giovedì 2 febbraio 2017

Ieri  il ragazzo  Mohammad  mi ha raggiunto al computer con una prima videochiamata. Più volte ho ripreso i contatti che seguitavano ad interrompersi, ritrovandolo alienato nel vocio e nel clamore del negozio dell’amico Abbas. Mi ha chiesto quando avrei fatto ritorno in Khajuraho, quale  fosse il mio umore, se tendessi ancora a esagerare le cose, e se gli piacessero le sue foto in facebook che aveva ricreato con Adobe Fotoshop, nell’assumere così dicendo  un tono scanzonato e irriverente in cui si faceva succube dei coetanei che lo attorniavano. Ho atteso che tale  sbornia di euforia scemasse, per ricordargli quante volte  avessi cercato invano di ricontattarlo al telefono, e l ultimo messaggio che gli avevo inviato chiedendogli di rispondermi seriamente alla sua domanda che si era posto durante uno dei nostri incontri serali nell ufficio di Kailash, quando  mi aveva detto che il suo massimo interrogativo era il chiedersi “ Chi sono IO?”
Stupidamente io  avevo allora volto in celia la questione,  con la connivenza di Ajay,  che è quasi suo coetaneo, dicendo che entrambi non avevamo dubbi sulla risposta sul suo conto, visto le sue attitudini ad assumere i modi di un  “jokar”, detto altrimenti di un  nostro caro, amato  “pagliaccio”.
La mia stupidita mi eè  apparsa ancor più macroscopica , come di essa mi sono sovvenuto nella lettura de La via del Sé di Heinrich Zimmer, in cui il quesito  “ Chi sei” campeggia in tutto l’ammaestramento del sublime maestro Shri Ramana Maharshi, onde risvegliare l’allievo alla consapevolezza della sua identità con il Sé e del Sé con il Divino..
Di li a qualche ora Mohammad mi avrebbe recapitato la risposta, ma fraintendendo il mio interrogativo, come se io gli chiedessi “ Chi io sia”, e così replicandomi  “ You are my backbone”
“ Sei la mia spina dorsale”
E questo quand’io vorrei disimpegnarmi dall incombenza economica di sostenerne degli studi s che seguita a disertare  non andando a scuola.
Come quando mi aveva detto di vedere in me un banyan che pone al ricovero del suo fogliame chi ricorre alla sua protezione, Mohammad seguita così a vedere in me un sostegno a suo conforto, proprio come Kailash, quando la sua voce trova rifugio nella mia, e le sue aspettative nella mia promessa di un ritorno, entrambi in me confidando benché sappiano quanto sia fragile e vulnerabile la  mia forza a cui si attengono..
Uno degli psichiatri e l’amico con cui qui in Mantova  ho parlato della mia  situazione,  hanno singolarmente concordato nel sostenere che chi presta aiuto deve misurare le sue forze nel recare soccorso, altrimenti rischia di essere trascinato in fondo alle acque da chi sta annegando e lui si tuffa a salvare. Ma che fare quando come nel nostro caso solo in chi è debole trova soccorso il debole,  chi è ancora più debole, viene in soccorso al debole,  per la sua sensibilità che lo rende esposto a tutto,  si presta  a  venire in soccorso di chi avverte ancora più debole di lui , nell’indigenza estrema  per cui si apre ad accoglierlo ed accettarlo e a credere in lui,  in  ciò che in lui avverte resistere a  tutto?  Se non confidare nella verità , Paolo , Corinzi, I  che nella resistenza a tutto di tale debolezza, nel suo spirito di sopportazione  trovi spazio la potenza di Dio,  e nella loro  spregevolezza per il mondo rifulga il suo splendore?
Kailash



Nessun commento: