Tutta la vanità dell' intelligenza del mondo
Volevo oggi dirgli di tutto lo sforzo che mi è costata la pratica del visto, il riprendere per l’ennesima volta la compilazione del modulo, perché all’upload terminale della mia foto identificativa ero rinviato indietro ancora una volta di due pagine di dati da compilare di nuovo, in quanto il numero telefonico comunque fosse esattamente formulato risultava sempre sbagliato, riuscendovi solo verso mezzanotte ma senza che la stampante imprimesse alcun carattere, per poi l’indomani domattina, tramortito al risveglio, prendere la via per la tipografia dove stamparne le copie, avviarmi sul treno sonnolentemente, ma erano già quasi otto minuti che eravamo in linea, e Kailash seguitava a riprendermi puntualizzando che avrei dovuto attendere che mi dicesse “ sto bene”, prima di comunicarglielo a mia volta. Che cos’era mai successo alla sua mente, che non c’era verso di farlo desistere da tali fisime? Erano le regole di buona creanza che gli aveva indicato il turista taiwanese del suo giro turistico quotidiano in tuk tuk , mi replicava. Sentivo vacillare la mia mente, nel dirgli come aveva avuto buon esito ogni disbrigo , come fosse un buon segno che non mi si telefonasse da Milano per dirmi tempestivamente dall’outsourcing centre che fossero insorte difficoltà nell’ottenimento di un visto d’impiego, mentre in stato di anoressia economica così asservivo di nuovo la mia vita e la mia mente e le mie sostanze alla sua incapacità di farne a meno, di dare altrimenti ai nostri bambini una vita dignitosa, temendo al contempo che ogni contatto con i miei familiari rinnovi l’insufficienza colposa di ogni mio contributo per ridurre il differenziale tra l’aiuto che reco a mia madre ed i miei cari in India.
Che mi parlasse della solita Khajuraho, della sua solita vita, delle nuove della nostra famiglia. Ci eravamo lasciati con i pianti di Chandu per il diniego divenuto consueto del gelato da 30 rupie che chiedeva ogni mattina per andare a scuola senza fare storie, al ritornello del babbo “ No kamai, no money”, niente soldi per il gelato in assenza di guadagni. Che i giorni del nostro bambino non fossero solo l’apprendimento dell’impedimento e del limite, ora volevo dirgli, con i soldi appena trasmessigli gli desse pure qualche soddisfazione. Ed infatti in mattinata, quando Ajay era andato a riprenderlo a scuola in bicicletta, con l’indicazione che sostassero pure, al ritorno, presso i banchetti che erano stati allestiti per il convegno in Khajuraho di Murari Bapu, per il cui commento del Ramayana erano accorsi pellegrini dal Gujarat, dal Maharastra, finanche dall’India del Sud, gli aveva messo in tasca cento rupie per il fratellino più piccolo, perché potesse spenderle per qualche acquisto.
“ Chandu ha comperato un’automobilina per ottanta rupie”.
Certamente, ho quindi staccato, io avrei seguitato a tentare di contribuire al nostro futuro con i miei report, attuali e venturi, con la loro eventuale pubblicazione, ma il mio ritorno in India doveva coincidere con la ricerca da parte sua di qualche nuova attività da intraprendere, in Khajuraho o nel resto dell India.
Ci stava pensando, a sua volta, mi confermava, e il divagare della sua mente da una realtà all’altra di cui eravamo venuti a conoscenza, o di cui si era fatta esperienza, mi confidava con fervore che si era appuntato su Bhedhaghat, presso Jabalpur, famosa già ai tempi di Cunningham per le sue Marble rocks lungo il corso della Narmada, ritornate ai suoi tempi visitabili tranquillamente, una volta sterminate qualche decennio prima le bande dei tughs.
“ Avrai notato che ci sono solo negozi di statue di marmo, di Ganesha e linga di Shiva. I tanti turisti che ci vanno sono quasi tutti indiani, bengalesi soprattutto, e ad essi potrebbero interessare
gli stessi articoli che i turisti indiani ricercano qui in Khajuraho, non oro, argento, ma i bamboo (?) sari per 150, 200 rupie “, di cui i mercanti di Khajuraho non rivelavano la provenienza.
L’intelligenza della sua mente indagatrice si era così resa conto che non era il caso di costernarsi perché i turisti stranieri vengono solo a gruppi e sono sempre più rari per la crisi o il declino delle economie occidentali, di sprezzare come turisti “ di non alta qualità” gli indiani sempre più affluenti in Khajuraho, secondo il suo dire malevolo della settimana scorsa, perché sono per lo più di “ media- bassa classe”, come i convenuti per Murari Bapu, dormono spesso negli ashram, circolano a piedi e non entrano negli empori lussuosi o nei ristoranti più cari, ma vanno in trattoria o comperano solo quanto a loro serve, come i “kaprà, i capi di abbigliamento cui ora faceva riferimento come ad una risorsa. Kailash ha così inteso appieno che occorre convenire con i mutamenti, anziché prendersela con i lapka accalappiatori che stanno profittandone competitivamente. E l’ho rinfrancato, dicendogli che mi ripromettevo di fare ritorno entrambi in Bedhagath, una volta che sia di nuovo in India, studiandovi per più giorni i flussi turistici, del resto debbo visitare Tigawa nelle vicinanze, per il suo tempio Gupta , a coronamento di un itinerario inerente Jabalpur ed i suoi dintorni. E con analoghi intenti, in cerca di opportunità,da raffrontare, saremmo stati ancora una volta a Gwalior, o Bhopal.
Ma in cuore disperatamente sentivo intanto vana ogni sua, ogni mia intelligenza delle cose, tale e tanta è l incapacità dei nostri animi infantili a farsi valere nel mondo.