martedì 14 ottobre 2014

Egloghe  indiane


Prima Ecloga Indiana ( 2012)

Riscrittura (2013)



Qui dove la tigre che ti fronteggia

è il pupazzo di stoffa di Chandu,

e nel dolce lume il gioco e il canto

sono la felicità di bimbi tra l’immondo,

che lieve brezza ti riconduce,

trattiene i tuoi giorni tra sibili e incanto,

prima che cedano al sonno ed ai silenzi,

inquietati dai ladri ,

della luna sui terrazzi e gli orti di Sevagram,
cum complexa sui corpus miserabile nati,

lo stesso colpo di tosse nell'ultimo nato

e già è il tremendo del sereno

di cui i muri sono assorti nei giorni,

tu vi schiudi il cuore e le braccia

e quanta delicatezza tenera

discopri nel morso

ch’è il calore della schiusa di piccoli cobra,
mentre non hai più altra vita, che questa,

che ti adempia o ti smentisca per sempre,

tra gli strilli e il pianto o il crollo di schianto

deus nobis haec otia fecit
dove il villaggio riposa all’ombra dei neem,

nell’attesa del rientro al tramonto

dalla giungla di bufali ed ox,
e tutto, per la tua remissività ad ogni oltraggio,

da che cedendo la gola per il taglio a Kali Bhairavi

potesti lasciare il tormento delle aule

dove chi è rimasto rimarrà ancora più a lungo
ed altrove, qui in India,

eccoti di già sulla via del ritorno

con l’amico sotto le stesse fronde ospitali dell’himli,

quando di febbraio è già estate

e la senape già ingiallisce i campi,

in lontananza sfumando i declivi

dove alle acque del Ken discendono i boschi,

“Vedi, come il fiume senza farne uso e ricevere offerte

dona la sua acqua a pecore e cervi,

così l’albero ci dà la sua ombra”,

sotto la quale possiamo ancora indugiare

disvelandoci che cosa sia tra noi paro upkar,
è nelle vicinanze il tempio di Chattarbuja

che preannuncia la nostra antica città,

poi conterà solo andare avanti,

e sarà questo il nostro canto più alto





 Seconda Egloga Indiana (2012)
(riscrittura 2014)
Nota preliminare

I pani di sterco che brillano nel primo mattino preannunciano l’imminenza della festa di Holi, durante la cui notte serviranno per bruciare i fantocci del demone femminile di Holika, il cui rogo celebra la vittoria del bene sul male. Holi è la festa  indiana primaverile dei colori che si celebra soprattutto nei luoghi in cui che sia vissuto Krishna, tra Matura e Vrindavan, e dove scorre il fiume Yamuna.
In Delhi ho rievocato il Life Insurance Center dell’Architetto Charles Correa

 





Brillano i pani di sterco poi dei roghi di Holika

nella prima luce del giorno sui muri e i terrazzi,

la mangusta riappare nei coltivi degli orti,

si schiudono le membra dai giacigli terreni,

con i lavacri delle stoviglie

iniziano nei cortili le abluzioni e gli spurghi,

India was enslaved by the British”

la lezione che ripete il fanciullo

prima di andare a scuola,

ripetendola, ora che l’India è indipendente,

nella lingua del British  che gli è ancora più d'obbligo, ora che è senior,

per non  dovere cinque rupie alle suore

se usa l'hindi.

India was poor and weak at that time

ripete, ora  che i suoi stessi panni di ogni giorno

non sono più quelli di quel paese, debole e povero,



Every man will be thy friend

Whilst thou hast wherewith to spend”,

quando il vero amico "he stands by us

through thick and thin,
"

lo è nella buona e nella cattiva sorte,





“Hello, rupees…hello, pens…”



nel mercato dove cerchi il coriandolo fresco

puoi ritrovare più ancora il maldicente di turno

“L’amico, che la fa da padrone sull’uscio del negozio,

spende tutto nel bere e gli trema la mano,

nessuno vuole lui come barbiere… "




