domenica 24 aprile 2016

alla signora Cinzia

Khajuraho, 16 maggio 2016

Gentile signora Cinzia,
le scrivo  da Khajuraho, di rientro da un mio breve soggiorno a Delhi, quando oramai volge al termine  nella siccità imperante anche questa mia permanenza in India, per chiederle se posso trasmetterle il breve reportage del mio recente viaggio ad Amarkantak e a Sohagpur, una delle poche escursioni che da solo, o con il mio amico Kailash, ho potuto od ho voluto finora concedermi.
Credo che possa piacerle ed interessarla, in quanto, sia pure indirettamente, mi ha consentito di fare il punto con concisione sugli esiti della mia ricerca  sui templi maggiori di Khajuraho, non che sull’arte templare di provincia che già avevo  rintracciato nei territori  qui circostanti, e che ho ritrovato in sue forme tarde in Amarkantak
 Ritornando alle cose che già ci siamo detti, a suo tempo, ad iniziare dalla Begumpur Masjid,  lei ha assolutamente ragione,  c’è un vasto parco adiacente, che i miei percorsi per giungere alla moschea avevano eluso fino alla sua segnalazione, ed in tale circostanza la ringrazio di avermelo individuato, anche perché nel mio miraggio, che non riesco a togliermi dalla testa, di realizzare un giorno una guida per Delhi che grazie unicamente all’uso di metrò, e di  autorickshaw , consenta  di visitare da soli i suoi monumenti e le recenti realizzazioni architettoniche ed urbanistiche più rilevanti , percorrendolo, poi il parco,  il giorno che ha fatto immediatamente seguito al  mio arrivo in India, vi ho rinvenuto l’itinerario  migliore per raggiungere a piedi  la Begumpur Masjid dalla stazione più a sud di Malviya Nagar.
Quanto poi al libro di Rana Dasgupta, che ho letto appassionatamente su suo prezioso consiglio, credo che sia l’ esito caotico - a immagine e somiglianza della realtà che rappresenta - di una mente assolutamente geniale nelle sue intuizioni, specialmente quando individua nell’India alla stregua della Russia il nostro futuro. Ma nel suo perseguire di ogni fenomeno la dismisura ad oltranza,  l autore sembra spregiare ogni realtà intermedia tra gli estremi dell’ India,  mentre che siano scuole, ospedali o metropolitane, sono dimensioni vitali del suo presente e futuro. Di più non mi sento di dire, perché la  lettura di “ Delhi” più ancora che coinvolgente,  è stata per me in vero sconvolgente, per le poche speranze che mi consente di nutrire sul futuro che l’ India riserva alla mia famiglia d’adozione e di elezione. Spero solo che certuni degli intervistati abbiano confermato ciò che penso  di molti indiani di mia viva conoscenza,  che ciò che hanno da riservarci,  in ogni caso,  è soprattutto la finzione sul proprio conto.
Con i miei più cordiali saluti
Odorico Bergamaschi


