Giovane estate, il cuculo chiurla,
Benvenuta, estate, è quanto canta.
Respira l’erica su soffici cuscini di torba
L’erioforo s’inchina al vento di brughiera.
Il cuore del cervo salta un colpo, trasale.
La marea si gonfia, sta sospesa, si riversa.
Stagione dell’assopito oceano
Ciuffi giallo-fiorescenti di ginestra spinosa.
Banchi di torba brillano come ali di corvi
Il cuculo seguita a dirle benvenuta
Balza il pesce screziato. E il forte guerriero
Sorge di corsa
Un tipetto agile gaio
Raggiunge la nota più alta che ci sia.
L’allodola dispiega nel canto la sua chiara novella
Estate, estasi, giorni perfetti.
sabato 31 dicembre 2011
venerdì 30 dicembre 2011
nell'imminenza del Capodanno
“Kallu, e in India?”
“Now my hotel is full”
Peccato, che eccettuato un gruppo di francesi, si tratti di sud-coreani, che non gli consentono alcun margine di guadagno in forma di mance o di commissioni.
Nell’attesa del mio arrivo in India,se non avesse turisti da far pervenire in hotel con i quali raggranellare rupie ed intrattenersi a parlare, con loro standosene la sera intorno al fuoco acceso nel cortile dell'hotel, ora che in Khajuraho fa così freddo, la vita per Kailash si farebbe vuota quali le sue stanze d’albergo.
Prima di Natale era avvilito che solo sei stanze fossero occupate.
“E domani tutto l’hotel è vuoto… Mi sento male per questo”.
Di nuovo di malumore con il padrone dell'hotel, meditava di trasferirsi all' Agraseen Restaurant.
" Ora so il 90% di quello che avevo da imparare in cucina", spiando di nascosto i segreti degli ingredienti, dei dosaggi e delle cotture dei cibi, Kailash aveva oramai raggiunto lo scopo che voleva farmi credere che fosse l'arcano del suo spirito di sopportazione di ogni angheria che aveva patita prestando servizio in quel'hotel, che pure era tra i preferiri dei visitatori di Khajuraho, secondo i travelersnet works, ed al primo affronto ulteriore poteva oramai lasciarlo come e quando voleva,
Ma per Natale, con mia felice sorpresa, l’ho raggiunto al telefono che grazie a una turista della clientela prestigiosa dello stesso hotel era in viaggio da ore, divertito, addirittura in prossimità di Bhopal, con la ricca signora americana, assai avanti negli anni, ancor più grassa e claudicante di me, che l’aveva voluto al suo seguito sull’auto che aveva noleggiato per visitare Sanchi.
Ma più che ai monumenti, agli stupa o torana, era interessata alla campagna intorno, alle coltivazioni e agli animali al pascolo o che intralciavano il traffico.
In Bhopal gli ha offerto di dormire in un hotel a cinque stelle, ma il mio amico ha rifiutato per alloggiare con l’autista in un albergo economico, accanto al Richa Hotel dove eravamo stati con i nostri bambini l’estate scorsa, per recarci a visitare Bimbetka, Sanchi e Vidisha.
L’indomani erano risaliti in giornata fino ad Orcha, da dove sono ripartiti già la mattina seguente per Khajuraho, la signora americana non poteva intrattenersi più a lungo nel Bundelkand, il giorno dopo aveva un volo per Delhi.
Prima di lasciarlo, ha ripagato Kailash di duemila rupie.
Anche se nella sua voce tradiva una delusione nelle sue aspettative- al padrone d’hotel, in acquisti vari, l'american lady aveva lasciato oltre cinquanta mila rupie-, il mio amico sapeva che doveva sentirsi soddisfatto.
La signora gli aveva offerto ancor più che i pasti e l’alloggio durante il viaggio nei migliori hotel, stima e considerazione e un assoluto rispetto.
“ Con lei potevo parlare anche di paroupkara… E lo so, che con lei ed ogni altro turista devo fare tutto per il mio "good Karma"”.
Se invita ospiti a casa ora ha più consapevolezza che non deve attendersi nulla. Gli ho fatto intendere in tal senso, rifacendomi a me stesso, come sia disdicevole, per un ospite, retribuire chi ti offre di condividere il suo stesso cibo.
E domani, grazie alla sua rettitudine, potrà prendersi un congedo e festeggiare l'ultimo dell’anno al ristorante con tutti i quanti i nostri piccoli, talmente, lavorando duramente e onestamente, se non si è guadagnato alcuna maggiorazione della sua infima paga, ha acquisito il riguardo e l’apprezzamento del suo padrone, che non si attenta di certo ad alzare più la voce nei suoi confronti, ed in lui più che in ogni altro che sia alle sue dipendenze ripone fiducia.
E’a Kailash che egli si è rivolto da Delhi, dov’era per affari o per le sue vicissitudini sentimentali, al fine di sapere dell’andamento dell’hotel in sua assenza.
“ Erano le undici del mattino, e nessuno aveva fatto ancora niente, tutti gli altri lavorano in hotel solo per denaro…”
Kailash si è rivolto il mese scorso anche al suo antico padrone ch’è il suocero di quello attuale, perché con la sua autorevolezza intervenisse a rimetterlo in carreggiata, quando gli è parso di non potere consentire oltre che costui, distolto dal sesso, stesse lasciando andare in malora gestione ed affari dell’ albergo in cui lavora per una bazzecola.
“And Our Family?”
“ All tik-è”
Stanno bene, tutti quanti, solo Ajay ha un problema, lieve, di arrossamento degli occhi.
Mi sono limitato a dirgli quanto dobbiamo averli nel cuore, i nostri bambini, ripromettendogli, quando sarò da loro, di non fare mancare a tutti quanti un viaggetto in tuc tuc ogni giorno, nei vicini villaggi che sono talmente belli.
Come allineando pietra dopo pietra nell’edificare il negozio (che ha lasciato alla cura dei bambini e del padre come un gioco dimesso), ora conducendo un turista dopo l’altro in hotel e standosene in loro compagnia, sento, ed è ciò che più importa, che la sua mente continua a evitare il ricordo cui l’espone un’ eccessiva frequentazione domestica. Da cui ogni notte al suo incombere di nuovo, chiedo al sonno di distaccarmi quanto prima
E’ stato l’ultimo sabato del luglio scorso, che nei confronti di Kailash ho commesso la crudeltà che più mi è imperdonabile, di cui non comprendo come Dio possa mai perdonarmi.
Da quasi un mese mi ritrovavo in India, e tranne che con i nostri bambini a Bimbetka, Sanchi e Vidisha, non avevo potuto ancora recarmi in alcun dove, pur di portare a termine e di poter aprire il negozio che Kailash aveva voluto erigere nel suo villaggio, in mia assenza senza riuscire ad andare avanti nei lavori. Sapevo delle difficoltà intercorse, la penuria d’acqua, per cementificare, ch’era durata lunghe settimane, poi al sopraggiungere anzitempo dei monsoni, le difficoltà di utilizzare la sabbia impregnatasi d’acqua, ma erano passati quattro mesi dall’inizio dei lavori al mio arrivo in India, e mi ero ritrovato davanti solo il fabbricato informe di un vano ricoperto di un soffitto, con ancora il pavimento da gittare, ripiani e mensole da incrementare, le aperture da ridurre a finestre per evitare l’accesso dei ladri, la saracinesca da montare …
“ Ora capisco che devo affrettare i lavori...” ancora a giugno mi aveva confessato al telefono, alla mia ennesima sollecitazione a che riprendesse i lavori dopo l’ennesima interruzione,per i motivi più sconvolgenti o sconcertanti.
E anche quel sabato mattina era accaduto l'ulteriore arresto, quando come gli altri muratori che si erano già succeduti, si era reso irreperibile anche quello che si era impegnato a continuare i lavori solo la sera prima, per recarsi a Jatashankar per una puja, nella ricorrenza di un Shiva Day, mentre gli altri "karighar" erano dei dalit che da un giorno all’altro si erano dileguati per precipitarsi a lavorare in Delhi.
E dunque mi toccava di differire alla settimana seguente il mio viaggio a Goa o Hyderabad, Bijapur, Bidar, da cui avrei dovuto anticipare il rientro per l’acquisto delle merci del negozio che Kailash non aveva ancora intrapreso senza di me, e procedere con lui all’allestimento dell’arredamento e all’apertura del negozio, quando non mancavano che due settimane alla mia partenza dall’India.
Ciò che più mi esasperava, facendomi intimamente adirare con Kailash, era che per lui fosse ovvio che così fossi costretto a destinare e a sacrificare a quel negozio tutto il mio essere, le mie vacanze con i miei itinerari e i miei disegni culturali, che non si facesse scrupolo che dovessi seguirlo nelllo spaccio di piastrelle per acquistargli il rivestimento interno, con figure di divinità e motivi simbolici della fede hindu, dal fabbro ferraio per caricare finalmente la saracinesca nel suo giusto formato, fare ritorno nella vicina Chandnagar per acquistare con l’aiutante, che era venuto al nostro seguito, lo sgrassatore e i bulloni che servivano per fare scorrere le ferramenta della saracinesca nella loro inserzione (guida).
In Chandnaghar già mi ero spazientito al cospetto dei bambini, quando ci eravamo fermati al suo incrocio una prima volta, e avevo raggiunto Kailash, lungo la strada, mentre in tuc tuc era di ritorno dalla dhaba, poco distante, in cui si era rifornito di cibo- dalhi e chilly panir-, senza ancora avvertire quanto già sobbollissi.
Il dukan, il solito dukan, non ero venuto in India solo per il dukan!
Kailash era al mio fianco mentre montavamo la saracinesca insieme con gli altri, e soddisfatto dell’esito, non avvertiva quanto in tutto il mio essergli servizievole fossi provocatorio
" Happy, I' m happy quando mi trovo insieme ad indiani al lavoro, che non sanno solo dormire ...."
( versione espunta: mentre il conducente del tuc tuc stava recandoci dalla dabha il dhali e il chilly panir che avremmo consumato insieme, ed io tramavo di dentro di fargliela pagare, appena fosse stato il momento…
Che si è presentato di lì a poco, quando sopraggiunto il conducente con il cibo impacchettato,)
Finita l'opera, Kailash (l’)ha imbandito il cibo d'asporto che proveniva dalla dhaba, approntando un charpai presso la soglia della stalla adiacente delle nostre bufale, e me lo ha porto sorridendomi al mio sopraggiungere.
“ Sorry, but I m too much sad. I ll go on foot to Khajuraho” gli ho soggiunto livido (smorto) in volto.
E l’ho lasciato annichilito, per incamminarmi nella sera attraverso il villaggio fino a casa sua, ad oltre dieci chilometri di distanza.
Sua madre, sulle soglie della casa parentale, mi ha visto stupita ma non mi sono arrestato, ho solo accennato un saluto seguitando oltre nel cammino, indifferente agli abitanti dei villaggio e ai loro commenti, mentre al volgere al tramonto mai l’ India mi era parsa così struggente e bella, al rientro delle genti e degli armenti dalla giungla e dei campi, come la vedevo defilarsi ora che sentivo che staccandomi definitivamente da Kailash, stavo lasciandovi tutto per sempre…
Oltre i talab e le risaie, ero già nei pressi della casa della nonna di Kailash, quando una voce in cui ho creduto di avvertire il nostro Sumit, d’improvviso mi ha risvegliato dicendomi “ E come pensi che Kailash stia ora reagendo? Non pensi che non si stia disperando? Sai come può comportarsi, come tu gli hai insegnato ad autodistruggersi.... C’è anche il pozzo lì accanto in cui potrebbe essersi gettato…”
Mi sono affrettato a ritornare sgomento sui miei passi, in un villaggio che ritrovavo sempre più muto (ammutolito) quanto più mi avvicinavo al nostro negozio, in prossimità del quale, dove confluiscono le vie che vi recano, al suo limitare, vedevo la gente radunata inerte, e oltre la cerchia ritrovavo Kailash che smaniava, disperato, trattenuto a stento su di una sedia.
Mi inginocchiavo ai suoi piedi, lo cingevo tra le mie braccia e gli chiedevo perdono, perdono di tutto quanto, se avesse avuto ancora modo di perdonarmi, di accettarmi ancora come suo amico.
La sua furia disperata avvinghiava la maglietta che gli piaceva tanto e la dilacerava, si raccoglieva nel mio abbraccio e si quietava.
Quella notte egli mi avrebbe raggiunto e l’avrei ritrovato nel mio stesso letto.
“Now my hotel is full”
Peccato, che eccettuato un gruppo di francesi, si tratti di sud-coreani, che non gli consentono alcun margine di guadagno in forma di mance o di commissioni.
Nell’attesa del mio arrivo in India,se non avesse turisti da far pervenire in hotel con i quali raggranellare rupie ed intrattenersi a parlare, con loro standosene la sera intorno al fuoco acceso nel cortile dell'hotel, ora che in Khajuraho fa così freddo, la vita per Kailash si farebbe vuota quali le sue stanze d’albergo.
Prima di Natale era avvilito che solo sei stanze fossero occupate.
“E domani tutto l’hotel è vuoto… Mi sento male per questo”.
Di nuovo di malumore con il padrone dell'hotel, meditava di trasferirsi all' Agraseen Restaurant.
" Ora so il 90% di quello che avevo da imparare in cucina", spiando di nascosto i segreti degli ingredienti, dei dosaggi e delle cotture dei cibi, Kailash aveva oramai raggiunto lo scopo che voleva farmi credere che fosse l'arcano del suo spirito di sopportazione di ogni angheria che aveva patita prestando servizio in quel'hotel, che pure era tra i preferiri dei visitatori di Khajuraho, secondo i travelersnet works, ed al primo affronto ulteriore poteva oramai lasciarlo come e quando voleva,
Ma per Natale, con mia felice sorpresa, l’ho raggiunto al telefono che grazie a una turista della clientela prestigiosa dello stesso hotel era in viaggio da ore, divertito, addirittura in prossimità di Bhopal, con la ricca signora americana, assai avanti negli anni, ancor più grassa e claudicante di me, che l’aveva voluto al suo seguito sull’auto che aveva noleggiato per visitare Sanchi.
Ma più che ai monumenti, agli stupa o torana, era interessata alla campagna intorno, alle coltivazioni e agli animali al pascolo o che intralciavano il traffico.
In Bhopal gli ha offerto di dormire in un hotel a cinque stelle, ma il mio amico ha rifiutato per alloggiare con l’autista in un albergo economico, accanto al Richa Hotel dove eravamo stati con i nostri bambini l’estate scorsa, per recarci a visitare Bimbetka, Sanchi e Vidisha.
L’indomani erano risaliti in giornata fino ad Orcha, da dove sono ripartiti già la mattina seguente per Khajuraho, la signora americana non poteva intrattenersi più a lungo nel Bundelkand, il giorno dopo aveva un volo per Delhi.
Prima di lasciarlo, ha ripagato Kailash di duemila rupie.
Anche se nella sua voce tradiva una delusione nelle sue aspettative- al padrone d’hotel, in acquisti vari, l'american lady aveva lasciato oltre cinquanta mila rupie-, il mio amico sapeva che doveva sentirsi soddisfatto.
La signora gli aveva offerto ancor più che i pasti e l’alloggio durante il viaggio nei migliori hotel, stima e considerazione e un assoluto rispetto.
“ Con lei potevo parlare anche di paroupkara… E lo so, che con lei ed ogni altro turista devo fare tutto per il mio "good Karma"”.
Se invita ospiti a casa ora ha più consapevolezza che non deve attendersi nulla. Gli ho fatto intendere in tal senso, rifacendomi a me stesso, come sia disdicevole, per un ospite, retribuire chi ti offre di condividere il suo stesso cibo.
E domani, grazie alla sua rettitudine, potrà prendersi un congedo e festeggiare l'ultimo dell’anno al ristorante con tutti i quanti i nostri piccoli, talmente, lavorando duramente e onestamente, se non si è guadagnato alcuna maggiorazione della sua infima paga, ha acquisito il riguardo e l’apprezzamento del suo padrone, che non si attenta di certo ad alzare più la voce nei suoi confronti, ed in lui più che in ogni altro che sia alle sue dipendenze ripone fiducia.
E’a Kailash che egli si è rivolto da Delhi, dov’era per affari o per le sue vicissitudini sentimentali, al fine di sapere dell’andamento dell’hotel in sua assenza.
“ Erano le undici del mattino, e nessuno aveva fatto ancora niente, tutti gli altri lavorano in hotel solo per denaro…”
Kailash si è rivolto il mese scorso anche al suo antico padrone ch’è il suocero di quello attuale, perché con la sua autorevolezza intervenisse a rimetterlo in carreggiata, quando gli è parso di non potere consentire oltre che costui, distolto dal sesso, stesse lasciando andare in malora gestione ed affari dell’ albergo in cui lavora per una bazzecola.
“And Our Family?”
“ All tik-è”
Stanno bene, tutti quanti, solo Ajay ha un problema, lieve, di arrossamento degli occhi.
Mi sono limitato a dirgli quanto dobbiamo averli nel cuore, i nostri bambini, ripromettendogli, quando sarò da loro, di non fare mancare a tutti quanti un viaggetto in tuc tuc ogni giorno, nei vicini villaggi che sono talmente belli.
Come allineando pietra dopo pietra nell’edificare il negozio (che ha lasciato alla cura dei bambini e del padre come un gioco dimesso), ora conducendo un turista dopo l’altro in hotel e standosene in loro compagnia, sento, ed è ciò che più importa, che la sua mente continua a evitare il ricordo cui l’espone un’ eccessiva frequentazione domestica. Da cui ogni notte al suo incombere di nuovo, chiedo al sonno di distaccarmi quanto prima
E’ stato l’ultimo sabato del luglio scorso, che nei confronti di Kailash ho commesso la crudeltà che più mi è imperdonabile, di cui non comprendo come Dio possa mai perdonarmi.
Da quasi un mese mi ritrovavo in India, e tranne che con i nostri bambini a Bimbetka, Sanchi e Vidisha, non avevo potuto ancora recarmi in alcun dove, pur di portare a termine e di poter aprire il negozio che Kailash aveva voluto erigere nel suo villaggio, in mia assenza senza riuscire ad andare avanti nei lavori. Sapevo delle difficoltà intercorse, la penuria d’acqua, per cementificare, ch’era durata lunghe settimane, poi al sopraggiungere anzitempo dei monsoni, le difficoltà di utilizzare la sabbia impregnatasi d’acqua, ma erano passati quattro mesi dall’inizio dei lavori al mio arrivo in India, e mi ero ritrovato davanti solo il fabbricato informe di un vano ricoperto di un soffitto, con ancora il pavimento da gittare, ripiani e mensole da incrementare, le aperture da ridurre a finestre per evitare l’accesso dei ladri, la saracinesca da montare …
“ Ora capisco che devo affrettare i lavori...” ancora a giugno mi aveva confessato al telefono, alla mia ennesima sollecitazione a che riprendesse i lavori dopo l’ennesima interruzione,per i motivi più sconvolgenti o sconcertanti.
E anche quel sabato mattina era accaduto l'ulteriore arresto, quando come gli altri muratori che si erano già succeduti, si era reso irreperibile anche quello che si era impegnato a continuare i lavori solo la sera prima, per recarsi a Jatashankar per una puja, nella ricorrenza di un Shiva Day, mentre gli altri "karighar" erano dei dalit che da un giorno all’altro si erano dileguati per precipitarsi a lavorare in Delhi.
E dunque mi toccava di differire alla settimana seguente il mio viaggio a Goa o Hyderabad, Bijapur, Bidar, da cui avrei dovuto anticipare il rientro per l’acquisto delle merci del negozio che Kailash non aveva ancora intrapreso senza di me, e procedere con lui all’allestimento dell’arredamento e all’apertura del negozio, quando non mancavano che due settimane alla mia partenza dall’India.
Ciò che più mi esasperava, facendomi intimamente adirare con Kailash, era che per lui fosse ovvio che così fossi costretto a destinare e a sacrificare a quel negozio tutto il mio essere, le mie vacanze con i miei itinerari e i miei disegni culturali, che non si facesse scrupolo che dovessi seguirlo nelllo spaccio di piastrelle per acquistargli il rivestimento interno, con figure di divinità e motivi simbolici della fede hindu, dal fabbro ferraio per caricare finalmente la saracinesca nel suo giusto formato, fare ritorno nella vicina Chandnagar per acquistare con l’aiutante, che era venuto al nostro seguito, lo sgrassatore e i bulloni che servivano per fare scorrere le ferramenta della saracinesca nella loro inserzione (guida).
In Chandnaghar già mi ero spazientito al cospetto dei bambini, quando ci eravamo fermati al suo incrocio una prima volta, e avevo raggiunto Kailash, lungo la strada, mentre in tuc tuc era di ritorno dalla dhaba, poco distante, in cui si era rifornito di cibo- dalhi e chilly panir-, senza ancora avvertire quanto già sobbollissi.
Il dukan, il solito dukan, non ero venuto in India solo per il dukan!
Kailash era al mio fianco mentre montavamo la saracinesca insieme con gli altri, e soddisfatto dell’esito, non avvertiva quanto in tutto il mio essergli servizievole fossi provocatorio
" Happy, I' m happy quando mi trovo insieme ad indiani al lavoro, che non sanno solo dormire ...."
( versione espunta: mentre il conducente del tuc tuc stava recandoci dalla dabha il dhali e il chilly panir che avremmo consumato insieme, ed io tramavo di dentro di fargliela pagare, appena fosse stato il momento…
Che si è presentato di lì a poco, quando sopraggiunto il conducente con il cibo impacchettato,)
Finita l'opera, Kailash (l’)ha imbandito il cibo d'asporto che proveniva dalla dhaba, approntando un charpai presso la soglia della stalla adiacente delle nostre bufale, e me lo ha porto sorridendomi al mio sopraggiungere.
“ Sorry, but I m too much sad. I ll go on foot to Khajuraho” gli ho soggiunto livido (smorto) in volto.
E l’ho lasciato annichilito, per incamminarmi nella sera attraverso il villaggio fino a casa sua, ad oltre dieci chilometri di distanza.
Sua madre, sulle soglie della casa parentale, mi ha visto stupita ma non mi sono arrestato, ho solo accennato un saluto seguitando oltre nel cammino, indifferente agli abitanti dei villaggio e ai loro commenti, mentre al volgere al tramonto mai l’ India mi era parsa così struggente e bella, al rientro delle genti e degli armenti dalla giungla e dei campi, come la vedevo defilarsi ora che sentivo che staccandomi definitivamente da Kailash, stavo lasciandovi tutto per sempre…
Oltre i talab e le risaie, ero già nei pressi della casa della nonna di Kailash, quando una voce in cui ho creduto di avvertire il nostro Sumit, d’improvviso mi ha risvegliato dicendomi “ E come pensi che Kailash stia ora reagendo? Non pensi che non si stia disperando? Sai come può comportarsi, come tu gli hai insegnato ad autodistruggersi.... C’è anche il pozzo lì accanto in cui potrebbe essersi gettato…”
Mi sono affrettato a ritornare sgomento sui miei passi, in un villaggio che ritrovavo sempre più muto (ammutolito) quanto più mi avvicinavo al nostro negozio, in prossimità del quale, dove confluiscono le vie che vi recano, al suo limitare, vedevo la gente radunata inerte, e oltre la cerchia ritrovavo Kailash che smaniava, disperato, trattenuto a stento su di una sedia.
Mi inginocchiavo ai suoi piedi, lo cingevo tra le mie braccia e gli chiedevo perdono, perdono di tutto quanto, se avesse avuto ancora modo di perdonarmi, di accettarmi ancora come suo amico.
La sua furia disperata avvinghiava la maglietta che gli piaceva tanto e la dilacerava, si raccoglieva nel mio abbraccio e si quietava.
Quella notte egli mi avrebbe raggiunto e l’avrei ritrovato nel mio stesso letto.
venerdì 23 dicembre 2011
Note politiche dicembre 2011
L’acqua è una risorsa ancora più economicamente importante del petrolio,talmente è una sorgente planetaria di vita e di morte.
Ne richiede in eccesso la nostra dieta carnea o quella basata sul riso, non che l’irrigazione delle monoculture tessili del cotone,mentre la sua mancanza impedisce di costruire case o di pervenire ad ottenere i magri proventi del proprio raccolto, dove altrove nel mondo si dipende maggiormente dai cicli naturali, in forma di pioggia stagionale sovrabbondante è ovunque catastrofica, devasta le stesse case di cui è stato l’impasto e le stesse messi di cui ha alimentato il rigoglio, e quando è inquinata è il principale agente malefico per i bambini, a iniziare dal latte in polvere… E’ "umile et utile et pretiosa et casta" purchè sia tutelata rispettando l’ambiente.Occorre la condivisione più diffusa di tale viva consapevolezza universale, perché l’acqua sia preservata come un bene comune dai poteri civici e politici.
Solo in tale orizzonte, certe questioni diventano sentite e vive perché si avverte l’interdipendenza di tutto. Non credo certo che bastino per valorizzare l'acqua la sensibilizzazione o le cognizioni della geo-politica, tanto meno normative, o istruzioni per l uso o corsi di addestramento, avvisi ai naviganti o a chi si è appena messo in circolazione….
Ad ogni modo nell' atmosfera culturale virtuosa che si prefigura, tra politica e tecnica deve sussistere un’osmosi. Seguito ad essere dell’opinione filosofico -“religiosa”, che politica e tecnica vadano distinte ma che al tempo stesso siano inseparabili ed irrisolvibili l‘ una nell’altra, che non si possa ridurre un discorso politico ad un discorso meramente tecnico- il tecnicismo- o il discorso tecnico a un discorso meramente politico- il politicismo.-, “ le scelte sono comunque ineludibili”-In tal senso non intendo sostituire una narrazione generale od un mito rigeneratore alle competenze specifiche che servono . Perché mai, in tale contesto, la politica, o l’amministrazione civica, non dovrbbero avvalersi delle competenze tecnico scientifiche formatesi nell’ambito privato? Seguito comunque a restare dell’idea che l’acqua, a differenza dell’industria agroalimentare, o dell’energia (?), sia una risorsa la cui gestione è incompatibile con il profitto privato- per i costi ed il controllo dei territori di scorrimento che sono richiesti da un suo uso finalizzato al bene comune. Non parlo per preclusioni ideologiche, suppongo. Ed il semplice tecnico, che non sia animato da determinati valori e da consapevolezza e sensibilità critica, che oltre che dalle norme non sia disciplinato da rigore e da scrupoli intellettuali e morali, purtroppo può essere asservito a ogni logica politica di partito o privata d’impresa. La riproposizione del cosiddetto “tecnico puro”, -come la “ politica volta disinteressatamente o super partes al bene comune”-, mi sembra solo lo spaccio aggiornato di un antico mito per opportunisti od ingenui, inavveduto o subdolo a seconda del verso.
la civiltà economica italiana è indubbio che sia fondamentalmente artigianale, (come nell'arte letteraria siamo stati maestri nelle piccole forme),( ricordiamoci pur sempre delle nostre eccellenze nella progettazione architettonica e urbanistica, ad esempio Renzo Piano), ma nella globalizzazione contemporanea la sublimazione industriale di ciò in cui siamo artigiani inimitabili qualitativamente , può essere già di per sé straordinario, se ci apriamo ai grandi mercati delle nuove superpotenze. Quanto non facciamo più, ossia “ chimica ad un certo livello, farmaceutica, elettronica”, forse non potremo più recuperarlo, o lo reintegreremo solo aprendoci al capitale straniero e ai suoi investimenti in Italia, rendendoci più " attrattivi" e occidentalizzando gli investitori orientali di Cina ed India, anzichè essere noi a cinesizzarci, come sta accadendo se nella grande industria non abbiamo altro dio all’ infuori di Marchionne.
Dobbiamo aprirci ed aprire in tal senso, dentro una politica industriale che va tuttavia concepita in forme sistemiche sopranazionali, nella con crescita dei futuri Stati Uniti d’Europa e delle sfide competitive della globalizzazione planetaria,- la crisi angosciante che stiamo vivendo potrà essere così il parto dolorosissimo del nostro accesso ai nuovi stili di vita e alle nuove forme d’uso delle risorse energetiche e ambientali che sono indotti dalle tecnologie della terza Rivoluzione industriale, senza le quali è impensabile universalizzare ancor più i diritti umani, che possano essere assicurati agli uni senza essere negati agli altri.
Quanto più in Occidente e in Oriente si permane negli stili di vita e nelle forme di consumo della seconda rivoluzione industriale, i diritti si faranno sempre più esclusivi ed è inevitabile che si acuiscano i conflitti duali che stiamo vivendo tra le generazioni e i loro cicli di vita, tra disoccupati, precari, garantiti, pensionati….
(Senza dimenticare, con rabbia indignata e sconvolta, che il debito.- come ha rilevato suo malgrado con onestà intellettuale lo stesso Oscar Giannino il 14 settembre scorso - è salito soprattutto durante i governi di centro Destra della nostra seconda Repubblica, e in ferrea concomitanza con una redistribuzione delle risorse e del reddito a tutto discapito di lavoratori e pensionati "di bronzo", di precari e marginali e senza lavoro,di scuola e ricerca e servizi assistenziali…
Più che l’esorcizzazione del razzismo come un tabù, il vero modo di prendere da esso le distanze e di neutralizzarlo– come sosteneva Tullia Zevi, già Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiana- è il riconoscerne che nessuno ne... è immune, avvertirne ogni insorgenza in noi, a dispetto di ogni nostra presunzione, e impedirle così di radicarsi nel nostro modo di pensare e di fare. Adontarsi per l’accusa o per il sospetto di razzismo è il meccanismo consueto di rimozione mentale della sua permanenza in noi, sotto nuove mentite spoglie- “ Non per essere razzisti, ma… “Non vorrai mica dire che sono o che adesso siamo tutti razzisti.. " che litania desolante...
