venerdì 23 settembre 2016

care memorie

Care memorie
Poi, in cucina, mia madre è stata presa dall’onda dei ricordi, quei suoi ricordi ondivaghi in cui chi è ancora in vita per lei si confonde con chi è già morto, certa lei solo del fatto che nessuno si è poi più visto che sia stato di ritorno, senza che nei confronti di chiunque lei si rammenti, o le si rammemori, in mia madre si faccia luce alcuna grata memoria, se non per fugaci barlumi.
Di mia nonna, sua suocera, che sono ormai quasi quarant’anni che non è più di questo mondo, mi rievocava avendola presente quasi che incombesse li ancora imperiosa, come fosse la prima ad alzarsi da tavola dopo che lei aveva appena finito di servire le pietanze a tutti gli attavolati in famiglia, perché mia madre al suo seguito fosse già pronta a sparecchiare come i commensali avessero lasciati vuoti i piatti.
Anche quando il lavello era stato infine spostato dall’andito gelido in cucina , la gran nonna aveva trovato di che recriminare nei suoi riguardi “Solo quando le ho detto che dalla cucina si poteva far caso a chi entrasse in negozio è parsa persuasa. Ah, il negozio per lei era tutto...Ma tuo nonno sapeva come avere ragione di lei picchiandola quasi tutte le notti, ingelosito dalle maldicenze sparse sul suo conto dalla malalingua di un certo Pierino barbiere"
Ma la rivalsa maggiore di cui ancora mia madre si mostrava contenta nei confronti della suocera, era che il giorno del suo funerale aveva trovato il pretesto giusto per non andarci, come si è cominciato a dire che uno della famiglia doveva pur restare a guardare la casa, e lei subito si è offerta.
Inutile tentare di deflettere in una direzione più benevola i suoi ricordi, se si restava nel consesso familiare.
Quando sono tornato sulle considerazioni già da lei espresse nei confronti di un mio cugino, raddolcendo i crudi termini in cui avevo desunto che fosse un povero, se mia madre non aveva mancato di rilevare pur dalla sua specola in cui è confinata da anni in appartamento, che la moglie già anziana si recava a lavorare al servizio di altre famiglie, con tali miei termini più comprensivi illudendomi che si rabbonisse nei suoi riguardi, lei di rincalzo“ Ah, è un signore se si sta a quello che fa e che ha sempre fatto”
“ Niente?” “ L’ hai detto”
Rispetto al fratello, dei due era quello che aveva preso da sua madre, “ quella lingua capace di leccare il culo a cento vacche. Quando aveva da lustrare le scarpe si metteva a pulirne cinque paia in cortile, perché tutti la vedessero al lavoro. Come se le altre…”
Non mi restava che farle risalire alla sua infanzia nella famiglia d’origine, dove sapevo che era ad attenderla il bel ricordo dei nonni paterni, scomparsi quando lei era ancora in tenera età-
“ Oh, mia nonna Giuliana, che belle vecchina che era, e così pulita. E mio nonno Egisto., ancora che bell’ uomo”
Discendendo a suo padre, che gran lavoratore, niente da dire, ancor più lo era sua madre, per la quale il lavoro veniva prima di tutto.
E la zia Fanny, gran cucitrice di abiti per la sua nipotina. Ma non le era possibile rievocare il padre senza riesumarne il fratello che si approfittava della sua probità lavorativa, e che nelle sue parole tornava a sfinire la gracile moglie dietro i porci e le vacche.
“ Con me, bambina, quando in famiglia venivano altri, era tutto un “ cara la mia N.”, ma la mattina dopo non mancava di far trovare una zappa anche per me che avevo solo sette anni. Le sue figlie mai una volta che le abbia inviate nei campi..…Per fortuna c’era tra le donne chi mi tirava avanti il lavoro …
Ma anche cosi, o forse proprio così, mia madre ultraottantenne seguitava oggi a restarmi davanti ancora più in vita di me.
Due reiterati baci sulle sue guance odorose di talco, ed era di li a poco la resa della mia partenza anticipata

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