domenica 19 febbraio 2023

Dissociazione di schizofrenici intenti

A rimozione dello smacco-onta della perdita del Paiolo come oasi rigenerante, il Sindaco Palazzi ora accampa le ben 274 piante del nascente Parco del T, che è già dato immaginare che finiscano capitozzate come quelle in piazza Ottantesimo Fanteria. Invero la vedo dura, per le nostre sorelle piante, ad averla vinta nel riossigenarci sul traffico indotto e intensificato in città dalla scelta di due sottopassi, quello di fronte alla Stazione e quello di Porta Cerese, che in realtà, per quanto se ne meni il vanto, sono la condanna definitiva della città a due circonvallazioni interne d’accesso e di attraversamento. Comunque sia, dietro a tale dissociazione di schizofrenici intenti, in assenza di un’idea di città che non sia quella offerta dai bandi di concorso e dalle occasioni che si offrono al proprio Khanato politico per imbrodarsi negli orizzonti di gloria di essere riusciti nelle imprese mancate dei propri predecessori, magari perché costoro hanno dovuto arrendersi alla loro insensatezza o a che il gioco non valeva la candela, c’è ben altro, di più co esteso. Mi riferisco a ciò che sottostà ai vincoli stessi della Soprintendenza posti al Signore del Parco degli Anelli, che glielo hanno riconfigurato nei termini del progetto Unesco con i suoi bei giochi d’acqua. Bene ciò, come il trasloco altrove di parte di Mantova hub per il dovuto rispetto alla Comunità ebraica e ai suoi siti cimiteriali. Non fosse che c’è una misura in tutte le cose, est modus in rebus, e la giusta imposizione di vincoli rischia di enfiarsi nell’ abnormità di un monumentalismo, della stessa Unesco, a difesa dell’ integrità del Te come di un sacrario da preservare dalle profanità limitrofe, a cui inevitabilmente finisce contrapposto. Il che ingenera il contrappasso fatale che superata le cortine di alberi o di altre barriere tutelari del sito, il circondario può rimanere bellamente in balia del degrado e delle convulsioni del traffico, in tal caso nulla obiettando al sottopasso di porta Cerese, con tanti ciaoni alla politica greenwashing di piantumare il Te di 274 nuovi alberi Il monumentalismo, per il quale Mantova schiava del Te Iddio la creò, vuole che dentro il temenos del Te tutto debba essere ripristinato come fu un tempo, e che vi si viva secondo il decoro delle più costumate ordinanze esteriori,- a che le ben 16 stanze?- ossia che tutto ciò che nel corso dei secoli è subentrato sia divelto o rimosso o trasferito altrove. Il che porta all’assurdo che giostre, fiere, uno stadio velodromo , spazi ampi di manifestazione per minoranze etniche o sessuali siano considerate incompatibili e indegni di coesistere nella loro vitalità esuberante con una villa di una felicità oscena unica al mondo, che fu sede di aulica rappresentanza, certo, ma anche d’inesauste orge, e che una giostra della paura risulti indecente rispetto al bataclan della Camera dei Giganti. Poi, al di là della cortina arborea voluta dalla stessa Unesco, invece, magari, di restaurare e rialzare lo stadio Martelli con una tribunetta al cospetto del Te, lo si lascia pure cadere in malora, provvedendo alle più grottesche e insulse “mascherature”.Non solo, anziché valorizzare nelle sue prospettive quale luogo di ritrovo e d’ incontro piazza Mozzarelli, ed in tal senso quel capolavoro di arte contemporanea che è il palazzo della Gazzetta di Longheu, della piazza si accresce l’ intasamento inquinante facendone con corso Garibaldi e via Trieste l’asse di attraversamento della città a Est, ovviamente con il fatidico concorso imprescindibile del sottopasso di Porta Cerese. Altro che “ricucitura”, sarebbe la condanna in saecula saecolorum all’isolamento dal resto della città di Fiera Catena e Valletta Valsecchi, comprese Mantova Hub e il nuovo Istituto Mantegna. Laddove, come sempre, sarebbe stato il sacrificio o la rinuncia alle proprie velleità protagonistiche, che avrebbe potuto dischiudere la risoluzione reale dell’incongruo ingorgo, e propiziare una “ riconnessione” del Te sotto ogni riguardo con l’area circostante, non solo con Te Brunetti, solo che si fosse posta una pietra tombale su di un sottopasso che ha sollevato i più motivati e feroci dubbi di fattibilità e di utilità, in questa rubrica già espressi da Nerio Beltrami e dal compianto Gianni Lui, e ci si fosse orientati verso la soluzione che davvero sta nelle cose, tant’è che, già nel lontano 1998 la proposero gli architetti Banni, Caleffi, Dalboni, e che il Comitato di fiera Catena l’ha ripresa più volte, con voce che grida nella sordità del deserto amministrativo comunale. Prima di re illustrarla, rilevo che se poi si recepissero in sintesi anche le proposte in merito avanzate da chi Mantova comunque l’ha davvero nel cuore, la rinuncia definitiva al sottopasso di Porta Cerese, per avviare piuttosto i lavori indiscussi e davvero indispensabili e improrogabili del sottopasso di Gambarara, ahimè meno di grido, avrebbe potuto essere la chiave di volta dello stesso completamento delle tangenziali e della circonvallazione della città, che avrebbe eluso i veti incrociati che altrimenti scatterebbero, l’un contro l’altro armati, con l’unica eccezione residua dei niet del signor Barucca. In sintesi, ricollegando a Goito la tangenziale Nord con le provinciali o ex tali che siano riqualificate di Sacca e Asolana, se ne sarebbe potuto immettere o avviare il traffico proveniente dalla tangenziale Sud, o a essa diretto, giusto all’altezza della rotonda delle Grazie. Un raccordo ulteriore che si fosse incentrato in uno snodo in località Camattino avrebbe potuto avviare la circolazione meridionale d’ingresso, e di transito in città, lungo la via del Trincerone ad ovest, e lungo un’arteria che aggirasse il Migliaretto invece a est, per seguitare, oltre via Brennero, mediante un suo eventuale sottopasso, percorrendo via Vicolo Maestro e dell’Argine, e risolversi, tramite un ponte portuale, in una confluenza nel Lungolago Gonzaga, con in più due compiute “bretelle”, l’una verso Porto Valdaro, l’altra verso il casello autostradale di Mantova Sud. Con il vantaggio, se nel Migliaretto si vuole l’elisoccorso, che la via Trincerone potrebbe diventare il più veloce dei raccordi con l’ospedale Poma. Odorico Bergamaschi

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