Contro l'antimilitarismo politico
L'antimilitarismo dei giovani che amano credere che l'esercito sia costituito solo da mercenari criminali, mi induce a ricordare loro che le ragioni per le quali i militari prendono parte alle missioni militari e per le quali decine di loro vi hanno perso la vita sono soprattutto motivazioni umanitarie e non belligeranti, non difformi da quelle di molti volontari delle ong. Debbo inoltre rammentare loro che nell’esercito italiano i soldati sono tuttora prevalentemente meridionali perché da ancor prima che avessi i loro anni nel Sud è più facile trovare lavoro nelle forze armate che nell’industria, che i soldati dell’esercito americano sono soprattutto poveri e di colore, abitanti dei ghetti e delle periferie.., che la vocazione al sangue e alle armi e il mercenariato c’entrano solo in parte o relativamente poco nel reclutamento… che le paghe sono infime per i soldati non graduati
“sono ragazzi che pur rischiando la vita ogni giorno non hanno la sicurezza di avere un posto di lavoro perchè i primi 8 anni sono sempre dei precari con 1000 euro al mese!e i tanto acclamati soldi della missione vanno via in tasse e in attrezzatura che loro stessi devono comprare di propria tasca se non vogliono vivere come dei disperati…” scrive la moglie di un militare in Afghanistan nel blog
del religioso Alex Zanotelli.
L'esercito italiano non adempie solo a compiti militari. Svolge in Italia e all'estero , bene o male, anche compiti di Protezione civile. Non c'ero io a spalare il fango nelle zone alluvionate di Toscana, Piemonte e Liguria. Dimenticarlo dall'antimiliarismo sortisce un effetto boomerang assicurato.
Preferisco pensare che tra i militari ci possano essere i macellai e gli eroi, i burocrati esecutivi e le acute mente strategiche e sensibili, persone particolarmente intelligenti e preparate od ordinarie o mediocri o vilmente opportuniste. Non posso dimenticarmi di Calipari e di Salvo d’Acquisto.
Devo rendere onore al merito, soprattutto se sono naturalmente pavido.
Ai miei tempi- il sessantotto e gli anni di piombo- era inimmaginabile che un magistrato potesse essere altrimenti che un servo togato dei padroni, espressione dell’ ingiustizia borghese.
Che un magistrato potesse essere una vittima della criminalità mafiosa, come Falcone e Borsellino, era inconcepibile.
A onore del vero ne sono state vittime anche preti e banchieri, come don Puglisi e Ambrosoli.
Così come ci sono capitalisti bestiali e capitalisti che nel Triveneto si sono suicidati perché hanno lasciato senza lavori i propri sfruttati.
Spero che le messe in scena operaiste e populiste della Lega servano a rendere più consapevoli che chi è di sinistra o progressista non deve diventare, al calduccio, tale caricatura benestante ed egoista della propria ispirazione ideale e dei propri orientamenti di vita.
Mi spiace, ma comunque volga le cose, resto allergico all’antimilitarismo dell’”Anima bella” che comunque è complice del disordine del mondo, l’antimilitarisamo di chi sta comunque godendo, come tutti quanti noi tutti, i comodi e gli agi relativi - anche missionari e predicatori- dell’ordine conseguito e raggiunto con i massacri e le guerre più sporche ed atroci di quel’interminabile macello- e ciclo di errori e disastri- che è la storia umana. Senza chiedersi che ne sarebbe delle genti di Bengasi o di Sarajevo, se con l’azione militare non fosse stato interrotto il fuoco nemico a cui erano esposte nella Libia di Geeddafi o nell’Ex-Jugoslavia( ricordo che in questi decenni la forza parlamentare più coerentemente antiinterventista è stata per crasso egoismo "padano" la lega Nord)
Tali interventi, oltre che da interessi economici e di geopolitica delle potenze intervenute a soccorso, sono stati motivati anche dalle aspettative umanitarie dell’opinione pubblica occidentale e araba. Il mantra del petrolio non spiega il 100% dell’essere umano. E’ l’abc di chi resta alla superficie dei fatti. Comunque le obiezioni che va rifiutato l'intervento militare umanitario si è agito a difesa di quelle popolazioni per neocolonialismo, sono politicamente irricevibili. E' come se da parte dello Stato si accettassero le tasse, gli insegnanti in classe, i medici in ospedale solo se chi versa i tributi , chi educa, chi cura, lo fa per il bene degli altri….Un conto è la politica, un conto è il regno dei cieli, che richiede per entrarvi l’azione di grazia del bene gratuito( Simon Weil) o l’azione disinteressata al frutto ( Baghavadgita). E chi non è credente sia coerentemente tale e distrugga veramente ogni idolo, secondo il nichilismo di Nietzsche.
Personalmente sono animalista, cerco di mangiare meno carne che posso, sono per la non violenza anche nei confronti del mondo vegetale, resto molto più prossimo in questo all’induismo e al jainismo che al cristianesimo divulgato, per il quale non vale minimamente per l’oggi che nella Genesi 1, 29, Dio all’uomo e agli altri animali affidi come cibo solo “ ogni verdura d’erba” , figuriamoci se mi aggrada la violenza dell’uomo sull’uomo, solo che la realtà storica è un mattatoio di cui non si vede un termine, non intervenire rende complici della violenza più disumana, le stesse organizzazioni umanitarie e le popolazioni civili richiedono di essere protette, al pari di missionari ed archeologi, e dobbiamo pur far fronte al silenzio degli innocenti, che resterebbero vittime inermi e indifese dei genocidi più cruenti se fosse per l’antimilitarismo, che ha un senso solo se è testimonianza assolutamente impolitica e apolitica di non resistenza, come insegna il buddhismo allo stesso cristianesimo militante, mentre tradisce la sua vocazione e sortisce gli effetti più complici e nefasti se si fa movimento politico.
Quanto alla missione in Afghanistan, occorre concorrere alla strategia d’uscita degli Usa, e con tutto l’orrore nel cuore per i bambini e le donne e i civili che sono morti vittime innocenti dei droni di guerra, di tutti i bombardamenti che hanno ucciso per sbaglio chi sparava in aria nel corso di festeggiamenti afgani di nozze, dico a chiare lettere che sono senza se e senza ma perché vi si resti in missione, finchè l’area non sia stata messa in sicurezza rispetto al rischio reale che è costituito innanzitutto dal suo uso come retroterra terroristico da parte del Pakistan, che dispone di arsenali atomici che possono cadere nelle mani di pericolosissime forze filoterroriste, le quali potrebbero impiegare l’atomica e il terrorismo afgano- e kashmiro- contro l’India e scatenarne la reazione tremenda, mettendo a rischio la sopravvivenza della vita non solo in quell’area… essendo l’India a sua volta immensa potenza nucleare, superdemocrazia ma anche stato di polizia micidiale.
Se si vuole saperne di più, su quest’ultimo punto, si possono leggere gli scritti della narratrice e attivista indiana Arundhati Roy.
E finisco con il rammentare che in questi giorni in Siria è accaduto che i militari dell'esercito dittatoriale hanno massacrato altri militari che hanno disertato o chesi sono uniti ai rivoltosi rifiutandosi di sparare contro il proprio popolo. Lo stesso è avvenuto orrendamente in Libia. E adesso porgo l’altra guancia e lascio tutte le ragioni di questo mondo all'antimilitarismo, se le vuole avere a tutti i costi.
Versione " drammatica
Io Era preferibile che il religioso Zanotelli si limitasse a chiedere una riduzione delle spese militari, sull'esempio della Germania. La radicalizzazione del suo discorso riduce l'ambito del consenso. non rende a Cesare quel che è di Cesare, purtroppo, ed è ingenerosa nei confronti di quei militari che in realtà intendono adempiere ad una missione umanitaria e vi adempiono con il sacrificio della loro vita. Trovo molto toccante tra le lettere quella di una moglie di un militare in Afghanistan.
S. "Missione umanitaria"?? Mi son persa qualcosa?...
Io Si, parecchio. Si legga meglio quello che ho scritto. Non ho espresso un giudizio sulla guerra in Afghanistan, ma ho chiesto rispetto per le ragioni per le quali certi giovani vi prendono parte e vi hanno perso la vita. Sono ragioni umanitarie e non belligeranti, non difformi da quelle di molti volontari delle ong, come documenta la lettera di quella giovane sposa di un militare cui mi riferivo. L'esercito italiano non adempie solo a compiti militari. Svolge in Italia e all'estero , bene o male, anche compiti di Protezione civile. Non c'ero io a spalare il fango nelle zone alluvionate di Toscana, Piemonte e Liguria. Dimenticarlo dall'antimiliarismo sortisce un effetto boomerang assicurato."
S "Suvvia... i soldati sono mercenari - chi va in Afghanistan, in Iraq, etc, lo fa perchè guadagna di più che a lavorare in fabbrica. E la funzione primaria di un esercito è quella di sparare. Se poi noi usiamo i soldati anche per raccogliere l'immondizia beh..."
Io "Ricordo alla gentile S. che nell’esercito italiano i soldati sono prevalentemente meridionali perché da ancor prima che avessi i suoi anni nel Sud è più facile trovare lavoro nelle forze armate che nell’industria, che i soldati dell’esercito americano sono soprattutto poveri e di colore, abitanti dei ghetti e delle periferie.., che la vocazione al sangue e alle armi e il mercenariato c’entrano solo in parte o relativamente poco nel reclutamento… che le paghe sono infime per i soldati non graduati
“sono ragazzi che pur rischiando la vita ogni giorno non hanno la sicurezza di avere un posto di lavoro perchè i primi 8 anni sono sempre dei precari con 1000 euro al mese!e i tanto acclamati soldi della missione vanno via in tasse e in attrezzatura che loro stessi devono comprare di propria tasca se non vogliono vivere come dei disperati…” scrive la moglie di un militare in Afghanistan nel blog
del religioso Alex Zanotelli."
Fabio Mazali Bravo Odorico ... io le stellette le ho portate (visto che dovevo farlo il militare, e che studiavo, ho deciso di fare l'ufficiale, almeno per portare a casa quattrio soldi ed eventualmente avere un'altra porta aperta sul mio futuro!) e non me ne vergogno ... anche se è stato per me un periodo difficile: allora si andava in Bosnia ... qualcuno ricorda cosa sia stata quella guerra? Ricordo molto bene quanto i croati ed altri desideravano che l'Europa e l'ONU arrivassero là (si dovette aspettare 4-5 anni, dal 92 al 97, per vedere intervenire la comunità internazionale), mentre Milosevic era a Daiton a contrattare (e prendere in giro il mondo intero) e contemporaneamente in serbia venivano ammazzate migliaia di persone (uomini, anziani, bambini, donne ... molte di queste stuprate ... cose inenarrabili) dall'esercito di Mladic ... lo sappiamo tutti che la guerra è la cosa più schifosa che esista, ma guardare le cose da dentro, a volte, è meglio. Se poi mi si dice che le spese militari devono scendere, sono d'accordo, che i velivoli prenotati devono essere in parte tagliati sono d'accordo ... ma non si deve fare mai di tutta un'erba un fascio ... perchè se arrivasse il giorno in cui qualcuno ti entra in casa ... cosa facciamo? Qualcuno sa cosa significhi vivere dopo tragedie di questo tipo? Poi, se uno mi dice che l'EU e l'ONU devono essere qualcosa di diverso, che sappia essere forte nei confronti di queste situazioni, allora dobbiamo impegnarci seriamente in politica estera ed avere governi nazionali affidabili ed autorevoli che possano andare nelle sedi internazionali a discutere di assetti geopolitici ben diversi. Non è cosetta facile, nè da poco."
A."io vedo solo una inutile spesa di soldi nella nostra partecipazione in Afghanistan, dal momento che in Italia non ci sono soldi mi sembra lecito smettere le nostre partecipazioni all'estero che tanto a noi non portano niente... paesi più fiorenti dei nostri se ne guardano bene dal mandare i loro militari in quelle terre..."
S D'accordo, ma non facciamo dei soldati degli eroi o degli agnelli - non sono nè l'uno nè l'altro. Fare il soldato è un lavoro - se si muore dalla voglia di fare del bene allora ci si può iscrivere a un'associazione di volontariato!
C.*esatto...la vita è fatta di scelte
Fabio Mazali Indiscutibile ... le scelte, però, non sempre sono così semplici da compiere ... ed essere soldato non significa necessariamente essere eroe o agnello, si sa benissimo a cosa si va incontro ... ma si sa anche che molto di quello che abbiamo in termini di sicurezza (non sempre ... il ruolo politico di indirizzo dei corpi armati e delle forze armate è fondamentale ... cosa, sulla quale, ad esempio, Maroni ha qualche colpa, visto quanto accaduto a Firenze e a certi movimenti che stanno tornando) è frutto della presenza di queste persone ... attenzione: anche la Costituzione (OK, tutto è rivedibile ... ) parla dell'importanza dei vari corpi armati e forze armate, come delle associazioni non profit, ONG ecc (in maniera non diretta).
IOIn realtà da parte di Sofia si esclude che chi è un militare possa compiere del bene, o alcunchè di utile. Io preferisco pensare che i militari possano essere macellai o eroi, oltre che persone ordinarie o mediocri o vilmente opportuniste. Non possono dimenticarmi di Calipari e di Salvo d’Acquisto.
Devo rendere onore al merito, soprattutto se sono naturalmente pavido.
Ai miei tempi-. Il sessantotto e gli anni di piombo- era ugualmente inimmaginabile che un magistrato potesse essere altrimenti che un servo togato dei padroni, espressione dell’ ingiustizia borghese.
Che un magistrato per il suo operato potesse diventare una vittima della criminalità mafiosa, come Falcone e Borsellino, era inconcepibile.
A onore del vero ne sono state vittime anche preti e banchieri, come don Puglisi e Ambrosoli.
Analogamente ci sono capitalisti bestiali e capitalisti che nel Triveneto si sono suicidati perché hanno lasciato senza lavori i propri sfruttati.
Spero che le messe in scena operaiste e populiste della Lega servano a rendere più consapevoli che chi è di sinistra o differentemente porogressista e democratico non deve avere niente in comune, al al proprio calduccio, con tale caricatura benestante della propria ispirazione ideale e dei propri orientamenti di vita.
S I militari sono utili.... per sparare.
IO Mi spiace, ma comunque volga le cose, in politica resto allergico all’antimilitarismo dell’”Anima bella” che comunque è complice del disordine del mondo, l’antimilitarisamo di chi sta comunque godendo, come tutti quanti noi tutti, i comodi e gli agi relativi - anche missionari e predicatori- dell’ordine conseguito e raggiunto con i massacri e le guerre più sporche ed atroci di quell’interminabile macello- e ciclo di errori e disastri- che è la storia umana. Senza chiedersi che ne sarebbe delle genti di Bengasi o di Sarajevo, se con l’azione militare non fosse stato interrotto il fuoco nemico a cui erano esposte nella Libia di Geeddafi o nell’Ex-Jugoslavia.( Concludo definitivamente ricordando che in questi decenni la forza parlamentare più coerentemente antiinterventista è stata per crasso egoismo "padano" la lega Nord)
S. Non mi dica che crede davvero che gli interventi militari NATO a Sarajevo e Bengasi siano stati motivati da nobili ideali di amore e fratellanza!!... Hahahaha... aspetto allora fiduciosa e col cuore pieno di speranza l'intervento militare delle grandi, illuminate potenze occidentali nel centro dell'Africa.
IO Tali interventi sono stati motivati anche da simili aspettative nell’opinione pubblica occidentale, ne sia convinta. Io conto pur infinitesimamente qualcosa come singolo , nelle sue attese Il mantra del petrolio non spiega il 100% dell’essere umano. E’ l’abc di chi resta alla superficie ei fatti. Comunque le sue obiezioni sono politicamente irricevibili. E come se da parte dello Stato si accettassero le tasse, gli insegnanti in classe, i medici in ospedale solo se chi versa i tributi , chi educa, chi cura, lo fa per il bene degli altri….Un conto è la politica, un conto è il regno dei cieli, che richiede per entrarvi l’azione di grazia del bene gratuito( Simone Weil) o l’azione disinteressata al frutto ( Baghavadgita). E chi non è credente sia coerentemente tale e distrugga veramente ogni idolo, secondo il nichilismo di Nietzsche. Buon natale e felice Anno Nuovo
Post Scriptum, quanto all'Africa centrale e al genocidio di 800.000 tutsi ed hutu moderati perpetrato nel 1994, secondo quanto traggo da Wikipedia alla voce genocidio del Ruanda " La storia del genocidio ruandese è anche la storia dell'indifferenza dell'Occidente di fronte ad eventi percepiti come distanti dai propri interessi. Emblematico fu l'atteggiamento dell'ONU che si disinteressò del tutto delle tempestive richieste di intervento inviategli dal maggiore generale canadese Roméo Dallaire,[senza fonte] comandante delle forze armate (2.500 uomini, ridotti a 500 un mese dopo l'inizio del genocidio) dell'ONU. Un passo tratto dal fax inviato all'ONU da Dallaire denuncia il rischio dell'imminente genocidio: Dal momento dell'arrivo della MINUAR, (l'informatore) ha ricevuto l'ordine di compilare l'elenco di tutti i tutsi di Kigali. Egli sospetta che si sia in vista della loro eliminazione. Dice che, per fare un esempio, le sue truppe in venti minuti potrebbero ammazzare fino a mille tutsi. (...) l'informatore è disposto a fornire l'indicazione di un grande deposito che ospita almeno centotrentacinque armi... Era pronto a condurci sul posto questa notte - se gli avessimo dato le seguenti garanzie: chiede che lui e la sua famiglia siano posti sotto la nostra protezione. Il Dipartimento per le Missioni di Pace con sede a New York non inviò la richiesta d'intervento alla Segreteria Generale né al Consiglio di Sicurezza""
Fabio Mazali La stessa cosa è avvenuta in Bosnia-Erzegovina ecc ... Che si sia arrivati in ritardo è legato in parte al fatto che là non ci sono fonti energetiche, ma anche al fatto che gli USA avevano tutto da perderci, infatti cercarono la collaborazione internazionale, che non c'era (in Italia men che meno, per le continue spinte antimilitari e ideologicamente anti-interventiste ... in parte anche io ero contro l'uso della forza, ma una volta che vedi cosa accade, che ascolti gente di quei posti - avevo amici serbi e croati allora, al Politecnico di MI ... ascoltare i loro racconti è stato illuminante - scopri che la mancanza di intervento diventa una compartecipazione al genocidio). Solo dopo che anche la UE decise di prendersi la sua responsabilità, come paesi interessati in quell'area, si decise din intervenire seriamente da parte degli USA. Come ho scritto, in quel mentre la gente moriva nelle fosse comuni ... nazismo del giorno d'oggi. Ritardare, spesso significa lasciare che gente innocente muoia.
S Veramente io, sin dal mio primo commento, ho contestato quel che ha scritto lei, signor Bergamaschi, e cioè che i militari vadano in guerra per ragioni umanitarie. La guerra è un affare politico ed economico - siamo noi che per pulirci la coscienza la rivestiamo di alti ideali. Quindi, se si vuole giustificare l'intrevento dell'Italia in Afghanistan, ad esempio, si fa senza a dire che i "militari in realtà intendono adempiere ad una missione umanitaria" - basta ammettere senza ipocrisie che l'Italia ha interesse (politico, non umanitario) a partecipare a un'azione militare appoggiata dalla NATO.
Io Senta, cara Sofia, personalmente sono animalista, cerco di mangiare meno carne che posso, sono per la non violenza anche nei confronti del mondo vegetale, resto molto più prossimo in questo all’induismo e al jainismo che non al cristianesimo divulgato, per il quale non vale minimamente per l’oggi che nella Genesi 1, 29, Dio all’uomo e agli altri animali affidi come cibo solo “ ogni verdura d’erba” , figuriamoci se mi aggrada la violenza dell’uomo sull’uomo, solo che né io né Fabio Mazali o D’Alema,- - gran bravo ministro degli esteri, a suo tempo, -, possiamo farci niente se la realtà storica è un mattatoio di cui non si vede un termine, se non intervenire rende complici della violenza più disumana, di genocidi di cui le si è risparmiato da parte mia ogni referto, - né io né altri possiamo farci niente se le stesse organizzazioni umanitarie e le popolazioni civili richiedono di essere protette, al pari di missionari ed archeologi, dobbiamo pur dare la parola al silenzio degli innocenti, che resterebbero vittime inermi e indifese dei genocidi più cruenti se fosse per l’antimilitarismo, che ha un senso solo se è testimonianza assolutamente impolitica e apolitica di non resistenza, come insegna il buddismo allo stesso cristianesimo militante, mentre tradisce la sua vocazione e sortisce gli effetti più complici e nefasti se si fa movimento politico,
Quanto alla missione in Afghanistan, occorre concorrere alla strategia d’uscita degli Usa, e con tutto l’orrore nel cuore per i bambini e le donne e i civili che sono morti vittime innocenti dei droni di guerra, di tutti i bombardamenti che hanno ucciso per sbaglio chi sparava in aria nel corso di festeggiamenti afgani di nozze, le dico a chiare lettere che sono senza se e senza ma perché vi si resti in missione, finchè l’area non sia stata messa in sicurezza rispetto al rischio reale che è costituito innanzitutto dal suo uso come retroterra terroristico da parte del Pakistan, che dispone di arsenali atomici che possono cadere nelle mani di pericolosissime forze filoterroriste, le quali potrebbero impiegare l’atomica e il terrorismo afgano- e kashmiro- contro l’India e scatenarne la reazione tremenda, mettendo a rischio la sopravvivenza della vita non solo in quell’area…- essendo l’India a sua volta immensa potenza nucleare, superdemocrazia ma anche stato di polizia micidiale.
Se vuole saperne di più, su quest’ultimo punto, si può leggere gli scritti della narratrice e attivista indiana Arundhati Roy.
E finisco con il rammentarle che in questi giorni in Siria è accaduto che i militari regolari dell'esercito dittatoriale hanno massacrato altri militari che hanno disertato o si sono uniti ai rivoltosi rifiutandosi di sparare contro il proprio popolo. Lo stesso è avvenuto orrendamente in Libia. E adesso le porgo l’altra guancia e le lascio tutte le ragioni di questo mondo se le vuole avere a tutti i costi, e a disprezzo di chi, a differenza di lei e di me, tra l’altro ha spalato “ immondizia” nei territori alluvionati, come si è permessa di scrivere, con ben scarso riguardo nei confronti della stessa popolazione disastrata, e in questi giorni ha sacrificato la sua vita per il bene degli altri.
Buon Natale e felice Anno Nuovo
Ne richiede in eccesso la nostra dieta carnea o quella basata sul riso, non che l’irrigazione delle monoculture tessili del cotone,mentre la sua mancanza impedisce di costruire case o di pervenire ad ottenere i magri proventi del proprio raccolto, dove altrove nel mondo si dipende maggiormente dai cicli naturali, in forma di pioggia stagionale sovrabbondante è ovunque catastrofica, devasta le stesse case di cui è stato l’impasto e le stesse messi di cui ha alimentato il rigoglio, e quando è inquinata è il principale agente malefico per i bambini, a iniziare dal latte in polvere… E’ "umile et utile et pretiosa et casta" purchè sia tutelata rispettando l’ambiente.Occorre la condivisione più diffusa di tale viva consapevolezza universale, perché l’acqua sia preservata come un bene comune dai poteri civici e politici.
Solo in tale orizzonte, certe questioni diventano sentite e vive perché si avverte l’interdipendenza di tutto. Non credo certo che bastino per valorizzare l'acqua la sensibilizzazione o le cognizioni della geo-politica, tanto meno normative, o istruzioni per l uso o corsi di addestramento, avvisi ai naviganti o a chi si è appena messo in circolazione….
Ad ogni modo nell' atmosfera culturale virtuosa che si prefigura, tra politica e tecnica deve sussistere un’osmosi. Seguito ad essere dell’opinione filosofico -“religiosa”, che politica e tecnica vadano distinte ma che al tempo stesso siano inseparabili ed irrisolvibili l‘ una nell’altra, che non si possa ridurre un discorso politico ad un discorso meramente tecnico- il tecnicismo- o il discorso tecnico a un discorso meramente politico- il politicismo.-, “ le scelte sono comunque ineludibili”-In tal senso non intendo sostituire una narrazione generale od un mito rigeneratore alle competenze specifiche che servono . Perché mai, in tale contesto, la politica, o l’amministrazione civica, non dovrbbero avvalersi delle competenze tecnico scientifiche formatesi nell’ambito privato? Seguito comunque a restare dell’idea che l’acqua, a differenza dell’industria agroalimentare, o dell’energia (?), sia una risorsa la cui gestione è incompatibile con il profitto privato- per i costi ed il controllo dei territori di scorrimento che sono richiesti da un suo uso finalizzato al bene comune. Non parlo per preclusioni ideologiche, suppongo. Ed il semplice tecnico, che non sia animato da determinati valori e da consapevolezza e sensibilità critica, che oltre che dalle norme non sia disciplinato da rigore e da scrupoli intellettuali e morali, purtroppo può essere asservito a ogni logica politica di partito o privata d’impresa. La riproposizione del cosiddetto “tecnico puro”, -come la “ politica volta disinteressatamente o super partes al bene comune”-, mi sembra solo lo spaccio aggiornato di un antico mito per opportunisti od ingenui, inavveduto o subdolo a seconda del verso.
la civiltà economica italiana è indubbio che sia fondamentalmente artigianale, (come nell'arte letteraria siamo stati maestri nelle piccole forme),( ricordiamoci pur sempre delle nostre eccellenze nella progettazione architettonica e urbanistica, ad esempio Renzo Piano), ma nella globalizzazione contemporanea la sublimazione industriale di ciò in cui siamo artigiani inimitabili qualitativamente , può essere già di per sé straordinario, se ci apriamo ai grandi mercati delle nuove superpotenze. Quanto non facciamo più, ossia “ chimica ad un certo livello, farmaceutica, elettronica”, forse non potremo più recuperarlo, o lo reintegreremo solo aprendoci al capitale straniero e ai suoi investimenti in Italia, rendendoci più " attrattivi" e occidentalizzando gli investitori orientali di Cina ed India, anzichè essere noi a cinesizzarci, come sta accadendo se nella grande industria non abbiamo altro dio all’ infuori di Marchionne.
Dobbiamo aprirci ed aprire in tal senso, dentro una politica industriale che va tuttavia concepita in forme sistemiche sopranazionali, nella con crescita dei futuri Stati Uniti d’Europa e delle sfide competitive della globalizzazione planetaria,- la crisi angosciante che stiamo vivendo potrà essere così il parto dolorosissimo del nostro accesso ai nuovi stili di vita e alle nuove forme d’uso delle risorse energetiche e ambientali che sono indotti dalle tecnologie della terza Rivoluzione industriale, senza le quali è impensabile universalizzare ancor più i diritti umani, che possano essere assicurati agli uni senza essere negati agli altri.
Quanto più in Occidente e in Oriente si permane negli stili di vita e nelle forme di consumo della seconda rivoluzione industriale, i diritti si faranno sempre più esclusivi ed è inevitabile che si acuiscano i conflitti duali che stiamo vivendo tra le generazioni e i loro cicli di vita, tra disoccupati, precari, garantiti, pensionati….
(Senza dimenticare, con rabbia indignata e sconvolta, che il debito.- come ha rilevato suo malgrado con onestà intellettuale lo stesso Oscar Giannino il 14 settembre scorso - è salito soprattutto durante i governi di centro Destra della nostra seconda Repubblica, e in ferrea concomitanza con una redistribuzione delle risorse e del reddito a tutto discapito di lavoratori e pensionati "di bronzo", di precari e marginali e senza lavoro,di scuola e ricerca e servizi assistenziali…
Più che l’esorcizzazione del razzismo come un tabù, il vero modo di prendere da esso le distanze e di neutralizzarlo– come sosteneva Tullia Zevi, già Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiana- è il riconoscerne che nessuno ne... è immune, avvertirne ogni insorgenza in noi, a dispetto di ogni nostra presunzione, e impedirle così di radicarsi nel nostro modo di pensare e di fare. Adontarsi per l’accusa o per il sospetto di razzismo è il meccanismo consueto di rimozione mentale della sua permanenza in noi, sotto nuove mentite spoglie- “ Non per essere razzisti, ma… “Non vorrai mica dire che sono o che adesso siamo tutti razzisti.. " che litania desolante...
