giovedì 2 maggio 2019

Bella ciao


In tempi di regimi reazionari di massa , per dirla con Palmiro Togliatti,  in  cui il fascismo è un’insidia che può insediarsi in un modo e nell’altro in ognuno di noi, nei fascisti nero catrame come in chi si presume uno dei Weird, western, educated, industrialized, rich and democratic men ,  e non vuole fare i conti con la ricolonizzazione planetaria e l’evidenza sempre più inconfutabile dell’anima schiavista perenne  della democrazia occidentale ,  per cui  la difesa sovranista dei diritti del cittadino   è in conflitto  più che mai  con quella dei diritti  dell’ uomo,  è l’ora cred’io di un antifascismo  sempre più consapevole e critico, che ribadisca i propri miti fondanti nel rispetto della realtà storica e dell’intelligenza pensante. Per essere semplice e chiaro, occorre ribadire la propria opposizione e resistenza ad ogni fascismo, come a ogni totalitarismo comunista, perché il fascismo nella sua ispirazione ideologica e  nella sua costituzione materiale,  nonché in ciò che di catastrofico e abominevole ne è conseguito,  resta assolutamente  inammissibile nonostante quello che di buono può aver fatto,   non già perché non può avere fatto niente di buono, e niente di buono può essere accaduto nel ventennio fascista. Il regime fascista non era  un regno metafisico del male in cui ogni strada che venisse asfalta  si sbriciolava subito, ogni ponte che si  fosse costruito cadeva all’istante, ogni condominio dell’epoca collassava su se stesso come ci si  metteva piede dentro, o non c’era raccolta del grano che non  finisse in marcescenza. Il che non toglie che restino fake news gli 8 milioni di ettari bonificati delle Paludi pontine,- furono non più di 500.000, pare-, o che le pensioni siano state istituite dal duce, quando risalgono ai governi liberali di destra  Crispi-Pelloux-Orlando.  Ciò detto,  la Resistenza va difesa e ed esaltata come grande processo di liberazione e di riscatto nazionale di un intero popolo , magnificando più di ogni altro chi vi ha fatto dono della sua vita per la salvezza di quella altrui, senza negarne per questo  gli orrori che ha perpetrato , quali l’assassinio dei fratelli Govoni e del giovane seminarista Rolando Rivi, o ricusare che nelle foibe siano finiti anche italiani che non erano fascisti. In realtà si tratta di revisionismi che erano divenuti ovvi già negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, in ogni ambito maturo storico-  artistico,  di ricerca e di pensiero, ma tant’è. Come ho ricordato ai miei amici in  face book , mio padre, ad esempio , che in vita fu uomo  pavido e resistentissimo, senza essere mai  stato né mai diventare poi di sinistra,  in questo a differenza di me, eppure si fece  partigiano per mera  umanità nei Volontari  della  libertà, come per mera umanità aderirono alla Resistenza tantissimi italiani, perché egli disertò per non essere complice degli orrori perpetrati  dall’esercito fascista di stanza nella penisola balcanica., e per questo rischiò la fucilazione.  Ma la Resistenza non si può depoliticizzarla o  sbiancarla, come vorrebbe un certo revisionismo di regime che  risale allo stesso renzismo rottamatore, cogliendo la palla al balzo delle semplificazione inaccettabili di Matteo Salvini, che ha presunto di ridurla a derby  tra  le tifoserie di fascismo e comunismo. I comunisti ed i socialisti nella Resistenza ebbero un ruolo propulsivo e organizzativo fondamentale, non esclusivo,  e l’anima non insurrezionale del Pci  ne ha garantito lo sbocco nell’alveo democratico, o ve lo ha confinato,  a seconda dei punti di vista.  Comunque sia  trovo inammissibile e  inaccettabile, in sé gravissimo,  una forma di acquiescenza e di condiscendenza che è già un cedimento, che non si possa cantare in una qualsiasi cerimonia pubblica Bella Ciao,  in quanto che, ci si giustifica,  sarebbe  divisiva. Bella Ciao nasce come canto del lavoro ed è oramai cantata in tutto il mondo,  e  gli unici riferimenti politici che vi ricorrono sono all’ invasore – nazista, e non specificato- e alla libertà. Personalmente l’ ho cantata  pubblicamente solo una volta, e fu in Iran, su richiesta ineludibile di un gruppo giovani che si erano ritrovati in auto di notte  lassù in montagna,  senza finalità cospirative ma pur di sentirsi, solo lassù,  liberi  dal regime di oppressione degli ayatollah. E seguito a trovare intollerabile che altre etnie, come  i sik indiani, nelle loro cerimonie religiose  assolutamente pacifiche possano sfilare  in città solo  in  periferia.
Odorico Bergamaschi

Nessun commento: