sabato 4 giugno 2011
Dukan ------- Il colpo di grazia ( racconto incompiuto)
Prima di decidere se aprire il negozio nel suo villaggio acquistando le merci , Kailash sabato l’altro - il 4 di giugno- ha chiesto che ne pensino alla moglie, Porti ed Ajay. Tutti hanno detto di si. E quali erano state le loro ragioni, gli ho chiesto?
" Vimala sa capire le cose, anche se a volte è matta, se tu stai sempre con la tua famiglia ,mi ha detto, non farai niente, non avrai mai niente.”
Ogni famiglia che è in miseria, nel circondario, cerca fortuna lontano, nell’ edilizia dei cantieri di Delhi.
Ne era convinto al 99%, e non lo aveva dissuaso che lo avessi messo di fronte a quanto sacrificio, nel viavai ogni giorno tra la casa ed villaggio, savrebbe dovuto sottoporsi nella prospettiva di guadagni pressoché insussistenti, avendo come clienti dei dalit che potevano pagare solo con le loro sementi, né che gli avessi ribadito che da me non avrebbe ricevuto alcun mio ulteriore finanziamento, che per completare l’acquisto delle mercanzie avrebbe dovuto vendere tutto il grano, se non anche il tilli con la cui vendita conta di poter rinnovare l’affitto del campo che ha coltivato questo inverno, essendo io persuaso che solo se vi impegna tali proventi, vi si impegnerà con tenacia perseverante, e il dukan non subirà la sorte del negozio di barbiere, di cui si è disinteressato di fatto in capo a una stagione, rimettendolo al suoi socio , come un bambino accantona ogni successivo giocattolo che ha ricevuto in dono, non appena scema l’entusiasmo del gioco.
Il mio astio e la mia sfiducia in ogni ulteriore sua iniziativa, originata dall l’incuria in cui tiene un’attività la cui intrapresa dovrebbe essergli sacra, essendo stata affrontata per fronteggiare la nascita di Sumit, la settimana precedente si erano esacerbati alle sue parole di soddisfazione che se i lavori procedevano a rilento, almeno ora si era fatto un’idea, a mie spese sottintese, di quanto potesse costare un dukan, come sempre a mie spese, sempre sottintese, almeno si era fatto un’idea dei proventi del lavoro dei campi, o di quanto poco fosse il ricavato del latte e dei latticini delle sue bufale, sempre preventivandomi costi inferiori al reale e guadagni di gran lunga superiori a quelli effettivi, che solo il fatto che mie fossero le spese e suoi i ricavati delle vendite, poteva ritenere che presentassero il margine di un utile.E il giorno seguente non avevo voluto rovinargli la festa nella dabha in cui si era recato a cibarsi di panir in salsa,per avere ultimato il tetto del negozio, finalmente, la sua illusione che ogni lavoro duro fosse finito, quando alla mia preoccupazione per come si potesse fare fronte a costi superiori a quelli previsti, “your money is my money” mi aveva sordidamente sussurrato al telefono, come è uso dire qualsiasi giovane serpente indiano nell’adescare lo straniero L’indomani quando avrei voluto riprenderlo, ed ero in ansia di contattarlo, tanto più che condividevo l’allarme suo e dei suoi genitori, per la sorte che poteva riservare a Chandu che Vimala l’avesse condotto al suo seguito per delle feste di nozze in un villaggio nella giungla, non si era fatto sentire e aveva staccato il telefono.
"Sorry Kallu,-avevo intrapreso a scrivergli-, but yesterday I suffered too much waiting that you were calling me about the rentry of your family from the marriage, No more… No more…
I cannot more keep my contact with you..
Every month I ll send you 150 rupees
You have to ceeck your e-mail, at the end of every month for the number account.
God bless you and your family
Il sabato si era rifatto vivo, e la catena del mio soggiogamento è stata riassunta .
Ho ritrovato in facebook quersta lettera di Fabio Capuano
Caro Odorico,
è da tanto che non ci sentiamo, avrei voluto contattarti per poterti scrivere di me e del mio trasferimento a Salerno, ma temporeggiavo preso dal trasloco e da altri impegni familiari.
Bazzicando su facebook, mi sono imbattuto nelle parole di profondo sconforto dei tuoi messaggi. Penso che tu sia troppo severo e con te stesso e soprattutto ingiusto nei giudizi che ti rivolgi.
Sappi che io ho stima di te, della tua sensibilità e della tua cultura. Ma soprattutto penso che tua sia una persona di luce, perché hai il coraggio di amare, sacrificando tutto te stesso per aiutare chi ha bisogno, nonostante il tuo sia un amore senza gloria, che forse ai più appare come follia. Ma la dedizione gratuita non è follia, è luce di speranza.