Contro l'antimilitarismo politico
L'antimilitarismo dei giovani che amano credere che l'esercito sia costituito solo da mercenari criminali, mi induce a ricordare loro che le ragioni per le quali i militari prendono parte alle missioni militari e per le quali decine di loro vi hanno perso la vita sono soprattutto motivazioni umanitarie e non belligeranti, non difformi da quelle di molti volontari delle ong. Debbo inoltre rammentare loro che nell’esercito italiano i soldati sono tuttora prevalentemente meridionali perché da ancor prima che avessi i loro anni nel Sud è più facile trovare lavoro nelle forze armate che nell’industria, che i soldati dell’esercito americano sono soprattutto poveri e di colore, abitanti dei ghetti e delle periferie.., che la vocazione al sangue e alle armi e il mercenariato c’entrano solo in parte o relativamente poco nel reclutamento… che le paghe sono infime per i soldati non graduati
“sono ragazzi che pur rischiando la vita ogni giorno non hanno la sicurezza di avere un posto di lavoro perchè i primi 8 anni sono sempre dei precari con 1000 euro al mese!e i tanto acclamati soldi della missione vanno via in tasse e in attrezzatura che loro stessi devono comprare di propria tasca se non vogliono vivere come dei disperati…” scrive la moglie di un militare in Afghanistan nel blog
del religioso Alex Zanotelli.
L'esercito italiano non adempie solo a compiti militari. Svolge in Italia e all'estero , bene o male, anche compiti di Protezione civile. Non c'ero io a spalare il fango nelle zone alluvionate di Toscana, Piemonte e Liguria. Dimenticarlo dall'antimiliarismo sortisce un effetto boomerang assicurato.
Preferisco pensare che tra i militari ci possano essere i macellai e gli eroi, i burocrati esecutivi e le acute mente strategiche e sensibili, persone particolarmente intelligenti e preparate od ordinarie o mediocri o vilmente opportuniste. Non posso dimenticarmi di Calipari e di Salvo d’Acquisto.
Devo rendere onore al merito, soprattutto se sono naturalmente pavido.
Ai miei tempi- il sessantotto e gli anni di piombo- era inimmaginabile che un magistrato potesse essere altrimenti che un servo togato dei padroni, espressione dell’ ingiustizia borghese.
Che un magistrato potesse essere una vittima della criminalità mafiosa, come Falcone e Borsellino, era inconcepibile.
A onore del vero ne sono state vittime anche preti e banchieri, come don Puglisi e Ambrosoli.
Così come ci sono capitalisti bestiali e capitalisti che nel Triveneto si sono suicidati perché hanno lasciato senza lavori i propri sfruttati.
Spero che le messe in scena operaiste e populiste della Lega servano a rendere più consapevoli che chi è di sinistra o progressista non deve diventare, al calduccio, tale caricatura benestante ed egoista della propria ispirazione ideale e dei propri orientamenti di vita.
Mi spiace, ma comunque volga le cose, resto allergico all’antimilitarismo dell’”Anima bella” che comunque è complice del disordine del mondo, l’antimilitarisamo di chi sta comunque godendo, come tutti quanti noi tutti, i comodi e gli agi relativi - anche missionari e predicatori- dell’ordine conseguito e raggiunto con i massacri e le guerre più sporche ed atroci di quel’interminabile macello- e ciclo di errori e disastri- che è la storia umana. Senza chiedersi che ne sarebbe delle genti di Bengasi o di Sarajevo, se con l’azione militare non fosse stato interrotto il fuoco nemico a cui erano esposte nella Libia di Geeddafi o nell’Ex-Jugoslavia( ricordo che in questi decenni la forza parlamentare più coerentemente antiinterventista è stata per crasso egoismo "padano" la lega Nord)
Tali interventi, oltre che da interessi economici e di geopolitica delle potenze intervenute a soccorso, sono stati motivati anche dalle aspettative umanitarie dell’opinione pubblica occidentale e araba. Il mantra del petrolio non spiega il 100% dell’essere umano. E’ l’abc di chi resta alla superficie dei fatti. Comunque le obiezioni che va rifiutato l'intervento militare umanitario si è agito a difesa di quelle popolazioni per neocolonialismo, sono politicamente irricevibili. E' come se da parte dello Stato si accettassero le tasse, gli insegnanti in classe, i medici in ospedale solo se chi versa i tributi , chi educa, chi cura, lo fa per il bene degli altri….Un conto è la politica, un conto è il regno dei cieli, che richiede per entrarvi l’azione di grazia del bene gratuito( Simon Weil) o l’azione disinteressata al frutto ( Baghavadgita). E chi non è credente sia coerentemente tale e distrugga veramente ogni idolo, secondo il nichilismo di Nietzsche.
Personalmente sono animalista, cerco di mangiare meno carne che posso, sono per la non violenza anche nei confronti del mondo vegetale, resto molto più prossimo in questo all’induismo e al jainismo che al cristianesimo divulgato, per il quale non vale minimamente per l’oggi che nella Genesi 1, 29, Dio all’uomo e agli altri animali affidi come cibo solo “ ogni verdura d’erba” , figuriamoci se mi aggrada la violenza dell’uomo sull’uomo, solo che la realtà storica è un mattatoio di cui non si vede un termine, non intervenire rende complici della violenza più disumana, le stesse organizzazioni umanitarie e le popolazioni civili richiedono di essere protette, al pari di missionari ed archeologi, e dobbiamo pur far fronte al silenzio degli innocenti, che resterebbero vittime inermi e indifese dei genocidi più cruenti se fosse per l’antimilitarismo, che ha un senso solo se è testimonianza assolutamente impolitica e apolitica di non resistenza, come insegna il buddhismo allo stesso cristianesimo militante, mentre tradisce la sua vocazione e sortisce gli effetti più complici e nefasti se si fa movimento politico.
Quanto alla missione in Afghanistan, occorre concorrere alla strategia d’uscita degli Usa, e con tutto l’orrore nel cuore per i bambini e le donne e i civili che sono morti vittime innocenti dei droni di guerra, di tutti i bombardamenti che hanno ucciso per sbaglio chi sparava in aria nel corso di festeggiamenti afgani di nozze, dico a chiare lettere che sono senza se e senza ma perché vi si resti in missione, finchè l’area non sia stata messa in sicurezza rispetto al rischio reale che è costituito innanzitutto dal suo uso come retroterra terroristico da parte del Pakistan, che dispone di arsenali atomici che possono cadere nelle mani di pericolosissime forze filoterroriste, le quali potrebbero impiegare l’atomica e il terrorismo afgano- e kashmiro- contro l’India e scatenarne la reazione tremenda, mettendo a rischio la sopravvivenza della vita non solo in quell’area… essendo l’India a sua volta immensa potenza nucleare, superdemocrazia ma anche stato di polizia micidiale.
Se si vuole saperne di più, su quest’ultimo punto, si possono leggere gli scritti della narratrice e attivista indiana Arundhati Roy.
E finisco con il rammentare che in questi giorni in Siria è accaduto che i militari dell'esercito dittatoriale hanno massacrato altri militari che hanno disertato o chesi sono uniti ai rivoltosi rifiutandosi di sparare contro il proprio popolo. Lo stesso è avvenuto orrendamente in Libia. E adesso porgo l’altra guancia e lascio tutte le ragioni di questo mondo all'antimilitarismo, se le vuole avere a tutti i costi.
Versione " drammatica
Io Era preferibile che il religioso Zanotelli si limitasse a chiedere una riduzione delle spese militari, sull'esempio della Germania. La radicalizzazione del suo discorso riduce l'ambito del consenso. non rende a Cesare quel che è di Cesare, purtroppo, ed è ingenerosa nei confronti di quei militari che in realtà intendono adempiere ad una missione umanitaria e vi adempiono con il sacrificio della loro vita. Trovo molto toccante tra le lettere quella di una moglie di un militare in Afghanistan.
S. "Missione umanitaria"?? Mi son persa qualcosa?...
Io Si, parecchio. Si legga meglio quello che ho scritto. Non ho espresso un giudizio sulla guerra in Afghanistan, ma ho chiesto rispetto per le ragioni per le quali certi giovani vi prendono parte e vi hanno perso la vita. Sono ragioni umanitarie e non belligeranti, non difformi da quelle di molti volontari delle ong, come documenta la lettera di quella giovane sposa di un militare cui mi riferivo. L'esercito italiano non adempie solo a compiti militari. Svolge in Italia e all'estero , bene o male, anche compiti di Protezione civile. Non c'ero io a spalare il fango nelle zone alluvionate di Toscana, Piemonte e Liguria. Dimenticarlo dall'antimiliarismo sortisce un effetto boomerang assicurato."
S "Suvvia... i soldati sono mercenari - chi va in Afghanistan, in Iraq, etc, lo fa perchè guadagna di più che a lavorare in fabbrica. E la funzione primaria di un esercito è quella di sparare. Se poi noi usiamo i soldati anche per raccogliere l'immondizia beh..."
Io "Ricordo alla gentile S. che nell’esercito italiano i soldati sono prevalentemente meridionali perché da ancor prima che avessi i suoi anni nel Sud è più facile trovare lavoro nelle forze armate che nell’industria, che i soldati dell’esercito americano sono soprattutto poveri e di colore, abitanti dei ghetti e delle periferie.., che la vocazione al sangue e alle armi e il mercenariato c’entrano solo in parte o relativamente poco nel reclutamento… che le paghe sono infime per i soldati non graduati
“sono ragazzi che pur rischiando la vita ogni giorno non hanno la sicurezza di avere un posto di lavoro perchè i primi 8 anni sono sempre dei precari con 1000 euro al mese!e i tanto acclamati soldi della missione vanno via in tasse e in attrezzatura che loro stessi devono comprare di propria tasca se non vogliono vivere come dei disperati…” scrive la moglie di un militare in Afghanistan nel blog
del religioso Alex Zanotelli."
Fabio Mazali Bravo Odorico ... io le stellette le ho portate (visto che dovevo farlo il militare, e che studiavo, ho deciso di fare l'ufficiale, almeno per portare a casa quattrio soldi ed eventualmente avere un'altra porta aperta sul mio futuro!) e non me ne vergogno ... anche se è stato per me un periodo difficile: allora si andava in Bosnia ... qualcuno ricorda cosa sia stata quella guerra? Ricordo molto bene quanto i croati ed altri desideravano che l'Europa e l'ONU arrivassero là (si dovette aspettare 4-5 anni, dal 92 al 97, per vedere intervenire la comunità internazionale), mentre Milosevic era a Daiton a contrattare (e prendere in giro il mondo intero) e contemporaneamente in serbia venivano ammazzate migliaia di persone (uomini, anziani, bambini, donne ... molte di queste stuprate ... cose inenarrabili) dall'esercito di Mladic ... lo sappiamo tutti che la guerra è la cosa più schifosa che esista, ma guardare le cose da dentro, a volte, è meglio. Se poi mi si dice che le spese militari devono scendere, sono d'accordo, che i velivoli prenotati devono essere in parte tagliati sono d'accordo ... ma non si deve fare mai di tutta un'erba un fascio ... perchè se arrivasse il giorno in cui qualcuno ti entra in casa ... cosa facciamo? Qualcuno sa cosa significhi vivere dopo tragedie di questo tipo? Poi, se uno mi dice che l'EU e l'ONU devono essere qualcosa di diverso, che sappia essere forte nei confronti di queste situazioni, allora dobbiamo impegnarci seriamente in politica estera ed avere governi nazionali affidabili ed autorevoli che possano andare nelle sedi internazionali a discutere di assetti geopolitici ben diversi. Non è cosetta facile, nè da poco."
A."io vedo solo una inutile spesa di soldi nella nostra partecipazione in Afghanistan, dal momento che in Italia non ci sono soldi mi sembra lecito smettere le nostre partecipazioni all'estero che tanto a noi non portano niente... paesi più fiorenti dei nostri se ne guardano bene dal mandare i loro militari in quelle terre..."
S D'accordo, ma non facciamo dei soldati degli eroi o degli agnelli - non sono nè l'uno nè l'altro. Fare il soldato è un lavoro - se si muore dalla voglia di fare del bene allora ci si può iscrivere a un'associazione di volontariato!
C.*esatto...la vita è fatta di scelte
Fabio Mazali Indiscutibile ... le scelte, però, non sempre sono così semplici da compiere ... ed essere soldato non significa necessariamente essere eroe o agnello, si sa benissimo a cosa si va incontro ... ma si sa anche che molto di quello che abbiamo in termini di sicurezza (non sempre ... il ruolo politico di indirizzo dei corpi armati e delle forze armate è fondamentale ... cosa, sulla quale, ad esempio, Maroni ha qualche colpa, visto quanto accaduto a Firenze e a certi movimenti che stanno tornando) è frutto della presenza di queste persone ... attenzione: anche la Costituzione (OK, tutto è rivedibile ... ) parla dell'importanza dei vari corpi armati e forze armate, come delle associazioni non profit, ONG ecc (in maniera non diretta).
IOIn realtà da parte di Sofia si esclude che chi è un militare possa compiere del bene, o alcunchè di utile. Io preferisco pensare che i militari possano essere macellai o eroi, oltre che persone ordinarie o mediocri o vilmente opportuniste. Non possono dimenticarmi di Calipari e di Salvo d’Acquisto.
Devo rendere onore al merito, soprattutto se sono naturalmente pavido.
Ai miei tempi-. Il sessantotto e gli anni di piombo- era ugualmente inimmaginabile che un magistrato potesse essere altrimenti che un servo togato dei padroni, espressione dell’ ingiustizia borghese.
Che un magistrato per il suo operato potesse diventare una vittima della criminalità mafiosa, come Falcone e Borsellino, era inconcepibile.
A onore del vero ne sono state vittime anche preti e banchieri, come don Puglisi e Ambrosoli.
Analogamente ci sono capitalisti bestiali e capitalisti che nel Triveneto si sono suicidati perché hanno lasciato senza lavori i propri sfruttati.
Spero che le messe in scena operaiste e populiste della Lega servano a rendere più consapevoli che chi è di sinistra o differentemente porogressista e democratico non deve avere niente in comune, al al proprio calduccio, con tale caricatura benestante della propria ispirazione ideale e dei propri orientamenti di vita.
S I militari sono utili.... per sparare.
IO Mi spiace, ma comunque volga le cose, in politica resto allergico all’antimilitarismo dell’”Anima bella” che comunque è complice del disordine del mondo, l’antimilitarisamo di chi sta comunque godendo, come tutti quanti noi tutti, i comodi e gli agi relativi - anche missionari e predicatori- dell’ordine conseguito e raggiunto con i massacri e le guerre più sporche ed atroci di quell’interminabile macello- e ciclo di errori e disastri- che è la storia umana. Senza chiedersi che ne sarebbe delle genti di Bengasi o di Sarajevo, se con l’azione militare non fosse stato interrotto il fuoco nemico a cui erano esposte nella Libia di Geeddafi o nell’Ex-Jugoslavia.( Concludo definitivamente ricordando che in questi decenni la forza parlamentare più coerentemente antiinterventista è stata per crasso egoismo "padano" la lega Nord)
S. Non mi dica che crede davvero che gli interventi militari NATO a Sarajevo e Bengasi siano stati motivati da nobili ideali di amore e fratellanza!!... Hahahaha... aspetto allora fiduciosa e col cuore pieno di speranza l'intervento militare delle grandi, illuminate potenze occidentali nel centro dell'Africa.
IO Tali interventi sono stati motivati anche da simili aspettative nell’opinione pubblica occidentale, ne sia convinta. Io conto pur infinitesimamente qualcosa come singolo , nelle sue attese Il mantra del petrolio non spiega il 100% dell’essere umano. E’ l’abc di chi resta alla superficie ei fatti. Comunque le sue obiezioni sono politicamente irricevibili. E come se da parte dello Stato si accettassero le tasse, gli insegnanti in classe, i medici in ospedale solo se chi versa i tributi , chi educa, chi cura, lo fa per il bene degli altri….Un conto è la politica, un conto è il regno dei cieli, che richiede per entrarvi l’azione di grazia del bene gratuito( Simone Weil) o l’azione disinteressata al frutto ( Baghavadgita). E chi non è credente sia coerentemente tale e distrugga veramente ogni idolo, secondo il nichilismo di Nietzsche. Buon natale e felice Anno Nuovo
Post Scriptum, quanto all'Africa centrale e al genocidio di 800.000 tutsi ed hutu moderati perpetrato nel 1994, secondo quanto traggo da Wikipedia alla voce genocidio del Ruanda " La storia del genocidio ruandese è anche la storia dell'indifferenza dell'Occidente di fronte ad eventi percepiti come distanti dai propri interessi. Emblematico fu l'atteggiamento dell'ONU che si disinteressò del tutto delle tempestive richieste di intervento inviategli dal maggiore generale canadese Roméo Dallaire,[senza fonte] comandante delle forze armate (2.500 uomini, ridotti a 500 un mese dopo l'inizio del genocidio) dell'ONU. Un passo tratto dal fax inviato all'ONU da Dallaire denuncia il rischio dell'imminente genocidio: Dal momento dell'arrivo della MINUAR, (l'informatore) ha ricevuto l'ordine di compilare l'elenco di tutti i tutsi di Kigali. Egli sospetta che si sia in vista della loro eliminazione. Dice che, per fare un esempio, le sue truppe in venti minuti potrebbero ammazzare fino a mille tutsi. (...) l'informatore è disposto a fornire l'indicazione di un grande deposito che ospita almeno centotrentacinque armi... Era pronto a condurci sul posto questa notte - se gli avessimo dato le seguenti garanzie: chiede che lui e la sua famiglia siano posti sotto la nostra protezione. Il Dipartimento per le Missioni di Pace con sede a New York non inviò la richiesta d'intervento alla Segreteria Generale né al Consiglio di Sicurezza""
Fabio Mazali La stessa cosa è avvenuta in Bosnia-Erzegovina ecc ... Che si sia arrivati in ritardo è legato in parte al fatto che là non ci sono fonti energetiche, ma anche al fatto che gli USA avevano tutto da perderci, infatti cercarono la collaborazione internazionale, che non c'era (in Italia men che meno, per le continue spinte antimilitari e ideologicamente anti-interventiste ... in parte anche io ero contro l'uso della forza, ma una volta che vedi cosa accade, che ascolti gente di quei posti - avevo amici serbi e croati allora, al Politecnico di MI ... ascoltare i loro racconti è stato illuminante - scopri che la mancanza di intervento diventa una compartecipazione al genocidio). Solo dopo che anche la UE decise di prendersi la sua responsabilità, come paesi interessati in quell'area, si decise din intervenire seriamente da parte degli USA. Come ho scritto, in quel mentre la gente moriva nelle fosse comuni ... nazismo del giorno d'oggi. Ritardare, spesso significa lasciare che gente innocente muoia.
S Veramente io, sin dal mio primo commento, ho contestato quel che ha scritto lei, signor Bergamaschi, e cioè che i militari vadano in guerra per ragioni umanitarie. La guerra è un affare politico ed economico - siamo noi che per pulirci la coscienza la rivestiamo di alti ideali. Quindi, se si vuole giustificare l'intrevento dell'Italia in Afghanistan, ad esempio, si fa senza a dire che i "militari in realtà intendono adempiere ad una missione umanitaria" - basta ammettere senza ipocrisie che l'Italia ha interesse (politico, non umanitario) a partecipare a un'azione militare appoggiata dalla NATO.
Io Senta, cara Sofia, personalmente sono animalista, cerco di mangiare meno carne che posso, sono per la non violenza anche nei confronti del mondo vegetale, resto molto più prossimo in questo all’induismo e al jainismo che non al cristianesimo divulgato, per il quale non vale minimamente per l’oggi che nella Genesi 1, 29, Dio all’uomo e agli altri animali affidi come cibo solo “ ogni verdura d’erba” , figuriamoci se mi aggrada la violenza dell’uomo sull’uomo, solo che né io né Fabio Mazali o D’Alema,- - gran bravo ministro degli esteri, a suo tempo, -, possiamo farci niente se la realtà storica è un mattatoio di cui non si vede un termine, se non intervenire rende complici della violenza più disumana, di genocidi di cui le si è risparmiato da parte mia ogni referto, - né io né altri possiamo farci niente se le stesse organizzazioni umanitarie e le popolazioni civili richiedono di essere protette, al pari di missionari ed archeologi, dobbiamo pur dare la parola al silenzio degli innocenti, che resterebbero vittime inermi e indifese dei genocidi più cruenti se fosse per l’antimilitarismo, che ha un senso solo se è testimonianza assolutamente impolitica e apolitica di non resistenza, come insegna il buddismo allo stesso cristianesimo militante, mentre tradisce la sua vocazione e sortisce gli effetti più complici e nefasti se si fa movimento politico,
Quanto alla missione in Afghanistan, occorre concorrere alla strategia d’uscita degli Usa, e con tutto l’orrore nel cuore per i bambini e le donne e i civili che sono morti vittime innocenti dei droni di guerra, di tutti i bombardamenti che hanno ucciso per sbaglio chi sparava in aria nel corso di festeggiamenti afgani di nozze, le dico a chiare lettere che sono senza se e senza ma perché vi si resti in missione, finchè l’area non sia stata messa in sicurezza rispetto al rischio reale che è costituito innanzitutto dal suo uso come retroterra terroristico da parte del Pakistan, che dispone di arsenali atomici che possono cadere nelle mani di pericolosissime forze filoterroriste, le quali potrebbero impiegare l’atomica e il terrorismo afgano- e kashmiro- contro l’India e scatenarne la reazione tremenda, mettendo a rischio la sopravvivenza della vita non solo in quell’area…- essendo l’India a sua volta immensa potenza nucleare, superdemocrazia ma anche stato di polizia micidiale.
Se vuole saperne di più, su quest’ultimo punto, si può leggere gli scritti della narratrice e attivista indiana Arundhati Roy.
E finisco con il rammentarle che in questi giorni in Siria è accaduto che i militari regolari dell'esercito dittatoriale hanno massacrato altri militari che hanno disertato o si sono uniti ai rivoltosi rifiutandosi di sparare contro il proprio popolo. Lo stesso è avvenuto orrendamente in Libia. E adesso le porgo l’altra guancia e le lascio tutte le ragioni di questo mondo se le vuole avere a tutti i costi, e a disprezzo di chi, a differenza di lei e di me, tra l’altro ha spalato “ immondizia” nei territori alluvionati, come si è permessa di scrivere, con ben scarso riguardo nei confronti della stessa popolazione disastrata, e in questi giorni ha sacrificato la sua vita per il bene degli altri.
Buon Natale e felice Anno Nuovo
sabato 17 dicembre 2011
Poesie 2007 2011
sabato 5 luglio 2008
ultime poesie ( 2007)
Sii tu, in me
Sii Tu in me,
in così strenua fatica,
del ramo il turgore che germina ancora,
la linfa che ripercorre l' inaridirsi
della fibra stremata,
sii Tu in una voce, che ancora richiama,
fra l'acredine della morsa il soffio d'amore.
Karma
Se allo sguardo temi il volto, larva di luna,
ed al limitare il piede vacilla,
mentre la parola sbianca
svanendo, immancabilmente,
quanto tu fosti
già bestia di fogna,
sterco di lastrico,
in quante altre vite morte tu soffocherai
ove sfiaterà il grido all'apparire del boia,
povero seme, dovunque ricadi,
stritolato tra i sassi dalla ruota che gira.
****
Amicizia
Che ho sofferto?
Se per quante gole di pianto
a te son giunto
Shiva Nataraja
Sii danza, o Dio,
che di bestia in fiore
ci ricongiunga
Kuttanad (1)
Sfoglia, la brezza,
(del bambino)/ del bimbo le pagine
in riva all'acque
****
Anche se fosse,
Anche se fosse
amalo per sempre,
sia la tua vita
***
Pianto d'amore,
Pianto d'amore,
risgorgano parole
a farsi canto
Anitre al largo, di sera
Qui ancora, tu vivi,
gracidano le voci
a cui ritorni
16 ottobre 2007
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giovedì 1 novembre 2007
Ultime foglie,
Ultime foglie,
sugli azzuri abissi
tremuli ori
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Gelido sterpo
Che gelido sterpo
finché ti sogno e nel cavo
stilla la linfa.
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Lettera di Natale revisione del 18 dicembre 2011
Verrà il giorno, mio caro,
che con i tuoi figli e( con) la tua sposa raccolti accanto
parlerai delle mie ceneri sparse,
e sedendo presso il tulsi (2) delle nostre deità
ricorderai l'amico che tornava ogni volta, da cosi lontano,
a sorvolare con te le nevi eterne dell' Himalaya,
od a fronteggiare gli oceani ove finisce l'India,
per condurti, nudo e tremante,
(nel Triveni Sangam) ove ti immergesti nel Sacro Fiume,
e parlerai loro di come, inavvertitamente,
l'amico dello Sposo sia diminuito a poco a poco,
sino a farsi solo una voce così vicina e tanto lontana ,
perché fossi tu, o mio diletto,
a crescere in loro come marito e padre ,
nell'attesa di un tempo, poi,
che fino alla fine dei miei giorni ci ritrovasse uniti,
al calore terminale di uno stesso tetto.
Verrà, quel giorno, ed io vi vedrò seduti senza di me,
voi intorno ai resti del mio ricordo,
io ancora intorno a voi,
in voi sino alla fine del vostro tempo,
(nell'attesa che) fin che anche voi, miei cari,
ad uno ad uno usciate dai vostri giorni,
per ritrovarci insieme, infine da sempre,
nella casa davvero di tutta la vita.
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Ora so,
Ora so, quando
tu mi chiami e io mi volgo
di Chi è che la voce
Note
1) Kuttanad, le backwaters del Kerala
2) tulsi, basilico in hindi. Per le sue valenze religiose, è al centro del cortile di ogni famiglia di fede Hindu
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Poesie in itinere -tra Shimla e Srinagar- estate 2008
In Shimla - al Jakhu Temple di Hanuman
Al tempio del Dio
le bestie che incarna
fameliche intorno,
fumida nebbia
la pioggia che stilla
i declivi divini.
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Notte d’India
nubi di galassie,
ombra io del grembo
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In Manali
Alta sui monti
tra le chiarìe di nubi
traluce la luna,
Tu alito muto
nella schiusa dei monti
muovi ogni moto.
revisione del 18 dicembre 2011
Il gelo rafferma la coltre di neve
Il gelo rafferma la coltre di neve
sul roveto spento del bene adempiuto,
nella fredda miseria le mani d'angeli, congiunte,
nevicano il grigiore della luce dei cieli,
ora che più non incarna, che nel loro irrorarci ,
il sangue d'amore la livida bocca.
Variante
1) Il gelo rafferma la coltre di neve sull’addiaccio che serba il seme nel grembo,
fin che al primo tepore che sciolga i cristalli,
che infervidi in linfa il ristagno d'orrore,
nel volto di gloria del tempo
delle uova di serpente si schiuda la cova
dicembre 2008
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2009
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L'urlo di morte
E l'urlo di morte si sperse nell'acqua tersa,
nella chiarità del cielo, nell'aria aperta,
il volo spiccava ancora alto
una colomba tremula,
al battito del palpitante cuore,
a una (alla) ricusata lacrima,
levandosi dal lastrico
del calpestio ulteriore,
della consunzione che fu splendore.
gennaio 2009
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Morte, mia cara morte,
Morte, mia cara morte,
se chiuderai i miei occhi
prima ch'io i suoi.
venerdì 20 febbraio 2009
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domenica 5 aprile 2009
Om,
oh, andato, andato,
all'altra sponda,
del tutto andato, ( oltrepassato)
e qui rimasto...
om gate, gate, paragate, parasamgate bodhi svaha...
oh, andato, andato,
oltrepassato,
oltrepassato del tutto,
e qui rimasto....
( e qui distrutto...)
( e qui disfatto)
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sutra del loto, IV
Splendida notte
tra placide anitre a riva
(è) la casa in fiamme
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Immoto incanto
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7 aprile 2009
china la luna
sui balenii nei fili
del sordo caos.
poi sul pontile
il treno che s'arresta
in vagoni accesi
revisione del 18 dicembre 2011
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Autunno
Quiete che langue
giorno dopo giorno
in cui sfuma l'estate.
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Tramonto sul lago
In purpuree acque
dell'estremo bagliore
svena la luce
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Lume di pieve,
oltre il tremito d'acque
che scorre a una riva
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E' appena stato
che fossi bambino,
nel fardello già disfatto
di un corpo di vecchio.
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SUMIT SEN
2007-2009
figlio mio
ciao, Sumit, addio mia stella, mio amore infinito.
Addio Sumit,
mio amore, mio tesoro,
infinito mio bene,
che niente e nessuno sveglierà più,
addio, morta mia cenere
già esalata fra i campi
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Che miracolo, nella mia desolazione, potere ancora intendere l'incanto dell'Adagio della Trauersinfonie op. 44 di Haydn, nell esecuzione mirabile del'Orchestra da Camera di Mantova ( Amadeus, numero ultimo del dicembre 09 )
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sabato 5 dicembre 2009
Due Haiku per il mio Sumit
Sumit,
Sumit, bimbo mio
cuore della mia vita
senza più vita
Sumit, mio Sumit!
miei spenti occhi di sole,
mia stessa morte.
2010
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(Variante dicembre 2011 )
Al ritrovarci
Non fu il vostro peccato
che cessò il mio battito
nel cortile dei miei giochi e pianti,
o l'insinuarsi del veleno che mi soffocò il respiro,
fu perchè così, in verità ed amore,
ancora più fulgido si fece il fulgore
del desco in cui vi ritrovaste insieme.
Mi trattennero nell'oscuro passo
quante lacrime del vostro bene,
al punto che fui l'inviato,
a scongiurare lo schianto,
che l’ uno sul ciglio dell'altro vi asciugò il pianto,
bevendo fino in fondo
voi l'amarezza del calice,
il succo del dolore che non passa altrimenti,
l'amore che mi portaste fu talmente tanto.
Ora resterà lieve
l'attesa che rientrino anch'essi
ad uno ad uno,
ora che per giocare
abbiamo tutta l'eternità davanti.
Primi di aprile 2010
Commentario
Dolore
Gesù prega il Padre
di fare passare da lui il calice,
e il Padre esaudisce la preghiera del Figlio.
Il calice di dolore passerà da lui,
ma solo perché
verrà bevuto.
Gesù sa bene questo, mentre per la seconda volta si prostra a terra nel
Getsemani:
il dolore passerà da lui
se lo subirà.
solo assumendolo su di sè
supererà e sconfiggerà il dolore.
La sua croce è il suo superamento
Dietrich Bonhoffer
IL miracolo del messaggio pasquale.
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Un giorno quando avrete finito di percorrere la mulattiera del Calvario e avrete sperimentato come Cristo l'agonia del patibolo, si squarceranno da cima a fondo i veli che avvolgono il tempio della storia e finalmente saprete che la vostra vita non è stata inutile. Che il vostro dolore ha alimentato l'economia sommersa della grazia. Che il vostro martirio non è stato un assurdo, ma ha ingrossato il fiume della redenzione raggiungendo i più remoti angoli della terra.
( don Tonino Bello, Alla finestra la speranza pg.51)
*
Mercoledì 7 aprile 2010
Che gelo astrale (nuova versione)
Che gelo astrale
se ne ascolto la Voce
si fa fuoco d'amore
Bambino mio
Bambino mio,
mi senti in Dio,
o tu non sei più neanche
la tua cenere?
Variante:
Bambino mio,
mi senti in Dio,
o non è più neanche
la sua cenere?
Per Sumit Sen ( 2007-2009), adorata anima mia, a due mesi dall'anniversario di ciò che è successo.
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6-8 febbraio 2011
Due haiku
Sumit, piccolo Iddio,
spenti occhi di sole,
morta mia vita.
( variante di un precedente Haiku)
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Già fui io poeta
quanto morto e sepolto
e ancora in vita.
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Bambino mio, di tutto ciò che sento, penso, e argomento,
Bambino mio, di tutto ciò che sento, penso, e argomento, della realtà e di Dio, infinitamente infiniti, la tua morte permane l'annientamento di qualsiasi senso. Adorata anima mia
28 febbraio 2011
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Sumit,
sei tu, sempre,
il passaggio a vuoto
dei nostri giorni
Marzo aprile 2011
sabato 26 novembre 2011
Per Sumit Sen ( 2007-2009)
“ O figlio mio, per te ho tentato tutto il possibile,
ho convocato ogni combattente, ogni medico e sapiente,
ad ogni dio per te mi sono piegato nel gemito,
ma per te io non ho potuto fare niente.
Non ho potuto riscattarti alla morte.
La tua sorte non sta nelle mie mani.
Il potere supremo è di Colui che è intangibile da ogni ingiuria,
Al cui cospetto è impotente ogni forza del mondo"...
Riscrivendo Attar, Parole di Sufi Massime di Hasan al-Basri
versione antecedente
“ O figlio mio, per te ho tentato tutto il possibile,
ho convocato ogni combattente, ogni supplice e sapiente,
ogni più incantevole giovane ornata di ogni ricchezza,
ad ogni dio per te mi sono piegato nel gemito
ma non ho potuto riscattarti alla morte.
Io non ho potuto fare niente.
La tua sorte non è nelle mie mani.
Il potere supremo è di Colui che è intangibile da ogni ingiuria,
Al cui cospetto è impotente ogni forza del mondo"...
Riscrivendo Attar, Parole di Sufi Massime di Hasan al-Basri
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giovedì 3 novembre 2011
The riverbank field Seamus Heaney
Quale mio omaggio alla grandezza poetica di Seamous Heaney, nostro concittadino onorario, e per il suo tramite a quella eccelsa di Virgilio, offro al pubblico dei lettori di questo giornale le mie traduzioni di tutti i testi poetici di mia conoscenza del poeta irlandese, Premio Nobel 1995, di cui il genio virgiliano è stato ispiratore.
Ogni mio atteggiarmi che appaia di disdegno di recenti dichiarazioni esautoranti l’ uno e l’altro, è puramente e deliberatamente intenzionale.
Da Catena Umana- Humain Chain 2010
The riverbank field
Il campo in riva al fiume
Ask me to translate what Loeb give as
“ In a retired vale … a sequestered grove”
And I’ll confound the Lethe in Moyola
By coming through Back Park down from Grove Hill
Across Long Rigs on the riverbank-
Which way, by happy chance, will take me past
The domos placidas, “those peaceful homes”
Of Upper Broagh. Moths then on evening water
It would have to be, not bees in sunlight,
Midge veils instead of lily beds; but stet
To all the rest: the willow leaves
Elysian-silvered, the grass so fully fledged
And unimprinted it can’t not conjure thoughts
Of passing spirit-troops, animae, quibus altera fato
Corpora debentur, “spirits”, that is,
“ to whom second bodies are owed by fate”.
And now to continue, as enjoined to often,
“ In my own words”
“All these presences
Once they have rolled time’s wheel a thousand years
Are summoned here to drink the river water
So that memories of this underworld are shed
And soul is longing to dwell in flesh and blood
Under the dome of the sky.
after Aeneid VI, 704-15, 748-51
Chiedimi ch’io ti traduca ciò che per Loeb 1
è “ in una solitaria valle…
un appartato bosco”2 e ti
trasfonderò il Lete nel Moyola,
pervenendo attraverso Back Park
giù da Grove Hill, per tutto Long Rigs
sino alla riva del fiume3- un percorso
che per un caso felice, mi porterà oltre
le domos placidas,4 “quelle placide case”
di Upper Broagh. Falene su acque serali
invece che api5 nella luce del sole,
invece che aiuole di gigli6
velami di moscerini; ma “stet”
sorga tutto il resto, come uguale,
le foglie di salice elisio-argentee,
l’erba dei prati così in resta 7,
e incalpestata, che non può
non evocare pensieri di schiere
di spiriti in transito , animae,
quibus altera fato corpora debentur, 8
“di spiriti”, cioè, “cui secondi corpi
siano attribuiti dal fato”.
Ed ora per continuare, come spesso
mi si ingiunse” con le mie parole”
“ Tutte queste presenze
Dopo che hanno fatto orbitare
Per mille anni la ruota del tempo
Sono convocate qui a bere Letee acque
A che vada persa ogni loro memoria
Di questo mondo a voi sotterraneo
E l’anima sia ardente di rientrare
In carne e sangue sotto la volta celeste9”
da Eneide VI, 704-15, 748-51
Commento
Il paesaggio terreno in cui transita il poeta è lo stesso umile paesaggio dell’ Irlanda del Nord dove trascorse la sua infanzia favolosa- da Seamus Heaney rievocato mirabilmente nelle pagine prosaiche di Attenzioni- e dove il fiume Moyola scorre in un parco- ma è tale la virtù della poesia, che al poeta basta che traduca Virgilio, secondo gli spunti che gli offre l’edizione Loeb, senza ancora ricorrere a parole sue, perché tale realtà si traduca a sua volta in quella ultraterrena dei Campi Elisi evocati da Virgilio nel canto VI dell’ Eneide, ed al contempo l’oltremondo si trasfonda nella realtà circostante che se ne fa apparenza, ne diventa la trasposizione e l’ inveramento nella sue più umili ed evanescenti vite animali, falene e moscerini. In virtù della parola poetica tale realtà naturale risulta talmente incontaminata, che i prati intatti ne sono diventati le estensioni elisie in cui possono essere di passaggio solo i puri spiriti, le sole presenze che possono transitarvi lasciandoli così integri. Come le acque del fiume Lete le parole poetiche tramutano a tal punto le cose, che rendono decidue le impronte dolorose di ogni traccia mnestica, e l’anima può smaniare di rifarsi nuovamente carne e sangue, di avere di nuovo, la misera, “lucis …dira cupido” ( Virgilio, Eneide VI, 721), come smaniano di riassumere un corpo le anime elisie dell’oltremondo virgiliano, che dalle acque del Lete siano state rese immemori della propria esistenza terrena antecedente.
Note
1) Seamus Heaney si riferisce all’edizione dell’Eneide edita dalla Loeb Classic Library
2) Eneide VI, 704-705 “Interea videt Aeneas in valle reducta/ Seclusum nemus et virgulta sonantia silvae”
3) “Se il lago Beg segnava un limite del terreno dell’immaginazione, Slieve Gallon ne segnava un altro. Slieve Gallon è una montagnola nella direzione opposta, che porta l’occhio sui pascoli e i terreni arati e i boschi lontani di Moyola Park, lontano verso Grove Hill e Back Park e Castledawson” Attenzioni, Preoccupations. Prose scelte 1968-1978 Editore Fazi, 2004, pg.9
4) Eneide VI, 705 “Lethaeumque ( Videt Aeneas) domos placidas qui praenatat amnem”. Sono le sedi dei beati che lambiscono le acque del Lete.
5) Eneide, VI, 706 -709 “Hunc circum innumerae gentes populique volabant:/Ac velut ij pratis ubi apes aestate serena / floribus insidunt variis et candida circum/ Lilia funduntur, strepit omnis murmure campus”.
6) Vedi nota precedente
7) Letteralmente “ impennata”, l’erba, in steli e spighe e infiorescenze, e dunque rigogliosa e composta come un piumaggio erto e compatto.
8) Virgiliio, VI, 713-715 : “Tum pater Anchises: animae, quibus altera fato/ corpora debentur, Lethaei ad fluminis undam/ Securos latices et longa oblivia potant”
9) Virgilio, Eneide, VI, 748-751 “ Has omnis, ubi mille rotam volvere per annos,/ Lethaeum ad fluvium deus evocat agmine magno, / Scilicet immemores supera ut convexa revisant/ Rursus et incipiant in corpore velle reverti”.
sabato 26 novembre 2011
Per Sumit Sen ( 2007-2009)
Per Sumit Sen ( 2007-2009)
“ O figlio mio, per te ho tentato tutto il possibile,
ho convocato ogni combattente, ogni medico e sapiente,
ad ogni dio per te mi sono piegato nel gemito,
ma per te io non ho potuto fare niente.
Non ho potuto riscattarti alla morte.
La tua sorte non sta nelle mie mani.
Il potere supremo è di Colui che è intangibile da ogni ingiuria,
Al cui cospetto è impotente ogni forza del mondo"...
Riscrivendo Attar, Parole di Sufi Massime di Hasan al-Basri
versione antecedente
“ O figlio mio, per te ho tentato tutto il possibile,
ho convocato ogni combattente, ogni supplice e sapiente,
ogni più incantevole giovane ornata di ogni ricchezza,
ad ogni dio per te mi sono piegato nel gemito
ma non ho potuto riscattarti alla morte.
Io non ho potuto fare niente.
La tua sorte non è nelle mie mani.
Il potere supremo è di Colui che è intangibile da ogni ingiuria,
Al cui cospetto è impotente ogni forza del mondo"...
Riscrivendo Attar, Parole di Sufi Massime di Hasan al-Basri
Virgilio, Seamus Heaney, EGLOGA IX
LYCIDAS: Where are you headed, Moeris? Into town?
MOERIS: The things we have lived to see. . . The last thing
You could've imagined happening has happened.
An outsider lands and says he has the rights
To our bit of ground. "Out, old hands," he says,
"This place is mine." And these kid-goats in the creel –
Bad cess to him—these kids are his. All's changed.
LYCIDAS: The story I heard was about Menalcas,
How your song-man's singing saved the place,
Starting from where the hills go doubling back
And the ridge keeps sloping gently to the water,
Right down to those old scraggy-headed beech trees.
MOERIS: That's what you would have heard. But songs and tunes
Can no more hold out against brute force than doves
When eagles swoop. The truth is, Lycidas,
If I hadn't heard the crow caw on my left
In our hollow oak, I'd have kept on arguing
And that would've been the end of the road, for me
That's talking to you, and for Menalcas even.
LYCIDAS: Shocking times. Our very music, our one consolation,
Confiscated, all but. And Menalcas himself
Nearly one of the missing. Who would there be to sing
Praise songs to the nymphs? Who hymn the earth
To grow wild flowers and grass, and shade the wells
With overhanging green? Who sing the song
I listened to in silence the other day
And learned by heart as you went warbling it,
Off to the Amaryllis we all love?
The one that goes, "O herd my goats for me,
Tityrus, till I come back. I wont be long.
Graze them and then water them, and watch
The boyo with the horns doesn't go for you."
MOERIS: And then there was that one he never finished,
Addressed to Varus, about a choir of swans
Chanting his name to the stars, "should Mantua
Survive, Mantua too close to sad Cremona."
LYCIDAS: If you've any song to sing, then sing it now
So that your bees may swerve off past the yew trees,
Your cows in clover thrive with canted teats
And tightening udders. The Pierian muses
Made me a poet too, I too have songs,
And people in the country call me bard,
But I'm not sure: I have done nothing yet
That Varius or Cinna would take note of.
I'm a squawking goose among sweet-throated swans.
MOERIS: I'm quiet because I'm trying to piece together
As best I can a song I think you'd know:
"Galatea," it goes, "come here to me.
What's in the sea and the waves that keeps you spellbound?
Here earth breaks out in wildflowers, she rills and rolls
The streams in waterweed, here poplars bend
Where the bank is undermined and vines in thickets
Are meshing shade with light. Come here to me,
Let the mad white horses paw and pound the shore."
LYCIDAS: There was something I heard you singing by yourself
One night when the sky was clear. I have the air
So maybe I'll get the words. "Daphnis, Daphnis, why
Do you concentrate your gaze on the old stars?
Look for the star of Caesar, rising now,
Star of corn in the fields and hay in haggards,
Of clustered grapes gone purple in the heat
On hillsides facing south. Daphnis, now is the time
To plant the pear slips for your children's children."
MOERIS: Age robs us of everything, of our very mind.
Many a time I remember as a boy
Serenading the slow sun down to rest,
But nowadays I'm forgetting song after song
And my voice is going: maybe the wolves have blinked it.
But Menalcas will keep singing and keep the songs.
LYCIDAS: Come on, don't make excuses, I want to hear you
And now's your chance, now this hush has fallen
Everywhere—look -- on the plain, and every breeze
Has calmed and quieted. We've come half-way.
Already you can see Bianor's tomb
Just up ahead. Here where they've trimmed and faced
The old green hedge, here's where we're going to sing.
Set that creel and those kid-goats on the ground.
We'll make it into town in all good time,
Or if it looks like rain when it's getting dark,
Singing shortens the road, so we'll walk and sing.
Walk then, Moeris, and sing. I'll take the kids.
MOERIS: That's enough of that, my boy. We've a job to do.
When the real singer comes, we'll sing in earnest.
LICIDA
Dove ti rechi, Meri? In città?
MERI
Vivere quello che abbiamo vissuto
Per vedere …L’ultima cosa
Che avresti immaginato che accadesse
È accaduta. Ti capita un estraneo
Che accampa ogni diritto
Sul tuo pezzo di terra “ Fuori, mal arnese”,
Egli grida, “ E’ mio questo fondo”
E questi capretti nella cesta- Vada alla malora-
Sono suoi anch’essi. E’ cambiato tutto”
LICIDA
Ho sentito una storia del genere
Quanto a Menalca,
Come il tuo cantore abbia con il canto
Salvato il podere
Da dove le colline ne retrocedono
E i dolci declivi giungono all’acqua,
Giù fino a quei vecchi faggi scalvati in cima
MERI
E’ quanto avresti dovuto sentir dire.
Ma melodie e canti
Di più non possono contro la forza bruta
Che le colombe quando piombano le aquile
La verità, Licida, è che se non avessi
Udito a sinistra gracchiare il corvo
Nella nostra quercia cava, non avrei
Smesso di litigare, e questo per me
Che ti parlo, come per lo stesso Menalca,
Sarebbe stata la fine dell’andare.
LICIDA
Tempi sconvolgenti. La nostra vera musica,
Nostro solo conforto, pressoché confiscata
Per poco lo stesso Menalca
Tra i perduti. Chi ora qui canterebbe
Lodi alle ninfe? Chi inni alla terra
Perché germini fiori di campo ed erbe,
E adombri i pozzi con sovrastante verde ?
Cantando il canto che l’altro giorno
Udii in silenzio, tenendolo io a mente ( memorizzandolo)
Così come lo venivi gorgheggiando,
Volto ad Amaryllis, di noi tutti amore (che noi tutti amiamo )?
Quello che fa, “ Oh, radunami le capre,
Tityro, fino a quando io non torni. Non intendo
Stare via a lungo. Abbeverale
E poi pascile, e adocchia
Che il bricco cornuto non t’attacchi”
MERI
E che dire di quell’altro che lasciò incompiuto,
Rivolto a Varo, su di un coro di cigni
Che canta(va) il suo nome fino alle stelle,
“Sia Mantova superstite, Mantova
Troppo vicina all’ infelice Cremona”
LICIDA
Se tu hai un qualsiasi canto da cantare, tu ora cantalo, allora.
Cosicché le tue api eludano i tassi,
Le tue vacche crescano rigogliose nel trifoglio, con penduli capezzoli
E pregne mammelle (astringentisi). Le muse di Pieria
Pure di me fecero un poeta, io pure posso esibire canti
E la gente nel contado mi considera bardo:
Ma io ne dubito: non ho ancora prodotto nulla
Di cui Vario o Cinna terrebbero conto.
Sono un’oca che gracida tra cigni dalla dolce ugola.
MERI
Sono assorto nella ricerca di ricomporre,
Come meglio posso, una canzone che penso tu conosca.
“ Galatea,” fa, “vienimi accanto.
Che c’è tra le onde del mare
Che ti lascia incantata?
Qui la terra si sbreccia in fiori di campo,
Suo è il rollio irriguo di rivoli
Tra l’elodea, qui i pioppi s’inflettono
Dove infranto è l’argine/ dov’è eroso l’argine/ e viti inviluppate
Reticolano ombre e luce. Vienimi accanto.
Lascia che i folli cavalli bianchi
frangano le acque scalpitando.
LICIDA
C’è un assolo ch’io ti udii cantare
Una notte che il cielo era terso. Ho in mente l’aria,
Così troverò forse le parole. “ Dafni, perché, Dafni
Fissi il tuo sguardo sulle antiche stelle?
Cerca la stella di Cesare, che sta sorgendo,
Stella del grano nei campi e delle fienagioni ( sparse),
Degli acini a grappoli che imporporano nel calore
Su crinali volti al sud. Dafni, ora è il tempo
D’ innestare il pero per i figli dei tuoi figli”.
MERI
Gli anni ci privano di tutto, del nostro vero spirito.
Mi ricordo di quante mie serenate da giovinetto
Al lento calare del sole a riposarsi,
Ma ora mi smemoro di una canzone dopo l’altra
E la mia voce se ne sta andando: forse i lupi l’hanno resa fioca.
Ma Menalca continuerà a cantare e a preservare i canti.
LICIDA
Entra in gioco, senza ( niente) scuse, voglio sentirti cantare.
Ed ora è la tua occasione, ora che questo silenzio
E’ calato ovunque- vedi- sulla pianura, e che ogni brezza
E’ quiete e calma. Siamo a metà
Del nostro cammino. Già puoi vedere la tomba di Bianore
Un poco più oltre. Qui dove hanno cimato e raso
La vecchia siepe verde, è dove ci accingeremo al canto.
Posa a terra quella cesta e quei capretti.
Li consegneremo in tempo in città,
O se sembra che piova all’oscurarsi,
Al canto si abbrevierà il percorso, procederemo così cantando.
Allora/Dunque vai, Meris, e canta. Prenderò io i capretti.
MERI
Non insistere, giovane mio. Abbiamo un lavoro da compiere.
Quando il vero cantore sopraggiunga, allora noi canteremo (potremo cantare) per davvero.
Commento
In Electric Light ( 2001) la traduzione della Egloga nona di Virgilio si colloca tra Red, White and Blue, che la preannuncia nell’ultimo verso ( “And we are borne- sweet diction- south and shout”) e la Glanmore Eclogue, che a sua volta è modellata sull’ Egloga Prima delle Bucoliche. In tal senso Seamus Heaney sembra accreditare la tradizione interpretativa, risalente a Probo, che considera l’Egloga Nona antecedente alla Prima, in quanto in essa Virgilio avrebbe dapprima espresso il lamento del danno infertogli con la confisca dei propri terreni a vantaggio dei veterani di guerra, per poi dare voce nell’ Egloga Prima a tutta la propria gratitudine ad Augusto per il beneficio della loro restituzione .La propria esperienza personale che Seamus Heaney ha trasposto in quella rievocata da Virgilio nelle due Egloghe, è il suo trasferimento dall’Irlanda del Nord nella contea di Wicklow, nel cottage di Glanmore presso Dublino. La forza bruta contro cui non possono nulla le melodie e i canti del poeta, sono gli odi civili e l’esposizione al rischio in cui sotto la dominazione anglo-protestante versava la sua esistenza quotidiana nell’Ulster. Contro tale violenza storica, trasponendosi in Menalca ed in Meri, egli lamenta il cedimento remissivo che gli è stato imposto, per garantirsi il salvacondotto che gli ha assicurato la messa in sicurezza personale, accusa la sospensione della propria voce poetica resa fioca dagli “ Shocking times “, in attesa di tempi più propizi per il proprio avvento ulteriore con la propria grande poesia, E’ nella Glanmore Eglogue, piuttosto, che S. Heaney attua “una messa in scena suoi risorgenti sensi di colpa e timori di evasione idillica rispetto a una realtà intrisa di sangue e di scelera”, come sostiene Roberto Nassi a proposito della traduzione stessa dell’ Egloga Nona. Rispetto al testo di Virgilio, come ha rilevato lo stesso Nassi nel suo mirabile commento, ricorrono soltanto alcuni ritocchi, ma assai significativi, in quanto in luogo dell’indignazione virgiliana vi trova espressione la rassegnazione civile di Heaney, entro un arrangiamento complessivo della sua traduzione che ne determina un abbassamento di registro rispetto a quello virgiliano. Gli espedienti salienti ne sono l’ elisione generalizzata dell’amplificatio, “ la soppressione degli epiteti preziosi, eziologici, e dei riferimenti celebrativi”. ( Per una analisi più puntuale vedasi quanto del saggio in questione è stato trasposto nelle note di questo commento3). Le varie versioni di questa traduzione dell’Egloga Nona contengono la sola variante “ my boy” in luogo della originaria “ Young yellow” del testo originario, a quanto si è potuto attestare. La mia traduzione in italiano della versione dell’Egloga Nona di Seamus Heaney, l’ha ricondotta in terra virgiliana sotto le spoglie di un italiano colloquiale, ho cercato di mantenermi così fedele all’ abbassamento di tono di Seamus Heaney reinventandolo in corrispondenti modi di dire comuni ma particolari dell’italiano, altrimenti, se mi fossi attenuto all’osservanza stretta e al ricalco diretto delle locuzioni linguistiche adottate da Heaney, avrei tramutato. la sua scioltezza linguistica in genericità ordinaria, al limite della sciattezza.
[1] “Virgilio bucolico per ritrovare la gioia del canto senza tema di facili evasioni non aveva forse altra possibilità ai nostri giorni che trasferirsi da Mantova a Glanmore o a Bann Valley.“And we are borne – sweet diction – south and south”, l’ultimo verso di “Red, White and Blue”, quattordicesima poesia della raccolta, ci porta dritti dritti dall’Irlanda al mantovano, alla dolce dizione dei pastori cantori e alla dura realtà dell’esproprio delle terre.” rileva Roberto Nassi in Attualizzazioni Novecentesche del Genere bucolico I casi di Zanzotto ed Heaney
[2] “Ma è anche, nonostante lo stesso eccelso tra i rustici cantori Menalca abbia visto in faccia la morte e sia salvo per miracolo, un atto di fede nell’umanità del canto, ricchezza inespropriabile cui comunque – nella chiusa dell’ecloga – è affidata l’ultima parola “carmina tum, melius, cum venerit ipse, canemus.”E, a confermare la specifica centralità di questa fede inalienabile in Heaney, basterà osservare che uno dei rari, e tra questi il più vistoso, luoghi in cui la rimodulazione dell’irlandese si distende nell’amplificatio è l’incipit del terzo intervento di Lycidas. In Virgilio reagisce d’impulso alla notizia che lo stesso Menalca ha rischiato la vita, abbandonandosi a un’esclamazione di stupito dolore e a un incalzare di domande che l’animo vorrebbe, ma la realtà non concede, retoriche:
Heu, cadit in quemquam tantum scelus? heu, tua nobis
pene simul tecum solacia rapta, Menalca ?
Quis caneret Nymphas? [...]
In Heaney la reazione del pastore è improntata a una più desolata rassegnazione. La scelleratezza dei tempi è accolta come dato di fatto e ineluttabile cui tutto cede tranne la consolazione del canto:
Shocking times. Our very music, our one consolation,
confiscated, all but. And Menalcas himself
nearly one of the missing. Who would there be to sing
praise songs to the nymphs? [...]
Mai come in quest’ecloga, in cui i pastori, in tanta tristezza pure ripescano nella memoria l’armoniosa dolcezza dei canti più vari, per dirla con un’espressione cara a Heaney, “the imagination presses back against the pressure of reality”. L’ecloga anzi dialettizza al suo interno, come in una vivacissima mise en abyme, questa suprema funzione della poesia che la rende “veicolo dell’armonia del mondo” come sosteneva Nadezhda Mandelstam in un passo citato dallo stesso Heaney che vale la pena riportare per intero: The work of the poet, as a vehicle of world harmony, has a social character – that is, it is concerned with the doings of the poet’s fellow men, among whom he lives and whose fate he stares. He does not speak “for them”, but with them, nor does he set himself apart from them: otherwise he would not be a source of truth. “( R. Nassi ibidem)
[3] “All’inverso è costante la soppressione degli epiteti preziosi, eziologici, e dei riferimenti celebrativi. Così, per fare un solo esempio dell’uno e dell’altro caso, si noti che, nei versi sopra citati, le “Chaonias columbas” virgiliane diventano semplicemente “doves”; l’apostrofe celebrativa a Varo intonata da Moeris è declinata nella versione inglese in un discorso riportato, mentre è Mantova la destinataria dell’invocazione diretta e la sua sopravvivenza l’oggetto della speranza del pastore. Le mucche, poi, si cibano dell’irlandese “clover” (trifoglio) anziché dell’esotico (ma ugualmente trifogliato) “cytisum”! “ ( R. Nassi ibidem)
ultime poesie ( 2007)
Sii tu, in me
Sii Tu in me,
in così strenua fatica,
del ramo il turgore che germina ancora,
la linfa che ripercorre l' inaridirsi
della fibra stremata,
sii Tu in una voce, che ancora richiama,
fra l'acredine della morsa il soffio d'amore.
Karma
Se allo sguardo temi il volto, larva di luna,
ed al limitare il piede vacilla,
mentre la parola sbianca
svanendo, immancabilmente,
quanto tu fosti
già bestia di fogna,
sterco di lastrico,
in quante altre vite morte tu soffocherai
ove sfiaterà il grido all'apparire del boia,
povero seme, dovunque ricadi,
stritolato tra i sassi dalla ruota che gira.
****
Amicizia
Che ho sofferto?
Se per quante gole di pianto
a te son giunto
Shiva Nataraja
Sii danza, o Dio,
che di bestia in fiore
ci ricongiunga
Kuttanad (1)
Sfoglia, la brezza,
(del bambino)/ del bimbo le pagine
in riva all'acque
****
Anche se fosse,
Anche se fosse
amalo per sempre,
sia la tua vita
***
Pianto d'amore,
Pianto d'amore,
risgorgano parole
a farsi canto
Anitre al largo, di sera
Qui ancora, tu vivi,
gracidano le voci
a cui ritorni
16 ottobre 2007
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giovedì 1 novembre 2007
Ultime foglie,
Ultime foglie,
sugli azzuri abissi
tremuli ori
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Gelido sterpo
Che gelido sterpo
finché ti sogno e nel cavo
stilla la linfa.
**
Lettera di Natale revisione del 18 dicembre 2011
Verrà il giorno, mio caro,
che con i tuoi figli e( con) la tua sposa raccolti accanto
parlerai delle mie ceneri sparse,
e sedendo presso il tulsi (2) delle nostre deità
ricorderai l'amico che tornava ogni volta, da cosi lontano,
a sorvolare con te le nevi eterne dell' Himalaya,
od a fronteggiare gli oceani ove finisce l'India,
per condurti, nudo e tremante,
(nel Triveni Sangam) ove ti immergesti nel Sacro Fiume,
e parlerai loro di come, inavvertitamente,
l'amico dello Sposo sia diminuito a poco a poco,
sino a farsi solo una voce così vicina e tanto lontana ,
perché fossi tu, o mio diletto,
a crescere in loro come marito e padre ,
nell'attesa di un tempo, poi,
che fino alla fine dei miei giorni ci ritrovasse uniti,
al calore terminale di uno stesso tetto.
Verrà, quel giorno, ed io vi vedrò seduti senza di me,
voi intorno ai resti del mio ricordo,
io ancora intorno a voi,
in voi sino alla fine del vostro tempo,
(nell'attesa che) fin che anche voi, miei cari,
ad uno ad uno usciate dai vostri giorni,
per ritrovarci insieme, infine da sempre,
nella casa davvero di tutta la vita.