Ed ora chi mi riscatterà questo corpo di morte,

dove/ il grano già si schiude al calore di marzo,

se non, ancora di più,

la follia di un docile cuore






lontanandoci con l’amico

nelle valli dove ancora risuona il canto di Krishna,

ed è il clamore della pioggia di fiori e colori

che assorda il dolore che invasa la mente,

la luna quel tocco di sandalo

sul volto vergine del cielo,

 
amore, giocando il gioco della tigre,

sulla Yamuna tu,  Yama,  Dio di morte,

 
quando di nuovo tra le forme d’incanto

cade la mente con l’escremento,


ed accade il distacco tra i cieli di Delhi,

non più, nella lontananza, lo sguardo amato 
 
ma con le nuvole in disfacimento

tremulo liquido l’acciaio nelle trame di vetro,
 

finché il treno già ti riconduce tra i cortili e i terrazzi

cui nello sfolgorarvi del giorno sei di ritorno,



di nuovo dove chi ama non infinge soltanto,

e qualcosa comunque succede.

“E’ troppo povero l’inglese di Ashesh ed Ajay" -

il verdetto delle suore, come per Poorti,

come pappagalli li hanno addestrati

solo a ripetere quello che non capiscono.

 Ripareremo, comunque, ripartiremo.

Li abbevereremo, i piccoli, al nostro soccorso,

come tra i campi, dalla riarsa giungla,

si abbeverano gli armenti al Kuddhar,

aprendosi il varco dove il fiume intesse le sue rive

delle canne che ora graticciano il nostro avviato negozio.



E da queste sponde anche voi a casa, ben pasciute capre
Ite domum saturae, venit Hesperum, ite capellae


Egloga terza




Oracolo del Signore.
Quanto il cielo si sopraeleva su tutta quanta la Terra,
cosi le mie vie si sopraelevano
sulle vostre vie,
e i miei pensieri sui vostri pensieri”

Isaia



Tra le foglie riarse della fersa
d’aprile si fondevano desolazione ed ardore
dove di giorno fulgevano i fiori di chheola,
nel chiarore dei pleniluni le traversate notturne
 tra le stregate mahua
che al padre riconducevano il cuore dei piccoli
sulle biciclette, in fila indiana,
al di là dei coltivi dove in cerca invano dell’acqua della Devi
si perse il cammino delle donne con le giare di javari
Era la domenica delle Palme e il Natale di Rama,
e con che amorosa violenza io ed il padre
incamminavamo i bambini alla menzogna educativa, cui i giorni seguenti
li riallineavano in coro i testi scolastici,
“ Ministers, Politicians, Judges
Occupy their posts because they studied hard “

poi abbandonandoli per che intorti tormenti, come nodi di rami,
nella megacity di ladri in cui stuprata per strada
la vita vorrà appendersi ad un cavo in stanza,
chiederà all’amico sgomento una qualsiasi morte,
senza che altri che il Dio nostro
in Delhi possa anche di questo perdonarmi.-


“Ma ora non farti più del male, siamo tutti qui”
cantavano le loro anime di nuovo ad accogliermi,
nel loro sollievo che alfine il Monkey God
sia stato placato dalla puja nel tempio,
che  non accadrà di Chandu ciò che ne fu di Sumit,
come tra i raggi della ruota
 lasciò presagire il sanguinante piedino


Ed ora al distacco del rientro
odora del basilico la fragranza  nel vaso,
con l'employment letter che nella nuova scuola dei bimbi
mi  farà maestro d’italiano


Né più dica  l’eunuco “ Ecco,
Che albero secco io sono”
da che il patrio scarto ne ha fatto una pietra d'angolo
sotto questo sole ,

pur nel dolore, al poterli ancora carezzare,
che ad ogni ora che passi l’indomani si faranno
a cinquemila,
seimila, settemila chilometri distanti,

a che la meta di ogni meta
sia il ritorno che feconda
nell’unità, Sumit, dell’invisibile vivo più ancora tra noi.


