Tutta la mestizia del giovane Mohammad ( riscrittura)
Tutta la mestizia del giovane Mohammad nel mio ufficio dove è convenuto con Ajay per la lezione serale, cui non so offrire che la stanchezza vessata del mio ascolto, quando mi dice che vorrebbe morire perché è così povero.
“Non ho forse ragione?” Non so replicargli se non che non deve dire e pensare cose del genere, non deve farsene affliggere la mente: “Io sarei ben più ricco se mi ritrovassi in Italia, dove nessuno mi chiede più niente, ma quanto più povera vi sarebbe la mia vita senza di te, di Ajay e della sua cara famiglia”.
In mattinata era successo che l’insegnante della scuola cui era ben felice con il mio contributo di essere di ritorno, l’avesse fatto stare in ginocchioni per non meno di quaranta minuti, perché vi aveva rimesso piede dopo due mesi di assenza. “ Ma non sono stati i tuoi stessi insegnanti a ripeterti continuamente, i primi giorni di scuola, che dovevi startene fuori, out, perché non eri in grado di pagare le tasse di iscrizione?”
Ma la sua sudditanza mentale alla pezzenteria rifatta di quegli insegnanti era tale, che il senso delle mie parole gli era duro.
Ciò che intanto più lo addolorava era che il padre che ora guadagna non più di 150 , 200 rupie al giorno come venditore di the, avesse lasciato Kanpur per Khajuraho che era ancora in condizioni economiche medio-basse, il che gli consentiva allora un guadagno di 500, 600 rupie al giorno, di cui almeno 200 le versava ogni giorno a una sorella più povera, che frattanto si era arricchita ed ora non prestava alcun soccorso alla disgraziata famiglia del fratello, più volte funestata dai ladri durante l’anno scorso.
“ E’ una delle prime leggi della vita, Mohammad, che se dai aiuto non devi attendertene niente”.
Non era lo stesso, per quanto lui ne sapeva, per il mio tramite, della stessa famiglia di Kailash? Ero di rientro con Ajay dalla visita al nonno, in Byathal, tra le arature dei coltivi e lo splendore delle radure della giungla dove convenivano le popolazioni di scimmie, per dirgli come Manoj stesse attentando alla felicità della famiglia del fratello con l’improvvido acquisto di un proprio tuk tuk, e con che costrutto si era risolta la nostra missione, come Ajay aveva ben inteso fin dal rientro? Se non che il padre di Kailash aveva colto al volo la mia dichiarazione d'intenti di trasferire in Rajnagar la sede del negozio di barbiere le cui suppellettili stazionavano sui ripiani della nostra casa, sul terrazzo, per proporre che anch'esso finisse nella sua Byathal, come già vi sono finite nelle sue mani con la sua figliolanza la bufala di Kailash, il negozietto di generi alimentari e domestici che vi abbiamo costruito, al tempo in cui per la morte di Sumit la mente di Kailash era più sconvolta e fuorviante, quanto mai suggestionabile dalla sollecitazione al rientro di tutto nel luogo d'origine.
Mohammad ed Ajay sfogliavano intanto le pagine patinate delle riviste di celebrità, che avevo acquistato sottocosto, essendo in resa, perché ne ritagliassero le immagini e vi scrivessero sotto in italiano una prima descrizione fisica di tali eminenze del mondo dello spettacolo. Non uno di loro, a quanto ben ne sapevano, che non fosse il figlio di un direttore artistico della Bolliwood dei sogni, quei madarchor.
“Non ho forse ragione?” Non so replicargli se non che non deve dire e pensare cose del genere, non deve farsene affliggere la mente: “Io sarei ben più ricco se mi ritrovassi in Italia, dove nessuno mi chiede più niente, ma quanto più povera vi sarebbe la mia vita senza di te, di Ajay e della sua cara famiglia”.
In mattinata era successo che l’insegnante della scuola cui era ben felice con il mio contributo di essere di ritorno, l’avesse fatto stare in ginocchioni per non meno di quaranta minuti, perché vi aveva rimesso piede dopo due mesi di assenza. “ Ma non sono stati i tuoi stessi insegnanti a ripeterti continuamente, i primi giorni di scuola, che dovevi startene fuori, out, perché non eri in grado di pagare le tasse di iscrizione?”
Ma la sua sudditanza mentale alla pezzenteria rifatta di quegli insegnanti era tale, che il senso delle mie parole gli era duro.
Ciò che intanto più lo addolorava era che il padre che ora guadagna non più di 150 , 200 rupie al giorno come venditore di the, avesse lasciato Kanpur per Khajuraho che era ancora in condizioni economiche medio-basse, il che gli consentiva allora un guadagno di 500, 600 rupie al giorno, di cui almeno 200 le versava ogni giorno a una sorella più povera, che frattanto si era arricchita ed ora non prestava alcun soccorso alla disgraziata famiglia del fratello, più volte funestata dai ladri durante l’anno scorso.
“ E’ una delle prime leggi della vita, Mohammad, che se dai aiuto non devi attendertene niente”.
Non era lo stesso, per quanto lui ne sapeva, per il mio tramite, della stessa famiglia di Kailash? Ero di rientro con Ajay dalla visita al nonno, in Byathal, tra le arature dei coltivi e lo splendore delle radure della giungla dove convenivano le popolazioni di scimmie, per dirgli come Manoj stesse attentando alla felicità della famiglia del fratello con l’improvvido acquisto di un proprio tuk tuk, e con che costrutto si era risolta la nostra missione, come Ajay aveva ben inteso fin dal rientro? Se non che il padre di Kailash aveva colto al volo la mia dichiarazione d'intenti di trasferire in Rajnagar la sede del negozio di barbiere le cui suppellettili stazionavano sui ripiani della nostra casa, sul terrazzo, per proporre che anch'esso finisse nella sua Byathal, come già vi sono finite nelle sue mani con la sua figliolanza la bufala di Kailash, il negozietto di generi alimentari e domestici che vi abbiamo costruito, al tempo in cui per la morte di Sumit la mente di Kailash era più sconvolta e fuorviante, quanto mai suggestionabile dalla sollecitazione al rientro di tutto nel luogo d'origine.
Mohammad ed Ajay sfogliavano intanto le pagine patinate delle riviste di celebrità, che avevo acquistato sottocosto, essendo in resa, perché ne ritagliassero le immagini e vi scrivessero sotto in italiano una prima descrizione fisica di tali eminenze del mondo dello spettacolo. Non uno di loro, a quanto ben ne sapevano, che non fosse il figlio di un direttore artistico della Bolliwood dei sogni, quei madarchor.
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