Gentile signora Cinzia,
Le scrivo brevi cose dall India, ora che inizia a volgervi al  termine  anche questa mia permanenza, chiedendole al contempo se insieme con due mie poesie che nel frattempo ho composto, posso trasmetterle in allegato l ultimo dei miei reportages,  sui pochi viaggi che da solo,  o con il mio amico Kailash, ho potuto od ho  voluto finora concedermi pressocché solo all’interno del solo Madhya Pradesh.
Come capita spesso nelle cose di questo mondo,  esse migliorano solo per acutizzare acuire e rivelare meglio i limiti che ripresentano. In Khajuraho la situazione viaria è ora eccellente dopo tre anni di dissesto stradale generale, per la loro  risistemazione e asfaltatura delle vie, che avevano oscurato tutte le opportunità  e le piacevolezze e agevolazioni che offre, ma sulle loro percorrenze non c’è pressoché più viaggiatore in vista che chieda o per cui valga la pena di inoltrarsi verso i suoi templi per conoscerli davvero approfonditamente .significativamente
E davvero il tempo dell’arroganza pretenziosa  dei suoi visitatori così stupidi ottimi( speso un vero gran  “ misto di capriccio, d’insolenza e vanità”, come le sorelle della Cenerentola di Rossini) e della disonestà  corrispondente per contrappasso  di chi  li raggira, con scorno mio e del mio amico indiano
 Così è stato quasi giocoforza  confinarci  io nei miei viaggi sulle brevi distanze  e nella loro documentazione, i loro reportages, il mio amico nelle cure domestiche e nell’uso dell’ autorickssw soprattutto per il trasporto dei nostri bambini nelle scuole migliori di Khajuraho che cerchiamo di garantire loro. Un ritiro cui è concomitante la siccità che ha prosciugato talab, canali e  corsi d’acqua  quali qui il Khudar, e indotto a lasciare dissodati  incolti la generalità dei coltivi,  per cui  tendo a disertare la vista di una natura così riarsa e spoglia, benché ancora talmente  magnifica, per isolarmi nella rivisitazione dei templi.
( e se ) In tali strette mi sono   infine  riproposto di deciso a chiederle  il vaglio di un mio testo, solo dopo che ha assunto il contenuto che contraddistingue il mio  reportage di viaggio in Amarkantak, ( è) perché indirettamente- in termini in cui apposta mi sono dilungato eccessivamente,  mi ha consentito di fare il punto sulle conclusioni della mia ricerca  sui templi maggiori di Khajuraho-, non che  sull’arte di provincia che ho rintracciato nei territori circostanti, ed ho ritrovato in  Amarkantak-
I templi sandara di Khajuraho,  sono davvero straordinari, in ogni senso del termine-( K. Deva avrebbe usato il termine exceptional,) in quanto i jangha esterni dei loro santuari non ottemperano ai canoni pancharatha o saptaratha , cui si attengono invece le pareti interne della cella del garbagriha che sono visualizzabili grazie al  deambulatorio,  creato a mio avviso appunto per  consentire tale compensazione. E di tale straordinarietà, i templi nirandara posteriori di Khajuraho, di cui il tempio di Sohagpur di cui parlo nel documento è ad immagine e somiglianza, sono un riassorbimento nell’osservanza paradigmatica del canone saptaratha,  in un ordine di dimensioni che per giunta in format che pure è minore-.
( ciò forse spiega perché templi come il Jagadambi o il Duladeo  conservino un’attestazione devozionale che non è riservata ai grandi templi sandara, che nel territorio dell’india centrale godono di un solo grande precedente nel tempio Maladevi di Gyaraspur)
Quanto alla mia insistenza sulle immagini erotiche del tempio di Sohagpur, le ho riportate integralmente  perché riprongono interrogativi di cui non mi appagano le risposte finora date, e non  intendo minimamente  essere un perbenista ridanciano .perbenistico.  ed il vero io credo che possa desumersi solo dall intero, eventualmente risolvendosi una buona volta a una analisi stilistica dei vari modi di raffigurare mithuna,  relazionandovi differenti intenti rappresentativi. Una nota che ho espunto sosteneva “Nell India di ora come di allora, tutto è concorso divino ed è destinato a concorrervi, assicurando proprio ciò di cui manca, per cui  non è la raffigurazione della sessualità riproduttiva, o la presenza in scena della  donna  callipigia, straordinariamente prolifica, che recano buona fortuna, good luck o god karma, ma il capitare a sorpresa dell’ hijira transgender a o la rappresentazione  dell’accoppiamento non procreativo  o finanche per lo meno poco meno giudizioso,  come è il caso di ritenere senza per questo essere perbenisti,quello con  canidi e fin anche con orsi  selvatici, ricorrente,  sia beninteso figurativamente, non solo in Khajuraho come in Padavali   E a quel tempo ( al contempo) di certo non era così nell India soltanto,  stando a metope e doccioni di chiese romaniche come il duomo di Modena, dove l’ermafrodito campeggiava con l ittiofago ed il fanciullo e il drago o la sirena bicaudata e la ragazza con tre braccia.”

L’ultima volta che mi è occorso di parlarne, semplificandone i termini , allo zio elettricista in Kanpur del mio giovine amico  Mohammad, ho alluso a kama mithuna, dharma mithuna e yoga tantric mithuna, cui la sessualità dei kama mithuna era formalmente e spiritualmente elevata di grado.
Nel complesso, credo in ogni caso  che una volta esercitato fino in fondo  l’intelletto astratto nell intellezione nella comprensione precisa e non vaga   del tempio hindu, poi di fronte ad esempio a una scimmia che ti denuda  il sesso di un’apsara intenta a mirare un cespo di  mango ,anche  là dove le manifestazioni del dio dovrebbero essere ancora nirguna, non sia il caso di pretendere che sia reperibile un concetto anche per questa come per ogni altra immagine, ma che si debba dare voce al senso estetico e spirituale che non ne sente sminuita la sublimità assoluta del tempio, sia pure per  bocca di Jane la pazza dell ultimo Yeats, quando al vescovo dice che “ il bello e il sudicio sono parenti, /e al bello serve lo sporco”,  con quel che ne consegue.etc etc.