Ecloga Quarta









"Cosi dal retro del suo tempio la Sibilla di Cuma

Cantava ambigue parole tremende nell'eco dell'antro",

e  volgi all'uscita, sul retro,
che dà nel cortile che fu la tua aia di casa,
ne ritrovi la distesa deserta
più ancora arida invasata dal sole,
trasalendo, sui tuoi passi,
ai ragazzi che vi sopraggiungono,
sono indiani e non ti occorre
che nemmeno lo dicano,
l'uno nell'attendamento al riparo dal sisma,
l'altro con la madre accampato in giardino,
al tuo timido accenno
si scambiano un sorriso e già ti annientano,

sarà così anche laggiù,
come di nuovo entrerò in un'aula?,
la madre resta in ombra
e ricambia mesta il tuo namastè,

come
piccolo è l'orbe del mondo,
e l’intonaco grezzo ha raccorciato

i muri dintorno,
quanto più breve, senza più grida animali

il retro di rustici ed orti,

spiantata la vigna
per i ranghi infoltiti di steli di mais,
dove quante tue anelanti corse,
quanti tuoi sogni controvento,
scoloritesi con le memorie porte e finestre,
rinserrata ad ogni accesso ulteriore
la tua casa ceduta e ora  inagibile,



nel refolo d'aria
tra i vasi ascolti il silenzio,
erano allora fragranti di gerani ed oleandri,
ed ora è il conforto, con lo sgomento,
che tutto sia cosi svanito e ammutolito,
lo sciame che avverti
un sopito tumulto di vergogna e lacrime,
inutile cercare altri volti che quelli
che già salutasti,
già li ritrovasti
nelle schiere sparse delle loro lapidi ,





“ And the bird, did it fly away again?
in Khajuraho ti chiede  l'amico
del rondoncino,  che ponesti in salvo,
quando,  al rientro in città,
tu vuoi sapere di Ashesh come ha preso il volo,
“Sì,   ma solo dal campo vicino alla fattoria
dove vive un uomo che cura gli animali,
è un uccellino,  “ the swift”,

che se perde il volo non si solleva più,
quell'uomo, l’avessi visto,
prima di spingerlo a viva forza in alto
l'  ha baciato lieve, chiedendogli scusa.
Solo così dopo che è ridisceso un poco
 è volato via libero nel cielo,
ciò di cui si nutre, aerei insetti,  lo cattura in volo,
rasenta l'acqua quando la beve.”
He will be bad student, He will lose his mind...
but
what we can do...” ripete l'amico,
che possiamo più fare per il nipote Ashesh
se a rapirlo è stato il padre
per un'ottava classe carpita con la corruzione,
-senza che mettesse piede nella sua aula
mille rupie si tenne il maestro pubblico
in cambio della bicicletta e della promozione certe-
l’amico tutta la settimana l'ha richiamato invano,
e domani da lui andrà di persona,
“ non agitarti, “ keep quiet mind ”, gli raccomando,
"I know, only if I speak him sweet He speaks me true..."
" Lo so, che solo se gli parlo dolce lui mi dice il vero"
“Vai, sì,   ma  tu ricordati:
di Ashesh è come ti ho detto  del rondone:
anch'egli, se perde il volo non si risolleva più”.


 


Egloga QuintaSABATO 21 SETTEMBRE 2013

Quinta Ecloga riscrittura


(Omnia vincit Amor: et nos cedamus Amori)




Ma ora per Chandu, Kailash ed io,

lungo le strade dirupate di negozi deserti
che alcova di amore
 
è la cappotta del ciclo-risciò sotto le piogge di Chhatarpur,

la delizia del nostro bambino

il cuore giocoso del nostro bene,

tracimi pure l’immondo monsonico,

cali la caligine più tetra tra gli scrosci a dirotto,


il riso di Chandu è già la sfera di sole
come la luce ripercorre la rigogliosa verzura,

nelle pozze lutulente
lustrando i bufali  a ristorarsi ammusando,

........................................................................................................

finché invitto il sole ritorna
 tra le foglie sfagliantesi del saagaun in fiore
 e s'intenebra nella disperazione il nostro amore,
nel mio grembo l'amico reclino
di che dolorosa madre eviscerante,

con  egli ancora di nuovo,

dove il cuore appena infranto per il nostro Sumit 
incantava Vishnu Ananta Shayana ,