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Ora so,
Ora so, quando
tu mi chiami e io mi volgo
di Chi è che la voce
Note
1) Kuttanad, le backwaters del Kerala
2) tulsi, basilico in hindi. Per le sue valenze religiose, è al centro del cortile di ogni famiglia di fede Hindu
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Poesie in itinere -tra Shimla e Srinagar- estate 2008
In Shimla - al Jakhu Temple di Hanuman
Al tempio del Dio
le bestie che incarna
fameliche intorno,
fumida nebbia
la pioggia che stilla
i declivi divini.
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Notte d’India
nubi di galassie,
ombra io del grembo
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In Manali
Alta sui monti
tra le chiarìe di nubi
traluce la luna,
Tu alito muto
nella schiusa dei monti
muovi ogni moto.
revisione del 18 dicembre 2011
Il gelo rafferma la coltre di neve
Il gelo rafferma la coltre di neve
sul roveto spento del bene adempiuto,
nella fredda miseria le mani d'angeli, congiunte,
nevicano il grigiore della luce dei cieli,
ora che più non incarna, che nel loro irrorarci ,
il sangue d'amore la livida bocca.
Variante
1) Il gelo rafferma la coltre di neve sull’addiaccio che serba il seme nel grembo,
fin che al primo tepore che sciolga i cristalli,
che infervidi in linfa il ristagno d'orrore,
nel volto di gloria del tempo
delle uova di serpente si schiuda la cova
dicembre 2008
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2009
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L'urlo di morte
E l'urlo di morte si sperse nell'acqua tersa,
nella chiarità del cielo, nell'aria aperta,
il volo spiccava ancora alto
una colomba tremula,
al battito del palpitante cuore,
a una (alla) ricusata lacrima,
levandosi dal lastrico
del calpestio ulteriore,
della consunzione che fu splendore.
gennaio 2009
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Morte, mia cara morte,
Morte, mia cara morte,
se chiuderai i miei occhi
prima ch'io i suoi.
venerdì 20 febbraio 2009
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domenica 5 aprile 2009
Om,
oh, andato, andato,
all'altra sponda,
del tutto andato, ( oltrepassato)
e qui rimasto...
om gate, gate, paragate, parasamgate bodhi svaha...
oh, andato, andato,
oltrepassato,
oltrepassato del tutto,
e qui rimasto....
( e qui distrutto...)
( e qui disfatto)
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sutra del loto, IV
Splendida notte
tra placide anitre a riva
(è) la casa in fiamme
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Immoto incanto
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7 aprile 2009
china la luna
sui balenii nei fili
del sordo caos.
poi sul pontile
il treno che s'arresta
in vagoni accesi
revisione del 18 dicembre 2011
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Autunno
Quiete che langue
giorno dopo giorno
in cui sfuma l'estate.
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Tramonto sul lago
In purpuree acque
dell'estremo bagliore
svena la luce
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Lume di pieve,
oltre il tremito d'acque
che scorre a una riva
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E' appena stato
che fossi bambino,
nel fardello già disfatto
di un corpo di vecchio.
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SUMIT SEN
2007-2009
figlio mio
ciao, Sumit, addio mia stella, mio amore infinito.
Addio Sumit,
mio amore, mio tesoro,
infinito mio bene,
che niente e nessuno sveglierà più,
addio, morta mia cenere
già esalata fra i campi
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Che miracolo, nella mia desolazione, potere ancora intendere l'incanto dell'Adagio della Trauersinfonie op. 44 di Haydn, nell esecuzione mirabile del'Orchestra da Camera di Mantova ( Amadeus, numero ultimo del dicembre 09 )
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sabato 5 dicembre 2009
Due Haiku per il mio Sumit
Sumit,
Sumit, bimbo mio
cuore della mia vita
senza più vita
Sumit, mio Sumit!
miei spenti occhi di sole,
mia stessa morte.
2010
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(Variante dicembre 2011 )
Al ritrovarci
Non fu il vostro peccato
che cessò il mio battito
nel cortile dei miei giochi e pianti,
o l'insinuarsi del veleno che mi soffocò il respiro,
fu perchè così, in verità ed amore,
ancora più fulgido si fece il fulgore
del desco in cui vi ritrovaste insieme.
Mi trattennero nell'oscuro passo
quante lacrime del vostro bene,
al punto che fui l'inviato,
a scongiurare lo schianto,
che l’ uno sul ciglio dell'altro vi asciugò il pianto,
bevendo fino in fondo
voi l'amarezza del calice,
il succo del dolore che non passa altrimenti,
l'amore che mi portaste fu talmente tanto.
Ora resterà lieve
l'attesa che rientrino anch'essi
ad uno ad uno,
ora che per giocare
abbiamo tutta l'eternità davanti.
Primi di aprile 2010
Commentario
Dolore
Gesù prega il Padre
di fare passare da lui il calice,
e il Padre esaudisce la preghiera del Figlio.
Il calice di dolore passerà da lui,
ma solo perché
verrà bevuto.
Gesù sa bene questo, mentre per la seconda volta si prostra a terra nel
Getsemani:
il dolore passerà da lui
se lo subirà.
solo assumendolo su di sè
supererà e sconfiggerà il dolore.
La sua croce è il suo superamento
Dietrich Bonhoffer
IL miracolo del messaggio pasquale.
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Un giorno quando avrete finito di percorrere la mulattiera del Calvario e avrete sperimentato come Cristo l'agonia del patibolo, si squarceranno da cima a fondo i veli che avvolgono il tempio della storia e finalmente saprete che la vostra vita non è stata inutile. Che il vostro dolore ha alimentato l'economia sommersa della grazia. Che il vostro martirio non è stato un assurdo, ma ha ingrossato il fiume della redenzione raggiungendo i più remoti angoli della terra.
( don Tonino Bello, Alla finestra la speranza pg.51)
*
Mercoledì 7 aprile 2010
Che gelo astrale (nuova versione)
Che gelo astrale
se ne ascolto la Voce
si fa fuoco d'amore
Bambino mio
Bambino mio,
mi senti in Dio,
o tu non sei più neanche
la tua cenere?
Variante:
Bambino mio,
mi senti in Dio,
o non è più neanche
la sua cenere?
Per Sumit Sen ( 2007-2009), adorata anima mia, a due mesi dall'anniversario di ciò che è successo.
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6-8 febbraio 2011
Due haiku
Sumit, piccolo Iddio,
spenti occhi di sole,
morta mia vita.
( variante di un precedente Haiku)
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Già fui io poeta
quanto morto e sepolto
e ancora in vita.
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Bambino mio, di tutto ciò che sento, penso, e argomento,
Bambino mio, di tutto ciò che sento, penso, e argomento, della realtà e di Dio, infinitamente infiniti, la tua morte permane l'annientamento di qualsiasi senso. Adorata anima mia
28 febbraio 2011
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Sumit,
sei tu, sempre,
il passaggio a vuoto
dei nostri giorni
Marzo aprile 2011
sabato 26 novembre 2011
Per Sumit Sen ( 2007-2009)
“ O figlio mio, per te ho tentato tutto il possibile,
ho convocato ogni combattente, ogni medico e sapiente,
ad ogni dio per te mi sono piegato nel gemito,
ma per te io non ho potuto fare niente.
Non ho potuto riscattarti alla morte.
La tua sorte non sta nelle mie mani.
Il potere supremo è di Colui che è intangibile da ogni ingiuria,
Al cui cospetto è impotente ogni forza del mondo"...
Riscrivendo Attar, Parole di Sufi Massime di Hasan al-Basri
versione antecedente
“ O figlio mio, per te ho tentato tutto il possibile,
ho convocato ogni combattente, ogni supplice e sapiente,
ogni più incantevole giovane ornata di ogni ricchezza,
ad ogni dio per te mi sono piegato nel gemito
ma non ho potuto riscattarti alla morte.
Io non ho potuto fare niente.
La tua sorte non è nelle mie mani.
Il potere supremo è di Colui che è intangibile da ogni ingiuria,
Al cui cospetto è impotente ogni forza del mondo"...
Riscrivendo Attar, Parole di Sufi Massime di Hasan al-Basri
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giovedì 3 novembre 2011
The riverbank field Seamus Heaney
Quale mio omaggio alla grandezza poetica di Seamous Heaney, nostro concittadino onorario, e per il suo tramite a quella eccelsa di Virgilio, offro al pubblico dei lettori di questo giornale le mie traduzioni di tutti i testi poetici di mia conoscenza del poeta irlandese, Premio Nobel 1995, di cui il genio virgiliano è stato ispiratore.
Ogni mio atteggiarmi che appaia di disdegno di recenti dichiarazioni esautoranti l’ uno e l’altro, è puramente e deliberatamente intenzionale.
Da Catena Umana- Humain Chain 2010
The riverbank field
Il campo in riva al fiume
Ask me to translate what Loeb give as
“ In a retired vale … a sequestered grove”
And I’ll confound the Lethe in Moyola
By coming through Back Park down from Grove Hill
Across Long Rigs on the riverbank-
Which way, by happy chance, will take me past
The domos placidas, “those peaceful homes”
Of Upper Broagh. Moths then on evening water
It would have to be, not bees in sunlight,
Midge veils instead of lily beds; but stet
To all the rest: the willow leaves
Elysian-silvered, the grass so fully fledged
And unimprinted it can’t not conjure thoughts
Of passing spirit-troops, animae, quibus altera fato
Corpora debentur, “spirits”, that is,
“ to whom second bodies are owed by fate”.
And now to continue, as enjoined to often,
“ In my own words”
“All these presences
Once they have rolled time’s wheel a thousand years
Are summoned here to drink the river water
So that memories of this underworld are shed
And soul is longing to dwell in flesh and blood
Under the dome of the sky.
after Aeneid VI, 704-15, 748-51
Chiedimi ch’io ti traduca ciò che per Loeb 1
è “ in una solitaria valle…
un appartato bosco”2 e ti
trasfonderò il Lete nel Moyola,
pervenendo attraverso Back Park
giù da Grove Hill, per tutto Long Rigs
sino alla riva del fiume3- un percorso
che per un caso felice, mi porterà oltre
le domos placidas,4 “quelle placide case”
di Upper Broagh. Falene su acque serali
invece che api5 nella luce del sole,
invece che aiuole di gigli6
velami di moscerini; ma “stet”
sorga tutto il resto, come uguale,
le foglie di salice elisio-argentee,
l’erba dei prati così in resta 7,
e incalpestata, che non può
non evocare pensieri di schiere
di spiriti in transito , animae,
quibus altera fato corpora debentur, 8
“di spiriti”, cioè, “cui secondi corpi
siano attribuiti dal fato”.
Ed ora per continuare, come spesso
mi si ingiunse” con le mie parole”
“ Tutte queste presenze
Dopo che hanno fatto orbitare
Per mille anni la ruota del tempo
Sono convocate qui a bere Letee acque
A che vada persa ogni loro memoria
Di questo mondo a voi sotterraneo
E l’anima sia ardente di rientrare
In carne e sangue sotto la volta celeste9”
da Eneide VI, 704-15, 748-51
Commento
Il paesaggio terreno in cui transita il poeta è lo stesso umile paesaggio dell’ Irlanda del Nord dove trascorse la sua infanzia favolosa- da Seamus Heaney rievocato mirabilmente nelle pagine prosaiche di Attenzioni- e dove il fiume Moyola scorre in un parco- ma è tale la virtù della poesia, che al poeta basta che traduca Virgilio, secondo gli spunti che gli offre l’edizione Loeb, senza ancora ricorrere a parole sue, perché tale realtà si traduca a sua volta in quella ultraterrena dei Campi Elisi evocati da Virgilio nel canto VI dell’ Eneide, ed al contempo l’oltremondo si trasfonda nella realtà circostante che se ne fa apparenza, ne diventa la trasposizione e l’ inveramento nella sue più umili ed evanescenti vite animali, falene e moscerini. In virtù della parola poetica tale realtà naturale risulta talmente incontaminata, che i prati intatti ne sono diventati le estensioni elisie in cui possono essere di passaggio solo i puri spiriti, le sole presenze che possono transitarvi lasciandoli così integri. Come le acque del fiume Lete le parole poetiche tramutano a tal punto le cose, che rendono decidue le impronte dolorose di ogni traccia mnestica, e l’anima può smaniare di rifarsi nuovamente carne e sangue, di avere di nuovo, la misera, “lucis …dira cupido” ( Virgilio, Eneide VI, 721), come smaniano di riassumere un corpo le anime elisie dell’oltremondo virgiliano, che dalle acque del Lete siano state rese immemori della propria esistenza terrena antecedente.
Note
1) Seamus Heaney si riferisce all’edizione dell’Eneide edita dalla Loeb Classic Library
2) Eneide VI, 704-705 “Interea videt Aeneas in valle reducta/ Seclusum nemus et virgulta sonantia silvae”
3) “Se il lago Beg segnava un limite del terreno dell’immaginazione, Slieve Gallon ne segnava un altro. Slieve Gallon è una montagnola nella direzione opposta, che porta l’occhio sui pascoli e i terreni arati e i boschi lontani di Moyola Park, lontano verso Grove Hill e Back Park e Castledawson” Attenzioni, Preoccupations. Prose scelte 1968-1978 Editore Fazi, 2004, pg.9
4) Eneide VI, 705 “Lethaeumque ( Videt Aeneas) domos placidas qui praenatat amnem”. Sono le sedi dei beati che lambiscono le acque del Lete.
5) Eneide, VI, 706 -709 “Hunc circum innumerae gentes populique volabant:/Ac velut ij pratis ubi apes aestate serena / floribus insidunt variis et candida circum/ Lilia funduntur, strepit omnis murmure campus”.
6) Vedi nota precedente
7) Letteralmente “ impennata”, l’erba, in steli e spighe e infiorescenze, e dunque rigogliosa e composta come un piumaggio erto e compatto.
8) Virgiliio, VI, 713-715 : “Tum pater Anchises: animae, quibus altera fato/ corpora debentur, Lethaei ad fluminis undam/ Securos latices et longa oblivia potant”
9) Virgilio, Eneide, VI, 748-751 “ Has omnis, ubi mille rotam volvere per annos,/ Lethaeum ad fluvium deus evocat agmine magno, / Scilicet immemores supera ut convexa revisant/ Rursus et incipiant in corpore velle reverti”.
sabato 26 novembre 2011
Per Sumit Sen ( 2007-2009)
Per Sumit Sen ( 2007-2009)
“ O figlio mio, per te ho tentato tutto il possibile,
ho convocato ogni combattente, ogni medico e sapiente,
ad ogni dio per te mi sono piegato nel gemito,
ma per te io non ho potuto fare niente.
Non ho potuto riscattarti alla morte.
La tua sorte non sta nelle mie mani.
Il potere supremo è di Colui che è intangibile da ogni ingiuria,
Al cui cospetto è impotente ogni forza del mondo"...
Riscrivendo Attar, Parole di Sufi Massime di Hasan al-Basri
versione antecedente
“ O figlio mio, per te ho tentato tutto il possibile,
ho convocato ogni combattente, ogni supplice e sapiente,
ogni più incantevole giovane ornata di ogni ricchezza,
ad ogni dio per te mi sono piegato nel gemito
ma non ho potuto riscattarti alla morte.
Io non ho potuto fare niente.
La tua sorte non è nelle mie mani.
Il potere supremo è di Colui che è intangibile da ogni ingiuria,
Al cui cospetto è impotente ogni forza del mondo"...
Riscrivendo Attar, Parole di Sufi Massime di Hasan al-Basri
Virgilio, Seamus Heaney, EGLOGA IX
LYCIDAS: Where are you headed, Moeris? Into town?
MOERIS: The things we have lived to see. . . The last thing
You could've imagined happening has happened.
An outsider lands and says he has the rights
To our bit of ground. "Out, old hands," he says,
"This place is mine." And these kid-goats in the creel –
Bad cess to him—these kids are his. All's changed.
LYCIDAS: The story I heard was about Menalcas,
How your song-man's singing saved the place,
Starting from where the hills go doubling back
And the ridge keeps sloping gently to the water,
Right down to those old scraggy-headed beech trees.
MOERIS: That's what you would have heard. But songs and tunes
Can no more hold out against brute force than doves
When eagles swoop. The truth is, Lycidas,
If I hadn't heard the crow caw on my left
In our hollow oak, I'd have kept on arguing
And that would've been the end of the road, for me
That's talking to you, and for Menalcas even.
LYCIDAS: Shocking times. Our very music, our one consolation,
Confiscated, all but. And Menalcas himself
Nearly one of the missing. Who would there be to sing
Praise songs to the nymphs? Who hymn the earth
To grow wild flowers and grass, and shade the wells
With overhanging green? Who sing the song
I listened to in silence the other day
And learned by heart as you went warbling it,
Off to the Amaryllis we all love?
The one that goes, "O herd my goats for me,
Tityrus, till I come back. I wont be long.
Graze them and then water them, and watch
The boyo with the horns doesn't go for you."
MOERIS: And then there was that one he never finished,
Addressed to Varus, about a choir of swans
Chanting his name to the stars, "should Mantua
Survive, Mantua too close to sad Cremona."
LYCIDAS: If you've any song to sing, then sing it now
So that your bees may swerve off past the yew trees,
Your cows in clover thrive with canted teats
And tightening udders. The Pierian muses
Made me a poet too, I too have songs,
And people in the country call me bard,
But I'm not sure: I have done nothing yet
That Varius or Cinna would take note of.
I'm a squawking goose among sweet-throated swans.
MOERIS: I'm quiet because I'm trying to piece together
As best I can a song I think you'd know:
"Galatea," it goes, "come here to me.
What's in the sea and the waves that keeps you spellbound?
Here earth breaks out in wildflowers, she rills and rolls
The streams in waterweed, here poplars bend
Where the bank is undermined and vines in thickets
Are meshing shade with light. Come here to me,
Let the mad white horses paw and pound the shore."
LYCIDAS: There was something I heard you singing by yourself
One night when the sky was clear. I have the air
So maybe I'll get the words. "Daphnis, Daphnis, why
Do you concentrate your gaze on the old stars?
Look for the star of Caesar, rising now,
Star of corn in the fields and hay in haggards,
Of clustered grapes gone purple in the heat
On hillsides facing south. Daphnis, now is the time
To plant the pear slips for your children's children."
MOERIS: Age robs us of everything, of our very mind.
Many a time I remember as a boy
Serenading the slow sun down to rest,
But nowadays I'm forgetting song after song
And my voice is going: maybe the wolves have blinked it.
But Menalcas will keep singing and keep the songs.
LYCIDAS: Come on, don't make excuses, I want to hear you
And now's your chance, now this hush has fallen
Everywhere—look -- on the plain, and every breeze
Has calmed and quieted. We've come half-way.
Already you can see Bianor's tomb
Just up ahead. Here where they've trimmed and faced
The old green hedge, here's where we're going to sing.
Set that creel and those kid-goats on the ground.
We'll make it into town in all good time,
Or if it looks like rain when it's getting dark,
Singing shortens the road, so we'll walk and sing.
Walk then, Moeris, and sing. I'll take the kids.
MOERIS: That's enough of that, my boy. We've a job to do.
When the real singer comes, we'll sing in earnest.
LICIDA
Dove ti rechi, Meri? In città?
MERI
Vivere quello che abbiamo vissuto
Per vedere …L’ultima cosa
Che avresti immaginato che accadesse
È accaduta. Ti capita un estraneo
Che accampa ogni diritto
Sul tuo pezzo di terra “ Fuori, mal arnese”,
Egli grida, “ E’ mio questo fondo”
E questi capretti nella cesta- Vada alla malora-
Sono suoi anch’essi. E’ cambiato tutto”
LICIDA
Ho sentito una storia del genere
Quanto a Menalca,
Come il tuo cantore abbia con il canto
Salvato il podere
Da dove le colline ne retrocedono
E i dolci declivi giungono all’acqua,
Giù fino a quei vecchi faggi scalvati in cima
MERI
E’ quanto avresti dovuto sentir dire.
Ma melodie e canti
Di più non possono contro la forza bruta
Che le colombe quando piombano le aquile
La verità, Licida, è che se non avessi
Udito a sinistra gracchiare il corvo
Nella nostra quercia cava, non avrei
Smesso di litigare, e questo per me
Che ti parlo, come per lo stesso Menalca,
Sarebbe stata la fine dell’andare.
LICIDA
Tempi sconvolgenti. La nostra vera musica,
Nostro solo conforto, pressoché confiscata
Per poco lo stesso Menalca
Tra i perduti. Chi ora qui canterebbe
Lodi alle ninfe? Chi inni alla terra
Perché germini fiori di campo ed erbe,
E adombri i pozzi con sovrastante verde ?
Cantando il canto che l’altro giorno
Udii in silenzio, tenendolo io a mente ( memorizzandolo)
Così come lo venivi gorgheggiando,
Volto ad Amaryllis, di noi tutti amore (che noi tutti amiamo )?
Quello che fa, “ Oh, radunami le capre,
Tityro, fino a quando io non torni. Non intendo
Stare via a lungo. Abbeverale
E poi pascile, e adocchia
Che il bricco cornuto non t’attacchi”
MERI
E che dire di quell’altro che lasciò incompiuto,
Rivolto a Varo, su di un coro di cigni
Che canta(va) il suo nome fino alle stelle,
“Sia Mantova superstite, Mantova
Troppo vicina all’ infelice Cremona”
LICIDA
Se tu hai un qualsiasi canto da cantare, tu ora cantalo, allora.
Cosicché le tue api eludano i tassi,
Le tue vacche crescano rigogliose nel trifoglio, con penduli capezzoli
E pregne mammelle (astringentisi). Le muse di Pieria
Pure di me fecero un poeta, io pure posso esibire canti
E la gente nel contado mi considera bardo:
Ma io ne dubito: non ho ancora prodotto nulla
Di cui Vario o Cinna terrebbero conto.
Sono un’oca che gracida tra cigni dalla dolce ugola.
MERI
Sono assorto nella ricerca di ricomporre,
Come meglio posso, una canzone che penso tu conosca.
“ Galatea,” fa, “vienimi accanto.
Che c’è tra le onde del mare
Che ti lascia incantata?
Qui la terra si sbreccia in fiori di campo,
Suo è il rollio irriguo di rivoli
Tra l’elodea, qui i pioppi s’inflettono
Dove infranto è l’argine/ dov’è eroso l’argine/ e viti inviluppate
Reticolano ombre e luce. Vienimi accanto.
Lascia che i folli cavalli bianchi
frangano le acque scalpitando.
LICIDA
C’è un assolo ch’io ti udii cantare
Una notte che il cielo era terso. Ho in mente l’aria,
Così troverò forse le parole. “ Dafni, perché, Dafni
Fissi il tuo sguardo sulle antiche stelle?
Cerca la stella di Cesare, che sta sorgendo,
Stella del grano nei campi e delle fienagioni ( sparse),
Degli acini a grappoli che imporporano nel calore
Su crinali volti al sud. Dafni, ora è il tempo
D’ innestare il pero per i figli dei tuoi figli”.
MERI
Gli anni ci privano di tutto, del nostro vero spirito.
Mi ricordo di quante mie serenate da giovinetto
Al lento calare del sole a riposarsi,
Ma ora mi smemoro di una canzone dopo l’altra
E la mia voce se ne sta andando: forse i lupi l’hanno resa fioca.
Ma Menalca continuerà a cantare e a preservare i canti.
LICIDA
Entra in gioco, senza ( niente) scuse, voglio sentirti cantare.
Ed ora è la tua occasione, ora che questo silenzio
E’ calato ovunque- vedi- sulla pianura, e che ogni brezza
E’ quiete e calma. Siamo a metà
Del nostro cammino. Già puoi vedere la tomba di Bianore
Un poco più oltre. Qui dove hanno cimato e raso
La vecchia siepe verde, è dove ci accingeremo al canto.
Posa a terra quella cesta e quei capretti.
Li consegneremo in tempo in città,
O se sembra che piova all’oscurarsi,
Al canto si abbrevierà il percorso, procederemo così cantando.
Allora/Dunque vai, Meris, e canta. Prenderò io i capretti.
MERI
Non insistere, giovane mio. Abbiamo un lavoro da compiere.
Quando il vero cantore sopraggiunga, allora noi canteremo (potremo cantare) per davvero.
Commento
In Electric Light ( 2001) la traduzione della Egloga nona di Virgilio si colloca tra Red, White and Blue, che la preannuncia nell’ultimo verso ( “And we are borne- sweet diction- south and shout”) e la Glanmore Eclogue, che a sua volta è modellata sull’ Egloga Prima delle Bucoliche. In tal senso Seamus Heaney sembra accreditare la tradizione interpretativa, risalente a Probo, che considera l’Egloga Nona antecedente alla Prima, in quanto in essa Virgilio avrebbe dapprima espresso il lamento del danno infertogli con la confisca dei propri terreni a vantaggio dei veterani di guerra, per poi dare voce nell’ Egloga Prima a tutta la propria gratitudine ad Augusto per il beneficio della loro restituzione .La propria esperienza personale che Seamus Heaney ha trasposto in quella rievocata da Virgilio nelle due Egloghe, è il suo trasferimento dall’Irlanda del Nord nella contea di Wicklow, nel cottage di Glanmore presso Dublino. La forza bruta contro cui non possono nulla le melodie e i canti del poeta, sono gli odi civili e l’esposizione al rischio in cui sotto la dominazione anglo-protestante versava la sua esistenza quotidiana nell’Ulster. Contro tale violenza storica, trasponendosi in Menalca ed in Meri, egli lamenta il cedimento remissivo che gli è stato imposto, per garantirsi il salvacondotto che gli ha assicurato la messa in sicurezza personale, accusa la sospensione della propria voce poetica resa fioca dagli “ Shocking times “, in attesa di tempi più propizi per il proprio avvento ulteriore con la propria grande poesia, E’ nella Glanmore Eglogue, piuttosto, che S. Heaney attua “una messa in scena suoi risorgenti sensi di colpa e timori di evasione idillica rispetto a una realtà intrisa di sangue e di scelera”, come sostiene Roberto Nassi a proposito della traduzione stessa dell’ Egloga Nona. Rispetto al testo di Virgilio, come ha rilevato lo stesso Nassi nel suo mirabile commento, ricorrono soltanto alcuni ritocchi, ma assai significativi, in quanto in luogo dell’indignazione virgiliana vi trova espressione la rassegnazione civile di Heaney, entro un arrangiamento complessivo della sua traduzione che ne determina un abbassamento di registro rispetto a quello virgiliano. Gli espedienti salienti ne sono l’ elisione generalizzata dell’amplificatio, “ la soppressione degli epiteti preziosi, eziologici, e dei riferimenti celebrativi”. ( Per una analisi più puntuale vedasi quanto del saggio in questione è stato trasposto nelle note di questo commento3). Le varie versioni di questa traduzione dell’Egloga Nona contengono la sola variante “ my boy” in luogo della originaria “ Young yellow” del testo originario, a quanto si è potuto attestare. La mia traduzione in italiano della versione dell’Egloga Nona di Seamus Heaney, l’ha ricondotta in terra virgiliana sotto le spoglie di un italiano colloquiale, ho cercato di mantenermi così fedele all’ abbassamento di tono di Seamus Heaney reinventandolo in corrispondenti modi di dire comuni ma particolari dell’italiano, altrimenti, se mi fossi attenuto all’osservanza stretta e al ricalco diretto delle locuzioni linguistiche adottate da Heaney, avrei tramutato. la sua scioltezza linguistica in genericità ordinaria, al limite della sciattezza.
[1] “Virgilio bucolico per ritrovare la gioia del canto senza tema di facili evasioni non aveva forse altra possibilità ai nostri giorni che trasferirsi da Mantova a Glanmore o a Bann Valley.“And we are borne – sweet diction – south and south”, l’ultimo verso di “Red, White and Blue”, quattordicesima poesia della raccolta, ci porta dritti dritti dall’Irlanda al mantovano, alla dolce dizione dei pastori cantori e alla dura realtà dell’esproprio delle terre.” rileva Roberto Nassi in Attualizzazioni Novecentesche del Genere bucolico I casi di Zanzotto ed Heaney
[2] “Ma è anche, nonostante lo stesso eccelso tra i rustici cantori Menalca abbia visto in faccia la morte e sia salvo per miracolo, un atto di fede nell’umanità del canto, ricchezza inespropriabile cui comunque – nella chiusa dell’ecloga – è affidata l’ultima parola “carmina tum, melius, cum venerit ipse, canemus.”E, a confermare la specifica centralità di questa fede inalienabile in Heaney, basterà osservare che uno dei rari, e tra questi il più vistoso, luoghi in cui la rimodulazione dell’irlandese si distende nell’amplificatio è l’incipit del terzo intervento di Lycidas. In Virgilio reagisce d’impulso alla notizia che lo stesso Menalca ha rischiato la vita, abbandonandosi a un’esclamazione di stupito dolore e a un incalzare di domande che l’animo vorrebbe, ma la realtà non concede, retoriche:
Heu, cadit in quemquam tantum scelus? heu, tua nobis
pene simul tecum solacia rapta, Menalca ?
Quis caneret Nymphas? [...]
In Heaney la reazione del pastore è improntata a una più desolata rassegnazione. La scelleratezza dei tempi è accolta come dato di fatto e ineluttabile cui tutto cede tranne la consolazione del canto:
Shocking times. Our very music, our one consolation,
confiscated, all but. And Menalcas himself
nearly one of the missing. Who would there be to sing
praise songs to the nymphs? [...]