Non perderla proprio tu quella speranza che sai donare.
queste pagine che ho scritto l'anno scorso possono riassumere il nichilismo della mia fede, della mia speranza e del mio amore senza gloria che secondo Fabio mi illumina.
“Come sei lontano, ma neanche mio padre mi ha dato quanto te... Sono stati gli dei, il Dio cristiano, a volere questo, che noi siamo con te una sola famiglia,...Qui tutti, anche Chandu, ti chiamano "Baba", mi chiedono quando Baba arriverà, ....
così mi ha detto Kailash, quando ho cercato di addentrarlo nelle ragioni della infelicità di fondo della mia vita, perchè non debbano farci confliggere in futuro, cercando di renderlo consapevole che è radicata nel sentimento che nemmeno così tanto amore che ci ha consentito di sopravvivere alla nostra sventura, in virtù della grazia che conservo della capacità d'amare, nemmeno il distacco da ogni attrattiva terrena causata dalla morte di Sumit, con la perdita (conseguente) di ogni gusto nell'ascolto di poesia e canto, tanto meno la vocazione a purificarmi di tutto nel deserto della monacazione buddista, nessuna sequela di beatitudini cristiane, mi hanno estirpato l'odio e il disprezzo di me medesimo, per non avere tradotto in alcuna fama la mia vocazione artistica, essendomi rivelato talmente inetto che non sono stato capace di pubblicare un solo scritto o un minimo verso, facendo scempio di tutto il mio talento, e della mia vita, nella vanità annichilente dell' insegnamento in cui di me si fa scempio,- nel cui adempimento sento, al di la di tutto, a dispetto di ogni favola consolatoria, di avere perso con la mia vita "la mente mia e l ingegno", nel farmi favola e dileggio di innumerevoli scolaresche persecutorie, straziatovi visceralmente, nella mia fragilità vulnerabile, perchè io vi ero per me medesimo, più che per ogni altro, la tragedia indifendibile dello spreco ridicolo del mio talento.
" Se non l'hai ancora avuto, lo avrai poi, il "good karma, di avere successo " mi ha detto Kailash con voce piana, credendo che fosse quel che veramente sentivo, e credevo, la difesa che gli adducevo delle mia vita come di una buona vita, come se fosse tale perchè sarebbe una buona vita quella che il mio aiuto gli consente di vivere, ora che può lavorare e riposare, " to take rest", e concepire un futuro tranquillo in virtù del lavoro dei campi per sè e i suoi cari, dando ai bambini" buon cibo e buoni vestiti".
Come, se per questo, non fosse la cosa più sovrannaturale che la sua vita, e quella dei suoi cari, diventi tutta la mia, la (mia)sola vita residua, tra le tante davanti, in cui possa adempiere di essere un uomo.
mercoledì 29 giugno 2011
il colpo di grazia
“Mi hanno detto che nessuno di loro è rimasto in classe, dei miei ragazzi”, diceva commossa alle colleghe che erano venute a darle il conforto delle condoglianze, di un abbraccio amichevole, quando era riapparsa in sala insegnanti, passati pochi giorni dalle esequie del fratello. In realtà nessuna di loro aveva voluto disilluderla, dicendole che erano stati veduti in piccoli gruppi addentrarsi nei bar tra la scuola e le camere ardenti del vicino ospedale, approfittando della concomitanza del funerale con le ore di lezione, per stare fuori di scuola durante tutta la mattinata.
E non erano passati che alcuni giorni, che già avevano ripreso a farsene beffe, dileggiandone lo stesso lutto.
Due di loro le avevano inviato un post sul sito di facebook, con taggati lei ed il fratello in una bara.
E una volta che le era sfuggito di dire amaramente a un‘altra insegnante, all’uscita dalla sala insegnanti, con tono duro ed aspro, “ le prostitute fanno ben poca fatica a precedere certe mie studentesse nel regno dei cieli, talmente sono volgari nell’infierire sui miei sentimenti , “ quando si sarebbe attesa che avessero rispetto almeno come donne per la sua sofferenza, di donna che solo nel fratello aveva trovato un uomo che fosse l’amore nella sua vita, e d invece ancor più di prima rumoreggiavano in classe, non le era stato perdonato, ed aveva dovuto risponderne con una sanzione durissima.
Era così, da anni, che procedeva per lei l’insegnamento, in quello ed in altri Istituti.
