Al rientro dall'India, quando il lutto per il mio Sumit non era piu un dolore reale, l'ho riassunto nella sua lancinazione, via via che è tornata a farsi insostenibile, perchè in me egli tornasse a sopravvivere nella grata e straziata memoria che ne conserva acceso il barlume del ricordo, l'immagine della suo grido di vita che mi corre ancora incontro nella luce gioiosa dei suoi occhi, qui, nella solitudine notturna che in me lo rammemora a migliaia di chilometri di lontananza da dove è vissuto e scomparso, come se in me solo potesse esserne scongiurata la dissoluzione nel niente, se per sopravvivere Kailash e Vimala devono rimuoverne il ricordo che sopravviene.
Così, per amore ch'è disperazione di fede, a tutto il dolore da cui mi ero distaccato mi sono votato di nuovo, e non ne ho più scampo che nell'allegria e nel fervore di fare di cui ho rianimato e mi rianima Kailash, che nell'alleviare per i bambini che restano tuttoil peso della vita che sopravanza.
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