sabato 11 giugno 2016

chi ha tutto

Chi ha tutto
“Chi ha una casa ha tutto”,. diceva ieri Ashesh, il figlio della sorella di Kailash a Mohamad, nel riassumere in una di quelle sentenze o di quei detti di cui gli indiani si compiacciono tanto, il pertinace punto di vista di Kailash e della sua famiglia, che implica la rivendicazione che in cambio dei loro servigi decennali dia loro i fondi per acquistare un terreno e farsi una casa, opponendomi alla quale sto trascinando alla consunzione se non alla dissoluzione il nostro rapporto, con tutto lo strazio che mi reca separarmi soprattutto da Chandu, in un frangente divenuto incandescente, con la necessità incombente di trovarci un’altra casa in affitto.
“ Chi invece ha un lavoro ha tutto” era la pronta replica di Mohammad, forte della sua provenienza urbana, e del fatto che solo dopo avere trovato, tingendo le stoffe, un lavoro sventuratamente andato perduto con l incendio degli impianti lavorativi, suo padre si era acquistata la casa in cui ora sono costretti a vivere in Khajuraho.
“ E con i mattoni , gli ha ripetuto, non è che uno ci mangi.”
Si trattava in realtà di un detto che aveva od ha ancora un suo senso solo nelle condizioni di miseria assoluta dell India rurale, senza elettricità nelle case, od acque potabili depurate, che vale quando il combustibile siano la legna che si raccatta nei boschi o lo sterco animale disseccato, e per lavare panni e stoviglie basti la cenere.
Ma oggi non si vuole certo fare a meno dell energia elettrica, quando è possibile e se ne sia raggiunti dalla erogazione, il che importa una bolletta che è onerosa anche più di un affitto, e l’acqua potabile ha un suo costo, come costa il gas di bombole e fornelli, tanto più se non se ne può eludere il mercato nero, e panni e stoviglie e pavimenti si lavano con i detergenti., colori a parte con i quali le dimore delle aree rurali vanno ritinteggiate ogni anno per Deepavali, sicchè anche una buona volta che ci si ritrovi in una casa tirata su con il denaro di altri, costa, eccome, poterci restare dentro, serve uno stipendio minimamente decoroso per rimanervi insediati in modo non primitivo. E Kailash, con l’esercizio dell’autorickshaw, non arriva nemmeno a poter provvedere da se stesso al pagamento della bolletta elettrica, Così, dato che una casa non rende niente, dovrei seguitare a provvedere a una vita che è sempre più costosa per lui e i nostri cari , con i miei averi falcidiati dai costi di terreno e fabbricazione di una casupola di fortuna.
Ma ragione non ultima, del mio contrasto in cui mi gioco tutto, costruire una casa in Khajuraho significa costruirvi il futuro dei nostri bambini, soggiogandolo a una realtà che sa offrire loro solo matrimoni di casta, senza altre prospettive di sviluppo e di crescita che quello del turismo che fa la fortuna degli hotel cinque stelle e dei lapkas che riescono a circonvenire, raggirare e sedurre.
Di fronte a tale deserto Kailash non ha la più pallida forza dei dalit che lasciano temporaneamente le campagne per un lavoro edilizio nelle grandi città, e non sa concepire, quando non immagina follie barbariche, che il ritorno al covile d’origine, nella Byathal senza luce per molte ore del giorno e senza alcuna acqua potabile, ancor più senza nemmeno le scuole valide o d’eccellenza in cui i suoi figli sono riuscito a inserirli. Impresa tragica, tale regressione al luogo d’origine, se solo si pensa che Chandu già sa accedere da solo in internet e usare il tablet.

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