Mai come in quest’ecloga, in cui i pastori, in tanta tristezza pure ripescano nella memoria l’armoniosa dolcezza dei canti più vari, per dirla con un’espressione cara a Heaney, “the imagination presses back against the pressure of reality”. L’ecloga anzi dialettizza al suo interno, come in una vivacissima mise en abyme, questa suprema funzione della poesia che la rende “veicolo dell’armonia del mondo” come sosteneva Nadezhda Mandelstam in un passo citato dallo stesso Heaney che vale la pena riportare per intero: The work of the poet, as a vehicle of world harmony, has a social character – that is, it is concerned with the doings of the poet’s fellow men, among whom he lives and whose fate he stares. He does not speak “for them”, but with them, nor does he set himself apart from them: otherwise he would not be a source of truth. “( R. Nassi ibidem)
[3] “All’inverso è costante la soppressione degli epiteti preziosi, eziologici, e dei riferimenti celebrativi. Così, per fare un solo esempio dell’uno e dell’altro caso, si noti che, nei versi sopra citati, le “Chaonias columbas” virgiliane diventano semplicemente “doves”; l’apostrofe celebrativa a Varo intonata da Moeris è declinata nella versione inglese in un discorso riportato, mentre è Mantova la destinataria dell’invocazione diretta e la sua sopravvivenza l’oggetto della speranza del pastore. Le mucche, poi, si cibano dell’irlandese “clover” (trifoglio) anziché dell’esotico (ma ugualmente trifogliato) “cytisum”! “ ( R. Nassi ibidem)
sabato 10 dicembre 2011
e la mia voce i lupi l’hanno strozzata
“Shocking times “ “…Vox quoque Moerin/ iam fugit ipsa: lupi Moerin videre priores”
”But nowadays I'm forgetting song after song/And my voice is going; may be the wolves have blinked it” ...
“Tempi scioccanti,… sto dimenticando canto dopo canto, e la mia voce i lupi l’hanno strozzata”.
Cito Virgilio ( Egloga IX), e Seamus Heaney, su cui lavoro, perchè veramente ho perso la mia voce a causa dei lupi della crisi che ci stanno divorando od al cui agguato stiamo sfuggendo. E in Dio il mio respiro cerca l' inalatore di vita. Lo stesso Dio che dovrei amare ugualmente, se ...
se ora qui stesse a scrivere il mio povero Io che quando nelle sue aspettative si illudeva di volgere al termine della sua tragedia lavorativa, da ciò che contempla l'attuale manovra di governo fosse stato disfatto nella sua vita di fronte, tramutatasi nel tormento atroce del supplizio aggiuntivo di sette anni di insegnamento ulteriore, in ancora classi, dopo classi che della sua sensibilità vulnerabile inevitabilmente se ne approfitterebbero e gli si accanirebbero contro per distruggerlo in ogni sua resistenza residua, fino a che nel 2018 non giunga- e come, anche in virtù della grazia?-, così al compimento del mio e suo sessantasettesimo anno, chiedendosi, tra un compito e l'altro ancora da correggere, come per altri sette anni possa reggere alla tensione di pervenire ogni estate a morire di nuovo nel separarsi ancora da Kailash e dai nostri cari bambini, invece, ancora attonito di non essere rimasto sommerso, di ritrovarmi ora da quasi due mesi già in pensione per le mie inidoneità, libero di andare in India o altrove nel mondo quando io voglia, di fare dal mattino alla sera quel che mi interessa e davvero mi aggrada...
" o Meliboee, Deus nobis haec otia fecit"
O Melibeo, un Dio mi ha donato questa pace...
Ille meas errare boves, ut cernis, et ipsum
ludere quae vellem calamo permisit agresti".
And time to yourself. You’ve landed on your feet.
If you can’t write now, when you will ever write?
E Tempo per me stesso. Sono proprio caduto in piedi.
Se non ora, quando mai potrò scrivere?"
Un mese or sono avevo da poco dovuto lasciare la scuola di colpo, mi ero appena dimesso, pensionandomi, senza più stipendio, nell'incognita assoluta del mio effettivo futuro, era appena ricaduto ammalato dopo che avevo subito un intervento operatorio e una lunga degenza domestica, e Kailash, che senza il mio aiuto non dispone che degli occhi per piangere o della sua miseria per riderne, mi aveva telefonato il meno possibile per risparmiare soldi.
"Mi hai lasciato solo..." gli ho detto una delle poche volte che con lui le settimane scorse mi sono lamentato, che ho ritenuto che ne valesse la pena, che nel donarmi potessi avere voce per potergli chiedergli, oppresso dall'angoscia che il mio sogno di felicità che si stava adempiendo al di là di ogni più confortante aspettativa, con l'accertamento dell'ammontare della mia pensione, dell'entità della liquidazione corrispostami, fosse insidiato da ciò che poteva essere all'origine della tosse, che ogni volta che tentavo di parlare, da un mese mi assaliva nella gola senza darmi respiro, per commutarsi nell'occlusione catarrale (dei condotti acustici) che mi fa ora evitare di intraprendere ogni ascolto e contatto, talmente seguito a sentire poco in una mia foschia mentale.
"Ma Tu non sei solo" mi ha replicato anche oggi, quando se non ero io che gli telefonavo distogliendolo dai turisti in hotel, neanche oggi mi avrebbe raggiunto per telefono.
.....................
" La lady sud coreana, il cliente italiano con cui stavo parlando non sono niente per me. Tu solo conti, nella mia mente. E la tua vita è la mia vita. Non ho altri progetti che con te. Ti aspetto. I' m waiting for you".
”But nowadays I'm forgetting song after song/And my voice is going; may be the wolves have blinked it” ...
“Tempi scioccanti,… sto dimenticando canto dopo canto, e la mia voce i lupi l’hanno strozzata”.
Cito Virgilio ( Egloga IX), e Seamus Heaney, su cui lavoro, perchè veramente ho perso la mia voce a causa dei lupi della crisi che ci stanno divorando od al cui agguato stiamo sfuggendo. E in Dio il mio respiro cerca l' inalatore di vita. Lo stesso Dio che dovrei amare ugualmente, se ...
se ora qui stesse a scrivere il mio povero Io che quando nelle sue aspettative si illudeva di volgere al termine della sua tragedia lavorativa, da ciò che contempla l'attuale manovra di governo fosse stato disfatto nella sua vita di fronte, tramutatasi nel tormento atroce del supplizio aggiuntivo di sette anni di insegnamento ulteriore, in ancora classi, dopo classi che della sua sensibilità vulnerabile inevitabilmente se ne approfitterebbero e gli si accanirebbero contro per distruggerlo in ogni sua resistenza residua, fino a che nel 2018 non giunga- e come, anche in virtù della grazia?-, così al compimento del mio e suo sessantasettesimo anno, chiedendosi, tra un compito e l'altro ancora da correggere, come per altri sette anni possa reggere alla tensione di pervenire ogni estate a morire di nuovo nel separarsi ancora da Kailash e dai nostri cari bambini, invece, ancora attonito di non essere rimasto sommerso, di ritrovarmi ora da quasi due mesi già in pensione per le mie inidoneità, libero di andare in India o altrove nel mondo quando io voglia, di fare dal mattino alla sera quel che mi interessa e davvero mi aggrada...
" o Meliboee, Deus nobis haec otia fecit"
O Melibeo, un Dio mi ha donato questa pace...
Ille meas errare boves, ut cernis, et ipsum
ludere quae vellem calamo permisit agresti".
And time to yourself. You’ve landed on your feet.
If you can’t write now, when you will ever write?
E Tempo per me stesso. Sono proprio caduto in piedi.
Se non ora, quando mai potrò scrivere?"
Un mese or sono avevo da poco dovuto lasciare la scuola di colpo, mi ero appena dimesso, pensionandomi, senza più stipendio, nell'incognita assoluta del mio effettivo futuro, era appena ricaduto ammalato dopo che avevo subito un intervento operatorio e una lunga degenza domestica, e Kailash, che senza il mio aiuto non dispone che degli occhi per piangere o della sua miseria per riderne, mi aveva telefonato il meno possibile per risparmiare soldi.
"Mi hai lasciato solo..." gli ho detto una delle poche volte che con lui le settimane scorse mi sono lamentato, che ho ritenuto che ne valesse la pena, che nel donarmi potessi avere voce per potergli chiedergli, oppresso dall'angoscia che il mio sogno di felicità che si stava adempiendo al di là di ogni più confortante aspettativa, con l'accertamento dell'ammontare della mia pensione, dell'entità della liquidazione corrispostami, fosse insidiato da ciò che poteva essere all'origine della tosse, che ogni volta che tentavo di parlare, da un mese mi assaliva nella gola senza darmi respiro, per commutarsi nell'occlusione catarrale (dei condotti acustici) che mi fa ora evitare di intraprendere ogni ascolto e contatto, talmente seguito a sentire poco in una mia foschia mentale.
"Ma Tu non sei solo" mi ha replicato anche oggi, quando se non ero io che gli telefonavo distogliendolo dai turisti in hotel, neanche oggi mi avrebbe raggiunto per telefono.
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" La lady sud coreana, il cliente italiano con cui stavo parlando non sono niente per me. Tu solo conti, nella mia mente. E la tua vita è la mia vita. Non ho altri progetti che con te. Ti aspetto. I' m waiting for you".
venerdì 9 dicembre 2011
note politiche
Il cristianesimo è più estremo che il pensiero di sinistra. La Chiesa e l’amore del prossimo in quanto donazione gratuita di un amore più forte che la morte, non possono non essere più universali e radicali di ogni umanitarismo politico.
"Essere di sinistra vuol dire inseguire un progetto che possa far bene all'Africa e all'Asia mentre fa bene a noi; perché un progetto simile deve esistere, altrimenti l'umanità è obbligata a ripetere cicli di errori e di tragedie.
“La Storia siamo noi, nel senso che possiamo influire sul corso degli eventi. Riusciremo a farlo solo se troviamo una narrazione comune che tenga insieme i bisogni e le aspirazioni non di una sola categoria, non di una sola nazione, ma dell'umanità intera” ( Federico Rampini)
Non è difficile individuare in politica ciò che può fare bene in generale, la diminuzione dei costi delle materie prime e dei consumi di acqua e di energie fossili, più colture alimentari e meno biocarburanti…, difficile è che il bene comune diventi senso comune e farlo valere tramite i rapporti di forza, ottenere che si attui attraverso la competizione e la sfida. Qui ed ora, di sicuro, esso richiede che si rafforzi l’unità politica europea sovranazionale, e che l’ avvento dell’unità europea corrisponda innanzitutto ad un’altra intelligenza economica che non il monetarismo imperante.( ch’è l’equivalente della terapia sanitaria del salasso).
E’ comunque esaltante quanto la grande crisi occidentale e insieme le nuove tecnologie, al pari dello squilibrio crescente in India e in Cina, o in Brasile, tra i più alti livelli di sviluppo planetari e gli equilibri ambientali e le aspettative di vita immensamente maggiori che sollecitano e che lasciano miseramente insoddisfatte, rendano possibili e ci inducano a modalità d’accesso ai beni ed a un loro uso, a un riconoscimento di eccellenze e alla valorizzazione di modi di vivere bene, che prescindono dalla proprietà e dalla ricchezza e dai valori e dalle gerarchie di mercato, attualizzando l’”altissima paupertate”delle regole monacali ( si vedano Giorgio Agamben, o Enzo Bianchi), in una economia globale di mercato che non determini società civili di mercato. Ed è questo il grande ruolo di una politica capace di Stewardship, di guidare verso orizzonti lontani ( sempre secondo Federico Rampini in Alla Mia Sinistra).
Altro che leggero cambio degli stili di vita!La ricerca di nuovi stili di vita che ripropone Federico Rampini anche nel suo ultimo bel libro "Alla mia sinistra", in Italia è ad esempio quanto già anima collettivamente coloro che aderiscono al movimento slow food Terra Madre di Carlo Petrini, ed è conforme, ad ulteriore esempio, a quanto persegue l’ecclesialità cattolica interdiocesana, allorchè nel Nord Est cerca di diffondere nuovi sobri stili di vita quali quelli proposti da padre Adriano Sella, o è inerente all’operare di numerosi movimenti buddistici, come il Progetto Essere Pace o il gruppo Terra Nuova, ispirati ai principi del grande monaco vietnamita Thich Nhat Hanh
E’ inevitabile, senza che ciò significhi necessariamente decrescita, che le generazioni successive alla mia perdano tanto più i diritti del Welfare quanto meno si adattano a forme di vita che richiedono meno acquisto di beni e meno consumo di risorse e di energie. L’alibi ricorrente cui ricorrono i ricchi dei paesi emergenti, per non limitare gli sprechi immensi dei loro modi di vita devastanti, è che non capiscono perché debbano farli, se è per sacrificarsi all’egoismo occidentale. Intanto l’Africa sta raddoppiando demograficamente.
Nel costruire così una storia comune, occorre distinguere tra i valori freddi a cui deve limitarsi uno Stato laico, secolare - efficienza, risparmio, rispetto delle regole-, e i valori caldi delle coscienze degli individui sociali. Dubito che i valori freddi possano diventare conformismo civico, se non sono animati nei singoli da valori caldi quali l’ amore del bello, del vero e del bene, l'amore del prossimo o la sacralità della vita e della natura.
D’accordo, per quanto riguarda lo stesso Federico Rampini, ch'egli dovrebbe mostrarsi più consapevole di ciò che sa e che sottoscriverebbe benissimo, che il mondo va avanti anche dove governa o domina la Destra. Una Sinistra ed una Destra tuttora sussistono e devono sussistere ancora, in ragione non di una antitesi, ma di una diversa gerarchia dei valori condivisi,- si auspica. In ogni individuo sono presenti gli spiriti animali della propria categoria o classe di appartenenza, o della propria età generazionale, ed esistono, è vero, gli imprenditori che si sono suicidati perchè hanno dovuto licenziare i propri dipendenti, ma è più facile che siano profittatori, anche bestiali, e che anziché innovare tecnologicamente cerchino di avvantaggiarsi di bassi salari e agevolazioni fiscali, tramite l’assunzione in nero o la delocalizzazione, se non sono indotti a scelte virtuose dalla contrattazione o negoziazione, dalla conflittualità o dalla normative amministrative, statuali e sovranazionali Non illudiamoci. “Nessuno è buono” La contraddizione capitale lavoro magari non esiste, ma non è per pauperismo retrivo che è stato detto “ E più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli”.
Da Colui è' stato anche detto che occorre immettere vino nuovo in otri nuovi, ma ciò può verificarsi culturalmente attraverso le rivoluzioni di interi paradigmi, o innovando tradizioni spirituali e di pensiero.. Ma prego, non si ideologizzi la ricerca del nuovo in una voga giovanilistica, sprezzante di ciò che è avanti negli anni e remoto nel tempo.Il parlare ossessivamente di vecchio e di giovane è innanzitutto un sintomo indubbio di un vuoto di idee, smascherato inesorabilmente dalla sua reiterazione verbale. Ma il“ giovanilismo” è altresì inquietante per chi ha più memoria, pderchè la storia del secolo scorso ci insegna che il giovanilismo che identifica il nuovo in termini anagrafici, è la forma che tendono ad assumere i movimenti che si fanno regime, dal futurismo al rampantismo degli emergenti craxiani, di cui il berlusconismio è stata la fase estrema. Si è sofferto e perduto una vita per liberarcene e per liberarne i giovani.
Ma un giovane dice parole verissime, che vanno oltre ciò che può voler dire, se obbietta che c'è una senilità che si appropria di qualcosa che non è suo.Direi di più, le nostre generazioni si sono venute appropriando del futuro dei giovani. E' di natura inter-generazionale il conflitto presente tra garantiti e precari, tra occupati e disoccupati, e non poteva non ingenerare il Big Bang del dissidio dentro il Partito democratico. Ma la contrapposizione pregiudiziale della rottamazione, in forme dialettiche intollerabili- è forse una colpa disonorante che il proprio segretario di partito abbia l’età del proprio padre, o l’ex leader di governo quella della propria avola?-, non poteva che legittimare il deleterio arroccamento del gruppo dirigente da sostituire nella sua rivalsa- con un’arroganza che può ricordare l'orgoglio sprezzante del vecchio PCI, che si scrollava di dosso i dissidenti come fossero i pidocchi di un glorioso cavallo- Occorreva invece che si producesse la differenziazione del partito democratico e del riformismo in una feconda polarizzazione complementare.
Quanto al rifiuto di ogni sviluppo o realtà duale- garantiti e precari, evasori e tartassati dal fisco,- ha un corrispettivo spirituale nell’adualismo che è l’orientamento prevalente nella teologia contemporanea e nella spiritualità indiana.
Nell'esercizio della mistica della politica come inerenza alla vita nella sua pienezza, lo traduco nell’applicazione del principio cristologico- calcedoniano- che non sia separato ciò che è indivisibile e che non sia confuso ciò che va distinto, nel far valere l’ istanza che le polarità siano fecondamente complementari e non oppositivamente distruttive, siano esse capitale e lavoro, Occidente e Oriente, vecchi e giovani, destra e sinistra, (leopoldini e bersaniani, per i miei interlocutori del Big Bang)
Mi pare che sia ovvio, in tutto quanto dico, che fare politica in Occidente è oggi difficile perché occorre fare accettare all’opinione comune l’inevitabilità del nostro impoverimento rispetto ai Paesi emergenti, che i rapporti di forza del colonialismo si sono rovesciati, irreversibilmente Si tratta di puro realismo.
Si guardino anche solo gli indicatori demografici, che preannunciano che la popolazione dell'Africa sta raddoppiando
"Essere di sinistra vuol dire inseguire un progetto che possa far bene all'Africa e all'Asia mentre fa bene a noi; perché un progetto simile deve esistere, altrimenti l'umanità è obbligata a ripetere cicli di errori e di tragedie.
“La Storia siamo noi, nel senso che possiamo influire sul corso degli eventi. Riusciremo a farlo solo se troviamo una narrazione comune che tenga insieme i bisogni e le aspirazioni non di una sola categoria, non di una sola nazione, ma dell'umanità intera” ( Federico Rampini)
Non è difficile individuare in politica ciò che può fare bene in generale, la diminuzione dei costi delle materie prime e dei consumi di acqua e di energie fossili, più colture alimentari e meno biocarburanti…, difficile è che il bene comune diventi senso comune e farlo valere tramite i rapporti di forza, ottenere che si attui attraverso la competizione e la sfida. Qui ed ora, di sicuro, esso richiede che si rafforzi l’unità politica europea sovranazionale, e che l’ avvento dell’unità europea corrisponda innanzitutto ad un’altra intelligenza economica che non il monetarismo imperante.( ch’è l’equivalente della terapia sanitaria del salasso).
E’ comunque esaltante quanto la grande crisi occidentale e insieme le nuove tecnologie, al pari dello squilibrio crescente in India e in Cina, o in Brasile, tra i più alti livelli di sviluppo planetari e gli equilibri ambientali e le aspettative di vita immensamente maggiori che sollecitano e che lasciano miseramente insoddisfatte, rendano possibili e ci inducano a modalità d’accesso ai beni ed a un loro uso, a un riconoscimento di eccellenze e alla valorizzazione di modi di vivere bene, che prescindono dalla proprietà e dalla ricchezza e dai valori e dalle gerarchie di mercato, attualizzando l’”altissima paupertate”delle regole monacali ( si vedano Giorgio Agamben, o Enzo Bianchi), in una economia globale di mercato che non determini società civili di mercato. Ed è questo il grande ruolo di una politica capace di Stewardship, di guidare verso orizzonti lontani ( sempre secondo Federico Rampini in Alla Mia Sinistra).
Altro che leggero cambio degli stili di vita!La ricerca di nuovi stili di vita che ripropone Federico Rampini anche nel suo ultimo bel libro "Alla mia sinistra", in Italia è ad esempio quanto già anima collettivamente coloro che aderiscono al movimento slow food Terra Madre di Carlo Petrini, ed è conforme, ad ulteriore esempio, a quanto persegue l’ecclesialità cattolica interdiocesana, allorchè nel Nord Est cerca di diffondere nuovi sobri stili di vita quali quelli proposti da padre Adriano Sella, o è inerente all’operare di numerosi movimenti buddistici, come il Progetto Essere Pace o il gruppo Terra Nuova, ispirati ai principi del grande monaco vietnamita Thich Nhat Hanh
E’ inevitabile, senza che ciò significhi necessariamente decrescita, che le generazioni successive alla mia perdano tanto più i diritti del Welfare quanto meno si adattano a forme di vita che richiedono meno acquisto di beni e meno consumo di risorse e di energie. L’alibi ricorrente cui ricorrono i ricchi dei paesi emergenti, per non limitare gli sprechi immensi dei loro modi di vita devastanti, è che non capiscono perché debbano farli, se è per sacrificarsi all’egoismo occidentale. Intanto l’Africa sta raddoppiando demograficamente.
Nel costruire così una storia comune, occorre distinguere tra i valori freddi a cui deve limitarsi uno Stato laico, secolare - efficienza, risparmio, rispetto delle regole-, e i valori caldi delle coscienze degli individui sociali. Dubito che i valori freddi possano diventare conformismo civico, se non sono animati nei singoli da valori caldi quali l’ amore del bello, del vero e del bene, l'amore del prossimo o la sacralità della vita e della natura.
D’accordo, per quanto riguarda lo stesso Federico Rampini, ch'egli dovrebbe mostrarsi più consapevole di ciò che sa e che sottoscriverebbe benissimo, che il mondo va avanti anche dove governa o domina la Destra. Una Sinistra ed una Destra tuttora sussistono e devono sussistere ancora, in ragione non di una antitesi, ma di una diversa gerarchia dei valori condivisi,- si auspica. In ogni individuo sono presenti gli spiriti animali della propria categoria o classe di appartenenza, o della propria età generazionale, ed esistono, è vero, gli imprenditori che si sono suicidati perchè hanno dovuto licenziare i propri dipendenti, ma è più facile che siano profittatori, anche bestiali, e che anziché innovare tecnologicamente cerchino di avvantaggiarsi di bassi salari e agevolazioni fiscali, tramite l’assunzione in nero o la delocalizzazione, se non sono indotti a scelte virtuose dalla contrattazione o negoziazione, dalla conflittualità o dalla normative amministrative, statuali e sovranazionali Non illudiamoci. “Nessuno è buono” La contraddizione capitale lavoro magari non esiste, ma non è per pauperismo retrivo che è stato detto “ E più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli”.
Da Colui è' stato anche detto che occorre immettere vino nuovo in otri nuovi, ma ciò può verificarsi culturalmente attraverso le rivoluzioni di interi paradigmi, o innovando tradizioni spirituali e di pensiero.. Ma prego, non si ideologizzi la ricerca del nuovo in una voga giovanilistica, sprezzante di ciò che è avanti negli anni e remoto nel tempo.Il parlare ossessivamente di vecchio e di giovane è innanzitutto un sintomo indubbio di un vuoto di idee, smascherato inesorabilmente dalla sua reiterazione verbale. Ma il“ giovanilismo” è altresì inquietante per chi ha più memoria, pderchè la storia del secolo scorso ci insegna che il giovanilismo che identifica il nuovo in termini anagrafici, è la forma che tendono ad assumere i movimenti che si fanno regime, dal futurismo al rampantismo degli emergenti craxiani, di cui il berlusconismio è stata la fase estrema. Si è sofferto e perduto una vita per liberarcene e per liberarne i giovani.
Ma un giovane dice parole verissime, che vanno oltre ciò che può voler dire, se obbietta che c'è una senilità che si appropria di qualcosa che non è suo.Direi di più, le nostre generazioni si sono venute appropriando del futuro dei giovani. E' di natura inter-generazionale il conflitto presente tra garantiti e precari, tra occupati e disoccupati, e non poteva non ingenerare il Big Bang del dissidio dentro il Partito democratico. Ma la contrapposizione pregiudiziale della rottamazione, in forme dialettiche intollerabili- è forse una colpa disonorante che il proprio segretario di partito abbia l’età del proprio padre, o l’ex leader di governo quella della propria avola?-, non poteva che legittimare il deleterio arroccamento del gruppo dirigente da sostituire nella sua rivalsa- con un’arroganza che può ricordare l'orgoglio sprezzante del vecchio PCI, che si scrollava di dosso i dissidenti come fossero i pidocchi di un glorioso cavallo- Occorreva invece che si producesse la differenziazione del partito democratico e del riformismo in una feconda polarizzazione complementare.
Quanto al rifiuto di ogni sviluppo o realtà duale- garantiti e precari, evasori e tartassati dal fisco,- ha un corrispettivo spirituale nell’adualismo che è l’orientamento prevalente nella teologia contemporanea e nella spiritualità indiana.
Nell'esercizio della mistica della politica come inerenza alla vita nella sua pienezza, lo traduco nell’applicazione del principio cristologico- calcedoniano- che non sia separato ciò che è indivisibile e che non sia confuso ciò che va distinto, nel far valere l’ istanza che le polarità siano fecondamente complementari e non oppositivamente distruttive, siano esse capitale e lavoro, Occidente e Oriente, vecchi e giovani, destra e sinistra, (leopoldini e bersaniani, per i miei interlocutori del Big Bang)
Mi pare che sia ovvio, in tutto quanto dico, che fare politica in Occidente è oggi difficile perché occorre fare accettare all’opinione comune l’inevitabilità del nostro impoverimento rispetto ai Paesi emergenti, che i rapporti di forza del colonialismo si sono rovesciati, irreversibilmente Si tratta di puro realismo.
Si guardino anche solo gli indicatori demografici, che preannunciano che la popolazione dell'Africa sta raddoppiando
letture bibliche
Contro l’esegesi biblica di Isacco o la prova di Abramo di André Wénin
Abramo non parte con un agnello sacrificale, ma con il solo Isacco. Ciò significa che il salire sul Monte con Isacco, per l’ olocausto, era stato da egli inteso univocamente. La narrazione è puramente oggettiva perchè nessun dubbio o incertezza ha sconvolto l’animo di Abramo, che in obbedienza assoluta a Dio era votato fin dall’inizio al sacrificio del figlio, nel rispetto della Legge, nonostante tutta la tenerezza e l’affetto che manifesta a Isacco.
La vicenda di Abramo ed Isacco, attenendoci strettamente ai fatti, come fa Wénin, non ci insegna l’assurdità di dare la morte oblativamente al figlio per non ucciderlo con il proprio possesso( sic, assurdamente, a pg. 87), di legarlo come olocausto per non legarlo a sè ( sic), ci rivela invece che se Dio apprezza il timore che ne ha Abramo, egli non gli ha chiesto né a noi chiede, per testimoniarglielo, di sacrificargli ciò che ci ha donato, ci insegna al contrariuo di goderne il Dono, lasciando che ciò che Dio ci ha donato dia i propri liberi frutti, e non mortificandone la libera vita con la propria legalità. Abramo è l’Anti-Adamo perché ha obbedito per eccesso, sacrificando alla Legge il dono del figlio e la sua vitalità interiore.
Il sacrificio del proprio Figlio può essere umanamente ammesso solo nel senso che occorre essere disposti a ridonare a Dio tutto quello che ci ha dato, accettandone la perdita, non già causandola, con la promessa che in cambio del dono immediato di tutto, mediante la rinuncia che implica l’ accettazione della perdita più dolorosa, tutto riceveremo in cambio.
Lot e le sue Figlie
Sulla Voce di Mantova di giovedì 10 novembre 2011, figura una libera trasposizione, di cui è autore il signor Gianfranco Mortoni, dei passi della Genesi che riferiscono quel che di certamente improponibile intercorse tra Lot e le sue figlie, un duplice incesto il cui reportage giustifica per il Mortoni una liquidazione senza appello della stessa Bibbia. “Te la do io la Bibbia”, egli conclude, usando parole in cui uno può udire l’eco oscura dell’interdizione ai fedeli del suo libero esame da parte dello stesso Magistero Pontificio, almeno dal 1471 fino alla “Dei Verbum” del 18 novembre 1965. Sono davvero desolato che la lettura della Bibbia abbia schifato o adontato così tanto il signor Mortoni, sviandolo a tal punto che ha rovesciato del tutto il procedere delle vicissitudini familiari che sono raccontate nei passi incriminati. Se uno non si fa oscurare la mente dai riflessi patriarcali che seguitano a condizionarci, secondo i quali l’iniziativa sessuale ha da essere del maschio, nei passi in questione non si legge, come Mortoni traspone, che sia stato Lot ad avvinazzarsi per abusare senza freni inibitori delle figlie, ma che al contrario, sono state le figlie ad ubriacare il padre per copulare con lui, e non certo perché lo vagheggiassero, ma perché in assenza di altri uomini non potevano altrimenti superare l’impasse di restare senza discendenza. E’ pur sempre un misfatto, senza se e senza ma, d’accordissimo, ma per biblisti reverendissimi, e antropologi e mitologi, ad un certo livello di lettura esso si rivela una faccenda del tutto illuminante, che non li riguarda più come sconcia indecenza. Si figuri, il caro signor Mortoni, che negli antichi testi vedici dell’induismo è Dio stesso, Prajapati, padre della creazione, che copula con la propria figlia, Usas, l’aurora, il cielo, e non una, ma più e più volte, secondo i Purana, o all’infinito, per tutte le coppie dell’universo che Prajapati ingenera sdoppiandosi in una controparte femminile, e la ragguaglio che è altrimenti incestuosa anche la coppia primordiale di Yama e Yami, fratello e sorella, di cui per giunta esiste la versione giapponese di Izanaki e Izanami.( vedi Raimon Panikkar, Il mito di Prajapati, La colpa originante ovvero l’immolazione creatrice, in Mito, ermeneutica e fede, pagine 91-95 in particolare). Non seguito oltre, con quanto accadde in tali contesti tra Manu e sua figlia, per non offendere il senso laico del pudore del signor Mortoni e di altri lettori. Me ne dispiace, in fede mia, peccato, davvero, perché si tratta di mitologia, non di storia, ed a seguirne il filo, quanto più il racconto sembra inammissibile, una nefandezza illogica assoluta, tanto più esso ci rivela la realtà prima ed ultima di tutte le cose. E ci disvela in tal caso, -secondo il biblista André Wénin, ad esempio – che quelle figlie e quel genitore dai precedenti non meno inquietanti- il padre le aveva già offerte agli abitanti di Sodoma perché non abusassero più di lui che dei due angeli, suoi ospiti maschi-, loro malgrado stanno subendo il limite che è la stessa mancanza che forse si rileva nel nostro interlocutore: ossia l’assenza di alterità ( di alterità culturale, sia ben inteso, nel nostro interlocutore. Che è indispensabile, egli mi creda, a fedeli ed infedeli, per perseguire lo scopo comune fondamentale di umanizzare gli uomini.).
