
“Suggestione, dialogo, acconsentimento, passione” , possono ugualmente indicare per il cristiano le dinamiche della tentazione del peccato e dell'attaccamento dell'errore per il buddhista, vigilanza e attenzione, possono essere i comuni strumenti di lotta,
Il disarmarsi che invoca Athenagoras I nella “ guerra più aspra, quella contro se stesso”(pg 237), richiama vivissimamente l'abbandono di ogni resistenza difensiva, il lasciare andare, la rinuncia alla separazione dalla vita della meditazione buddhista.
E nella conversione a Dio del pentimento, dalla lotta spirituale cristiana certamente è richiesta nei nostri confronti la stessa precisione attenta e gentilezza amorevole della maitri buddhista, in luogo della vergogna del senso di colpa
Per il cristiano si tratta indubbiamente, come per il buddista , di purificare la brama dell’attaccamento e dell’avversione che è alimentata dalla inconsapevolezza o ignoranza o nescienza del reale, del fatto che come ogni altro essere non siamo il principio originario della nostra esistenza, dalla mancata comprensione e accettazione della realtà che ci limita (pg. 73), dalla inconsapevolezza della impermanenza del tutto e della nostra mancanza di sussistenza autonoma,, a causa dell'interdipendenza di tutto da tutto, in cui consiste il vuoto- di essenzialità in se sussistenti- del sunyata,- ma diversa è la forza purificatrice che ci risolleva e ci edifica, perché solo nel buddismo devozionale, quale è quello Amida, lo spirito del Buddha può essere attinto aprendosi alla misericordia e alla grazia di un datore di vita personale, come richiede la lotta spirituale cristiana . Che con l'assiduità con la parola delle Scrittura, che è parola di Dio, richiede la preghiera e l'invocazione del Signore, la confidenza nella sua misericordia, nella eucarestia come magistero spirituale, il fondarsi in radice sulla fede della resurrezione di Gesù Cristo ( pgg.56-63)( Confronta P. Knitter, Senza Buddha non potrei essere cristiano, Fazi Editore, 2011) .
(E' dunque l’accettazione della realtà di noi stessi e degli altri, nei limiti propri e altrui, l’obbedienza, per amore, alla propria creaturalità e all’Amore trinitario, il presupposto della propria attuazione autentica, (pg77), del vero modo di essere a immagine e somiglianza di Dio.
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