l’ascesa a Shiva Bhairava,

dove il Dio vinse il tempo e gli fu la gola bruciante,

alle rovine dei templi di Ajaigarh invase dal sole,

di altri, ancora più remoti ed ignoti,
alla riscoperta del loro abbandono,


e lasci i banchi dove di  Darmendra , Pyush, Pratap

sono i nuovi volti che stanno in ascolto,

è pura menzogna il complain

che il principal ti chiede di sottoscrivere

contro i suoi detrattori,


in che luce di gioia, di Dusshera,

dalla Dea riattinta la vita per la Sua morte per acqua,

prima della notte di che freddi fuochi celesti
sul crepitio di lacrime di che doloroso Diwali,

reca la  mia testa mozza  Nirriti l'atroce,
e nessuna frenesia di danza
può sventare che sia il rullio della sentenza,

hai maledetto i tuoi passi  ulteriori nell'ingiuria del dio,
funestando il tuo passato ogni nuovo inizio mancato,

eppure  non cede l'amico al veleno
che s'insinua nello strazio mentale
“E perché mai lo tieni ancora in casa tua

se ti lascia lo stesso così povero,
e non hai fatto tuo il suo denaro…”




al che, credendo e sperando,
al linga inesorabile si prosterna
la fronte segnata,
per Agni è offerto lo sterco
 fumante di ghee,
al passaggio aureo di Laxmì
crepitando ciotole di luce


nella notte, ancora insonne,
chiedendo lenimento,
e ancora cedendo al Dio che è Amore.



Sesta Ecloga Indiana Prima versione/



Cede il sole la sua luce di sangue al fiume che scorre,
cala l’ombra dei monti sui casolari fumanti,
di sterpi  e sterco sui bracieri esalanti
s’annida la luna tra le mahua ritorte
la successione dei mesi volgendo alla fine dell’anno
 anche il Natale,
la vigilia di quando nell’albero al limitare del colle
vedevi il ramo a cui appenderti al sole,
con la notte dell'amico scosso dal pianto,
per la bufala morta cercando conforto
nel calore dei figli  cui s’accosta nel sonno,
e ora chi è stato ospite sverna già al Sud,
 in Irlanda urla di nuovo contro i ritrovati  snackers,
radica nel Bangladesh  la coltura del neem,
in tutti con un curry speziato
infuso un nostro lascito di folli speranze,
quando è stato solo ieri che l’uccelletto Ashesh,  di ritorno furtivo,
 ci ha già lasciato e derubato di nuovo,
come se nulla fosse stato dell’incanto nel parco,
dell’ appostarci alla vista di antilopi e cervi,
del viaggio, di piccoli uomini,
intrapreso con Ajay al villaggio dei nonni
per le forniture  del negozio e la riscossione dei crediti ,

seguitando, tra le nebbie,
la crescita dei germogli infestati di grano,
il confondersi ,  intenti ad  apprendere,
dei  bei volti amici con gli  inquisitori di turno,
ogni fumido  mattino Kailash  infreddolendosi all’arrivo dei treni
per intercettare nel flusso l’occasionale turista,
Vimalan nel risospingere, l’infinitesima volta,
il riflusso d’acqua nel cortile,
tra i bambini che pettinati e rilavati
si avviano a scuola in tuktuk,
 Chandu che intanto può dormire più a lungo sotto le coltri
ora che a tutti è provveduto un giaciglio.
Ma pur se il verde miglio delle suore ravviva la  grotta,
è la nostra mangiatoia il pagliericcio di un morto bambino
al cui astringerci crepita il fuoco.


Ecloga indiana settima frammenti spersi
E quando le opere parevano morte,
che solo fosse protratta la resa,
un nuovo splendore illumina i giorni,
la vacca tra la pula che lecca il vitello,
e la sera non è tenebra  di sventura
quando cala dai colli sui fumi  dei fuochi,
velami dell’aria che imbruna
 le aie e i coltivi,
nel volgere a un nuovo mattino ch’ è  di luce anche nell’ombra
agli armenti  che vi pascono quieti,
solo  l’ incanto benedicesse anche i letamai di maiali e bambini,
solo il canto degli uccelli sovrastasse
il pigolio degli “hello, rupees”  dei piccoli
come esci per  strada,
 e non andasse perduto
 quanto sia stato il dolore dei giorni,
ora che l’amico ha forse preso il passo
di chi sa essere e spezzarsi per gli altri,
prima che tutto s’intorbidi ancora nel  gorgo,
 e l’amarezza sia il flutto di quanto è trascorso,
ma come Vimala lascia le coltri
che dolce tepore
prenderne il posto accanto al mio Chàndu,
delicatamente accarezzarlo nel sonno,
presagendo nella fitta  che il dono di grazia
sia il sopravvivere anche alla sua perdita,
mentre lente le nuvole gonfiano l’arco dei cieli,
altro di tremendo e risorto ancora ci attende
( 18 marzo 2013)
... ( gennaio febbraio 2013)
..............................................
ECLOGA VIII