Quanto alle cose che già ci siamo detti, a iniziare dalla Beganpur Masjid,  lei ha assolutamente ragione,  c’è un parco adiacente, che i miei percorsi per giungervi avevano eluso fino alla sua segnalato,  e ‘qui  la ringrazio di avermelo individuato, perché nel mio miraggio , che non riesco a togliermi dalla testa, di realizzare un giorno  una guida per Delhi che  consenta  di visitare da soli i suoi monumenti e le realizzazioni architettoniche ed urbanistiche dell’arte dell India contemporanea,  con l uso insieme integrato di metrò e di autoricksaw, percorrendolo, il parco, *, il giorno immediatamente seguente  il mio arrivo in  India, vi ho rintracciato/ individuato l itinerario  migliore per  raggiungere a piedi  la Begunpur Masjid dalla stazione più a sud di Malva Nagar.
Purtroppo la mia mente è a scoppio ritardato  spesso si attiva in differita, e Lei mi ha parlato allora invano della vegetazione della Delhi, quando io già ritenevo da tempo  che quella arborea sia l’aspetto più meraviglioso  del paesaggio dell India,  particolarmente nel Madhya Pradesh, quanto  l ocra fulgido  dei suoi terreni e delle case dei suoi villaggi,  così come vi si mischia ad escrementi e paglia e ai manti bovini
Ma in Delhi, più che nei suoi parchi,la vegetazione  mi appare affascinante così come resiste o si diffonde rinaturalizzata?  quale   boscaglia o ammanto forestale ancora in Tuglaqabad , come lei ha allora  rilevato, colto all’istante, o lungo l itinerario che ricollega l’aeroporto di Delhi al suo centro, in Dhuala Kan *( Aerocity area) , e poco distante intorno al fascinoso issimo Sultan Ghari.
In khajuraho ho già cercato di arricchire eminentemente  i suoi itinerari templari con dati paesaggistici arborei che poi naturalistici lo sono fin a un certo punto, poichè  molte piante sono esse stesse templi primari, in quanto pepal e bargad, e mi sono avvalso di Jungles tree of central India di Pradiph Krishen, l’autore stesso di Trees of Delhi che ho acquistato e non ho ancora avuto modo di leggere, anche per ampliare botanicamente la mia conoscenza del paesaggio del Madhya Pradesh.
ancora  su quanto tra noi si è discorso,   secondo ciò che lei mi ha suggerito ho cercato prima di partire per l india  di entrare in contatto con la signora Nicoletta Celli , ma non ho ricevuto risposta. Del che mi rammarico perché l Ritornando a so esponente del Fai, e posso supporre che non  mi abbia risposto anche perché, come tale organismo, seguita a privilegiare il Rajasthan rispetto al resto dell India, quando il suo patrimonio artistico e paesaggistico è decisamente inferiore a quello di altri stati del,subcontinente, non ultimo quello del Madhya Pradesh.
Sul libro poi di Rana Dasgupta, che ho letto su suo consiglio, credo che sia l’ esito caotico - a immagine e somiglianza della realtà che rappresenta - di una mente assolutamente geniale nelle sue intuizioni, specialmente quando individua nell’India alla stregua della Russia il nostro futuro, ma  il rapporto tra i discorso soggettivo degli intervistati  e dei personaggi  e la realtà oggettiva cui sono sussulti  non sempre è adeguatamente o persuasivamente risolto. Di più non mi sento di dire perchè la sua lettura più che coinvolgente,  è stata per me  sconvolgente, per le poche speranze che mi consente di nutrire sul futuro che l India riserva alla mia famiglia d’adozione e di‘elezione, che mi è così cara. Spero solo che sia vero in molti casi, che gli intervistati abbiano dimostrato ciò che penso  di molti, indiani, che ciò che hanno da riservarti,  in ogni caso comunque,  è la finzione assoluta sul proprio conto,
 Quanto alla sua storia dell’arte indiana, a rilettura ultimata,  non ho che apprezzamenti da esprimerle ed una sola riserva : perché sia pure solo a grandi linee, non ha aggiornato anche all architettura  il suo discorso sull’arte contemporanea indiana , se è vero, come mi risulta, visto che l’architettura indiana contemporanea mi risulta è ampiamente interpretabile, quanto le altri arti, come un misurarsi, in rapporto alle istanze della modernità e del post-moderno, tra una loro soluzione vernacolare ed una occidentale, internazionale e globalizzante?