Abramo non parte con un agnello sacrificale, ma con il solo Isacco. Ciò significa che il salire sul Monte con Isacco, per l’ olocausto, era stato da egli inteso univocamente. La narrazione è puramente oggettiva perchè nessun dubbio o incertezza ha sconvolto l’animo di Abramo, che in obbedienza assoluta a Dio era votato fin dall’inizio al sacrificio del figlio, nel rispetto della Legge, nonostante tutta la tenerezza e l’affetto che manifesta a Isacco.
La vicenda di Abramo ed Isacco, attenendoci strettamente ai fatti, come fa Wénin, non ci insegna l’assurdità di dare la morte oblativamente al figlio per non ucciderlo con il proprio possesso( sic, assurdamente, a pg. 87), di legarlo come olocausto per non legarlo a sè ( sic), ci rivela invece che se Dio apprezza il timore che ne ha Abramo, egli non gli ha chiesto né a noi chiede, per testimoniarglielo, di sacrificargli ciò che ci ha donato, ci insegna al contrariuo di goderne il Dono, lasciando che ciò che Dio ci ha donato dia i propri liberi frutti, e non mortificandone la libera vita con la propria legalità. Abramo è l’Anti-Adamo perché ha obbedito per eccesso, sacrificando alla Legge il dono del figlio e la sua vitalità interiore.
Il sacrificio del proprio Figlio può essere umanamente ammesso solo nel senso che occorre essere disposti a ridonare a Dio tutto quello che ci ha dato, accettandone la perdita, non già causandola, con la promessa che in cambio del dono immediato di tutto, mediante la rinuncia che implica l’ accettazione della perdita più dolorosa, tutto riceveremo in cambio.
Lot e le sue Figlie
Sulla Voce di Mantova di giovedì 10 novembre 2011, figura una libera trasposizione, di cui è autore il signor Gianfranco Mortoni, dei passi della Genesi che riferiscono quel che di certamente improponibile intercorse tra Lot e le sue figlie, un duplice incesto il cui reportage giustifica per il Mortoni una liquidazione senza appello della stessa Bibbia. “Te la do io la Bibbia”, egli conclude, usando parole in cui uno può udire l’eco oscura dell’interdizione ai fedeli del suo libero esame da parte dello stesso Magistero Pontificio, almeno dal 1471 fino alla “Dei Verbum” del 18 novembre 1965. Sono davvero desolato che la lettura della Bibbia abbia schifato o adontato così tanto il signor Mortoni, sviandolo a tal punto che ha rovesciato del tutto il procedere delle vicissitudini familiari che sono raccontate nei passi incriminati. Se uno non si fa oscurare la mente dai riflessi patriarcali che seguitano a condizionarci, secondo i quali l’iniziativa sessuale ha da essere del maschio, nei passi in questione non si legge, come Mortoni traspone, che sia stato Lot ad avvinazzarsi per abusare senza freni inibitori delle figlie, ma che al contrario, sono state le figlie ad ubriacare il padre per copulare con lui, e non certo perché lo vagheggiassero, ma perché in assenza di altri uomini non potevano altrimenti superare l’impasse di restare senza discendenza. E’ pur sempre un misfatto, senza se e senza ma, d’accordissimo, ma per biblisti reverendissimi, e antropologi e mitologi, ad un certo livello di lettura esso si rivela una faccenda del tutto illuminante, che non li riguarda più come sconcia indecenza. Si figuri, il caro signor Mortoni, che negli antichi testi vedici dell’induismo è Dio stesso, Prajapati, padre della creazione, che copula con la propria figlia, Usas, l’aurora, il cielo, e non una, ma più e più volte, secondo i Purana, o all’infinito, per tutte le coppie dell’universo che Prajapati ingenera sdoppiandosi in una controparte femminile, e la ragguaglio che è altrimenti incestuosa anche la coppia primordiale di Yama e Yami, fratello e sorella, di cui per giunta esiste la versione giapponese di Izanaki e Izanami.( vedi Raimon Panikkar, Il mito di Prajapati, La colpa originante ovvero l’immolazione creatrice, in Mito, ermeneutica e fede, pagine 91-95 in particolare). Non seguito oltre, con quanto accadde in tali contesti tra Manu e sua figlia, per non offendere il senso laico del pudore del signor Mortoni e di altri lettori. Me ne dispiace, in fede mia, peccato, davvero, perché si tratta di mitologia, non di storia, ed a seguirne il filo, quanto più il racconto sembra inammissibile, una nefandezza illogica assoluta, tanto più esso ci rivela la realtà prima ed ultima di tutte le cose. E ci disvela in tal caso, -secondo il biblista André Wénin, ad esempio – che quelle figlie e quel genitore dai precedenti non meno inquietanti- il padre le aveva già offerte agli abitanti di Sodoma perché non abusassero più di lui che dei due angeli, suoi ospiti maschi-, loro malgrado stanno subendo il limite che è la stessa mancanza che forse si rileva nel nostro interlocutore: ossia l’assenza di alterità ( di alterità culturale, sia ben inteso, nel nostro interlocutore. Che è indispensabile, egli mi creda, a fedeli ed infedeli, per perseguire lo scopo comune fondamentale di umanizzare gli uomini.).
Shocking times
Shocking times “, “Tempi scioccanti,…”, “ sto dimenticando canto dopo canto, e la mia voce i lupi l’hanno strozzata”, “…Vox quoque Moerin/ iam fugit ipsa: lupi Moerin videre priores”. Cito Virgilio ( Egloga nona), e Seamus Heaney, il grande poeta irlandese nostro concittadino onorario, suo traduttore, perchè veramente ho perso la mia voce a causa dei lupi della crisi che ci stanno divorando od al cui agguato stiamo sfuggendo. E in Dio il mio respiro cerca l' inalatore. di vita. Lo stesso Dio che dovrei amare ugualmente, se …
Ma una cosa tento di dire comunque, che è il solo contributo non lacrimevole che so dare alla sofferenza di chi socialmente si sta massacrando per evitare la catastrofe:
Non dimentichiamoci perchè si è arrivati alla manovra economica sanguinaria del governo Monti, le ragioni per le quali questo esecutivo non può evitarcela, non dimentichiamoci che chi ora specula su di essa politicamente è chi a suo tempo a Romano Prodi, dentro la sua maggioranza, ha impedito la sua opera di governo risanatrice, oppure è chi, innominabile, e nefasto, gli è subentrato al vertice facendo precipitare le cose a tal punto, e se questo governo non modifica la realtà devastante dei suoi provvedimenti, consideriamo quanto ciò dipenda dalla sua eventuale pochezza, e quanto dipenda invece dalla volontà di certe forze politiche di cui gli serve il voto, altrimenti ...
(Post scriptum: Ci si ricordi che quei predatori di lacrime e sangue che sarebbero stati a loro tempo Vincenzo Visco, Cesare Damiano ed il compianto Padoa Schioppa, avevano modulato in termini più graduali le quote pensionistiche che sono state abolite di schianto, tolto l’Ici sulla prima casa che ora grava appesantita su tutte, varato la tracciabilità dei pagamenti che si è dovuta reintrodurre, sia pure alla soglia indecorosamente sopraelevata di mille euro, ricavato un tesoretto dalle misure anti-evasione che furono subito cancellate da chi è sopraggiunto, dilapidando l’avanzo di bilancio di 60 miliardi che ci avevano garantito …).
Ma una cosa tento di dire comunque, che è il solo contributo non lacrimevole che so dare alla sofferenza di chi socialmente si sta massacrando per evitare la catastrofe:
Non dimentichiamoci perchè si è arrivati alla manovra economica sanguinaria del governo Monti, le ragioni per le quali questo esecutivo non può evitarcela, non dimentichiamoci che chi ora specula su di essa politicamente è chi a suo tempo a Romano Prodi, dentro la sua maggioranza, ha impedito la sua opera di governo risanatrice, oppure è chi, innominabile, e nefasto, gli è subentrato al vertice facendo precipitare le cose a tal punto, e se questo governo non modifica la realtà devastante dei suoi provvedimenti, consideriamo quanto ciò dipenda dalla sua eventuale pochezza, e quanto dipenda invece dalla volontà di certe forze politiche di cui gli serve il voto, altrimenti ...
(Post scriptum: Ci si ricordi che quei predatori di lacrime e sangue che sarebbero stati a loro tempo Vincenzo Visco, Cesare Damiano ed il compianto Padoa Schioppa, avevano modulato in termini più graduali le quote pensionistiche che sono state abolite di schianto, tolto l’Ici sulla prima casa che ora grava appesantita su tutte, varato la tracciabilità dei pagamenti che si è dovuta reintrodurre, sia pure alla soglia indecorosamente sopraelevata di mille euro, ricavato un tesoretto dalle misure anti-evasione che furono subito cancellate da chi è sopraggiunto, dilapidando l’avanzo di bilancio di 60 miliardi che ci avevano garantito …).
Virgil Eclogue IX,,Virgilio Egloga IX ( traduzione di Seamus HYeaney)
LYCIDAS: Where are you headed, Moeris? Into town?
LICIDA
Dove ti rechi, Meri? In città?
MOERIS: The things we have lived to see. . . The last thing
You could've imagined happening has happened.
An outsider lands and says he has the rights
To our bit of ground. "Out, old hands," he says,
"This place is mine." And these kid-goats in the creel –
Bad cess to him—these kids are his. All's changed.
MERI
Vivere quello che abbiamo vissuto
Per vedere …L’ultima cosa
Che avresti immaginato che accadesse
È accaduta. Ti capita un estraneo
Che accampa ogni diritto
Sul tuo pezzo di terra “ Fuori, mal arnese”,
Egli grida, “ E’ mio questo fondo”
E questi capretti nella cesta- Vada alla malora-
Sono suoi anch’essi. E’ cambiato tutto”
LYCIDAS: The story I heard was about Menalcas,
How your song-man's singing saved the place,
Starting from where the hills go doubling back
And the ridge keeps sloping gently to the water,
Right down to those old scraggy-headed beech trees.
LICIDA
Ho sentito una storia del genere
Quanto a Menalca,
Come il tuo cantore abbia con il canto
Salvato il podere
Da dove le colline ne retrocedono
E i dolci declivi giungono all’acqua,
Giù fino a quei vecchi faggi scalvati in cima
MOERIS: That's what you would have heard. But songs and tunes
Can no more hold out against brute force than doves
When eagles swoop. The truth is, Lycidas,
If I hadn't heard the crow caw on my left
In our hollow oak, I'd have kept on arguing
And that would've been the end of the road, for me
That's talking to you, and for Menalcas even.
MERI
E’ quanto avresti dovuto sentir dire.
Ma melodie e canti
Di più non possono contro la forza bruta
Che le colombe quando piombano le aquile
La verità, Licida, è che se non avessi
Udito a sinistra gracchiare il corvo
Nella nostra quercia cava, non avrei
Smesso di litigare, e questo per me
Che ti parlo, come per lo stesso Menalca,
Sarebbe stata la fine dell’andare.
LYCIDAS: Shocking times. Our very music, our one consolation,
Confiscated, all but. And Menalcas himself
Nearly one of the missing. Who would there be to sing
Praise songs to the nymphs? Who hymn the earth
To grow wild flowers and grass, and shade the wells
With overhanging green? Who sing the song
I listened to in silence the other day
And learned by heart as you went warbling it,
Off to the Amaryllis we all love?
The one that goes, "O herd my goats for me,
Tityrus, till I come back. I wont be long.
Graze them and then water them, and watch
The boyo with the horns doesn't go for you."
LICIDA
Tempi sconvolgenti. La nostra vera musica,
Nostro solo conforto, pressoché confiscata
Per poco lo stesso Menalca
Tra i perduti. Chi ora qui canterebbe
Lodi alle ninfe? Chi inni alla terra
Perché germini fiori di campo ed erbe,
E adombri i pozzi con sovrastante verde ?
Cantando il canto che l’altro giorno
Udii in silenzio, tenendolo io a mente ( memorizzandolo)
Così come lo venivi gorgheggiando,
Volto ad Amaryllis, di noi tutti amore (che noi tutti amiamo )?
Quello che fa, “ Oh, radunami le capre,
Tityro, fino a quando io non torni. Non intendo
Stare via a lungo. Abbeverale
E poi pascile, e adocchia
Che il bricco cornuto non t’attacchi”
MOERIS: And then there was that one he never finished,
Addressed to Varus, about a choir of swans
Chanting his name to the stars, "should Mantua
Survive, Mantua too close to sad Cremona."
MERI
E che dire di quell’altro che lasciò incompiuto,
Rivolto a Varo, su di un coro di cigni
Che canta(va) il suo nome fino alle stelle,
“Sia Mantova superstite, Mantova
Troppo vicina all’ infelice Cremona”
LYCIDAS: If you've any song to sing, then sing it now
So that your bees may swerve off past the yew trees,
Your cows in clover thrive with canted teats
And tightening udders. The Pierian muses
Made me a poet too, I too have songs,
And people in the country call me bard,
But I'm not sure: I have done nothing yet
That Varius or Cinna would take note of.
I'm a squawking goose among sweet-throated swans.
LICIDA
Se tu hai un qualsiasi canto da cantare, tu ora cantalo, allora.
Cosicché le tue api eludano i tassi,
Le tue vacche crescano rigogliose nel trifoglio, con penduli capezzoli
E pregne mammelle (astringentisi). Le muse di Pieria
Pure di me fecero un poeta, io pure posso esibire canti
E la gente nel contado mi considera bardo:
Ma io ne dubito: non ho ancora prodotto nulla
Di cui Vario o Cinna terrebbero conto.
Sono un’oca che gracida tra cigni dalla dolce ugola.
MOERIS: I'm quiet because I'm trying to piece together
As best I can a song I think you'd know:
"Galatea," it goes, "come here to me.
What's in the sea and the waves that keeps you spellbound?
Here earth breaks out in wildflowers, she rills and rolls
The streams in waterweed, here poplars bend
Where the bank is undermined and vines in thickets
Are meshing shade with light. Come here to me,
Let the mad white horses paw and pound the shore."
MERI
Sono assorto nella ricerca di ricomporre,
Come meglio posso, una canzone che penso tu conosca.
“ Galatea,” fa, “vienimi accanto.
Che c’è tra le onde del mare
Che ti lascia incantata?
Qui la terra si sbreccia in fiori di campo,
Suo è il rollio irriguo di rivoli
Tra l’elodea, qui i pioppi s’inflettono
Dove infranto è l’argine/ dov’è eroso l’argine/ e viti inviluppate
Reticolano ombre e luce. Vienimi accanto.
Lascia che i folli cavalli bianchi
Frangano le acque scalpitando.
LYCIDAS: There was something I heard you singing by yourself
One night when the sky was clear. I have the air
So maybe I'll get the words. "Daphnis, Daphnis, why
Do you concentrate your gaze on the old stars?
Look for the star of Caesar, rising now,
Star of corn in the fields and hay in haggards,
Of clustered grapes gone purple in the heat
On hillsides facing south. Daphnis, now is the time
To plant the pear slips for your children's children."
LICIDA
C’è un assolo ch’io ti udii cantare
Una notte che il cielo era terso. Ho in mente l’aria,
Così troverò forse le parole. “ Dafni, perché, Dafni
Fissi il tuo sguardo sulle antiche stelle?
Cerca la stella di Cesare, che sta sorgendo,
Stella del grano nei campi e delle fienagioni ( sparse),
Degli acini a grappoli che imporporano nel calore
Su crinali volti al sud. Dafni, ora è il tempo
D’ innestare il pero per i figli dei tuoi figli”.
MOERIS: Age robs us of everything, of our very mind.
Many a time I remember as a boy
Serenading the slow sun down to rest,
But nowadays I'm forgetting song after song
And my voice is going: maybe the wolves have blinked it.
But Menalcas will keep singing and keep the songs.
MERI
Gli anni ci privano di tutto, del nostro vero spirito.
Mi ricordo di quante mie serenate da giovinetto
Al lento calare del sole a riposarsi,
Ma ora mi smemoro di una canzone dopo l’altra
E la mia voce se ne sta andando: forse i lupi l’hanno resa fioca.
Ma Menalca continuerà a cantare e a preservare i canti.
LYCIDAS: Come on, don't make excuses, I want to hear you
And now's your chance, now this hush has fallen
Everywhere—look -- on the plain, and every breeze
Has calmed and quieted. We've come half-way.
Already you can see Bianor's tomb
Just up ahead. Here where they've trimmed and faced
The old green hedge, here's where we're going to sing.
Set that creel and those kid-goats on the ground.
We'll make it into town in all good time,
Or if it looks like rain when it's getting dark,
Singing shortens the road, so we'll walk and sing.
Walk then, Moeris, and sing. I'll take the kids.
LICIDA
Entra in gioco, senza ( niente) scuse, voglio sentirti cantare.
Ed ora è la tua occasione, ora che questo silenzio
E’ calato ovunque- vedi- sulla pianura, e che ogni brezza
E’ quiete e calma. Siamo a metà
Del nostro cammino. Già puoi vedere la tomba di Bianore
Un poco più oltre. Qui dove hanno cimato e raso
La vecchia siepe verde, è dove ci accingeremo al canto.
Posa a terra quella cesta e quei capretti.
Li consegneremo in tempo in città,
O se sembra che piova all’oscurarsi,
Al canto si abbrevierà il percorso, procederemo così cantando.
Allora/Dunque vai, Meris, e canta. Prenderò io i capretti.
MOERIS: That's enough of that, my boy. We've a job to do.
When the real singer comes, we'll sing in earnest.
MERI
Non insistere, giovane mio. Abbiamo un lavoro da compiere.
Quando il vero cantore sopraggiunga, allora noi canteremo (potremo cantare) per davvero.
LYCIDAS: Where are you headed, Moeris? Into town?
MOERIS: The things we have lived to see. . . The last thing
You could've imagined happening has happened.
An outsider lands and says he has the rights
To our bit of ground. "Out, old hands," he says,
"This place is mine." And these kid-goats in the creel –
Bad cess to him—these kids are his. All's changed.
LYCIDAS: The story I heard was about Menalcas,
How your song-man's singing saved the place,
Starting from where the hills go doubling back
And the ridge keeps sloping gently to the water,
Right down to those old scraggy-headed beech trees.
MOERIS: That's what you would have heard. But songs and tunes
Can no more hold out against brute force than doves
When eagles swoop. The truth is, Lycidas,
If I hadn't heard the crow caw on my left
In our hollow oak, I'd have kept on arguing
And that would've been the end of the road, for me
That's talking to you, and for Menalcas even.
LYCIDAS: Shocking times. Our very music, our one consolation,
Confiscated, all but. And Menalcas himself
Nearly one of the missing. Who would there be to sing
Praise songs to the nymphs? Who hymn the earth
To grow wild flowers and grass, and shade the wells
With overhanging green? Who sing the song
I listened to in silence the other day
And learned by heart as you went warbling it,
Off to the Amaryllis we all love?
The one that goes, "O herd my goats for me,
Tityrus, till I come back. I wont be long.
Graze them and then water them, and watch
The boyo with the horns doesn't go for you."
MOERIS: And then there was that one he never finished,
Addressed to Varus, about a choir of swans
Chanting his name to the stars, "should Mantua
Survive, Mantua too close to sad Cremona."
LYCIDAS: If you've any song to sing, then sing it now
So that your bees may swerve off past the yew trees,
Your cows in clover thrive with canted teats
And tightening udders. The Pierian muses
Made me a poet too, I too have songs,
And people in the country call me bard,
But I'm not sure: I have done nothing yet
That Varius or Cinna would take note of.
I'm a squawking goose among sweet-throated swans.
MOERIS: I'm quiet because I'm trying to piece together
As best I can a song I think you'd know:
"Galatea," it goes, "come here to me.
What's in the sea and the waves that keeps you spellbound?
Here earth breaks out in wildflowers, she rills and rolls
The streams in waterweed, here poplars bend
Where the bank is undermined and vines in thickets
Are meshing shade with light. Come here to me,
Let the mad white horses paw and pound the shore."
LYCIDAS: There was something I heard you singing by yourself
One night when the sky was clear. I have the air
So maybe I'll get the words. "Daphnis, Daphnis, why
Do you concentrate your gaze on the old stars?
Look for the star of Caesar, rising now,
Star of corn in the fields and hay in haggards,
Of clustered grapes gone purple in the heat
On hillsides facing south. Daphnis, now is the time
To plant the pear slips for your children's children."
MOERIS: Age robs us of everything, of our very mind.
Many a time I remember as a boy
Serenading the slow sun down to rest,
But nowadays I'm forgetting song after song
And my voice is going: maybe the wolves have blinked it.
But Menalcas will keep singing and keep the songs.
LYCIDAS: Come on, don't make excuses, I want to hear you
And now's your chance, now this hush has fallen
Everywhere—look -- on the plain, and every breeze
Has calmed and quieted. We've come half-way.
Already you can see Bianor's tomb
Just up ahead. Here where they've trimmed and faced
The old green hedge, here's where we're going to sing.
Set that creel and those kid-goats on the ground.
We'll make it into town in all good time,
Or if it looks like rain when it's getting dark,
Singing shortens the road, so we'll walk and sing.
Walk then, Moeris, and sing. I'll take the kids.
MOERIS: That's enough of that, my boy. We've a job to do.
When the real singer comes, we'll sing in earnest.
LICIDA
Dove ti rechi, Meri? In città?
MERI
Vivere quello che abbiamo vissuto
Per vedere …L’ultima cosa
Che avresti immaginato che accadesse
È accaduta. Ti capita un estraneo
Che accampa ogni diritto
Sul tuo pezzo di terra “ Fuori, mal arnese”,
Egli grida, “ E’ mio questo fondo”
E questi capretti nella cesta- Vada alla malora-
Sono suoi anch’essi. E’ cambiato tutto”
LICIDA
Ho sentito una storia del genere
Quanto a Menalca,
Come il tuo cantore abbia con il canto
Salvato il podere
Da dove le colline ne retrocedono
E i dolci declivi giungono all’acqua,
Giù fino a quei vecchi faggi scalvati in cima
MERI
E’ quanto avresti dovuto sentir dire.
Ma melodie e canti
Di più non possono contro la forza bruta
Che le colombe quando piombano le aquile
La verità, Licida, è che se non avessi
Udito a sinistra gracchiare il corvo
Nella nostra quercia cava, non avrei
Smesso di litigare, e questo per me
Che ti parlo, come per lo stesso Menalca,
Sarebbe stata la fine dell’andare.
LICIDA
Tempi sconvolgenti. La nostra vera musica,
Nostro solo conforto, pressoché confiscata
Per poco lo stesso Menalca
Tra i perduti. Chi ora qui canterebbe
Lodi alle ninfe? Chi inni alla terra
Perché germini fiori di campo ed erbe,
E adombri i pozzi con sovrastante verde ?
Cantando il canto che l’altro giorno
Udii in silenzio, tenendolo io a mente ( memorizzandolo)
Così come lo venivi gorgheggiando,
Volto ad Amaryllis, di noi tutti amore (che noi tutti amiamo )?
Quello che fa, “ Oh, radunami le capre,
Tityro, fino a quando io non torni. Non intendo
Stare via a lungo. Abbeverale
E poi pascile, e adocchia
Che il bricco cornuto non t’attacchi”
MERI
E che dire di quell’altro che lasciò incompiuto,
Rivolto a Varo, su di un coro di cigni
Che canta(va) il suo nome fino alle stelle,
“Sia Mantova superstite, Mantova
Troppo vicina all’ infelice Cremona”
LICIDA
Se tu hai un qualsiasi canto da cantare, tu ora cantalo, allora.
Cosicché le tue api eludano i tassi,
Le tue vacche crescano rigogliose nel trifoglio, con penduli capezzoli
E pregne mammelle (astringentisi). Le muse di Pieria
Pure di me fecero un poeta, io pure posso esibire canti
E la gente nel contado mi considera bardo:
Ma io ne dubito: non ho ancora prodotto nulla
Di cui Vario o Cinna terrebbero conto.
Sono un’oca che gracida tra cigni dalla dolce ugola.
MERI
Sono assorto nella ricerca di ricomporre,
Come meglio posso, una canzone che penso tu conosca.
“ Galatea,” fa, “vienimi accanto.
Che c’è tra le onde del mare
Che ti lascia incantata?
Qui la terra si sbreccia in fiori di campo,
Suo è il rollio irriguo di rivoli
Tra l’elodea, qui i pioppi s’inflettono
Dove infranto è l’argine/ dov’è eroso l’argine/ e viti inviluppate
Reticolano ombre e luce. Vienimi accanto.
Lascia che i folli cavalli bianchi
frangano le acque scalpitando.
LICIDA
C’è un assolo ch’io ti udii cantare
Una notte che il cielo era terso. Ho in mente l’aria,
Così troverò forse le parole. “ Dafni, perché, Dafni
Fissi il tuo sguardo sulle antiche stelle?
Cerca la stella di Cesare, che sta sorgendo,
Stella del grano nei campi e delle fienagioni ( sparse),
Degli acini a grappoli che imporporano nel calore
Su crinali volti al sud. Dafni, ora è il tempo
D’ innestare il pero per i figli dei tuoi figli”.
MERI
Gli anni ci privano di tutto, del nostro vero spirito.
Mi ricordo di quante mie serenate da giovinetto
Al lento calare del sole a riposarsi,
Ma ora mi smemoro di una canzone dopo l’altra
E la mia voce se ne sta andando: forse i lupi l’hanno resa fioca.
Ma Menalca continuerà a cantare e a preservare i canti.
LICIDA
Entra in gioco, senza ( niente) scuse, voglio sentirti cantare.
Ed ora è la tua occasione, ora che questo silenzio
E’ calato ovunque- vedi- sulla pianura, e che ogni brezza
E’ quiete e calma. Siamo a metà
Del nostro cammino. Già puoi vedere la tomba di Bianore
Un poco più oltre. Qui dove hanno cimato e raso
La vecchia siepe verde, è dove ci accingeremo al canto.
Posa a terra quella cesta e quei capretti.
Li consegneremo in tempo in città,
O se sembra che piova all’oscurarsi,
Al canto si abbrevierà il percorso, procederemo così cantando.
Allora/Dunque vai, Meris, e canta. Prenderò io i capretti.
MERI
Non insistere, giovane mio. Abbiamo un lavoro da compiere.
Quando il vero cantore sopraggiunga, allora noi canteremo (potremo cantare) per davvero.
Commento
In Electric Light ( 2001) la traduzione della Egloga nona di Virgilio si colloca tra Red, White and Blue, che la preannuncia nell’ultimo verso ( “And we are borne- sweet diction- south and shout”) e la Glanmore Eclogue, che a sua volta è modellata sull’ Egloga Prima delle Bucoliche. In tal senso Seamus Heaney sembra accreditare la tradizione interpretativa, risalente a Probo, che considera l’Egloga Nona antecedente alla Prima, in quanto in essa Virgilio avrebbe dapprima espresso il lamento del danno infertogli con la confisca dei propri terreni a vantaggio dei veterani di guerra, per poi dare voce nell’ Egloga Prima a tutta la propria gratitudine ad Augusto per il beneficio della loro restituzione .La propria esperienza personale che Seamus Heaney ha trasposto in quella rievocata da Virgilio nelle due Egloghe, è il suo trasferimento dall’Irlanda del Nord nella contea di Wicklow, nel cottage di Glanmore presso Dublino. La forza bruta contro cui non possono nulla le melodie e i canti del poeta, sono gli odi civili e l’esposizione al rischio in cui sotto la dominazione anglo-protestante versava la sua esistenza quotidiana nell’Ulster. Contro tale violenza storica, trasponendosi in Menalca ed in Meri, egli lamenta il cedimento remissivo che gli è stato imposto, per garantirsi il salvacondotto che gli ha assicurato la messa in sicurezza personale, accusa la sospensione della propria voce poetica resa fioca dagli “ Shocking times “, in attesa di tempi più propizi per il proprio avvento ulteriore con la propria grande poesia, E’ nella Glanmore Eglogue, piuttosto, che S. Heaney attua “una messa in scena suoi risorgenti sensi di colpa e timori di evasione idillica rispetto a una realtà intrisa di sangue e di scelera”, come sostiene Roberto Nassi a proposito della traduzione stessa dell’ Egloga Nona. Rispetto al testo di Virgilio, come ha rilevato lo stesso Nassi nel suo mirabile commento, ricorrono soltanto alcuni ritocchi, ma assai significativi, in quanto in luogo dell’indignazione virgiliana vi trova espressione la rassegnazione civile di Heaney, entro un arrangiamento complessivo della sua traduzione che ne determina un abbassamento di registro rispetto a quello virgiliano. Gli espedienti salienti ne sono l’ elisione generalizzata dell’amplificatio, “ la soppressione degli epiteti preziosi, eziologici, e dei riferimenti celebrativi”. ( Per una analisi più puntuale vedasi quanto del saggio in questione è stato trasposto nelle note di questo commento3). Le varie versioni di questa traduzione dell’Egloga Nona contengono la sola variante “ my boy” in luogo della originaria “ Young yellow” del testo originario, a quanto si è potuto attestare. La mia traduzione in italiano della versione dell’Egloga Nona di Seamus Heaney, l’ha ricondotta in terra virgiliana sotto le spoglie di un italiano colloquiale, ho cercato di mantenermi così fedele all’ abbassamento di tono di Seamus Heaney reinventandolo in corrispondenti modi di dire comuni ma particolari dell’italiano, altrimenti, se mi fossi attenuto all’osservanza stretta e al ricalco diretto delle locuzioni linguistiche adottate da Heaney, avrei tramutato. la sua scioltezza linguistica in genericità ordinaria, al limite della sciattezza.
[1] “Virgilio bucolico per ritrovare la gioia del canto senza tema di facili evasioni non aveva forse altra possibilità ai nostri giorni che trasferirsi da Mantova a Glanmore o a Bann Valley.“And we are borne – sweet diction – south and south”, l’ultimo verso di “Red, White and Blue”, quattordicesima poesia della raccolta, ci porta dritti dritti dall’Irlanda al mantovano, alla dolce dizione dei pastori cantori e alla dura realtà dell’esproprio delle terre.” rileva Roberto Nassi in Attualizzazioni Novecentesche del Genere bucolico I casi di Zanzotto ed Heaney
[2] “Ma è anche, nonostante lo stesso eccelso tra i rustici cantori Menalca abbia visto in faccia la morte e sia salvo per miracolo, un atto di fede nell’umanità del canto, ricchezza inespropriabile cui comunque – nella chiusa dell’ecloga – è affidata l’ultima parola “carmina tum, melius, cum venerit ipse, canemus.”E, a confermare la specifica centralità di questa fede inalienabile in Heaney, basterà osservare che uno dei rari, e tra questi il più vistoso, luoghi in cui la rimodulazione dell’irlandese si distende nell’amplificatio è l’incipit del terzo intervento di Lycidas. In Virgilio reagisce d’impulso alla notizia che lo stesso Menalca ha rischiato la vita, abbandonandosi a un’esclamazione di stupito dolore e a un incalzare di domande che l’animo vorrebbe, ma la realtà non concede, retoriche:
Heu, cadit in quemquam tantum scelus? heu, tua nobis
pene simul tecum solacia rapta, Menalca ?
Quis caneret Nymphas? [...]
In Heaney la reazione del pastore è improntata a una più desolata rassegnazione. La scelleratezza dei tempi è accolta come dato di fatto e ineluttabile cui tutto cede tranne la consolazione del canto:
Shocking times. Our very music, our one consolation,
confiscated, all but. And Menalcas himself
nearly one of the missing. Who would there be to sing
praise songs to the nymphs? [...]
Mai come in quest’ecloga, in cui i pastori, in tanta tristezza pure ripescano nella memoria l’armoniosa dolcezza dei canti più vari, per dirla con un’espressione cara a Heaney, “the imagination presses back against the pressure of reality”. L’ecloga anzi dialettizza al suo interno, come in una vivacissima mise en abyme, questa suprema funzione della poesia che la rende “veicolo dell’armonia del mondo” come sosteneva Nadezhda Mandelstam in un passo citato dallo stesso Heaney che vale la pena riportare per intero: The work of the poet, as a vehicle of world harmony, has a social character – that is, it is concerned with the doings of the poet’s fellow men, among whom he lives and whose fate he stares. He does not speak “for them”, but with them, nor does he set himself apart from them: otherwise he would not be a source of truth. “( R. Nassi ibidem)
[3] “All’inverso è costante la soppressione degli epiteti preziosi, eziologici, e dei riferimenti celebrativi. Così, per fare un solo esempio dell’uno e dell’altro caso, si noti che, nei versi sopra citati, le “Chaonias columbas” virgiliane diventano semplicemente “doves”; l’apostrofe celebrativa a Varo intonata da Moeris è declinata nella versione inglese in un discorso riportato, mentre è Mantova la destinataria dell’invocazione diretta e la sua sopravvivenza l’oggetto della speranza del pastore. Le mucche, poi, si cibano dell’irlandese “clover” (trifoglio) anziché dell’esotico (ma ugualmente trifogliato) “cytisum”! “ ( R. Nassi ibidem)
…….
LICIDA
Dove ti rechi, Meri? In città?
MOERIS: The things we have lived to see. . . The last thing
You could've imagined happening has happened.
An outsider lands and says he has the rights
To our bit of ground. "Out, old hands," he says,
"This place is mine." And these kid-goats in the creel –
Bad cess to him—these kids are his. All's changed.
MERI
Vivere quello che abbiamo vissuto
Per vedere …L’ultima cosa
Che avresti immaginato che accadesse
È accaduta. Ti capita un estraneo
Che accampa ogni diritto
Sul tuo pezzo di terra “ Fuori, mal arnese”,
Egli grida, “ E’ mio questo fondo”
E questi capretti nella cesta- Vada alla malora-
Sono suoi anch’essi. E’ cambiato tutto”
LYCIDAS: The story I heard was about Menalcas,
How your song-man's singing saved the place,
Starting from where the hills go doubling back
And the ridge keeps sloping gently to the water,
Right down to those old scraggy-headed beech trees.
LICIDA
Ho sentito una storia del genere
Quanto a Menalca,
Come il tuo cantore abbia con il canto
Salvato il podere
Da dove le colline ne retrocedono
E i dolci declivi giungono all’acqua,
Giù fino a quei vecchi faggi scalvati in cima
MOERIS: That's what you would have heard. But songs and tunes
Can no more hold out against brute force than doves
When eagles swoop. The truth is, Lycidas,
If I hadn't heard the crow caw on my left
In our hollow oak, I'd have kept on arguing
And that would've been the end of the road, for me
That's talking to you, and for Menalcas even.
MERI
E’ quanto avresti dovuto sentir dire.
Ma melodie e canti
Di più non possono contro la forza bruta
Che le colombe quando piombano le aquile
La verità, Licida, è che se non avessi
Udito a sinistra gracchiare il corvo
Nella nostra quercia cava, non avrei
Smesso di litigare, e questo per me
Che ti parlo, come per lo stesso Menalca,
Sarebbe stata la fine dell’andare.
LYCIDAS: Shocking times. Our very music, our one consolation,
Confiscated, all but. And Menalcas himself
Nearly one of the missing. Who would there be to sing
Praise songs to the nymphs? Who hymn the earth
To grow wild flowers and grass, and shade the wells
With overhanging green? Who sing the song
I listened to in silence the other day
And learned by heart as you went warbling it,
Off to the Amaryllis we all love?
The one that goes, "O herd my goats for me,
Tityrus, till I come back. I wont be long.
Graze them and then water them, and watch
The boyo with the horns doesn't go for you."
LICIDA
Tempi sconvolgenti. La nostra vera musica,
Nostro solo conforto, pressoché confiscata
Per poco lo stesso Menalca
Tra i perduti. Chi ora qui canterebbe
Lodi alle ninfe? Chi inni alla terra
Perché germini fiori di campo ed erbe,
E adombri i pozzi con sovrastante verde ?
Cantando il canto che l’altro giorno
Udii in silenzio, tenendolo io a mente ( memorizzandolo)
Così come lo venivi gorgheggiando,
Volto ad Amaryllis, di noi tutti amore (che noi tutti amiamo )?
Quello che fa, “ Oh, radunami le capre,
Tityro, fino a quando io non torni. Non intendo
Stare via a lungo. Abbeverale
E poi pascile, e adocchia
Che il bricco cornuto non t’attacchi”
MOERIS: And then there was that one he never finished,
Addressed to Varus, about a choir of swans
Chanting his name to the stars, "should Mantua
Survive, Mantua too close to sad Cremona."
MERI
E che dire di quell’altro che lasciò incompiuto,
Rivolto a Varo, su di un coro di cigni
Che canta(va) il suo nome fino alle stelle,
“Sia Mantova superstite, Mantova
Troppo vicina all’ infelice Cremona”
LYCIDAS: If you've any song to sing, then sing it now
So that your bees may swerve off past the yew trees,
Your cows in clover thrive with canted teats
And tightening udders. The Pierian muses
Made me a poet too, I too have songs,
And people in the country call me bard,
But I'm not sure: I have done nothing yet
That Varius or Cinna would take note of.
I'm a squawking goose among sweet-throated swans.
LICIDA
Se tu hai un qualsiasi canto da cantare, tu ora cantalo, allora.
Cosicché le tue api eludano i tassi,
Le tue vacche crescano rigogliose nel trifoglio, con penduli capezzoli
E pregne mammelle (astringentisi). Le muse di Pieria
Pure di me fecero un poeta, io pure posso esibire canti
E la gente nel contado mi considera bardo:
Ma io ne dubito: non ho ancora prodotto nulla
Di cui Vario o Cinna terrebbero conto.
Sono un’oca che gracida tra cigni dalla dolce ugola.
MOERIS: I'm quiet because I'm trying to piece together
As best I can a song I think you'd know:
"Galatea," it goes, "come here to me.
What's in the sea and the waves that keeps you spellbound?
Here earth breaks out in wildflowers, she rills and rolls
The streams in waterweed, here poplars bend
Where the bank is undermined and vines in thickets
Are meshing shade with light. Come here to me,
Let the mad white horses paw and pound the shore."
MERI
Sono assorto nella ricerca di ricomporre,
Come meglio posso, una canzone che penso tu conosca.
“ Galatea,” fa, “vienimi accanto.
Che c’è tra le onde del mare
Che ti lascia incantata?
Qui la terra si sbreccia in fiori di campo,
Suo è il rollio irriguo di rivoli
Tra l’elodea, qui i pioppi s’inflettono
Dove infranto è l’argine/ dov’è eroso l’argine/ e viti inviluppate
Reticolano ombre e luce. Vienimi accanto.
Lascia che i folli cavalli bianchi
Frangano le acque scalpitando.
LYCIDAS: There was something I heard you singing by yourself
One night when the sky was clear. I have the air
So maybe I'll get the words. "Daphnis, Daphnis, why
Do you concentrate your gaze on the old stars?
Look for the star of Caesar, rising now,
Star of corn in the fields and hay in haggards,
Of clustered grapes gone purple in the heat
On hillsides facing south. Daphnis, now is the time
To plant the pear slips for your children's children."
LICIDA
C’è un assolo ch’io ti udii cantare
Una notte che il cielo era terso. Ho in mente l’aria,
Così troverò forse le parole. “ Dafni, perché, Dafni
Fissi il tuo sguardo sulle antiche stelle?
Cerca la stella di Cesare, che sta sorgendo,
Stella del grano nei campi e delle fienagioni ( sparse),
Degli acini a grappoli che imporporano nel calore
Su crinali volti al sud. Dafni, ora è il tempo
D’ innestare il pero per i figli dei tuoi figli”.
MOERIS: Age robs us of everything, of our very mind.
Many a time I remember as a boy
Serenading the slow sun down to rest,
But nowadays I'm forgetting song after song
And my voice is going: maybe the wolves have blinked it.
But Menalcas will keep singing and keep the songs.
MERI
Gli anni ci privano di tutto, del nostro vero spirito.
Mi ricordo di quante mie serenate da giovinetto
Al lento calare del sole a riposarsi,
Ma ora mi smemoro di una canzone dopo l’altra
E la mia voce se ne sta andando: forse i lupi l’hanno resa fioca.
Ma Menalca continuerà a cantare e a preservare i canti.
LYCIDAS: Come on, don't make excuses, I want to hear you
And now's your chance, now this hush has fallen
Everywhere—look -- on the plain, and every breeze
Has calmed and quieted. We've come half-way.
Already you can see Bianor's tomb
Just up ahead. Here where they've trimmed and faced
The old green hedge, here's where we're going to sing.
Set that creel and those kid-goats on the ground.
We'll make it into town in all good time,
Or if it looks like rain when it's getting dark,
Singing shortens the road, so we'll walk and sing.
Walk then, Moeris, and sing. I'll take the kids.
LICIDA
Entra in gioco, senza ( niente) scuse, voglio sentirti cantare.
Ed ora è la tua occasione, ora che questo silenzio
E’ calato ovunque- vedi- sulla pianura, e che ogni brezza
E’ quiete e calma. Siamo a metà
Del nostro cammino. Già puoi vedere la tomba di Bianore
Un poco più oltre. Qui dove hanno cimato e raso
La vecchia siepe verde, è dove ci accingeremo al canto.
Posa a terra quella cesta e quei capretti.
Li consegneremo in tempo in città,
O se sembra che piova all’oscurarsi,
Al canto si abbrevierà il percorso, procederemo così cantando.
Allora/Dunque vai, Meris, e canta. Prenderò io i capretti.
MOERIS: That's enough of that, my boy. We've a job to do.
When the real singer comes, we'll sing in earnest.
MERI
Non insistere, giovane mio. Abbiamo un lavoro da compiere.
Quando il vero cantore sopraggiunga, allora noi canteremo (potremo cantare) per davvero.
LYCIDAS: Where are you headed, Moeris? Into town?
MOERIS: The things we have lived to see. . . The last thing
You could've imagined happening has happened.
An outsider lands and says he has the rights
To our bit of ground. "Out, old hands," he says,
"This place is mine." And these kid-goats in the creel –
Bad cess to him—these kids are his. All's changed.
LYCIDAS: The story I heard was about Menalcas,
How your song-man's singing saved the place,
Starting from where the hills go doubling back
And the ridge keeps sloping gently to the water,
Right down to those old scraggy-headed beech trees.
MOERIS: That's what you would have heard. But songs and tunes
Can no more hold out against brute force than doves
When eagles swoop. The truth is, Lycidas,
If I hadn't heard the crow caw on my left
In our hollow oak, I'd have kept on arguing
And that would've been the end of the road, for me
That's talking to you, and for Menalcas even.
LYCIDAS: Shocking times. Our very music, our one consolation,
Confiscated, all but. And Menalcas himself
Nearly one of the missing. Who would there be to sing
Praise songs to the nymphs? Who hymn the earth
To grow wild flowers and grass, and shade the wells
With overhanging green? Who sing the song
I listened to in silence the other day
And learned by heart as you went warbling it,
Off to the Amaryllis we all love?
The one that goes, "O herd my goats for me,
Tityrus, till I come back. I wont be long.
Graze them and then water them, and watch
The boyo with the horns doesn't go for you."
MOERIS: And then there was that one he never finished,
Addressed to Varus, about a choir of swans
Chanting his name to the stars, "should Mantua
Survive, Mantua too close to sad Cremona."
LYCIDAS: If you've any song to sing, then sing it now
So that your bees may swerve off past the yew trees,
Your cows in clover thrive with canted teats
And tightening udders. The Pierian muses
Made me a poet too, I too have songs,
And people in the country call me bard,
But I'm not sure: I have done nothing yet
That Varius or Cinna would take note of.
I'm a squawking goose among sweet-throated swans.
MOERIS: I'm quiet because I'm trying to piece together
As best I can a song I think you'd know:
"Galatea," it goes, "come here to me.
What's in the sea and the waves that keeps you spellbound?
Here earth breaks out in wildflowers, she rills and rolls
The streams in waterweed, here poplars bend
Where the bank is undermined and vines in thickets
Are meshing shade with light. Come here to me,
Let the mad white horses paw and pound the shore."
LYCIDAS: There was something I heard you singing by yourself
One night when the sky was clear. I have the air
So maybe I'll get the words. "Daphnis, Daphnis, why
Do you concentrate your gaze on the old stars?
Look for the star of Caesar, rising now,
Star of corn in the fields and hay in haggards,
Of clustered grapes gone purple in the heat
On hillsides facing south. Daphnis, now is the time
To plant the pear slips for your children's children."
MOERIS: Age robs us of everything, of our very mind.
Many a time I remember as a boy
Serenading the slow sun down to rest,
But nowadays I'm forgetting song after song
And my voice is going: maybe the wolves have blinked it.
But Menalcas will keep singing and keep the songs.
LYCIDAS: Come on, don't make excuses, I want to hear you
And now's your chance, now this hush has fallen
Everywhere—look -- on the plain, and every breeze
Has calmed and quieted. We've come half-way.
Already you can see Bianor's tomb
Just up ahead. Here where they've trimmed and faced
The old green hedge, here's where we're going to sing.
Set that creel and those kid-goats on the ground.
We'll make it into town in all good time,
Or if it looks like rain when it's getting dark,
Singing shortens the road, so we'll walk and sing.
Walk then, Moeris, and sing. I'll take the kids.
MOERIS: That's enough of that, my boy. We've a job to do.
When the real singer comes, we'll sing in earnest.
LICIDA
Dove ti rechi, Meri? In città?
MERI
Vivere quello che abbiamo vissuto
Per vedere …L’ultima cosa
Che avresti immaginato che accadesse
È accaduta. Ti capita un estraneo
Che accampa ogni diritto
Sul tuo pezzo di terra “ Fuori, mal arnese”,
Egli grida, “ E’ mio questo fondo”
E questi capretti nella cesta- Vada alla malora-
Sono suoi anch’essi. E’ cambiato tutto”
LICIDA
Ho sentito una storia del genere
Quanto a Menalca,
Come il tuo cantore abbia con il canto
Salvato il podere
Da dove le colline ne retrocedono
E i dolci declivi giungono all’acqua,
Giù fino a quei vecchi faggi scalvati in cima
MERI
E’ quanto avresti dovuto sentir dire.
Ma melodie e canti
Di più non possono contro la forza bruta
Che le colombe quando piombano le aquile
La verità, Licida, è che se non avessi
Udito a sinistra gracchiare il corvo
Nella nostra quercia cava, non avrei
Smesso di litigare, e questo per me
Che ti parlo, come per lo stesso Menalca,
Sarebbe stata la fine dell’andare.
LICIDA
Tempi sconvolgenti. La nostra vera musica,
Nostro solo conforto, pressoché confiscata
Per poco lo stesso Menalca
Tra i perduti. Chi ora qui canterebbe
Lodi alle ninfe? Chi inni alla terra
Perché germini fiori di campo ed erbe,
E adombri i pozzi con sovrastante verde ?
Cantando il canto che l’altro giorno
Udii in silenzio, tenendolo io a mente ( memorizzandolo)
Così come lo venivi gorgheggiando,
Volto ad Amaryllis, di noi tutti amore (che noi tutti amiamo )?
Quello che fa, “ Oh, radunami le capre,
Tityro, fino a quando io non torni. Non intendo
Stare via a lungo. Abbeverale
E poi pascile, e adocchia
Che il bricco cornuto non t’attacchi”
MERI
E che dire di quell’altro che lasciò incompiuto,
Rivolto a Varo, su di un coro di cigni
Che canta(va) il suo nome fino alle stelle,
“Sia Mantova superstite, Mantova
Troppo vicina all’ infelice Cremona”
LICIDA
Se tu hai un qualsiasi canto da cantare, tu ora cantalo, allora.
Cosicché le tue api eludano i tassi,
Le tue vacche crescano rigogliose nel trifoglio, con penduli capezzoli
E pregne mammelle (astringentisi). Le muse di Pieria
Pure di me fecero un poeta, io pure posso esibire canti
E la gente nel contado mi considera bardo:
Ma io ne dubito: non ho ancora prodotto nulla
Di cui Vario o Cinna terrebbero conto.
Sono un’oca che gracida tra cigni dalla dolce ugola.
MERI
Sono assorto nella ricerca di ricomporre,
Come meglio posso, una canzone che penso tu conosca.
“ Galatea,” fa, “vienimi accanto.
Che c’è tra le onde del mare
Che ti lascia incantata?
Qui la terra si sbreccia in fiori di campo,
Suo è il rollio irriguo di rivoli
Tra l’elodea, qui i pioppi s’inflettono
Dove infranto è l’argine/ dov’è eroso l’argine/ e viti inviluppate
Reticolano ombre e luce. Vienimi accanto.
Lascia che i folli cavalli bianchi
frangano le acque scalpitando.
LICIDA
C’è un assolo ch’io ti udii cantare
Una notte che il cielo era terso. Ho in mente l’aria,
Così troverò forse le parole. “ Dafni, perché, Dafni
Fissi il tuo sguardo sulle antiche stelle?
Cerca la stella di Cesare, che sta sorgendo,
Stella del grano nei campi e delle fienagioni ( sparse),
Degli acini a grappoli che imporporano nel calore
Su crinali volti al sud. Dafni, ora è il tempo
D’ innestare il pero per i figli dei tuoi figli”.
MERI
Gli anni ci privano di tutto, del nostro vero spirito.
Mi ricordo di quante mie serenate da giovinetto
Al lento calare del sole a riposarsi,
Ma ora mi smemoro di una canzone dopo l’altra
E la mia voce se ne sta andando: forse i lupi l’hanno resa fioca.
Ma Menalca continuerà a cantare e a preservare i canti.
LICIDA
Entra in gioco, senza ( niente) scuse, voglio sentirti cantare.
Ed ora è la tua occasione, ora che questo silenzio
E’ calato ovunque- vedi- sulla pianura, e che ogni brezza
E’ quiete e calma. Siamo a metà
Del nostro cammino. Già puoi vedere la tomba di Bianore
Un poco più oltre. Qui dove hanno cimato e raso
La vecchia siepe verde, è dove ci accingeremo al canto.
Posa a terra quella cesta e quei capretti.
Li consegneremo in tempo in città,
O se sembra che piova all’oscurarsi,
Al canto si abbrevierà il percorso, procederemo così cantando.
Allora/Dunque vai, Meris, e canta. Prenderò io i capretti.
MERI
Non insistere, giovane mio. Abbiamo un lavoro da compiere.
Quando il vero cantore sopraggiunga, allora noi canteremo (potremo cantare) per davvero.
Commento
In Electric Light ( 2001) la traduzione della Egloga nona di Virgilio si colloca tra Red, White and Blue, che la preannuncia nell’ultimo verso ( “And we are borne- sweet diction- south and shout”) e la Glanmore Eclogue, che a sua volta è modellata sull’ Egloga Prima delle Bucoliche. In tal senso Seamus Heaney sembra accreditare la tradizione interpretativa, risalente a Probo, che considera l’Egloga Nona antecedente alla Prima, in quanto in essa Virgilio avrebbe dapprima espresso il lamento del danno infertogli con la confisca dei propri terreni a vantaggio dei veterani di guerra, per poi dare voce nell’ Egloga Prima a tutta la propria gratitudine ad Augusto per il beneficio della loro restituzione .La propria esperienza personale che Seamus Heaney ha trasposto in quella rievocata da Virgilio nelle due Egloghe, è il suo trasferimento dall’Irlanda del Nord nella contea di Wicklow, nel cottage di Glanmore presso Dublino. La forza bruta contro cui non possono nulla le melodie e i canti del poeta, sono gli odi civili e l’esposizione al rischio in cui sotto la dominazione anglo-protestante versava la sua esistenza quotidiana nell’Ulster. Contro tale violenza storica, trasponendosi in Menalca ed in Meri, egli lamenta il cedimento remissivo che gli è stato imposto, per garantirsi il salvacondotto che gli ha assicurato la messa in sicurezza personale, accusa la sospensione della propria voce poetica resa fioca dagli “ Shocking times “, in attesa di tempi più propizi per il proprio avvento ulteriore con la propria grande poesia, E’ nella Glanmore Eglogue, piuttosto, che S. Heaney attua “una messa in scena suoi risorgenti sensi di colpa e timori di evasione idillica rispetto a una realtà intrisa di sangue e di scelera”, come sostiene Roberto Nassi a proposito della traduzione stessa dell’ Egloga Nona. Rispetto al testo di Virgilio, come ha rilevato lo stesso Nassi nel suo mirabile commento, ricorrono soltanto alcuni ritocchi, ma assai significativi, in quanto in luogo dell’indignazione virgiliana vi trova espressione la rassegnazione civile di Heaney, entro un arrangiamento complessivo della sua traduzione che ne determina un abbassamento di registro rispetto a quello virgiliano. Gli espedienti salienti ne sono l’ elisione generalizzata dell’amplificatio, “ la soppressione degli epiteti preziosi, eziologici, e dei riferimenti celebrativi”. ( Per una analisi più puntuale vedasi quanto del saggio in questione è stato trasposto nelle note di questo commento3). Le varie versioni di questa traduzione dell’Egloga Nona contengono la sola variante “ my boy” in luogo della originaria “ Young yellow” del testo originario, a quanto si è potuto attestare. La mia traduzione in italiano della versione dell’Egloga Nona di Seamus Heaney, l’ha ricondotta in terra virgiliana sotto le spoglie di un italiano colloquiale, ho cercato di mantenermi così fedele all’ abbassamento di tono di Seamus Heaney reinventandolo in corrispondenti modi di dire comuni ma particolari dell’italiano, altrimenti, se mi fossi attenuto all’osservanza stretta e al ricalco diretto delle locuzioni linguistiche adottate da Heaney, avrei tramutato. la sua scioltezza linguistica in genericità ordinaria, al limite della sciattezza.
[1] “Virgilio bucolico per ritrovare la gioia del canto senza tema di facili evasioni non aveva forse altra possibilità ai nostri giorni che trasferirsi da Mantova a Glanmore o a Bann Valley.“And we are borne – sweet diction – south and south”, l’ultimo verso di “Red, White and Blue”, quattordicesima poesia della raccolta, ci porta dritti dritti dall’Irlanda al mantovano, alla dolce dizione dei pastori cantori e alla dura realtà dell’esproprio delle terre.” rileva Roberto Nassi in Attualizzazioni Novecentesche del Genere bucolico I casi di Zanzotto ed Heaney
[2] “Ma è anche, nonostante lo stesso eccelso tra i rustici cantori Menalca abbia visto in faccia la morte e sia salvo per miracolo, un atto di fede nell’umanità del canto, ricchezza inespropriabile cui comunque – nella chiusa dell’ecloga – è affidata l’ultima parola “carmina tum, melius, cum venerit ipse, canemus.”E, a confermare la specifica centralità di questa fede inalienabile in Heaney, basterà osservare che uno dei rari, e tra questi il più vistoso, luoghi in cui la rimodulazione dell’irlandese si distende nell’amplificatio è l’incipit del terzo intervento di Lycidas. In Virgilio reagisce d’impulso alla notizia che lo stesso Menalca ha rischiato la vita, abbandonandosi a un’esclamazione di stupito dolore e a un incalzare di domande che l’animo vorrebbe, ma la realtà non concede, retoriche:
Heu, cadit in quemquam tantum scelus? heu, tua nobis
pene simul tecum solacia rapta, Menalca ?
Quis caneret Nymphas? [...]
In Heaney la reazione del pastore è improntata a una più desolata rassegnazione. La scelleratezza dei tempi è accolta come dato di fatto e ineluttabile cui tutto cede tranne la consolazione del canto:
Shocking times. Our very music, our one consolation,
confiscated, all but. And Menalcas himself
nearly one of the missing. Who would there be to sing
praise songs to the nymphs? [...]
Mai come in quest’ecloga, in cui i pastori, in tanta tristezza pure ripescano nella memoria l’armoniosa dolcezza dei canti più vari, per dirla con un’espressione cara a Heaney, “the imagination presses back against the pressure of reality”. L’ecloga anzi dialettizza al suo interno, come in una vivacissima mise en abyme, questa suprema funzione della poesia che la rende “veicolo dell’armonia del mondo” come sosteneva Nadezhda Mandelstam in un passo citato dallo stesso Heaney che vale la pena riportare per intero: The work of the poet, as a vehicle of world harmony, has a social character – that is, it is concerned with the doings of the poet’s fellow men, among whom he lives and whose fate he stares. He does not speak “for them”, but with them, nor does he set himself apart from them: otherwise he would not be a source of truth. “( R. Nassi ibidem)
[3] “All’inverso è costante la soppressione degli epiteti preziosi, eziologici, e dei riferimenti celebrativi. Così, per fare un solo esempio dell’uno e dell’altro caso, si noti che, nei versi sopra citati, le “Chaonias columbas” virgiliane diventano semplicemente “doves”; l’apostrofe celebrativa a Varo intonata da Moeris è declinata nella versione inglese in un discorso riportato, mentre è Mantova la destinataria dell’invocazione diretta e la sua sopravvivenza l’oggetto della speranza del pastore. Le mucche, poi, si cibano dell’irlandese “clover” (trifoglio) anziché dell’esotico (ma ugualmente trifogliato) “cytisum”! “ ( R. Nassi ibidem)
…….
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