Come potei, già una volta,
levare su di te la mano,
serrarti la gola,
dirti di volerti morto, anima mia,

quando tu sei la mia vita e l’amor mio,
e così di lontano
non so pensarti che con viscere trepide
 al tuo impigliarti ogni giorno  nell’afflizione che stride,

mi squarcia il tuo “ bad Karma”
sentendo la tua vita senza scampo,
anche ora che con il tuo nuovo tuk tuk, alla sua guida sicura,
a prezzo che follia di lacrime e sangue
hai la dignità di un lavoro se non di un guadagno,

Whats’ news? it s raining, raining, raining,
only raining..”
mi ripeti allora al mio ripetermi,
In Khajuraho everyday are the same things,
the same market, the same business with the tourists,…
You know, “lo sai,
(that )t hey don’t respect me, if I speak true,
paying  money, money, money to the lapkas,
-a chi li accalappia -
and don’t see nothing, nothing, nothing,..”
finché, radura di luce,
trovi un po' di contento nel nuovo tran tran
“ I lose fuel, time, going every day slowly to the railway station
but I safe my life, my autoricksaw”

And Chandu, my love?”
He’ s asking you cycle,..”
“ Cycle!”, come mi grida la sua voce al telefono,
prima di non volerne
già più sapere di me, che sono il suo baba che non fa ritorno,
alla terra dove straniero
oramai avrei ucciso un uomo per una scalfittura,
un ragazzo per un mio livido,

di nuovo da voi lontano, dove anche ogni mite ha voce di lupo,
all'arrivo per mare di chi cerca scampo tra resti cadaveri,
in infelici tempi di agonie  di satrapi
che prima che le tasche svuotano l'anima.

Ma solo che risenta la tua voce accorata
e quanta vita ritrovo nella tua di stenti,

ed allora tu parlami ancora
di come al sesamo si apre la bocca che schiude il seme
nel tuo timore che si perda nel fango  se la pioggia continua,
di come la luce si è spenta di nuovo sulle nostre parole,
sulla tua cena di solo mango pickle e un pò di chappati,
ch'io approdi ancora ai tuoi lidi d'amore
quando sento nei tuoi accenti inumidirsi la lingua
della tua bufala che lecca il suo nuovo Lalosha,

e lo sbadiglio lenisce la tua ruvidità di modi,
” For other things we speak more tomorrow,

See you later, Kallu, “
See you later”.

Egloga  IX

Sulle rive del Brahmaputra,
in un gothul,
in quale India mai
sprofondare in un sogno,
dove non sia più,
tra la fangosa gente, 
che fattomi io stesso pien di fango
settanta volte sette
per l’ammanco infertomi io ne sani il debito,

dal fondo ancestrale
come da un’infanzia eppur viva
dove sopraggiunge  chi vagheggia l’apsara che ad uno specchio
sembra usi a scrivere un pennello,
e pur intenta ella al bello gli rammemori 
che vivere bene è più che scrivere meglio-
Come i sovrastanti picchi
ed è un’ascesa, un  precipizio, una rinnovata ascesa,
sono i frantumi di un’impervia quiete,
sempre, mio Dio,
che la colluttazione tra le nostre follie non sia
la fine di tutto,
dove che squarci di luce infinita
 al farmi il mastro Geppetto del mio incantevole Chandu,

“Tiger ! Tiger “ egli additandomi
nel gioco continuo di farmi paura,

a lui di ritorno, al loro conforto di voci,
dall'impeto del Gange alla schiusa dei monti,
non una delle aarti,
intrepide luci,
superstite al varco dei flutti,
alla loro fede nella mia luce del cuore
sentendo che  l'amarli sino alla fine
e ciò che mi resta di cui sono ancora capace.




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