In tale situazione, può ben capire quanto mi farebbe piacere e risolleverebbe almeno il senso delle cose che il testo sul mio viaggio in Amarkantak e Sohasgpur, potesse trovare almeno in lei una interessata lettrice, e grazie a lei potessi verificare quanto sia appropriato o meno l’uso del lessico del sanscrito,  rombi diamantini o ratnas in primis di cui infarcisco le descrizioni dei templi.
Consideri un omaggio le due poesie che allego che sono le sole che ho composto durante tutto questo tempo, e la cui ispirazione abbia sommosso una mia fantasia altrimenti del tutto inerte.


Richiesta di lettura del mio testo come verifica del mio uso appropriato o meno del lessico in sanscrito.

Gentile signora Cinzia,
le scrivo  da Khajuraho, di rientro da un breve mio viaggio  , al volgere al  termine  anche di questa mia permanenza in India, per chiederle se insieme con due mie cose poetiche che nel frattempo ho composto, posso trasmetterle in allegato il reportage del mio recente viaggio  ad Amarkantak e a Sohagpur, una delle poche escursioni che da solo,  o con il mio amico Kailash, ho potuto od ho  voluto finora concedermi, pressoché esclusivamente all’interno del Madhya Pradesh..
Credo che il contenuto che lo  contraddistingue possa piacerle e interessarla, in quanto, indirettamente,  con qualche dilungamento forse di troppo  mi ha consentito di fare il punto sugli esiti della mia ricerca  sui templi maggiori di Khajuraho-, non che  sull’arte di provincia che già avevo  rintracciato nei territori circostanti, e che ho ritrovato in  Amarkantak-
Quanto alle cose che già ci siamo detti, a iniziare dalla Beganpur Masjid,  lei ha assolutamente ragione,  c’è un vasto parco adiacente, che i miei percorsi per giungere alla moschea avevano eluso fino alla sua segnalazione,  e  la ringrazio di avermelo individuato, anche perché nel mio miraggio , che non riesco a togliermi dalla testa, di realizzare un giorno  una guida per Delhi che  con il ricorso  insieme a metrò e ad  autoricksaw,  consenta  di visitare da soli i suoi monumenti e le realizzazioni architettoniche ed urbanistiche più rilevanti  dell India contemporanea,  percorrendolo, poi il parco,  il giorno immediatamente seguente  il mio arrivo in Iindia, vi ho rintracciato  l itinerario  migliore per  raggiungere a piedi  la Begunpur Masjid dalla stazione più a sud di Malvya Nagar.
Purtroppo la mia mente spesso si attiva in differita, e Lei mi ha parlato allora invano della vegetazione della Delhi, quando io già ritengo da gran tempo  che quella arborea sia l’aspetto più meraviglioso  del paesaggio dell India,  particolarmente nel Madhya Pradesh, quanto  l ocra fulgido  dei suoi terreni e delle case dei suoi villaggi,  così come vi si accordano sterco animale e  paglia e i manti bovini
Ma in Delhi, più che nei suoi parchi, la vegetazione  mi appare affascinante così come resiste o si diffonde,  rinaturalizzata,  quale   boscaglia, o ammanto forestale, ancora in Tuglaqabad , come lei ha allora  rilevato,  o in numerose altre aree quali quelle che ho intravisto lungo l itinerario che ricollega l’aeroporto di Delhi al suo centro, in  Dhaula Khuan, e poco distante intorno al fascinoso  Sultan Ghari.
In Delhi, che uno spazio verde residuo permanga intorno ai monumenti che non conservano sincretisticamente  funzioni sacre, come il Firoz Shah Qota o il Sultani Ghari, è di incidenza vitale perché sopravvivano integrati alla realtà sociale circostante,  sia esso un parco giochi  o di ricreazione per  gruppi di amici e coppie e genitori e figli, . come nei pressi felici delle tombe Wazimpur, o delle  Bare e Chota kan ka  Gumbad, o un appezzamento verde in cui ci si ritrova  per scommettere al gioco o bere alcolici  - come nel riquadro antistante la stessa Begunpur  Masjid-  se non anche per consumare stupefacenti,  come la tomba Darya Khan Lohani , o pur anche  per spidocchiamenti, come le stesse tombe Wazirpur o la Lal Gumbad, altrimenti i monumenti li ritrovi pur se restaurati in stato di assedio edilizio,  letteralmente asserragliati dai condomini circostanti,  che sembrano come  aspettarne solo la resa di una fatale caduta, ed è il caso della Kirki Masjid. o del mausoleo di Mubarak Shah, tacendo qui delle tombe e delle moschee nei parchi  veri e propri , ove come è lecito attendersi si popolano di convegni amorosi, non escluso il Purana Qila.