Procedeva un tempo, con il fare note, ammonizioni, poi aveva capito che per i colleghi e l’autorità era lei il vero problema, il solo problema, che per questa stessa ragione non avevano peso e rilievo, d‘intervento, le situazioni adolescenziali e le insorgenze critiche, nelle dinamiche della vita di classe, di cui la sua vulnerabilità umana si faceva rilevatrice, aveva inteso dolentemente che le sue note non avevano credibilità alcuna, che come le aveva detto una sua dirigente, in realtà erano note che infliggeva a se stessa, ed aveva smesso di sanzionare alcunchè, aveva compreso, e cercato di accettare, che le restava soltanto il subire e l’affliggersi, di essere, cristianamente, il sacrificio perenne di una vittima immolata, l’avviarsi ogni mattina verso le sue classi come un agnello al macello, il subire pur anche, che studenti che nemmeno erano suoi, scambiando la sua avvenenza sensuale per dissolutezza accessibile, le dicessero parolacce non appena nei corridoi erano alle sue spalle, o dal vano di qualche finestra di qualche classe al piano superiore, da cui si ritiravano come girava in su lo sguardo, senza che nessuno degli altri insegnanti, che pure la stimavano e le volevano bene, che sapevano e sentivano tutto, intervenissero minimamente. in sua difesa
Eppure gli studenti che più abusavano di tutti i riguardi che aveva nei loro confronti, approfittando del suo farsi scrupolo di tutto, più di quanto intendessero avvalersi della sua cultura, del suo mettere in discussione che potesse essere vero anche ciò che vedeva e sentiva, incapace di accettare che potessero spingersi a tanto, erano gli stessi che con lei soltanto si confidavano, che lei soltanto avevano in amicizia, salutavano all uscita dalla scuola quando lei non si era nemmeno avveduta del loro passaggio, come era accaduto con quelle due studentesse che le avevano lanciato un richiamo di passaggio , mentre si stava allontanando a causa loro dal centro psicologico sociale dove a causa loro l’avevano in cura.
“ Dove va, profe” le avevano chieste nel dileguarsi con allegria
“ Vengo da dove mi avete fatto finire, avrebbe voluto dire loro, se le fosse stato possibile.
Finchè non era pervenuta in quella scuola, dove si era illusa che la formazione umanistica che vi si impartiva le evitassero attriti e tensioni e con le sue allieve, e dunque di potersi esprimere e donare nel suo essere umano, nel farsi intendere da loro nella sua parola, nel farsi accogliere, in essa, per quanto riusciva a porsi in loro ascolto. Ma il loro volersi fare ascoltare senza stare neanche ad udirla, quando lei faticava anche a sentirne le parole, per il loro rumoreggiare, il volere imporre le regole preliminari del rispetto e del‘altrui ascolto, come condizioni del loro rapporto, aveva di nuovo precipitato le cose negli stessi esiti tristi, lei ad avercela con loro, supponendo che con lei si consentissero ciò che con gli altri non osavano compiere, le altre istanze della scuola a sopportare e ad alleviare il danno che costituiva per il prestigio dell'Istituto, che lei non sapesse farsi valere e imporre il rispetto dovuto a un adulto, sicchè era venuta a ritrovarsi tra il loro incudine e il martello della dirigenza, nella fucina accaldata dalle rimostranze delle famiglie, nello stato di cose per cui , non più credibile , sfiduciata umanamente, e professionalmente, era tenuta a doverli affrontare senza nemmeno più la dissuasione dei brutti voti, che se inflitti da lei, avrebbe reso insostenibile la sua permanenza ulteriore, indotto a una sua rimozione, prefigurando come un approdo irraggiungibile il suo pensionamento in capo a qualche anno. senza che avesse più nemmeno diritto di replica e di difesa presso la dirigente, perché anche ogni suo accenno di giustificazione era per lei a priori vittimismo.
Indifendibile, comunque la attacchino.
“ Devo dimenticarmi di essere vero uomo e non vero Dio, quando in classe tornano a crocifiggermi per pura malizia...” è la giaculatoria che si ripete al rientro tra loro, dopo la lunga supplenza cui è stata. costretta o “ spinta”, come si è mormorato
“ Se solo sapessero, loro che si prendono gioco, come ho in avversione anche il solo fatto che esistano,, come mi disgusta tutto del loro essere.giovani...Mio Dio, pietà di me, dello scempio che faccio...”
Esse seguitano a parlare, volgendo lo sguardo sorprese che le disturbi nel loro chiacchierio per fare lezione.
Oh ,ma se solo alzasse la voce con sdegno, se solo desse voce alla collera che le sale di dentro, le si accanirebbero contro, come sia uscita la denuncererebbero alla dirigente perchè ce l'ha con loro,...
Dunque ripete l'invito-ordine con calma, col fare remissivo di chi è soccombente in quel che richieda.
“ Forse un'insegnante ebrea viveva così, torna a ripetersi, la sua sottomissione alle brave ragazze ariane delle scuole del Reich”.
Certo, se le vede così, almeno non si esaspera sino a soffrirne tanto. Ritrova la dolcezza che serve. Riesce a rispettarle come richiede l'insegnamento.
“Pensa, che hanno in canna il colpo di grazia che può finirti”.
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