E quanto è accaduto anche a templi remoti del Madhya Pradesh, che nelle immagini che ne ho ritrovato in archivio apparivano ancora immersi nella boscaglia, come tanti dei gumbad di Delhi che una volta costellavano villaggi, e che invece alla stregua di quello di Indoor( Guna Distt.). , invero magnifico, ho faticato ad aggirare tra i casamenti e i ripostigli che vi erano sorti intorno, ispirandone anche l inferriata d’ingresso.
In Khajuraho ho già cercato di arricchire eminentemente  i suoi itinerari templari con dati paesaggistici arborei che poi naturalistici lo sono fin a un certo punto, poichè  molte piante sono esse stesse templi primari, in quanto peepal e banyan, e mi sono avvalso di Jungles tree of central India di Pradiph Krishen, l’autore stesso di Trees of Delhi che ho acquistato e non ho ancora avuto modo di leggere a fondo, anche per ampliare botanicamente la mia conoscenza del paesaggio del Madhya Pradesh.

Quanto poi al libro di Rana Dasgupta, che ho letto su suo consiglio, credo che sia l’ esito caotico - a immagine e somiglianza della realtà che rappresenta - di una mente assolutamente geniale nelle sue intuizioni, specialmente quando individua nell’India alla stregua della Russia il nostro futuro, ma  il rapporto tra i discorsi soggettivi degli intervistati  e la realtà oggettiva cui sono sussunti  non sempre è credibilmente risolto, e permane un senso di dismisura ad oltranza. Inoltre l autore sembra spregiare ogni realtà intermedia tra gli estremi dell India,  mentre che siano scuole, ospedali o metropolitane, sono dimensioni vitali del suo presente e futuro.Di più non mi sento di dire perchè la sua lettura più che coinvolgente,  è stata per me  sconvolgente, per le poche speranze che mi consente di nutrire sul futuro che l India riserva alla mia famiglia d’adozione e di‘elezione. Spero solo che  in molti casi, gli intervistati abbiano confermato ciò che penso  di molti, indiani di mia viva conoscenza,  che ciò che hanno da riservarti,  in ogni caso,  è la finzione stravolgente sul proprio conto, Sembra proprio che non abbia ancora imparato da un’esperienza oramai decennale dell’India, che ciò che gli indiani hanno da offrirti o venderti è soprattutto la finzione sul proprio conto.
 Quanto alla sua storia dell’arte indiana, a rilettura ultimata,  non ho che apprezzamenti da esprimerle ed una sola riserva , che non sia di dettaglio: perché sia pure solo a grandi linee, non ha aggiornato anche all architettura  il suo discorso sull’arte contemporanea indiana , se è vero, come mi sembra, che l’architettura indiana contemporanea è ampiamente interpretabile, quanto le altri arti, come un misurarsi, in rapporto alle istanze della modernità e del post-moderno, tra una loro soluzione vernacolare ed una occidentale, internazionale e ora globalizzante non che delocalizzante?



In tale situazione, può ben capire quanto mi farebbe piacere e risolleverebbe almeno il senso delle cose che il testo sul mio viaggio in Amarkantak e Sohasgpur, potesse trovare almeno in lei una interessata lettrice, e grazie a lei potessi verificare quanto sia appropriato o meno l’uso del lessico del sanscrito,  rombi diamantini o ratnas in primis di cui infarcisco le descrizioni dei templi.
Consideri un omaggio le due poesie che allego che sono le sole che ho composto durante tutto questo tempo, e la cui ispirazione abbia sommosso una mia fantasia altrimenti del tutto inerte.


Richiesta di lettura del mio testo come verifica del mio uso appropriato o meno del lessico in sanscrito.



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